13.8.05

all'idiozia non c'è fine

L'unico commento  che  mi sento di fare  alla news  ivi riportata  è  che   peggio dei bambini   dato che  anch'io a  9\12  anni  mi divertivo a lanciare sassi contro le macchine  ,   poi    dopo  averne preso la fincata  di una  ,  e  dopo   la  strigliata e  dei genitori    ho capito la cazzata che  stavo facendo  e  grazie  al can  can   dei fatti di  tortona  che  ho evitato di ricaderci e  di cadere in un gesto emulativo



 CASSINO (FROSINONE).                                            




 Era un ricordo sopito nella memoria degli italiani, il lancio dei sassi dal cavalcavia: un incubo di quelli che non si possono del tutto cancellare, anche se sono trascorsi nove anni da quando a Tortona una banda di ragazzi di paese trovò quel gioco estremamente eccitante, e finì per ammazzare una donna. Venerdì notte, poco prima delle due, l'incubo è tornato. L'hanno vissuto sei poveracci che su due auto avevano scelto la «partenza intelligente» per andare in vacanza al sud, ma che hanno trovato nel bel mezzo dell'A1 deserta un masso di una quarantina di chili scalgliato appunto da un cavalcavia fra i caselli di Pontecorvo e Cassino. Il bilancio è pesante: un morto, tre feriti di cui uno in condizioni disperate, e due contusi. Paradossalmente, a cavarsela con il minimo danno sono stati gli occupanti della macchina che si è schiatata contro il masso, una Clio su cui viaggiavano due giovani di Rignano Flaminio, un paese vicino a Roma: Radiano D'Abruzzo e Giuseppe Martone, 23 e 22 anni, diretti a Gallipoli, in Puglia. Se la sono cavata con qualche ammaccatura, niente di più, nonosante che la macchina sia stata distrutta. Il peggio è venuto subito dopo, quando è arrivata una Golf con quattro persone a bordo: ha colpito in pieno le lamiere e alcuni pezzi di motore che si erano staccati dalla Clio, con conseguenze drammatiche. Il conducente, Natale Gioffrè, 46 anni, nato a Messina e residente a Milano, è morto. Suo figlio Francesco, un ragazzo di 15 anni, è in condizioni piuttosto gravi. Anche due amici di Gioffrè, Claudio e Clemente Schinco, foggiani emigrati molti anni fa a Torino, sono rimasti feriti: il primo è in fin di vita, l'altro ce la farà. Si conoscevano da vent'anni, i fratelli Schinco e Gioffrè, tutti e tre operai di origini meridionali, accomunati dalla giovinezza vissuta a Torino prima che Natale si trasferisse a Milano. Continuavano a frequentarsi, e quest'anno avevano deciso di trascorrere le vacanze insieme a Pizzo Calabro, nella casa paterna di Gioffrè. Anche se ufficialmente non possono escludere altre possibili cause dell'incidente, polizia e carabinieri hanno pochi dubbi: il masso è stato scagliato dal cavalcavia numero 439 fra Pontecorvo e Cassino, nel comune di Piedimonte San Germano. Lì, ieri pomeriggio, il sostituto procuratore Carlo Morra, il comandante della polstrada Italo Acciaioli e i funzionari della squadra mobile e della digos di Cassino hanno fatto un lungo sopralluogo, durante il quale hanno trovato frammenti della pietra (assieme, sembra, ad alcune impronte) sulla rete metallica che dovrebbe rendere impossibile proprio il lancio di oggetti sull'autostrada. Il condizionale, in questo caso, è d'obbligo, perchè la protezione è alta appena due metri. Per i teppisti, sicuramente in gruppo, è stato un gioco da ragazzi sollevare il masso e lasciarlo cadere oltre la rete. Anche trovare il masso da gettare è stato facile. Il cavalcavia si raggiunge percorrendo una stradina di campagna poco distante dallo stabilimento Fiat di Cassino e frequentata di notte solo da prostitute africane e qualche coppietta: una via isolata, costeggiata da campi incolti in cui i camion spesso scaricano quintali di pietre e mattoni, materiale di risulta proveniente dai cantieri abusivi della zona. Gli inquirenti sperano che qualche testimone, se esiste, si faccia vivo, o che i responsabili del disastro si costituiscano. Non a caso il questore di Frosinone, Salvatore Margherito, ha lanciato un appello riferendosi proprio ai teppisti: «Sono sicuro che non avevano intenzione di uccidere, chi sa qualcosa o li conosce si faccia vivo o li convinca a confessare prima che sia troppo tardi». Nel frattempo la polizia sta indagando fra i tanti gruppi di ragazzi di Cassino e dei paesi vicini. Setaccia pub e discoteche, interroga titolari di bar e pizzerie. Ma è un lavoro maledettamente difficile. 


 concludo con questo articolo tratto da una rivista  online uno dei  più interessanti w  migliori che  jop letto su talke  argomento


 di  GIANFRANCO BETTIN


NE’ SFIDA NE’ GRANDEZZA IN QUESTO VIGLIACCO GIOCO 
 
 
 
 
GIANFRANCO BETTIN 


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Cosa passa per la testa di chi tira pietre da un cavalcavia contro persone ignare? Qual è il movente? Quale la ragione, se ragione può esserci? A volte li hanno presi. Erano persone normali. Giovani, a volte neanche tanto. Quasi mai «disturbati» o «dropout», al contrario più spesso integrati ed espressione di gruppi sociali del tutto ordinari. Incensurati. Insomma, né Arancia meccanica né Ludwig né Gioventù bruciata e nemmeno Unabomber. Teste di... scriveremmo se potessimo, certi di cogliere più nel segno. Nessuna «grandezza», per così dire, nemmeno criminale, nelle loro bravate. Che non sono neanche tali, poiché in genere una «bravata» dovrebbe implicare qualche rischio, qualche sfida. Ma che rischio c’è, e quale sfida, nell’attendere nel buio di un viadotto e poi, alla cieca, lanciare un sasso contro dei fari in avvicinamento? Il rischio di essere presi? Si tratta, spesso, di un rischio aleatorio. L’indomani, in compenso, c’è da godere - certi, infatti, godono così - guardando la tv e i giornali che parlano del terrore seminato, dei misteriosi mostri in agguato nel buio. Un protagonismo da prima pagina, locale o nazionale a seconda dei danni provocati, costato così poco, ma così gratificante. Ecco, è a questo che dovremmo prestare attenzione, oltre, ovviamente, a provvedere a mezzi e norme più adeguati per prevenire questi atti (e a sanzioni più pesanti per chi li commette). Prestare attenzione, cioè, a quello che ottengono questi assassini o quasi assassini dei viadotti, alla gratificazione che ricevono dai loro ignobili atti. Atti che ci parlano del potenziale di violenza che alligna in tanti e che è pronto ad esplodere quando l’occasione giusta si presenta, e cioè quando uno o più vigliacchi pronti all’efferatezza si trovano di fronte a una ragionevole possibilità di impunità («non ci vede nessuno») per gesti di gratuita aggressione rivolti contro un casuale prossimo («chi passa passa: io sono il tuo destino, questa pietra ti sarà fatale - quindi io sono onnipotente, almeno in quest’attimo notturno»).
 Ecco, dev’essere qualcosa del genere che frulla per la testa a chi è pronto a sollevare un masso di oltre 40 chili come quello che, a quanto pare, è stato lanciato sull’Autosole in prossimità di Cassino l’altra notte, e che è costato la vita al conducente di una Golf e il ferimento di altri cinque passanti. Che gli autori del gesto, come tante volte è successo, non siano probabilmente dei «mostri» non è una consolazione, anzi. Che non basti paragonarli ai terroristi, come fa il solito ministro sparaidiozie, va da sé. E’ proprio la loro normalità che ci deve inquietare ma è sempre da essa che ci possono derivare indizi importanti su quello che sono. Insieme ai provvedimenti specifici che si possono prendere - più sorveglianza dei punti a rischio, in primo luogo, e appunto sanzioni maggiori con aggravanti pesantissime - è fondamentale che non si perda di vista la percezione dell’intreccio tra stili di vita e «valori» assai diffusi e questi e altri gesti analoghi. Sono tra noi, quelli che li commettono. Sono «come» noi. Solo, più teste di..., che proprio e solo per questo diventano a volte assassini e basta.
 


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