Belfast. A diciotto anni, la scambiai per l'inferno in terra. Le bombe. I cecchini sui tetti. Le lapidi in ogni strada. L'odio feroce e palpabile, che ti penetrava corpo ed anima, come polvere sui vestita. Il grigiore, morte della speranza.
Crescendo, ho scoperto posti peggiore. Ma rimane sempre la ferita dello scoprire come in ogni uomo si nasconda, sottile ed ambiguo, il piacere di distruggere e distruggersi. Oscuro sentimento, che puoi negare o reprime, ma che prima o poi devi guardare in faccia. Sfidandolo o scendendovi a patti.
Vi ritornai anni dopo. Per perdonare. O essere perdonati. Alla fine le due cose coincidono. Non riconobbi la città. E capii che i veri eroi sono coloro che cercano, con fatica ed incertezza, un razionale accordo di convivenza, non chi ama uccidere o farsi ammazzare.
E quando in questi giorni, ho letto ed ascoltato degli scontri a Ardoyne Road e Alliance Avenue, in cui bambini e ragazzi lanciano molotov, piango, vedendo il loro simili a quelli di Sisifo
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