Alzi la mano chi alla parola, anzi alla sigla, C.I.A. non visualizza immediatamente marcantoni agilissimi in abito scuro e auricolare, capaci di intercettare, subodorare, individuare, capire prima di tutti e meglio di tutti l’ennesima minaccia alla sicurezza nazionale del loro paese. Film come SPY GAME (con due agenti della C.I.A. del calibro di Robert Redford e Brad Pitt), serie televisive come ALIAS (con un’agente praticamente miracolosa come Jennifer Gardner) ci hanno dato un’immagine delle spie della C.I.A. assolutamente romantica, eroica, superiore alle capacità del comune essere umano. Entrano in un bar affollato e immediatamente, con una sola ampia occhiata individuano il nemico, lo isolano, lo rendono inoffensivo. Il cinema americano dal dopoguerra in poi ha svolto un’attività di propaganda a livello mondiale che si può riassumere in una sola, romanissima frase: “L’Americani so’ forti!”.
L’abbiamo pensato tutti, alcuni continueranno a pensarlo per sempre. Ma certo l’apertura degli archivi della Central Intelligence (?) Agency ha dato una bella botta all’immagine dell’elefante canaglia come veniva amorevolmente indicata l’agenzia per eccellenza. E da quello che esce dai colloqui tra il direttore Colby e il presidente Ford è si un elefante, ma imbranato come pochi. Scopriamo così che grosso modo dal 1950 al 1975 la C.I.A. ha infiltrato organizzazioni, prodotto documenti falsi, tenuto sotto controllo i telefoni e la posta di diecimila americani ritenuti oppositori politici (tra cui Jane Fonda!), spiato se stessa nella paranoia (pare non del tutto ingiustificata) di essere essa stessa infiltrata da infiltrati degli infiltrati di tutti i principali servizi segreti mondiali. Un pasticcio degno di film come UNA PALLOTTOLA SPEZZATA, altro che SPY GAME. E giù con sequestri di persona ingiustificati, con giornalisti pedinati (i giornalisti, tipo Victor Marchetti, sembravano sempre saperne più, sull’Agenzia, dell’Agenzia stessa), spionaggio interno, test con sostanze psicotrope ai danni di cittadini ignari (della serie X-files non si è inventato niente). Per non parlare dell’accurata pianificazione (e mancata realizzazione perché non sono stati capaci) di assassini di stato ai danni di quei capi politici (per lo più dittatori, ma fidatevi, non era questo il motivo della loro condanna a morte) come Fidel Castro (tentativo nel quale sarebbe stato coinvolto anche Bob Kennedy, però quelli che hanno pianificato il suo, di assassinio, erano più organizzati), Patrice Lumumba (ucciso nel 1971, ma pare che la C.I.A. non se ne possa prendere il merito), Rafael Trujillo (anche lui ucciso nel 1961, ma anche qui l’agenzia pare c’entri solo di straforo), per non parlare del ventilato complotto ai danni di Saddam Hussein che George Bush padre avrebbe chiesto (e non ottenuto) dopo la mezza vittoria contro l’Iraq nella Prima Guerra del Golfo.
Dai documenti resi pubblici risulta che Henry Kissinger (premio Nobel per la Pace, non dimentichiamolo) era molto preoccupato nel 1975 di dover rendere conto al Congresso dei soldi con i quali l’Agenzia stava innaffiando le nazioni giudicate a rischio, tipo l’Italia perché i successi elettorali del PCI angosciavano Washington. E la genialata di Kissinger qual è, sempre da quello che riportano i documenti? Accusare i membri del Congresso troppo curiosi di mettere la rischio la sicurezza nazionale americana (la stessa motivazione con cui Bush respinge oggi tutte le domande sull’Iraq). E il direttore della Cia, nel lontano 1975, ebbe l’onestà intellettuale di rispondere che: “facciamo troppo poco per poter davvero giustificarci con la sicurezza nazionale… non riusciamo neanche a portare a termine i complotti per assassinare i leader sgraditi (in codice operazioni bagnate)… se viene fuori quanto poco riusciamo a fare, rischiamo di fare la figura dei bigné alla crema…” Intellettualmente onesto, il direttore Colby, e anche poetico. Noi, in Italia, più che di bigné alla crema avremmo parlato di figura di m…a!
Laura
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