L’ultimo scandalo è quello relativo allo sfruttamento dei bambini con gli occhi a mandorla (più del 75% dei bambini sfruttati al mondo si trova in Cina), impiegati per produrre borse, cappellini e gadget vari per le Olimpiadi che si terranno a Pechino nel 2008. Un giro di affari per 70 MI- LIONI DI DOLLARI, quello de- gli oggetti griffati. Un vero e proprio business che non po- teva tenere conto dei diritti dei bambini, ne sarebbe andato dei guadagni delle grandi fabbriche cinesi. Fortunatamente il fatto è stato scoperto e denunciato dall’organizzazione Playfair Alliance, della Tuc (Federaz. dei sindacati britannici) che, nel suo rapporto (raggi- ungibile qui) intitolato «Nessuna medaglia per le Olimpiadi», ha esposto la condizione di schiavitù in cui si trovano numerosi ragazzini del sud del Paese presso quattro fabbriche che hanno ottenuto l’autorizzazione ufficiale dal comitato olimpico di produrre gadget per le olimpiadi di Pechino 2008 (come nella fabbrica "Le Kit" di Guangdong, dove sono stati trovati 20 bambini di età inferiore anche ai 13 anni). “Play Fair at the Olympics", ossia “gioca pulito alle olimpiadi”, questo è il progetto che porta avanti la Playfair coadiuvata dalla Clean Clothes Campaign, Global Unions e Oxfam.
La campagna non risparmia nessuno: dalla Nike all’Adidas, passando per la Reebok, Puma, Fila, Asics, Mizuno, Lotto, Kappa e Umbro. Tutte mul- tinazionali accusate di vio- lare i diritti umani dei la- voratori nei paesi in via di sviluppo, una denuncia tra l’altro non nuova per alcune di queste aziende. “L'indu- stria degli abiti sportivi sta spendendo molto in opera- zioni di marketing per i Giochi Olimpici di quest’anno. Ma con lo sfruttamento e l'abuso dei diritti degli operai l'industria dello sport sta violando lo stesso spirito Olimpico” dichiara Guy Ryder, portavoce di Global Unions, al quale coro si aggiungono le parole di Adrie Papma, portavoce per Oxfam di Play Fair: “Questo modello globale di business sta permettendo alle grosse aziende di scaricare costi e rischi in fondo alla catena di produzione, a coloro che sono più deboli”. Una vera e propria infanzia rubata. Ecco alcune delle testimonianze raccolte clandesti- namente da degli attivisti umanitari: “Ho lavorato dall’alba fino alle due di notte. Ero esausta ma il giorno dopo mi hanno costretta a ricominciare” dice una bambina, oppure “Nessuno indossa guanti protettivi qui, perché coi guanti si lavora meno in fretta e il caporeparto ti punisce. Le mie mani mi fanno molto male, quando le lavo piango di dolore” rivela un altro piccolo operaio che usa vernici tossiche e additivi chimici pericolosi.
Nel frattempo, mentre l’altro ieri si è celebrata la "Giornata Mondiale contro il lavoro minorile" (organizzata dall’Ilo), l’organizzazione “Save the children”, organismo indi- pendente per la difesa dei diritti dei bambini, ha cal- colato che nel mondo lavo- rano più di 218 milioni di minori (quasi 500.000 sola- mente in Italia). Sono tutti bambini che sono spesso costretti ad attività illecite o ridotti in schiavitù, e a cui sono stati tolti i diritti all'istruzione, alla salute e al gioco.
Ancora una volta insomma sono gli interessi economici a comandare lo sport. Ma è in casi come questi che bisogna spingere per far sì che si cambino le regole del gioco, partendo dal denunciare l’ingiustizia di quelle in atto ora.
1 commento:
ormai lo spirito di de cuberten è mercificato al dio denaro
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