Pechino 2008: le Olimpiadi dello sfruttamento

Libertà di espressione, liber- tà di associazione, diritto al- la vita.. ci sono dei diritti che sono imprescindibili dall’ uomo in quanto tale. Una conquista, questa, in realtà non ancora raggiunta in gran parte del mondo, ma un obiettivo al quale le demo- crazie, tra un errore e l’altro, almeno provano a raggiungere, talora riuscendoci. Non è questo invece il caso della Cina, dove il diritto dei cittadini viene sempre dopo la volontà dei politici e delle grandi aziende di governare secondo i propri interessi legati all’autoconservazione per i primi, e al profitto per gli altri. Insomma, come dice Michele Cavaliere: "Ci sono cose che i cinesi ancora non sanno copiare.. i diritti umani per esempio".

L’ultimo scandalo è quello relativo allo sfruttamento dei bambini con gli occhi a mandorla (più del 75% dei bambini sfruttati al mondo si trova in Cina), impiegati per produrre borse, cappellini e gadget vari per le Olimpiadi che si terranno a Pechino nel 2008. Un giro di affari per 70 MI- LIONI DI DOLLARI, quello de- gli oggetti griffati. Un vero e proprio business che non po- teva tenere conto dei diritti dei bambini, ne sarebbe andato dei guadagni delle grandi fabbriche cinesi. Fortunatamente il fatto è stato scoperto e denunciato dall’organizzazione Playfair Alliance, della Tuc (Federaz. dei sindacati britannici) che, nel suo rapporto (raggi- ungibile qui) intitolato «Nessuna medaglia per le Olimpiadi», ha esposto la condizione di schiavitù in cui si trovano numerosi ragazzini del sud del Paese  presso quattro fabbriche che hanno ottenuto l’autorizzazione ufficiale dal comitato olimpico di produrre gadget per le olimpiadi di Pechino 2008 (come nella fabbrica "Le Kit" di Guangdong, dove sono stati trovati 20 bambini di età inferiore anche ai 13 anni). “Play Fair at the Olympics", ossia “gioca pulito alle olimpiadi”, questo è il progetto che porta avanti la Playfair coadiuvata dalla Clean Clothes Campaign, Global Unions e Oxfam.

La campagna non risparmia nessuno: dalla Nike all’Adidas, passando per la Reebok, Puma, Fila, Asics, Mizuno, Lotto
, Kappa e Umbro. Tutte mul- tinazionali accusate di vio- lare i diritti umani dei la- voratori nei paesi in via di sviluppo, una denuncia tra l’altro non nuova per alcune di queste aziende. “L'indu- stria degli abiti sportivi sta spendendo molto in opera- zioni di marketing per i Giochi Olimpici di quest’anno. Ma con lo sfruttamento e l'abuso dei diritti degli operai l'industria dello sport sta violando lo stesso spirito Olimpico” dichiara  Guy Ryder, portavoce di Global Unions, al quale coro si aggiungono le parole di Adrie Papma, portavoce per Oxfam di Play Fair: “Questo modello globale di business sta permettendo alle grosse aziende di scaricare costi e rischi in fondo alla catena di produzione, a coloro che sono più deboli”. Una vera e propria infanzia rubata.  Ecco alcune delle testimonianze raccolte clandesti- namente da degli attivisti umanitari: “Ho lavorato dall’alba fino alle due di notte. Ero esausta ma il giorno dopo mi hanno costretta a ricominciare” dice una bambina, oppure “Nessuno indossa guanti protettivi qui, perché coi guanti si lavora meno in fretta e il caporeparto ti punisce. Le mie mani mi fanno molto male, quando le lavo piango di dolore” rivela un altro piccolo operaio che usa vernici tossiche e additivi chimici pericolosi. Senza contare chi lavora con retribuzioni inferiori al 67% del minimo salario consentito dalla legge, come i 3000 operai della "Mainland Headwater Holding" di Shenzen, dove i lavoratori che si dimettono vengono minacciati nel caso racconti la verità sulle condizioni di lavoro. “Bambini e adulti vengono sfruttati brutalmente in Cina da imprenditori senza scrupoli. La loro azione affossa gli ideali delle Olimpiadi e vogliamo che questo non avvenga anche quando le Olimpiadi saranno a Londra nel 2012" ha dichiarato infatti Brendan Barber segretario della Tuc.

Nel frattempo, mentre l’altro ieri  si è celebrata la "Giornata Mondiale contro il lavoro minorile" (organizzata dall’Ilo), l’organizzazione “Save the children”, organismo indi- pendente per la difesa dei diritti dei bambini, ha cal- colato che nel mondo lavo- rano più di 218 milioni di minori (quasi 500.000 sola- mente in Italia). Sono tutti bambini che sono spesso costretti ad attività illecite o ridotti in schiavitù, e a cui sono stati tolti i diritti all'istruzione, alla salute e al gioco. Ma, tornando a Pechino 2008, le denunce rivolte al Governo Cinese per la violazione dei diritti umani non si fermano purtroppo allo sfruttamento dei bambini. Amnesty International infatti, oltre a contestare la pena di morte ancora in vigore, ha sottolineato: l’intimidazione che viene attuata nei riguardi degli attivisti per i diritti umani (come Ya Gouzhu che è stato arrestato e torturato e per il quale A.I. chiede il rilascio immediato e incondizionato); la censura operata per l’occasione, che negherà al pubblico cinese l’accesso alle notizie della stampa estera su temi giudicati “sensibili”, senza considerare che negli ultimi mesi sono entrate in vigore nuove norme restrittive sui mezzi d’informazione locali, che ora: necessitano dell'autorizzazione per poter riferire di eventi storici giudicati “sensibili”, non possono trasmettere notizie su 20 argomenti, tra cui la corruzione giudiziaria e le campagne per proteggere i diritti umani ed infine sono sottoposti ad una sorta di “patente a punti” che può costringerli a cessare le pubblicazioni in caso di “cattivo comportamento”. Un sistema questo che, secondo un funzionario cinese degli organi d’informazione, serve a favorire “un ambiente sociale pacifico in vista dei Giochi olimpici del prossimo anno”. Dicesi, più semplicemente, censura e libertà di sfruttamento.
Ancora una volta insomma sono gli interessi economici a comandare lo sport. Ma è in casi come questi che bisogna spingere per far sì che si cambino le regole del gioco, partendo dal denunciare l’ingiustizia di quelle in atto ora.

Commenti

compagnidiviaggio ha detto…
ormai lo spirito di de cuberten è mercificato al dio denaro

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