8 marzo c'è poco da festeggiare .

  canzone    consigliata :
  preferisco   cosi  -  Altre latitudini Gio' Maria testa  

Infatti non so  cosa dire  oltre  questa  vignetta 
Nessun testo alternativo automatico disponibile.  piuttosto che dire  le  solite  frasi   retoriche  e  di circostanza    preferisco  lasciarle  parlare  le  donne      che   hanno 



P.s
non  vuol  dire  che   me ne  freghi  \ disenteressi   di  ciò  .  Ma   quando  non  si  ha  niente  d'originale da  dire   è meglio lasciare la parola    a  chi  ha  più  esperienza  e conoscienza   di   ciò . 

  quindi   vi  lascio    con questo post     della nostra  utente  Daniela  Tuscano 

Il Tulipano - Il Web Magazine Indipendente scritto dal Popolo
Pubblicato da Daniela Tuscano · 7 h · 


Antonietta Gargiulo è uscita dal coma a ridosso dell'8 marzo. Ancora non sa che è sola, noi sappiamo che non deve rimanere sola. È un imperativo, un dovere morale. Abbiamo permesso accadesse la devastazione, ora non si tratta di riparare, bensì di risorgere.
Matilda Borin è morta a 22 mesi. Uccisa da un calcio senza padrone, un calcio vagante, buttato là, perché i piedi sono lo scarto, la noncuranza e il tedio. Uccisa perché piangeva, faceva casino, esisteva con la sua prorompenza di bimba. Matilda, bellissima e disgraziata, era piovuta da un sogno di cui nessuno ha colto la soave fralezza.




Pamela e Jessica, assieme ad Antonietta, sono questo 8 marzo, e ormai bastano i loro nomi. Per le donne. Tutto il resto è bassa strumentalizzazione, antirazzismo da operetta, rivalse da maschi feroci. La giustizia, adesso, reca quei volti biondi, brevi d'esistenza.
Rokhaya Mbengue è la meno conosciuta, anch'essa sola ma destinata a rimanere oscura. Le avevano ammazzato il marito, le hanno ucciso il compagno. Non so da cosa fuggisse, ma non ha avuto scampo. S'è trovata in una procella d'odio atavico, al centro d'un altro regolamento di conti, tutto al maschile. Perdendo l'unico uomo innocente che le camminava accanto, inconsapevole, dallo sguardo lento.
8 marzo sono le donne siriane sotto le bombe: madri, mogli, donne solitarie, che i visi li hanno, e i nomi li han persi. Noi vorremmo comunicar loro vicinanza e affetto, e forse non serve ma tacere è un crimine.
Rebecca Bitrus invece ha riassunto tutto: il rapimento da parte dei Boko Haram, il martirio del figlioletto, lo stupro, la fuga, il perdono degli aguzzini. E un bambino nato da quella violenza, che, con la sua innocente scaturigine, è diventato per lei una nuova luce. Rebecca ha saputo amarsi ancora, perché confidava in Dio e ha trovato al suo fianco amici veri. Ma le rimane negli occhi vellutati un filo sospeso, una domanda inespressa: fino a quando potrà esser tollerato lo strazio della creazione?
                                             © Daniela Tuscano


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