sulla nuova sardegna del 6\VI \2004 ( quotidiano della mia regione ho trovato questo intervento interessante di massimo onofri ( http://www.settecitta.it/collaboratori/profili/onofri_massimo.html ) dal titolo :
<< Un vizio tutto italiano: il sarcasmo di oggi degli imbecilli di ieri
>>
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Una sola volta Leonardo Sciascia si trovò a dissentire coi prediletti e intelligentissimi (quanto a intelligenza della vita e degli uomini) Savinio e Stendhal [ qui non si capisce se fa riferimento al romanzo di sciascia Stendhal c’est moi. "L’adorabile Stendhal" di Leonardo Sciascia oppure alla figura dello scrittore Alberto Savinio http://www.italialibri.org/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=148 ]
Il giorno in cui, sulle bozze della Vita di Enrico Ibsen [ un opera di Alberto Savino ] gli capitò di leggere: «Tutto il bene ci viene dallo spirito, tutto il male dalla serietà e da coloro che non reggono lo scherzo». Parole cui Savinio faceva seguire la sentenza che il conte Mosca pronuncia nella Certosa di Parma: «La freddura è incompatibile con l’assassinio». Che Sciascia così commentava, proprio nella nota che chiude Nero su nero: «La freddura, il calembour, la battuta spiritosa, la frase aguzza d’ironia sono incompatibili con l’assassinio a livello di esecutori, ma non a livello di mandanti. Qualche mandato d’assassinio credo anzi sia stato trasmesso - e specialmente in Sicilia - attraverso una battuta spiritosa».
Pensavo a tutto questo, il 27 maggio a Viterbo, mentre assistevo a un dibattito sulla cosiddetta “meglio gioventù”, propiziato dalla pubblicazione recente d’un certo numero di romanzi che, appunto, ritornano agli anni di piombo e alle feroci divisioni ideologiche degli anni ’70. Discutevano, tra gli altri, il giornalista Mughini e gli scrittori Pennacchi e Culicchia. È stato Mughini, scagliandosi contro quella che ha definito l’imbecillità dei tempi (di cui, per altro, fu protagonista, dirigendo a Catania, se non ricordo male, una rivista dell’estremismo rosso), a rimarcare con enfasi il valore supremo e liberatorio dell’ironia. Me lo si lasci dire: questa della superiorità dell’ironia sta diventando una delle idee ricevute più perniciose e pertinaci dei nostri giorni. E mai che qualcuno si provi a distinguere tra una salutare autoironia e il greve moralismo di chi, invece, è solo impegnato a denunciare vizi (magari nazionali) dai quali, ovviamente, si sente esente. Perché questo è il punto: nel nostro Paese, quanto a vocazione satirica, non ha mai vinto il lieve e mite Orazio (sempre autobiografico e autocritico), ma gli assai più grevi Persio e Giovenale.
D’altra parte l’Italia è affollatissima di uomini molto ironici, subito pronti a processare gli imbecilli di ieri, tra le cui file magari bellamente militavano, del tutto incapaci di riconoscere quella folla di imbecilli di oggi tra cui, trionfalmente sicuri di sé, inconsapevolmente s’annoverano e che, domani, si troveranno immancabilmente (e con la stessa sicumera) a vituperare: continuando a ignorare la grande lezione flaubertiana che invece ci raccomanda di restare alle calcagna dell’imbecille che ognuno di noi porta dentro di sé, e che è sempre sul punto di prendere la parola. Ma si sa: noi italiani siamo scarsamente inclini a invigilare noi stessi. E lasciamo volentieri che tutto finisca presto in commedia. Se penso a certe battute per cui è stato celebrato quello che a me ancora appare come il peggiore politico italiano (e proprio perché il più italiano), Giulio Andreotti, al raggelante cinismo che le improntava («Il potere logora chi non ce l’ha»: ricordate?), mi vengono di nuovo i brividi. Questo spiega perché l’Italia non ha mai capito i suoi grandi scrittori tragici (pensate a Federigo Tozzi), soprattutto mentre li celebrava: com’è avvenuto al gigantesco Giacomo Leopardi, cui è toccato persino in sorte di fungere da retore della patria e maestro di bello stile.
secondo me non ha tutti i torti l'autore di questo saggio in quanto molto spesso dall'ironia estremizzata ovvvero il sarcasmo può derivare l'insulto gratuito . Voi che ne pensate soprattutto tu o mio carissimo privateoutrage
che mi accusasti : << perkè non aumentate le poesie e diminuite tutti quegli rticoli sulla guerra?(...)>>
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
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