La proposta di identificare tramite dati biometrici tutti i rom presenti sul suolo italiano, compresi i minori, odora fortemente di xenofobia, se non di vero e proprio razzismo. Il ministero degli interni rassicura sul fatto che queste scelte sono in linea con l’Unione Europea: e allora? Anche se una determinata norma fosse applicata in tutta Europa, ciò non significa necessariamente che sia giusta.
Inoltre, anche se fossero censiti tutti i bambini rom, con tanto di impronte digitali, che cosa si sarebbe concluso? Molto probabilmente niente, se si esclude ovviamente l’effimero valore rassicuratorio che un provvedimento di questo genere potrebbe avere per tutti quegli italiani che ancora hanno bisogno di un “papà che li protegga dall’uomo nero”.
Molti invece sono i cittadini, dagli assistenti sociali agli insegnanti, dagli psicologi ai volontari, che ogni giorno devono superare una miriade di ostacoli per operare a favore dell’integrazione dei bambini rom, come di tutti gli altri bambini figli di stranieri residenti in Italia. Forse non tutti i bambini rom sono censiti, ma ciò che più conta è il fatto che solo il 37% di quelli segnalati è preso in carico ed inserito in un progetto di reinserimento sociale.
E allora, invece di spendere soldi per la militarizzazione del territorio e per mandare i vigili a sporcare d’inchiostro i polpastrelli dei piccoli rom, vengano aumentate le risorse umane ed economiche per incrementare la capacità di reinserimento sociale di questi meravigliosi bambini da parte dei servizi già preposti a farlo. Questo, e solo questo tra l’altro, significa lavorare per aumentare la sicurezza di tutti.
Roma, 29 giugno 2008
Carlo Olivieri
Umanista
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