Vivian Maier Street Photographer al man di Nuoro Spoiler con foto della mostra

 “Ho fotografato i momenti della vostra eternità perchè non andassero perduti", scrive la Maier in una lettera ai “suoi” bambini, ormai cresciuti. 

Un colpo del destino ha salvato quei momenti dall’oblio, e li ha restituiti all’eternità.


Prima  d'iniziare il post  d'oggi  devo fare  una premessa  .


Lo so che per queste nuove generazioni ( meta degli anni '80 \ 90-2000 ) sarò antiquato nell'usare llo  spoiler ( antricipazioni   un termine  ormai  caduto in disuso   visto che  ormai    sui media in
DA  http://quinlan.it/upload/images/2014/04  tramite  google


particolare sui social e è impossibile non averne  e  sono sempre  più rari coloro  che lo praticano  . M;a  soprattutto non mi  va    da quelli della mia e  delle generazioni precedenti essere  definito  "sconciajochi" 
Infatti  Ma io l'uso lo stesso perchè non mi va di rovinare l'emozione a chi ancora non l'ha vista e vuole andare a vedersi la mostra ( sarà fino al 18 ottobre ) di Vivian Maier . Mi  scuso  s e  le  foto  non sono un granchè e se  in esse  si vede la mia ombra  . Ma   è la  prima  volta  che fotografo con la  digitale  dele cose  davanti al vetro  \  specchio  



Adesso andiamo ad  incominciare .
Nella giornata  del 16\8\2015  sono andato  al man di  Nuoro  a vedere questa mostra  ecco  la presentazione    presa dal sto del museo   



Vivian Maier
Street Photographer

10.07  -  18.10.2015 

Inaugurazione: 10 Luglio 2015
Dopo gli Stati Uniti il fascino di Vivian Maier sta incantando l’Europa.
Bambinaia per le famiglie benestanti di New York e Chicago sino dai primi anni Cinquanta del secolo scorso, per oltre cinque decadi ha fotografato la vita nelle strade delle città in cui ha vissuto senza mai far conoscere il proprio lavoro. Mai una mostra, neppure marginale, mai una pubblicazione.Ciò che ha lasciato è un archivio sterminato, con più di 150.000 negativi, una miriade di pellicole non sviluppate, stampe, film in super 8 o 16 millimetri, registrazioni, appunti e altri documenti di vario genere che la tata “francese” (la madre era originaria delle Alpi provenzali) accumulava nelle stanze in cui si trovava a vivere, custodendo tutto con grande gelosia.Confinato infine in un magazzino, il materiale è stato confiscato nel 2007, per il mancato pagamento dell’affitto, e quindi scoperto dal giovane John Maloof in una casa d’aste di Chicago. La mostra al MAN di Nuoro, a cura di Anne Morin, realizzata in collaborazione con diChroma Photography, sarà la prima di Vivian Maier ospitata da un’Istituzione pubblica italiana.Partendo dai materiali raccolti da John Maloof, il progetto espositivo fornisce una visione d’insieme dell’attività di Vivian Maier ponendo l’accento su elementi chiave della sua poetica, come l’ossessione per la documntazione e l’accumulo, fondamentali per la costruzione di un corretto profilo artistico, oltre che biografico.Insieme a 120 fotografie tra le più importanti dell’archivio di Maloof, catturate tra i primi anni Cinquanta e la fine dei Sessanta, la mostra presenta anche una serie di dieci filmati in super 8 e una selezione di immagini a colori realizzate a partire dalla metà degli anni Sessanta. Privi di tessuto narrativo e senza movimenti di camera, i filmati fanno chiarezza sul suo modo di approcciare il soggetto, fornendo indizi utili per l’interpretazione del lavoro fotografico.Gli scatti degli anni Settanta raccontano invece il cambiamento di visione, dettato dal passaggio dalla Rolleiflex alla Leica, che obbligò Vivian Maier a trasferire la macchina dall’altezza del ventre a quella dell’occhio, offrendole nuove possibilità di visione e di racconto.La mostra sarà inoltre arricchita da una serie di provini a contatto, mai esposti in precedenza, utili per comprendere i processi di visione e sviluppo della fotografa americana.A conquistare il pubblico, prima ancora delle fotografie, è la storia di “tata Vivian”, perfetta per un romanzo esistenziale o come trama di una commedia agrodolce; talmente insolita, talmente affascinante, da non sembrare vera.Ma al di là del racconto, al di là delle note biografiche, dei piccoli grandi segreti rivelati dalle persone che l’hanno conosciuta, al di là del suo ritratto di donna eccentrica e riservata, dura e curiosa come pochi altri, custode di un mistero non ancora svelato, al di là di tutto c’è il grande lavoro fotografico di Vivian Maier, su cui molto rimane ancora da dire.Vivian Maier ha scattato perlopiù nel tempo libero e a giudicare dai risultati si può credere che, in quel tempo, non abbia fatto altro. I suoi soggetti prediletti sono stati le strade e le persone, più raramente le architetture, gli oggetti e i paesaggi.Fotografava ciò che improvvisamente le si presentava davanti, che fosse strano, insolito, degno di nota, o la più comune delle azioni quotidiane. Il suo mondo erano “gli altri”, gli sconosciuti, le persone anonime delle città, con cui entrava in contatto per brevi momenti, sempre mantenendo una certa distanza che le permetteva di fare dei soggetti ritratti i protagonisti inconsapevoli di piccole-grandi storie senza importanza.Ogni tanto però, in alcune composizioni più ardite, Vivian Maier si rendeva visibile, superava la soglia della scena per divenire lei stessa parte del suo racconto. Il riflesso del volto su un vetro, la proiezione dell’ombra sul terreno, la sua silhouette compaiono nel perimetro di molte immagini, quasi sempre spezzate da ombre o riflessi, con l’insistenza un po’ ossessiva di chi, insieme a un’idea del mondo, è in cerca soprattutto di se stesso. In questa indagine senza fine talvolta coinvolgeva anche i bambini che le venivano affidati, costringendoli a seguirla in giro per la città, in zone spesso degradate di New York o di Chicago. A uno sguardo sensibile e benevolo per gli umili, gli emarginati, univa una vena sarcastica, evidente in molti scatti rubati, che colpiva un po’ tutti, dai ricchi borghesi dei quartieri alti agli sbandati delle periferie. “Di Vivian Maier – afferma Lorenzo Giusti, Direttore del MAN - si parla oggi come di una grande fotografa del Novecento, da accostare ai maestri del reportage di strada, da Alfred Eisenstaedt a Robert Frank, da Diane Arbus a Lisette Model. Le grandi istituzioni museali fanno però fatica a legittimare il suo lavoro, vuoi perché, in tutta una vita, non ebbe una sola occasione per mostrarlo, vuoi per la diffusa – e legittima - diffidenza verso l’attività degli “hobbisti”. Ma i musei, si sa, arrivano sempre un po’ in ritardo.Delle opere di Vivian Maier non colpisce soltanto la capacità di osservazione, l’occhio vigile e attento a ogni sensibile variazione dell’insieme, l’abilità di composizione e di inquadramento. Ciò che più impressiona è la facilità nel passare da un registro all’altro, dalla cronaca, alla tragedia, alla commedia dell’assurdo, sempre tendendo saldamente fede al proprio sguardo. Una voce rimasta per molto tempo fuori dal coro, ma senza dubbio ben accordata”.


Una mostra bellissima e ben organizzata . Essa occupava ben due pian su tre dello stabile .Oltre alle foto ed ai filmini c'erano ( mi mordo le mani nel non averli immortalati ma pazienza c, è inutile piangere sul lattte versato ) .anche i suoi " attrezzi del suo hobby " macchina fotografiche e cineprese da lei usate . . Sono cointento d'aver  visto la mostra  dedicata  Vivian Maier in quanto   <<  è   oggi unanimemente considerata una delle esponenti più importanti della fotografia di strada del Novecento, benché i suoi lavori siano stati ignorati per decenni e poi scoperti, valutati e apprezzati soltanto in tempi recenti, dopo la sua morte. Infatti   


 da  https://it.wikipedia.org/wiki/Vivian_Maier

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La maggior parte delle sue foto sono "street photos" ante litteram e può essere considerata una antesignana di questo genere fotografico. Inoltre, scattò moltissimi autoritratti, caratterizzati dal fatto che non guardava mai direttamente verso l'obiettivo, utilizzando spesso specchi o vetrine di negozi come superficie riflettente.
La sua vita può essere paragonata alla vita della poetessa statunitense Emily Dickinson, che scrisse le sue riflessioni e le sue poesie senza mai pubblicarle e, anzi, a volte, nascondendole in posti impensati, dove furono ritrovate dopo la sua morte.
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Maier nacque a New York nel 1926 e morì a Chicago nel 2009, a 83 anni, senza famiglia e dopo aver trascorso gran parte della sua vita praticamente da squattrinata. I notevoli guadagni ottenuti da alcuni collezionisti – che per poche centinaia di dollari si sono ritrovati proprietari di decine di migliaia di negativi di foto di Maier non sviluppate, e oggi valutate intorno ai 2 mila dollari a pezzo – hanno di recente avviato un interessante dibattito sulla controversa eredità di Maier, diventata nei mesi scorsi un caso giudiziario: se ne è approfonditamente occupato un articolo del New York Times. [... ]   >> (  da   un articolo   di www.ilpost.it )
Credo che    essa   sarà  una dele ultime se  non l'ultima  volta  che    si potra' vedere in pubblico i suoi




lavori in quanto  -- sempre  secondo l'articolo de  ilpost ---   c'è ed  è in  corso  Una causa legale dovrà chiarire chi sono gli eredi legittimi della fotografa statunitense e il processo potrebbe durare diversi anni e, nel frattempo, portare alla sospensione di qualsiasi mostra o esposizione delle fotografie di Maier finché l’eredità legale non sarà determinata. . Infatti il sito  http://www.vivianmaier.com non è   aggiornato negli eventi  



Ma  soprattutto    la vicenda    è la risposta   a i miei vecchi  che mi chiedono  perchè   mi porto dietro la video camera   la   digitale  e pubblico  tutte le  foto  ed  i video     d'eventi    culturali () concerti , manifestazioni letterarie  , ecc  )  

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