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“Dobbiamo evitare le generalizzazioni. Esistono diverse sostanze stupefacenti, ciascuna con i suoi effetti specifici. Gli effetti delle sostanze possono poi essere influenzati dalla dimensione personologica di chi la assume, dalla eventuale predisposizione ai disturbi psichici, dal contesto in cui si assume, da aspetti culturali, dalla frequenza delle assunzioni, dall’associazione con altre sostanze. Ciascuno di noi può esprimere una maggiore o minore vulnerabilità nell’uso di sostanze stupefacenti”.Massimo Diana, psichiatra e responsabile del Servizio Dipendenze della Asl cagliaritana da anni si occupa di droghe e dipendenze varie. Secondo la sua esperienza non esiste una formula unica e universale per combattere gli abusi e i problemi che ne derivano: ogni sostanza fa storia a sé. È però convinto che non esiste un ‘consumo consapevole e responsabile’ come invece sostiene Luca, giovane cagliaritano che ci ha raccontato la sua esperienza con le droghe: “È poco frequente incontrare consumatori moderati di una determinata sostanza d’abuso perché è insito nei meccanismi specifici delle sostanze aumentare la frequenza e/o la quantità di sostanza per un fenomeno che tutte le droghe determinano, quello della tolleranza per cui, per ottenere lo stesso effetto bisogna necessariamente aumentare la quantità di sostanze che si assume. Il fenomeno della tolleranza interessa tutte le sostanze, dall’alcol alla nicotina, dall’eroina alle amfetamine o alla cocaina. Spesso l’uso iniziale di sostanze in età adolescenziale è circoscritto a questo periodo della vita. Chiunque ne faccia un uso protratto nel tempo andrà, prima o poi, incontro a fenomeni d’abuso e proseguendo nel tempo e nell’uso andrà necessariamente incontro a dipendenza fisica e/o psicologica. Non è infrequente nei Ser.D vedere pazienti giungere all’attenzione degli specialisti dopo diversi anni, anche decenni dall’inizio dell’uso di una sostanza proprio perché le sostanze oggi in uso non danno dipendenza fisica come fa l’eroina. Essendo frequente l’uso di più sostanze, insieme o in tempi separati, è molto frequente vedere casi di poliabuso dove a volte viene difficile capire il razionale delle associazioni. Senz’altro certe droghe determinano inizialmente particolari effetti positivi o piacevoli, in particolare le amfetamine e derivati sono capaci di modificare lo stato d’animo di chi le assume rendendolo più disponibile e capace di entrare in sintonia con l’ambiente e/o l’interlocutore. Ricordo che sino alla fine degli anni ’60 del secolo scorso gli psicoterapeuti americani somministravano stimolanti ai loro clienti in quanto ne miglioravano la capacità introspettiva riducendo nel contempo l’ansia e la paura del giudizio. Però quando una persona assume sostanze stupefacenti non dobbiamo pensare solo agli effetti immediati, spesso ma non sempre piacevoli, ma anche a quello che succede dopo, come cambia per esempio lo stato d’animo di una persona che ha assunto una sostanza dopo qualche ora, dopo qualche giorno e, se c’è un consumo frequente o cronico, come cambia nel tempo, osservando il consumatore in tutte le sue aree: relazionale, lavorativo, psicologico”.
Diana è responsabile del progetto ‘Tieni accesi i colori della tua vita’ all’interno di un programma di prevenzione pensato dal Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, commissionato all’assessorato Igiene e Sanità della Regione Sardegna e affidato alla Asl di Cagliari: il progetto, curato da Massimiliano Serra e Marina Velluzzi prevede un numero verde (800557722), un indirizzo email (prevenzionesardegna.it@asl8cagliari.it) gestiti da psichiatri e psicologi e una campagna informativa tramite tv, materiale cartaceo e social network con l’obiettivo di sensibilizzare e coinvolgere le persone nel contrasto alle dipendenze da sostanze o comportamentali.
Informazione e prevenzione sono secondo Diana gli strumenti giusti per contrastare gli abusi; a poco servono, invece, i sigilli alle discoteche: “Chiudere una discoteca non risolve il problema delle droghe e dei rischi connessi al loro uso. La chiusura di una discoteca come il Cocoricò, conosciuta in tutto il mondo, soprattutto per l’innovazione continua e per essere un ‘tempio’ della trasgressione, deve servire ad attivare un dibattito tra i diversi possibili interlocutoriperché certi avvenimenti così drammatici non si verifichino più; quando parlo di interlocutori mi riferisco ai sindacati dei gestori delle sale da ballo, ai genitori dei ragazzi, ai ragazzi, agli operatori delle ASL, alle Forze dell’Ordine. Penso che ciascuno debba apportare il suo contributo nel modo giusto e nel posto giusto. Se da un lato oggi sempre più si riconosce l’importanza della prevenzione e della promozione di stili di vita sani, che però vanno proposte nei posti giusti nello stesso tempo non si possono non riconoscere le politiche di diminuzione del danno. Questo è un tema molto delicato, che viene visto come una ‘resa’ ma che in qualche modo va contestualizzato: pertanto la prevenzione e la promozione della salute deve vedere tutti coinvolti (scuola, famiglia, ecc.), ma non dobbiamo escludere altre forme di intervento, per esempio sui gestori e sugli operatori delle sale da ballo, sui frequentatori delle discoteche, spiegando ai ragazzi anche il modo per ‘farsi meno male’.
Francesca Mulas
da http://palermo.repubblica.it/cronaca 12 agosto 2015
La nostra piccola dolce e ribelle", l'altra faccia di Ilaria
Parla la famiglia della ragazza trovata morta sulla spiaggia: "L'adolescenza è per tutti un'età difficile, non giudicate" Il fratello: "Quei due amici l'hanno abbandonata sul lungomare, ora ci devono una spiegazione"
di MANUELA MODICA
Ilaria Boemi (fotogramma) Ritratto di Ilaria "dolce e ribelle"
di MANUELA MODICA
Ilaria Boemi (fotogramma) Ritratto di Ilaria "dolce e ribelle"
"Io e mia sorella non abbiamo paura", Lillo Boemi parla di Ilaria al presente. Per l'imperfetto è troppo presto, almeno per lui, fratello maggiore di tanto, 40 anni circa. Ma è tempo di rabbia per la famiglia tutta, che piange la morte della ragazza sulla spiaggia di Messina. "È stata trattata come una delinquente: a noi oggi manca una sedicenne in casa e non c'è stato rispetto per nessuno di noi, lo so io cosa sta passando oggi mio padre che per Ilaria avrebbe dato tutto, anzi ha dato tutto quello che poteva". Lillo Boemi è appena tornato dall'obitorio
nella casa di Catarratti, uno dei tanti villaggi di Messina. Un quartiere centrale, poco distante dall'autostrada che sembra un piccolo paese: un torrente, una piccola strada in salita, poi la piazza piccola con la chiesa e le palazzine grigie di fronte. Lì è cresciuta Ilaria, quel poco che ha potuto. Lì tornano i parenti dopo la veglia.
I genitori non vogliono parlare, tirano dritto verso il portone. Lillo Boemi si ferma con le zie, invece, perché vuole "difendere" la sorella: "Ilaria è una ribelle come me. La stampa ha preso le immagini peggiori". Si ferma, chiede a qualcuno di andare subito dentro per prendere i giornali e mostrare quali foto sono state pubblicate: "Guardi qui, sempre in posa mentre fuma: cosa vuol dire che era drogata? Una sballata?". E anche la zia Sabrina: "Mia nipote era l'esatto contrario di come è stata descritta, era una ragazza molto affettuosa e molto sensibile ". Il fratello torna a incalzare: "Ma anche se fosse stata la peggiore fra gli esseri umani, una sedicenne non può essere trattata così". Si commuove: "Ilaria è stata abbandonata su una spiaggia da due amici". E ci tiene a ripeterlo: "Sì, abbandonata. Questi due ragazzi mi devono una spiegazione, la devono a tutti noi".
Ma sono le foto pubblicate dalla stampa locale e nazionale a ferire adesso chi amava e ama ancora Ilaria Boemi. "Il lobo dell'orecchio non lo aveva più con quell'anello", ci tiene a dire un'amica di famiglia indicando una delle foto pubblicate. Interviene pronta anche la zia Angela: "Ma che importa? Era una fase della sua vita, era uno stile. A quell'età ancora è tutto confuso, come si può giudicare da un piercieng?". E ancora la zia Sabrina: "Non si possono giudicare le persone dall'apparenza, specie mia nipote: Ilaria era una ragazza molto sveglia e molto dolce". Ma per il fratello Lillo "Ilaria era soprattutto una bambina". "Bisogna avere rispetto per il nostro dolore - dice - abbiamo in casa il corpo di una sedicenne. E non era una drogata. Le è stato fatale qualcosa, forse un cocktail di sostanze nocive. È stata la bravata di una sera, non so neanche quanto fosse consapevole di quel che ha preso, so solo che non era una drogata".
Rabbia ma anche garbo nel voler ripristinare un'immagine di Ilaria più "corrispondente a quel che abbiamo vissuto in questi pochi sedici anni", come dice la zia Sabrina. Una rabbia che si scioglie presto in lacrime man mano che arrivano altri parenti e vicini. Gli amici si incontrano sulle scale di piazza Municipio, dove spesso trascorrono il tempo. Sono pacati, come riuniti in una veglia. Ma alle domande rispondono ancora più adirati della famiglia: "Se dovessimo parlare di lei, non basterebbe una giornata per sconfessare le fesserie che sono state dette finora". Questo è tutto quello che vogliono dire. E se qualcun è tentato di parlare ma viene subito fermato: "Chiedere di lei oggi è inopportuno, dovete andare via e basta".
La città appare sconvolta dalla tragica fine di una ragazza innocente. La sua scuola, lo Jaci, organizza una veglia in una delle chiese centrali, Santa Caterina, alle otto di sera. Stamattina, invece i funerali. Per l'addio.
concludo riportando perchè do ragione e la considero come l'amico
Giorgio Pintus
Educatori della buonora e moralizzatori da strapazzo dovrebbero conservare i loro commenti per rileggerli tra venti anni. Proveranno intima vergogna per le parole di disprezzo scritte in questi giorni nei confronti di questa sfortunata ragazza. Nessuno si deve arrogare il diritto di stabilire se la morte è il prezzo da pagare quale naturale conseguenza della colpa commessa. E' morta, non ha ammazzato. Ricordatevelo.
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