15.8.15

Due poeti libertari CANTICO DEI FOLLETTI DI VETROFabrizio De André e l'amico e poeta Riccardo Mannerini

le  recenti vicende  dei morti per  droga  e per  lo sballo  (  senza  droghe  )   mi hanno fatto ricpordare  questo  post  dell'amico  matteo tassinari  

http://alice331.blogspot.it/2015/08/due-poeti-libertari.html
Fabrizio De André e l'amico e poeta Riccardo Mannerini


Tutti      moriremo


soli    e a stento

Era il  1968, un anno come tanti, quando uscì Tutti morimmo a stento mente, un Lp che spinse De André a mettere benzina nelle sue virtù artistiche. In un'intervista, Fabrizio disse a proposito di TUTTI MORIMMO A STENTO: "In effetti, a ripensare le canzoni sono tutte belle. Forse è solo il predicozzo finale, il recitativo, che oggi mi dà fastidio". E' inutile. De André non riusciva a combinare qualcosa di perfetto anche quando lo era.
E' però entusiasta

dell'album invece, il discografico di De André, Antonio Casetta, che probabilmente ebbe l'idea di realizzarne una versione in inglese. Non si sa chi effettuò le traduzioni, ma tant'è. De André "riincise" tutto l'album in inglese (si presume riutilizzando le basi musicali). Il disco però non uscì mai sul mercato, e se ne perse traccia. Un piccolo estratto, circa 30 secondi, venne trasmesso in una trasmissione di Rai2 che parlava di rarità.
Nel settembre del 2007
un collezionista mostrò un album, trovato negli USA, con la copertina completamente diversa da quella italiana a dimostrazione che Casetta era arrivato a produrre almeno un vinile. I titoli delle canzoni erano stati tradotti. Per quanto si può valutare ad un ascolto parziale, l'inglese sfoggiato da De André non è gran ché fluido e la resa è lontana, per esempio, dal saggio di bravura della versione spagnola di Smisurata preghiera. Ma il disco si fa ascoltare e la voce calda di Fabrizio mantiene intatta la sua bellezza.
L'apice amicale
Perché l'avventura americana non sia andata a buon fine, questo ancora oggi non s’è capito bene. Un mistero. Più chiaro, invece, è l'episodio dell'uscita o pubblicazione di "Senza orario senza bandiera" fu un successo straordinario, un successo per tutti, anche per Riccardo Mannerini che poté così vivere il periodo più felice della sua tormentata vita artistica e privata. La celeberrima “Cantico dei drogati”, da considerarsi l’apice del sodalizio amicale e artistico di Frabrizio e Riccardo e che sarebbe stata inserita in Tutti morimmo a stento, concept album registrato nell’agosto del 1968 e pubblicato l’anno successivo. Lp che provocò a De André un risentimento forte e pentimenti per alcune parole che non avrebbe scritto..
Il Frigorista

Mentre faceva il frigorista su una nave da carico, un incidente lo rese praticamente cieco. Ciò nonostante continuò a scrivere poesie, come aveva sempre fatto. Ebbe una moglie, Rita Serrando, che gli restò accanto per tutta la vita e un figlio, Ugo. Morì nella primavera del 1980. Mannerini era anche un grande giocatore di scacchi, e s'iscriveva ai concorsi per parteciparvi, diceva Mannerini: "Gli scacchi sono come le donne, non sai mai che mossa faranno". Fra i due nacque una sincera un'amicizia che durò più di 20 anni, sapendo come sia stato lasciato solo alla fine della sua vita. 
Mannerini e De André erano uniti da profonda amicizia, tanto da condividere un monolocale soppalcato in salita Sant'Agostino dove passare i pomeriggi e le notti dell'angiporto genovese, a fianco di via Prè. Si erano conosciuti in casa di amici comuni e il loro sodalizio portò alla musica capolavori indimenticabili come il Cantico dei drogati, appunto, e Senza orario senza bandiera, primo album dei New Trolls. Fu lui - attivista della Federazione anarchica genovese, come tale noto anche alla polizia ad approfondire in De André il sentimento anarchico. Fu seguito dai Servizi per 20 anni senza tirar fuori nulla. Avranno la soddisfazione di aver visto molti concerti del Faber.
L'osceno gioco
Cantico dei drogati, derivata da versi di Mannerini in virtù di una rivisitazione poetica quale solo il miglior Faber più puro e idealista sapeva produrre. Un autentico capolavoro che dopo oltre quarant'anni conserva ancora intatta tutta la sua valenza, originalità e potenza espressiva. Ecco alcuni passaggi della poesia Eroina dai quali Fabrizio ha chiaramente tratto spunto dalle poesie di Mannerini. "Grazie all'alcool la fantasia viaggiava sbrigliatissima", dice De Andre' e, assieme al suo amico anarchico, poeta, marinaio, viene nelle nostre menti a parlarci dei Folletti di Vetro, di un "Osceno Gioco" e, già, di una madre al quale non si sa come confessare la propria paura.
Riccardo
Mannerini
quante volte devono essersi detti che quest'uomo portava il mio stesso nome. Marinai per destino o per forza. Riccardo che ormai non vedeva più che folletti, dato che la luce nei suoi occhi s'andava spegnendo sempre di più. Gli occhi regalati ai padroni, i suoi occhi per loro. Nessuno glieli ridiede, neanche come i fiori restituiti in novembre. Mannerini, era decisamente una delle figure più importanti e formative, della sua vita. In questo senso si nota la ricerca di una figura paterna a cui era molto, forse troppo, attaccato a suo padre, prima Bindi, poi Brassens, poi ancora Mannerini.
Il "Perfettore"

Si, De André era il “perfettore” ossia colui che rende speciale e magnifica una cosa già bella di sua. Il manifesto pubblicitario del libro di poesie di Riccardo Mannerini pubblicato nel 2009 recitava: "Come potrò dire / a mia madre / che ho paura? ... Ho licenziato / Iddio / e buttato via una donna/ Sono sospeso a un filo / che non esiste / e vivo la mia morte / come un anticipo tremendo. Solo quando / scadrà l'affitto / di questo corpo idiota / avrò un premio. / Sarò citato / di monito a coloro / che credono sia divertente / giocare a palla / col proprio cervello". Mannerini, era uno che ci teneva alle sue idee, e non voleva sporcarle con la realtà,
La droga
di cui vivevano
Riccardo e Fabrizio era l'alcol. Nelle parole di De André: "La mia droga è stata l'alcol, io ero proprio marcio fino al 1985. Bevevo due bottiglie di whisky al giorno, e questo praticamente da quando avevo diciotto anni, da quando ero andato via di casa. Ne sono uscito perché mio padre, con il quale avevo ricostruito un ottimo rapporto, sul letto di morte mi chiamò e mi disse: “Promettimi una cosa e io: Quello che vuoi papà.Smetti di bere. E Faber esplose in un: ma porca di una vacca maiala, ma proprio questo mi devi chiedere?” Io, praticamente, avevo un bicchiere in mano. Ma ho promesso. E ho smesso. 

Scrivere il Cantico dei drogati,
che aveva una tale dipendenza dall'alcol, ebbe un valore liberatorio, catartico. Però il testo non lo spaventava, anzi ne era compiaciuto. E' una reazione frequente, tra i drogati quella di compiacersi del fatto di drogarsi. E’ normale fra drogati o alcolizzati compiacersi di bere o eroina. I personaggi della canzone che inizialmente doveva intitolarsi Cantico dei folletti di vetro (il vetro delle bottiglie dei superalcolici), sono i drogati rappresentati dall'interno.

Un viaggio nella
mente di chi ha "il vuoto nell'anima e nel cuore", non riesce che a blaterare suoni incomprensibili e vive in un mondo popolato di fantasmi ("non vedo più che folletti di vetro").
La speranza in un futuro migliore se n'è andata ("chi mi riparlerà di domani luminosi / dove i muti canteranno e taceranno i noiosi"), "i mediocri continueranno ad avere ragione, i semplici staranno zitti". Si recrimina sul mondo (le "grandi pattumiere") e su chi ci ha messo al mondo, un misto di scabrosi esseri, privi di poesia. 

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