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l'amore merita - Simonetta Spiri, Greta Manuzi, Verdiana Zangaro, Roberta Pompa
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sfogliando la bacheca facebook , di un mio amico e compaesano sacerdote ho trovato questo sito https://it.aleteia.org/ ed in esso ho trovato questo articolo interessante .Esso , a 50 anni dalla morte ( e dalla sua imminente beatificazione )m di Don Lorenzo Milani , mi porta ( come dal titolo ) a chiedermi se la presa di posizione da parte di certi esponenti dela chiesa rispettano il messaggio di Dio e le " direttive " di papa Francesco ?
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Prima di una mia risposta i fatti
Il capo scout si “sposa” col compagno e il parroco dice “non può essere educatore”
Lucandrea Massaro/Aleteia | Giu 06, 2017
Nel frattempo l'Agesci non ha ancora ufficialmente preso posizione
A Staranzano, piccolo comune in provincia di Gorizia si è svolta la cerimonia di unione civile tra il consigliere comunale Luca Bortolotto e Marco Di Just, uno dei capi scout del gruppo Agesci locale. A questa scelta, il parroco del paese, don Francesco Fragiacomo, dopo aver informato l’arcivescovo di Gorizia, monsignor Carlo Maria Redaelli, ha spiegato tramite il bollettino parrocchiale perché a suo giudizio, Marco, non possa più essere un valido educatore in parrocchia: “Nella Chiesa – spiega – tutti sono accolti, ma le responsabilità educative richiedono alcune prerogative fondamentali, come condividere e credere, con l’insegnamento e con l’esempio, le mete, le finalità della Chiesa nei vari aspetti della vita cristiana. Sulla famiglia la Chiesa annuncia la grandezza e bellezza del matrimonio tra un uomo e una donna.Un messaggio che percorre tutta la Bibbia e che la fede in Cristo rende possibile. Come cristiani, dunque, siamo chiamati ad annunciare il modello di famiglia indicata da Gesù: quella fondata nell’amore tra un uomo e una donna uniti nel sacramento del matrimonio” (HuffPost).
Parole ribadite in una intervista al quotidiano locale Il Piccolo:
«Come cittadino – dice – ognuno può fare ciò che gli consente la legge dello Stato. Come cristiano, però, devo tener conto di quale sia la volontà di Dio sulle scelte della mia vita. Come educatore cristiano, in più, devo tener conto della missione e delle linee educative della Chiesa e della mia Associazione cattolica. Una cosa è essere accolti, un’altra è assumere responsabilità educative . Nella Chiesa tutti sono accolti, ma le responsabilità educative richiedono alcune prerogative fondamentali, come condividere e credere, con l’insegnamento e con l’esempio, le mete, le finalità della Chiesa nei vari aspetti della vita cristiana. Sulla famiglia la Chiesa annuncia la grandezza e bellezza del matrimonio tra un uomo e una donna. Un messaggio che percorre tutta la Bibbia e che la fede in Cristo rende possibile. Come cristiani, dunque, siamo chiamati ad annunciare il modello di famiglia indicata da Gesù: quella fondata nell’amore tra un uomo e una donna uniti nel sacramento del matrimonio».
Parole pacate ma che non lasciano adito a dubbi. E’ evidente che nell’Agesci questo dibattito è destinato ad esplodere, e che la problematica tra la fedeltà alla Chiesa e quella alla cosiddetta Carta del Coraggio deve essere risolta. Nel febbraio 2016 esplose la prima rottura nella comunità capi (Co.Ca), riassumibile in questo intervento pubblicato su TPI:
La questione si pone quando un giovane decide di diventare capo scout e si chiede all’aspirante capo di sottoscrivere il patto associativo, cioè il patto che definisce i valori fondanti dell’associazione a partire dal senso più profondo dello scautismo, ma anche la partecipazione politica e il cristianesimo.
Ed è proprio in merito a questo punto, al cristianesimo, che nascono, tra i capi scout, le contraddizioni “morali” più grandi.
Fino ad oggi tutto è stato avvolto da una sorta di “don’t ask, don’t tell”, “non chiedere, non dire”, termine con cui comunemente ci si riferiva negli Stati Uniti in merito alla questione dell’orientamento sessuale dei membri del servizio militare.
In questo modo si è permesso a tutti coloro che non aderivano pienamente alla scelta cristiana di continuare a svolgere il ruolo di capi senza alcun problema. E non si parla solo di gay, ma anche di divorziati e conviventi.
Oggi più di 200 capi scout lanciano un appello chiedendo all’Agesci un sostegno al Ddl Cirinnà – con il quale l’Italia permetterebbe le unioni civili tra persone dello stesso sesso – in vista del rush finale in parlamento: una decisione di coraggio sul tema, anche perché il sostegno dell’organizzazione difficilmente arriverà.
L’impressione è che la “base” Agesci, specialmente i Clan – così sono chiamati nello scautismo i gruppi di ragazzi tra i 16 e i 21 anni -, sia molto più pronta all’apertura e al cambiamento di quanto non lo siano i vertici.
Gli stessi Clan, poco più di un anno fa, hanno presentato un documento nazionale che è stato redatto da 30mila di loro: la Carta del Coraggio.
Attraverso questo documento chiedevano all’Agesci e alla Chiesa di “non considerare esperienze di divorzio, convivenza o omosessualità invalidanti la partecipazione alla vita associativa e al ruolo educativo, fintanto che l’educatore mantenga i valori dell’integrità morale”.
Ma appunto verso la Carta del Coraggio si levarono anche molte voci interne all’Agesci con critiche nette, raccolte tra gli altri dal sito La Fede Quotidiana (3 febbraio 2016):
«Sono una Scolta di un gruppo scout della provincia di Padova. […] Avete sottolineato il fatto che l’Associazione educhi i ragazzi a vivere secondo la Buona Notizia e che, dopo le parole del Santo Padre, tutta la comunità ecclesiale non possa non aderire a questa visione della Famiglia come voluta da Dio. Ma queste sono parole, a me lo scoutismo ha sempre insegnato che poi servono anche i fatti. È vero, ci sono posizioni diverse all’interno dei moltissimi gruppi, lo vedo ogni giorno nel mio Clan, nei confronto con i miei Capi, l’ho notato anche nel reparto di un altro gruppo dove ero scolta in servizio l’anno scorso. Ognuno ha la sua idea, la sua posizione, che in quanto tale va rispettata. Ma noi siamo un’associazione cattolica, che, come avete scritto anche voi, accoglie la visione della Chiesa e il Vangelo, quindi, con tutto il rispetto, con tutta l’amicizia e con tutto il bene del mondo, chi non è pronto ad accogliere questa visione può prestare il suo servizio da un’altra parte.[…] Un esempio? La Carta del Coraggio. O meglio, alcune sue parti, come quella sull’amore, che avanza richieste secondo me in contrasto con quello che invece la Chiesa e il Magistero ci insegnano, che non sono certo punti negoziabili nella vita di un credente. Come mai molti di noi R/S che erano presenti alla Route Nazionale due anni fa hanno deciso e votato a favore di quella presa di posizione? Secondo me, oltre alle opinioni personali, è anche causa del fatto che in molti gruppi il tema liturgico e le scelte che si dovrebbero prendere in coerenza con la fede cattolica, sono lasciate spesso al livello del “volemose bene”, cioè non vengono approfondite e soprattutto si lascia spazio a mediazioni che, a mio avviso, sui temi della fede sono inammissibili e l’assenza di una dimostrazione della volontà comune di seguire con più coerenza gli Insegnamenti in cui il metodo scout affonda le sue radici, aggrava la situazione. Lo scoutismo accoglie tutti, ma chi ne vuole fare parte deve accogliere i valori dello scoutismo. Chi non è cattolico, chi non vuole accettare gli insegnamenti della Chiesa e del Vangelo, può andare al CNGEI. […] Noi come scout cattolici siamo chiamati ad essere testimoni coraggiosi non solo di uno stile di vita autentico e impregnato della capacità di saper pensare e scegliere con la propria testa, ma anche e soprattutto delle bellezza della Parola e della Creazione di Dio, senza la quale tutti i nostri valori e i nostri concetti non avrebbero significato. Il silenzio o il “tenere il piede in due scarpe” non ci rendono testimoni, ma spettatori assenti di una società che invece ha sempre più bisogno di ritrovare le proprie radici e i propri punti di riferimento. Quindi vi chiedo, vogliamo essere protagonisti del nostro tempo con coraggio, oppure ci lasceremo vincere dalla paura di vivere fino in fondo il nostro essere?».
Da allora la situazione non è cambiata, nel senso che l’Agesci non ha risolto la questione decidendo se conformarsi o meno al Magistero o meno e in quel caso rinunciare ad avere un rapporto con la Chiesa cattolica
da http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/ del 6\6\2017
STARANZANO.
«Non ci sono più le condizioni per fare l’educatore nel gruppo scout».
È bufera a Staranzano all’indomani delle “ nozze gay” fra il consigliere comunale Luca Bortolotto e Marco Di Just , uno dei capi scout di Staranzano. Il parroco don Francesco Fragiacomo, infatti, affronta di petto l’unione civile fra due omossessuali che riguardano da vicino gli scout cattolici del gruppo Agesci. La figura di educatore di Di Just, il nocciolo della questione, secondo il prete crea confusione nei ragazzi. Gli insegnamenti della famiglia cristiana vede l’amore fondato tra un uomo e una donna, che si uniscono in matrimonio per avere figli.Della situazione don Francesco oltre ad aver già informato da tempo l’arcivescovo di Gorizia Carlo Maria Redaelli, che non rilascia dichiarazioni ufficiali, è anche amareggiato e non approva la cerimonia di sabato scorso in municipio davanti a centinaia di persone.§Non commenta direttamente, in realtà, ma esprime il suo pensiero attraverso il bollettino parrocchiale.A partire proprio dal ruolo di Di Just quale educatore scout. «Come cittadino – dice – ognuno può fare ciò che gli consente la legge dello Stato. Come cristiano, però, devo tener conto di quale sia la volontà di Dio sulle scelte della mia vita. Come educatore cristiano, in più, devo tener conto della missione e delle linee educative della Chiesa e della mia Associazione cattolica. Una cosa è essere accolti, un’altra è assumere responsabilità educative . Nella Chiesa tutti sono accolti, ma le responsabilità educative richiedono alcune prerogative fondamentali, come condividere e credere, con l’insegnamento e con l’esempio, le mete, le finalità della Chiesa nei vari aspetti della vita cristiana. Sulla famiglia la Chiesa annuncia la grandezza e bellezza del matrimonio tra un uomo e una donna. Un messaggio che percorre tutta la Bibbia e che la fede in Cristo rende possibile. Come cristiani, dunque, siamo chiamati ad annunciare il modello di famiglia indicata da Gesù: quella fondata nell’amore tra un uomo e una donna uniti nel sacramento del matrimonio».
Ecco che l’unione fra Bortolotto e Di Just, molto conosciuti a Staranzano, rischia di avere uno strascico. Sono stati uniti civilmente in una sala consiliare strapiena di gente dal sindaco Riccardo Marchesan, visibilmente emozionato.Oltre alla gioia di “sposi”, parenti e amici, c’è infatti da sottolineare anche la dichiarata amarezza da parte del parroco di Staranzano, che si è sentito “sfidato”, subendo quasi un affronto dalla presenza del viceparroco e scout, don Genio Biasiol, protagonista anche di un intervento prima della cerimonia «come amico della coppia e come prete». Se la formula delle Unioni civili e lo scambio degli anelli impegnava solo una decina di minuti, tutta la cerimonia è durata oltre un’ora.Dopo un breve saluto del sindaco Marchesan, infatti, nella scaletta della mattinata erano in lista a parlare diversi amici che, oltre agli auguri, hanno indirizzato ai due giovani versi di autori e poesie di Pablo Neruda. «Celebriamo una festa di due persone che si vogliono bene – aveva iniziato Marchesan – che oggi vedono costituita la loro unione. Il nostro paese da anni attendeva una normativa chiara per un riconoscimento anche sul piano giuridico, i diritti e i doveri di ogni coppia, volersi bene nel rispetto e nel reciproco sostegno».Stipati come non mai nell’aula avevano trovato posto, oltre ad alcuni consiglieri comunali, alcuni rappresentanti dell’associazionismo di Staranzano quale la Corale Audite Nova, le pattinatrici delle Aquile Biancorosse, l’associazione Benkadì, La Tenda della Pace, BisiachiInbici.E una ragazza scout, come al termine di ogni attività, a nome di tutto il gruppo a Marco e Luca aveva augurato una “Buona strada”.
Adesso la Comunità capi degli scout di Staranzano si trincera dietro un muro di silenzio e dietro le parole della sua guida spirituale, don Biasiol: «Mi spiace ma la comunità capi ha deciso di non rilasciare dichiarazioni in merito». Facendo intendere che per ora Di Just è a tutti gli effetti Capo unità e dal punto di vista educativo non c’è alcun problema. Tutto resta ancora da vedere, da capire, da riformulare. «In questo momento – commenta una delle responsabili del gruppo – per noi ha il placet per fare l’educatore scout, ma è da vedere con i nostri regionali, confrontarci, quindi la cosa è ancora da chiarire. La domanda ce la siamo già posta noi. Se qualcosa cambierà vedremo».
Swcondo me non lo rispetta soprattutto dopo aver sentito questa intertvista, copmntenuta nel secondo articolo sopra riportato , di Antonio Iovane (Radio Capital) che ha chiesto a Don Francesco di chiarire il suo pensiero
Ecco perchè credo in Dio ( cercandio cadendo e rialzandomi d'applicare ciò che ci ha trasmesso attraverso Gesu suo figlio ) ma non nella chiesa? La chiesa è un istituzione creata dall'uomo per aver potere sugli altri uomini. È vissuta da uomini, peccatori come tutti gli esseri viventi.....con la doppia aggravante di far tutto in nome del Signore.
Chiesa Cattolica.
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