18.4.18

Disturbi alimentari, la storia di Lavinia: "Vi racconto come ho perso 81 kg in un anno" Protagonista di questa storia di coraggio e tenacia è la 42enne Lavinia Corona, psicologa e sindaco di Vajont. "Avevo toccato i 171, poi è arrivato anche il cancro, ma non ho mollato"


per  approffondire  


da   messaggeroveneto.gelocal.it/pordenone/cronaca/2018/04/17/


La storia del sindaco Lavinia: "Vi racconto come ho perso 81 kg in un anno"
Vajont, la Corona e la lotta col disturbo da alimentazione incontrollata. «Avevo toccato i 171, poi è arrivato anche il cancro, ma non ho mollato»
di Giulia Sacchi

VAJONT. Quella di Lavinia contro “Attila” è una battaglia lunga più di trent’anni. Una lotta che le ha lasciato tante cicatrici, sul corpo e nel cuore, ma che si è conclusa con una vittoria frutto di determinazione e impegno. Protagonista di questa storia di coraggio e tenacia è la 42enne Lavinia Corona, psicologa e sindaco di Vajont.
Il suo nemico storico, “Attila” come lo chiama lei, è quello che in gergo medico è definito eating, ossia un disturbo da alimentazione incontrollata. «In poche parole abbuffarsi», semplifica Lavinia.
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Com'era 
Una storia, la sua, che affonda le radici nell’infanzia. «Ho solo un ricordo che lego alla prima abbuffata: avevo meno di dieci anni e passavo le domeniche davanti alla tv – racconta –. Guardando un film western, ho mangiato uno stracchino intero con grissini e bevuto coca cola». Nulla rispetto a quanto avrebbe fatto negli anni successivi. «Sono stata capace di mangiare soltanto a cena due pizze maxi e tre Mc menù al Mc Donald’s», aggiunge.
Le conseguenze delle abbuffate sono facilmente intuibili: Lavinia arriva a pesare 171 chili. Una situazione che ha ripercussioni negative sul suo stato di salute: le vengono diagnosticati il diabete, tre ernie al disco e spondiloartrite alla colonna vertebrale.
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Com'è   adesso
Queste ultime le costano cinque mesi di immobilizzazione a letto, infiltrazioni e un paio di punture spinali senza esito. Ma nemmeno i problemi di salute frenano le abbuffate. La svolta arriva nel 2013, quando Lavinia è costretta a fare i conti anche con il cancro: in quel momento capisce che deve riprendere in mano la sua vita. I medici sono chiari: con un peso così elevato, le restano al massimo sei mesi di vita.

«Ho capito che dovevo agire e ho iniziato a documentarmi sulla possibilità di un intervento chirurgico per dimagrire: con le diete non c’era verso – spiega –. Il primo ostacolo da superare era trovare un ospedale e soprattutto un chirurgo disposto a prendersi l’onere di operarmi senza fare domande: non avrei mai avuto l’ok all’intervento, se avessi dovuto passare per una valutazione psicologica. Ho fatto il possibile per individuare una soluzione perché non volevo morire».
Lavinia riesce a trovare la struttura sanitaria che nel 2015 esegue il bypass gastrico: sorge nella sua terra, il Friuli. In un solo anno, tra il 2015 e il 2016, riesce a perdere 81 chili: da 171 scende infatti a 90 chili. Ma questa operazione non è la sola che deve subire: si aggiungono le plastiche di ricostruzione in un ospedale emiliano. L’ultimo intervento risale allo scorso 18 gennaio.
«487 punti esterni dopo le diverse operazioni, quelli interni non li conto più – ci scherza su –. Il primo intervento di addominoplastica è arrivato nel pieno della campagna elettorale: era il 28 aprile 2016, 176 punti che non volevano chiudersi, tanto che il 14 luglio sono tornata “sotto i ferri”». Ma Lavinia è più forte del dolore per le operazioni e delle complicazioni che non le danno tregua: guarda dritta all’obiettivo e combatte senza sosta. Un percorso lungo e in salita, ma la meta, sebbene le paure non manchino nemmeno oggi, è stata raggiunta.
Ora ad attendere Lavinia c’è un’altra salita: quella che la porterà al monte Lussari. «Quando mi sono ammalata di cancro e ho deciso di riprendere in mano la mia vita, ho fatto un fioretto: percorre a piedi il sentiero del pellegrino sul Lussari, monte che amo sin da bambina – spiega –. Non sarò sola in questa avventura: vorrei con me il mio chirurgo plastico, la mia psicologa, il mio compagno e la mia migliore amica.
Quest’ultima, in particolare, è stata sempre il mio faro e mi ha sostenuta in ogni scelta. Per compiere la nuova missione mi serve solamente un po’ di “fiato” in più. Mi impegnerò e taglierò anche questo traguardo».


Inoltre  il fatto che  nel parla  pubblicamente  con un blog   e sintomo   che   vuole   farcela   e  cambiare    ma  sopratutto   vuole
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Infatti  sempre secondo  lo stesso giornale 





La sua esperienza descritta in un blog

  sempre   second lo stesso giornale 17 aprile 2018

«Quello che racconto è crudo, ma vero. Spero possa servire per aiutare gli altri»


Oggi un blog a puntate, in futuro forse un libro. Lavinia Corona ha deciso di raccontare la sua storia nel blog “Aggiungi un posto a tavola”, consultabile alla pagina weblavydoc.blogspot.it. La scelta di questo canale non è casuale. «Mi consente di scrivere le mie riflessioni anche in ordine sparso e senza l’impegno che richiede un libro, ma soprattutto di arrivare in maniera più rapida ai giovani e a quanti stanno combattendo la mia stessa battaglia – spiega –. L’auspicio è che la mia storia, con vittorie e innumerevoli cadute, possa aiutare anche solo una persona nel suo cammino di vita o almeno riesca a strappare un sorriso».
Lavinia non usa mezzi termini nel racconto: non c’è nulla di edulcorato. La realtà è una sola, dura e dolorosa. «Quello che scrivo è crudo ma vero – afferma –. Non seguo un ordine, tant’è che nel blog parto dalla fine del mio percorso. Procedo per puntate: per ora ne ho pubblicate quattro».
A Lavinia sta a cuore il messaggio che col blog [https://lavydoc.blogspot.it/] vuole lanciare. «Voglio far capire alle persone che si può uscire da quello che all’inizio appare come un tunnel in cui non si intravede la luce – osserva –. La fatica è notevole e non bisogna forzare la mano. D’altronde, se non si tocca il fondo, non si può risalire». Lavinia né nasconde le sue paure di oggi né nega che “Attila” è ancora presente. «Pure le fissazioni sono difficili da cancellare – conclude –. Quando vado al ristorante o in una sagra, prendo ancora le misure: prima di sedermi al tavolo, calcolo se c’è lo spazio giusto per passare. Sono sì cambiata, ma fuori. Nella mia testa sono obesa e lo sarò per sempre». (g.)

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