Finalmente all'interno della gerarchie della chiesa cattolica s'alza qualche voce di rimprovero ai convocati alla convegno sulla famiglia di Verona . Essa viene proprio da Papa Francesco che : “Il Congresso delle Famiglie di Verona? Bene la sostanza, sbagliato il metodo”
“Il Congresso delle Famiglie di Verona? Bene la sostanza, sbagliato il metodo”. A dirlo è Papa Francesco, rispondendo a una domanda dei giornalisti sul volo da Roma a Rabat.
“Ho letto la risposta del segretario di Stato Parolin sul convegno di Verona e mi è sembrata equilibrata”, ha detto Bergoglio. E le parole di Monsignor Parolin erano state proprio quelle che il Pontefice si sente di condividere: “La sostanza è corretta, il metodo è sbagliato”
Sono le prime parole di Papa Francesco sull’evento iniziato a Verona venerdì 29 marzo, e che si concluderà domenica 31 marzo.
Un’iniziativa che ha sollevato una selva di polemiche anche a causa del profilo a dir poco discutibile di alcuni dei relatori. Una di questi, Babette Francis, ha sostenuto in passato la tesi che le donne che non fanno figli vengano colpite più facilmente da tumori.
Sabato 30 marzo Maria Gandolfini, la figlia del fondatore del Family Day Massimo Gandolfini, l’uomo che ha aperto i lavori del Congresso di Verona, in un’intervista video a TPI ha dichiarato di ritenere il pensiero del padre “maschilista e retrogrado”.
Maria, 36 anni, ha spiegato di non essersi mai sentita amata dal padre. “Mi considerava una pecora nera, una delusione totale. Ma se mi amasse, come mia madre, non mi vorrebbe far marcire tra le fiamme dell’inferno solo perché sono separata. Lui mi considera un mostro, ritiene che la mia famiglia sia da nascondere, da seppellire da non far vedere, qualcosa di cui vergognarsi”.
Massimo Gandolfini ha replicato alle parole della figlia: “Le parole di mia figlia sono servite se non altro a demolire l’immagine del Gandolfini fascista che impone le sue idee. Per cui mia figlia fa giustamente quello che crede e che reputa giusto. Io naturalmente la rispetto. Lei è uno dei miei sette figli, che amo tutti nella stessa maniera”.
mentre facevo la raccolta della carta ho trovato questa lettera scritta a Concita de Gregoriio ed ecco un ricollegamento al precedente post
Una storia triste quella qui riportata che fa ( dovrebbe ) riflettere come ha fatto con il sottoscritto che credeva che i gay ed le lesbiche si nascondessero nel matrimonio etero oltre che per paura \ vergogna ( come nel caso che trovate sotto ) per ipocrisia ed " non vplersi prendere le proprie responsabilità " della loro scelta sessuale .
La mia vita è stata una finzione La mano di Roberto, 61 anni
Questa lettera è di Roberto, 61 anni, Catania
"Ho 61 anni, vivo in Sicilia, a Catania. Negli anni ’70 era impossibile, ripeto impossibile, dirsi omosessuale, anche se tra i ragazzi di quell’epoca era facile far passare i primi approcci sessuali come giochi innocenti. Tutti ci siamo fatti una vita ‘normale’, sposati, genitori e in alcuni casi anche nonni. Ma… Un fuoco ardente si nasconde sotto la faccia perbene di uomini della mia età. Essere ‘puppi’ (così si chiamano nel catanese gli omosessuali) era ed è una tragedia per le famiglie del ceto sociale meno abbiente e non solo. Io vivo ogni giorno un inferno in terra, e come me, mi creda tanti, ma tanti uomini di mezz’età hanno questa stessa condizione. Almeno qui in Sicilia". "Attraverso i social ho avuto modo di scambiare opinioni e storie con altre persone della mia età, ma anche con quelli più giovani, il denominatore comune è la sofferenza. E più si è adulti, più si è sposati, più figli hai, più grande è la sofferenza. Lei mi può dire ‘Si separi’. Come se fosse facile rifarsi una vita in un centro piccolo, dove ti conoscono tutti e dove tutti sanno di te. Sarebbe far del male alle persone che più ami. Allora accetti di soffrire in silenzio, per amore di un altro, nel silenzio della stanza e nel cuore della notte ti svegli con le lacrime senza poter dare una spiegazione a nessuno di tale sofferenza". "Ho pensato tante volte di farla finita, ho gridato tante volte al buon Dio di farmi finire questo mio transito terreno, sono stato abusato a 4 anni fino ai 10 da persone diverse. Tutti parlano della condizione dei giovani gay, nessuno si accorge delle sofferenze degli adulti. Io non ho avuto scelta: o la moglie o la strada. Entrambe le soluzioni sono gravate da sofferenze. I pregiudizi sono duri a morire. Essere omosessuali non si sceglie, si è". "Come essere nero di pelle o con gli occhi azzurri. Non puoi decidere tu come essere. Se la gente capisse fino in fondo la lacerazione che viviamo, se sapesse l’incapacità che abbiamo di essere ‘normali’, non saremmo additati come diversi. Ma voi pensate che se potessimo scegliere la felicità, la serenità, la tranquillità non lo faremmo?". "Vi prego pensate anche a noi adulti gay nascosti, truccati da brave persone. La nostra non è ipocrisia, ma spirito di sopravvivenza. E’ un territorio dove non c’è distinzione di classe sociale, ci sono gay sia fra gli strati più bassi della società che in quelli più abbienti, fra gli operai e gli impiegati e i professionisti. Le ho scritto per sfogarmi, non mi è servito neanche andare in analisi. Tutti mi dicono devi accettare di essere gay, ma il problema non sono più io: sono le persone attorno a me che non lo accetterebbero. Provi a chiedere altri, sarei curioso di sapere le risposte".
POSTED ON
Le famiglie gay invece esistono
Andrea e Manuel al loro matrimonio
Questa lettera è di Andrea Incontri, 47 anni, Milano
Alla vigilia del cosiddetto congresso mondiale delle famiglie che riunirà a Verona i massimi esponenti del Medioevo, fossili viventi, si è aperto in questo spazio un intreccio fittissimo di racconti e di storie di vita sul tema della famiglia, anzi delle famiglie – le molte possibili, molto diverse come diversa e unica è la storia di ciascuno. In particolare ho ricevuto decine di risposte alla lettera di Roberto, marito e padre, sessantunenne di Catania, omosessuale. Tutti ricordiamo la prima intervista del nuovo ministro della Famiglia Lorenzo Fontana, leghista, 39 anni, veronese. “Le famiglie omosessuali non esistono”, disse. Esistono invece. Polemizzare con la realtà anziché ascoltarla, comprenderla, provare – specie se si è al governo – a fare in modo che sia per tutti migliore non è mai stata una grande idea. La realtà tende a vincere su chi la nega. Pubblico la risposta a Roberto di Andrea Incontri. Nato a Mantova in una famiglia ricca solo di dignità e rigore – mi racconta – ha ostinatamente inseguito il suo sogno. Oggi è uno stilista di grande successo. Ecco la lettera. "Caro Roberto. Ho letto attentamente le parole di un uomo come me che si pone domande. Che espone il proprio stato d’animo. Lo ringrazio per aver condiviso una propria condizione umana e sociale. È vero. Si pensa ai giovani ma non alle persone che hanno già percorso buona parte della propria vita in assenza di completezza sentimentale. Io sono felicemente sposato con Manuel, un marito che mi appaga in ogni senso"."Ho 47 anni ed il percorso non è stato per niente facile. Ho lavorato molto sulla mia persona. C’è una cosa sulla quale non sono in accordo con Roberto, perché in qualche modo ci sono passato: Il giudizio è in prima istanza nostro. Essere portavoce di noi stessi non è mai sbagliato. Raccontare come siamo, esseri unici per sensibilità, visione, anche orientamento di genere, è una cosa bellissima. Ma se pensiamo a noi stessi come esseri sbagliati (e capisco, l’abbiamo pensato nell’infanzia e nell’adolescenza, ad un disagio dovuto all’essere conformi a tutti i costi ad un modus operandi sociale), la forbice tra l’unicità di noi stessi e la forma considerata corretta si allarga. Penso che lei abbia un’opportunità straordinaria di aprirsi al dialogo"."Sembra una montagna altissima e invalicabile. Invece non è così. Potrebbe donare ancora più amore alla sua famiglia e agli altri. Passo dopo passo. Uno al giorno. La pianura diventa collina. E la collina diventa montagna. E lei con questi piccoli passi avrà una visione d’insieme più armonica di accettazione di se stesso e degli altri. Perché il bel panorama si vede solo quando si arriva in cima. La abbraccio con stima e affetto".
QUELLO CHE AVEVO DA DIRE L'HO DETTO NEL TITOLO . NON RIESCO A TROVARE ULTERIORI PAROLE LE LASCIO VOI
ECCO LE PERSONE A CUI MI RIFERISCO
Congresso famiglie Verona: "Gli omosessuali vanno curati, sennò per loro c'è l'Inferno''
C'è il vescovo di Verona che considera l'aborto un "delitto", la suora che si ispira al modello di società russa, le volontarie che pregano per convertire gli omosessuali, addirittura chi arriva con una statua della Madonna sottobraccio. I partecipanti al contestatissimo Congresso mondiale sulla famiglia, ospitato nella città di Romeo e Giulietta, hanno le idee chiare sui valori da difendere: "I gay vanno curati, se non si convertono c'è l'inferno per loro", spiegano. Con una coda polemica persino sulla legge sul divorzio: "E' un abominio"
di Antonio Nasso e Cristina Pantaleoni
ed a loro dedico la canzone che trovate in fondo a questa discussione avuta sul mio faCEBOOK
Angelo ZarrilloVai a scuola studia Dante, Giotto,Simone Martini,Piero della Francesca, Federico II, Francesco d'Assisi,Petrarca, Boccaccio, Michelangelo, Leonardo, Raffaello, Colombo che con i suoi viaggi da inizio alla Storia Moderna... Epopea di giganti. Altro che nani e ballerine del XXI secolo. Il Medioevo meglio studiarlo, piuttosto che scrivere corbellerie.
Giuseppe ScanoAngelo Zarrillo IL MEDIOEVO L'HO STUDIATO RICORDO CHE PRENDERE 28 ALL'ESAME DI STORIA MEDIEVALE . E CI HO PURE DATO LA TESI . qui mi stavo riferendo a persone che sono rimaste ferme a quel periodo e non hanno cambito che la mentalità è cambiata e che
Angelo ZarrilloGiuseppe Scano Quindi il Medioevo è anche progresso, scoperte scientifiche e arte. Da studioso dovresti narrare il Medioevo in tutte le sue sfaccettature,elencando solo il lato oscuro,non è obiettivo ed è poco professionale. Saluti
E vero che il razzismo insieme a tutte le altre discriminazioni ) xenofobia , omofobia , sessismo ) sono da sconfiggere ma non è vietando i classici che si combattono .
Hanno boicottato una tragedia di Eschilo perché sarebbe razzista
Un gruppo di militanti antirazzisti ha impedito la rappresentazione della tragedia di Eschilo "Le Supplici" alla prestigiosa università parigina della Sorbona.
Riccardo Milani / Hans Lucas Una manifestazione davanti alla Sorbona
Un gruppo di militanti antirazzisti ha impedito la rappresentazione della tragedia di Eschilo "Le Supplici" alla prestigiosa università parigina della Sorbona. Il classico greco è stato giudicato "razzista" perché alcune delle maschere indossate dagli attori - secondo la tradizione del teatro antico - erano nere: questo per interpretare le figlie di Danaos - le Danaidi - provenienti dall'Egitto, quindi dall'Africa. La scelta di utilizzare le maschere, al posto di volti anneriti, è stata fatta dal professor Philippe Brunet, uno dei maggiori esperti di Eschilo, qui nelle vesti di direttore artistico e regista della messinscena.
Il ricorso alle pratiche di scena dell'antichita' ellenica non è pero' piaciuta alla Lega di difesa nera africana (Ldna), al Consiglio di rappresentanza delle associazioni nere (Cran), e neanche all'Unef, il sindacato studentesco di sinistra. Una cinquantina di militanti di queste sigle ha organizzato un presidio lunedi' sera, impedendo la rappresentazione e accusando la troupe di aver compiuto un "blackface" (l'uso di trucchi per trasformare delle persone di pelle bianca in individui di pelle nera, ndr).
In un comunicato, la presidenza della Sorbona ha condannato il boicottaggio. "Impedire con la forza e le ingiurie la rappresentazione di un'opera teatrale - scrive il vertice dell'università parigina - è un attacco grave e completamente non giustificabile, alla libertà di creazione". E' intervenuto anche il ministro della Cultura, Franck Riester, ha criticato le azioni delle associazioni antirazziste, bollandole come un "attacco senza precedenti alla libertà di espressione e di creazione nell'ambito universitario".
La retromarcia sul revenge porn.
Prima la bocciano , solo perchè proposta da un loro avversario anzi avversaria , visto che a proporla è stata la Boldrini . Capisco essere contro e bocciare le leggi \ le proposte dei tuoi antagonisti , ma quando si tratta di leggi di notevole importanza piuttosto che lasciale mutili \ incomplete bisogna mettere da parte le divergenze culturali \ ideologiche e votarle .
Sono nella confusione più completa. Quando un "alleato" annuncia qualcosa ecco che il "rivale alleato" deve dire l'opposto. Senza accorgersi che vanno contro quello che hanno sostenuto il giorno prima. Normalmente arriverebbero due persone vestite di bianco con una ambulanza, ma con questi non si può. Sono il nostro grande governo.
L’atterraggio all’aeroporto Tan So Nhut avviene in mezzo a bombardieri, caccia e torrette imbottite di sacchi di sabbia con soldati di vedetta. C’è la guerra in Vietnam. È l’inizio di novembre del 1968
L’atterraggio all’aeroporto Tan So Nhut avviene in mezzo a bombardieri, caccia e torrette imbottite di sacchi di sabbia con soldati di vedetta. C’è la guerra in Vietnam. È l’inizio di novembre del 1968 e quello è proprio il periodo in cui gli americani impegnano il maggior numero di forze militari nel Sud-est asiatico. Le Stars, band tutta al femminile formata da cinque ragazze toscane, sbarcano così a Saigon. Sanno che si tratta soltanto di una breve tappa di una tournée in altri Paesi dell’Estremo Oriente. In realtà non è così. Arrivate lì scoprono che il contratto parla di ben tre mesi in Vietnam. Suoneranno nelle basi americane, mentre intorno infuria la guerra, prima di tornare in Italia. Pochi anni dopo, nel 1974, quando il gruppo si era già sciolto, la vita porterà la tastierista Daniela Santerini in Sardegna. A lungo ha combattuto per far conoscere questa storia. Ci ha scritto anche un libro, ‘Choi-oi!’ (Oh mio Dio in sudvietnamita), basato sul diario tenuto all’epoca, che ha ispirato il recente documentario ‘Arrivederci Saigon’, diretto da Wilma Labate e presentato alla Mostra del cinema di Venezia. Contattata telefonicamente, Daniela Santerini ci invita subito a casa sua. In zona Monte Oro, a Sassari. “Venga che è meglio parlare di persona”. La cadenza toscana è ancora marcata, nonostante gli anni passati in Sardegna, tanto che lei stessa si definisce ormai sarda d’adozione. Tra libri e foto, apre il cassetto dei ricordi. Il racconto non può che iniziare dal momento in cui entra a far parte di una band e la sua vita cambia: nel 1967. Nata a Pontedera, ha 19 anni ed è una ragazza timida e solitaria. Cresciuta dalla sola madre che è impiegata alla Piaggio. L’aria di rivoluzione che inizia a soffiare forte in quel periodo
non l’avverte proprio. «Ero davvero ingenua, per mentalità ancora una bambina». In quel momento studia pianoforte, ed è pronta a dare l’esame dell’ottavo anno, quando bussano a casa sua delle ragazze in cerca di una nuova musicista per il loro complesso.
Tal vicenda È l’inizio di un’incredibile avventura che Daniela Santerini racconterà diversi anni dopo nel libro citato e che Wilma Labate ha ripreso nel suo film Arrivederci Saigon (sotto il promo e qui maggiori notizie )
offrendo anche un quadro più generale dell'epoca . Un documentario fra i cinque candidati per i premio di david di donatello 2019
La storia di tale evento è nata per caso . Infatti --- sempre secondo il giornale ---- “Sono venute a cercarmi – racconta – ma io sono ancora convinta che gli avessero segnalato un’altra Daniela che viveva vicino a me. Anche lei suonava. Ho accettato di entrare nel complesso e quel giorno la mia vita ha preso una direzione diversa. Era giugno e io dovevo dare l’esame a settembre. Pensavo di farlo lo stesso e invece non l’ho più dato. Avevano la base a Piombino, sono andata con loro e diventata un membro delle Stars”.
Una band femminile, una rarità nell’Italia dell’epoca: Rossella Canaccini (cantante), Viviana Tacchella (chitarrista), Franca Deni (bassista), Manuela Bernardeschi (batterista).
Daniela Santerini, che all’organo completava la formazione, le chiama ancora bimbe. Come allora. Hanno tutte intorno ai vent’anni, Rossella la cantante è ancora minorenne, quando iniziano a suonare insieme. Il loro repertorio è decisamente moderno.
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Soul e rhythm and blues. Quindi James Brown,
Wilson Pickett, Aretha Franklin. Cose che io non avevo mai sentito, la mia era una formazione classica: Bach, Mozart, Chopin. Comunque mi hanno messo davanti a fare degli accordi e mi sono data fare. Non ero certo Brian Auger, però ho ricevuto anche molti complimenti”.
Le Stars dimostrano di cavarsela bene e si guadagnano presto i locali più in voga del tempo in tutta Italia. Si esibiscono con i Pooh agli inizi, aprono concerti di cantanti già affermati come Patty Pravo, finché nell’autunno del 1968 ricevono l’offerta di una tournée in Estremo Oriente. Potrebbe essere la grande occasione che stanno aspettando. Si parte verso l’Asia. Prima tappa Manila, nelle Filippine. Due giorni dopo, è il primo novembre, un altro volo. Per Saigon.
Non sanno però che per una clausola del contratto dovranno restare nel Vietnam in guerra sino alla fine di gennaio. Quasi tre mesi.
“Ne abbiamo passato di tutti i colori – sottolinea la musicista – e sono stati giorni che non dimenticherò mai. La guerra si avvertiva, eccome. Ho sofferto la fame, si mangiava poco e male. E poi gli spari, i bombardamenti. Una volta mi hanno caricato un mitra davanti a un posto di blocco. In quella occasione ho davvero creduto di morire”. Un’immagine che Daniela Santerini continua ad avere in testa come fosse successo ieri. Così come non può dimenticare quell’odore marcio che ha continuato a sentire a lungo, come una persecuzione, anche dopo il rientro a casa: un misto di sudore, vomito, carogne putrefatte, escrementi. Così lo definisce nel suo libro. Ma l’avventura nel Sud-est asiatico le ha lasciato anche ricordi molto belli.
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Ci siamo esibite tanto
nelle basi statunitensi
e facendo musica nera, che soprattutto i soldati della comunità afroamericana apprezzavano, abbiamo imparato veramente cosa fosse il soul. E poi mi ero anche innamorata di un tecnico tedesco”.
Il 27 gennaio del 1969 è il giorno dell’addio al Vietnam. Il ritorno a casa non porta la svolta sperata, anzi da alcune parti il gruppo viene anche criticato per essere stato al soldo degli americani. Le Stars continuano comunque il loro percorso e una nuova occasione si presenta quando vengono messe sotto contratto dalla Rca. Il sogno, però, dura poco.
“Siamo state un anno alla Rca, ma poi il direttore Ennio Melis, di origine sarda, ci ha detto che voleva solo la cantante. Insomma il gruppo là si è sciolto. Avevamo anche registrato dei brani, ma nessuno sa che fine abbiano fatto”.
È il 1972, la storia delle Stars si conclude. Due anni dopo la vita porta Daniela Santerini in Sardegna. “Il mio primo marito, quando eravamo fidanzati, aveva fatto la scuola ufficiali ad Ascoli e poi lo avevano spedito nell’isola, al Car di Sassari. Fu io a insistere perché ci sposassimo e venni quindi ad abitare qui. Prima in via Dolcetta, poi a Ottava e Luna e Sole. In seguito ci trasferimmo per questioni legate al suo lavoro a Domusnovas e dopo a Carbonia. Qui fondai il centro artistico Le Muse dove si insegnava musica, ma anche danza, pittura e recitazione.
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Ma le cose con mio marito
non andavano bene.
Nel 1989 se ne andò e tornai, con i miei due figli, per un periodo a Pontedera. In seguito venne a trovarmi un conoscente sassarese che mi riportò qui, ma le cose andarono ancora peggio. Per fortuna conobbi un altro uomo che è diventato il mio secondo marito. Un toscano che aveva una casa ad Alghero”.
Oggi vive con lui a Monte Oro, dove continua a fare lezioni di piano e ogni tanto a scrivere, altra sua passione. Ha pubblicato diversi libri, in particolare legati alla musica. Tutti con Youcanprint, come la nuova edizione di ‘Choi-oi!’ che racchiude il suo diario dal Vietnam.
Da libro al film. ‘Arrivederci Saigon’ nasce quando lo scrittore Giampaolo Simi, venuto a conoscenza dell’incredibile storia delle Stars dal diario di Daniela Santerini, ne parla con la regista Wilma Labate, autrice tra l’altro di ‘La mia generazione’ e ‘Un altro mondo è possibile’.
Da lì l’incontro con la musicista-scrittrice, l’opzione sul libro, il lungo lavoro di pre-produzione e finalmente la realizzazione del film presentato alla 75esima edizione della Mostra internazionale di arte cinematografica di Venezia e candidato ai David di Donatello 2019.
Nel documentario sono presenti le testimonianze dirette di quattro delle protagoniste. Manca infatti la batterista Manuela Bernardeschi che non ha voluto partecipare a questo viaggio nel passato, racconto non solo della particolare vicenda di cinque ragazze toscane, ma attraverso materiale di repertorio anche di un’epoca.
Daniela Santerini non è mai tornata in Vietnam. “Ci ho pensato, ma voglio tenere nella mente e nel cuore quello che ho conosciuto cinquant’anni fa”. Per un lungo periodo a dire il vero l’ha voluto anche dimenticare, come le sue compagne, finché un giorno quell’incredibile esperienza si è ripresentata davanti a lei.
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Nel 1978, quando erano
passati una decina d’anni,
un giorno per caso mi ricapita tra le mani il diario. Non quello originale, ma una copia che mia madre aveva ribattuto a macchina in ufficio. Inizio a sfogliare quelle pagine, a leggere e scoppio a piangere. Il Vietnam mi era ripiombato addosso. Decisi che quella storia doveva essere conosciuta”.
Daniela Santerini si sbatte, però, contro i no delle case editrici. Di pubblicarla nessuno ne vuole sapere.
Consegna allora il manoscritto all’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano. Soltanto molto tempo dopo riuscirà a pubblicare ‘Choi-oi!’ con Youcanprint, edizione ancora in commercio.
Nel libro-diario sono presenti anche lettere, sempre dell’epoca, della chitarrista Viviana Tacchella e alcuni brani del diario di Rossella Canaccini, la cantante che era la più giovane del complesso. Quest’ultima, dopo lo scioglimento delle Stars, è stata l’unica a portare avanti per un certo periodo la carriera da solista raggiungendo una certa notorietà
con alcuni brani.
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Il titolo viene dal lamento
di un vietcong ferito
che ho sentito in un ospedale e non ho mai dimenticato. Anche se ho saputo cosa significasse, ‘Oh mio Dio’, solo diversi anni dopo da un sacrestano vietnamita incontrato a Lucca”.
Anche se Daniela a differenza di Rossella non ha continuato la carriera di nel mondo della musica è quella che ha riscosso più successo infatti
Oltre a “Choi-oi!” sulla storia del complesso femminile Le Stars nel Vietnam del 1968, Daniela Santerini ha pubblicato altri libri. Tutti di diverso genere. “Il cerotto” contiene racconti che segnano l’inizio della passione per la scrittura, sfogo e d una delle ultime liriche presenti nel volume, intensa e a tratti dolorosa ma non priva di speranza. Quella speranza che affiora sempre anche nelle poesie che ne sembrano pririve del tutto. “Limus Il linguaggio musicale” spiega un nuovo metodo per imparare a suonare in modo consapevole. Un orientamento didattico sperimentale messoa punto da Daniela Santerini per le sue lezioni di pianoforte.
Della bellezza e del profumo di una rosa quello che rimane, quando il fiore appassisce e muore, è soltanto una parola: il suo nome.
A me , la fiction #ilnomedellarosa , che sono nato a metà degli anni '70 e quindi aver letto il libro dopo : il film omonimo di Jean-Jacques Annaud interpretato da Sean Connery (Guglielmo da Baskerville), il fumetto parodia disney Il nome della mimosa (1988) storia apparsa originariamente sul settimanale “Topolino” n. 1693 (8 maggio 1988) e scritta da Bruno Sarda e disegnata da Giampiero Ubezio ed appassionato del genere fantasy e distopico in particolare Martin mystere non è dispiaciuta .
La fiction è interessante e ben fatta,molto attinente al romanzo e soprattutto ne sviluppa alcune storie accennate marginalmente nell'opera di Eco . Ha sviluppato ulteriormente il tema già presente nel romanzo di Eco ovvero : << La conoscenza contro il totalitarismo, cioè il potere in qualunque sua forma, la forza della ragione e del ragionamento contro i fanatismi, la logica contro la mistificazione (oggi potremmo dire il reale contro l’inventato), ma anche l’accoglienza contro il rifiuto, l’empatia contro l’arroganza, la forza dell’eresia contro l’ordine precostituito o imposto. >> Infatti è confermato quando diceva sempre questo interessante ed premonitore articolo della pagina culturale de https://www.ilsole24ore.com/<< Se la sfida di Giacomo Battiato e dei suoi sceneggiatori era di fare de Il nome della rosa, la serie in quattro puntate che andrà in onda dal 4 marzo, un racconto fitto che enfatizza, così come è nel romanzo di Umberto Eco, gli snodi della modernità, questa sfida ci pare vinta.[...] >> Infatti , come dico nel titolo ha mantenuto lo spirito del libro di Eco , rendendolo ancora più attuale , un opera contro in fondamentalismi religiosi e le regressioni dei cattolici ultra conservatori ( i quali l'hanno attaccata già dalle prime puntate senza neppure aspettare la fine e dare un giudizio globale ) pur adattandolo a chiave di lettura all'oggi . Giacomo Battiato è stato onesto perchè lo aveva già detto in una intervista mi pare per raiplay extra sul nome della rosa che c'era un ispirazione al Il trono di spade . E poi lo si capisce ( specie per chi ha molta dimestichezza con e serie TV degli ultimi 20 anni ) fin dai titoli di testa si capisce che il libro è stato preso con lo stesso atteggiamento con cui si affronta un fantasy ,
Unici limiti è uno dei motivi per cui non è piaciuta ai puristi \ lanacaprinosi è quello d'essere troppo accessibile e quindi non lasciare ( o quasi ) spazio all'immaginazione ( infatti in alcuni punti sbadigliavo o mi distraevo con il cellulare forse perchè no sono abituato completamente a film de o opere cinematografiche \ televisive lente o forse perché ho letto , vero dopo il film omonimo e la parodia fumettistica e quindi sapevo già dove sarebbe andato in alcuni momenti a parare ) anche a chi non ha letto il romanzo ne visto o letto le opere d'esso derivate . Interminabilmente pesante...lungo.... a tratti Troppo pesante.
Ma Ottimo cast ed ottima fotografica . Ecco quindi che Nonostante gli errori storico-artistici disseminati nella fiction 'Il nome della Rosa' in onda su Rai Uno. Trovati , in una caccia al tesoro tra statue e affreschi, sono stati gli studenti del corso di Storia della critica d'arte tenuto da Alessandra Galizzi Kroegel, nell'ambito del corso di laurea in Beni culturali dell'Università di Trento, che nel loro blog riportano le sviste puntata per puntata. Infatti ecco i più macroscopici segnalati da https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/03/25/
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Se il buongiorno si vede dal mattino, nella scena della prima puntata ambientata nella stanza dell'abate appare una statua raffigurante la Madonna stranamente priva di basamento, con parti rifatte con un legno diverso forse per effetto di un restauro, e caratterizzata da una posa serpentinata che non è tipica del Trecento ma che appare solo dal Cinquecento in poi. Nella seconda puntata, quando Guglielmo da Baskerville va dal mastro vetraio per farsi fare un nuovo paio di occhiali, il novizio Adso adocchia il disegno preparatorio per alcune vetrate, dove si notano due angeli: uno risale ai primi del Quattrocento mentre l'altro alla fine dell'Ottocento.Si passa così alla terza puntata, dove Adso si imbatte in due miniature che raffigurano una donna e un uomo frutto dell'immaginazione di un disegnatore moderno. Effetto 'minestrone' invece per la facciata dell'abbazia della quarta puntata, che al centro presenta una statua in una posizione insolita per l'epoca, oltre che una una sirena a doppia coda nella lunetta sopra la porta che è fuori contesto in quanto simbolo di peccato o fertilità: simili sirene si possono trovare nelle chiese romaniche, ma sui capitelli.Nella quinta puntata compare un ciclo di affreschi sulla Maddalena, soggetto inusuale per una sala capitolare dove si tiene una disputa teologica, mentre nella sesta puntata pullula di errori anche la sala del refettorio. "Umberto Eco si rivolterebbe nella tomba a vedere che nella sua storia ambientata nel 1327 appaiono vetrate ottocentesche prese da chiese americane", commenta Alessandra Galizzi Kroegel.
Ma Errare humanum est, perseverare autem diabolicum', direbbe il Guglielmo da Baskerville nato dalla penna di Umberto Eco, e soprattutto si vede la pagliuzza nel 'occhio del vicino e non la trave che hai nel tuo dimenticandosi di come lo stesso Eco un medievalista ja non solo molto rigoroso fino alla pignoleria fece secondo alcuni di proposito ( proprio come gli autori della fiction ) in quanti alcuni errori storici presenti sono molto probabilmente parte dell'artifizio letterario, la cui contestualizzazione è documentabile nelle pagine del libro che precedono il prologo, in cui l'autore afferma che il manoscritto su cui è stata successivamente svolta la traduzione in italiano corrente conteneva interpolazioni dovute a diversi autori dal medioevo fino all'epoca moderna[ Eco inoltre ha segnalato di persona alcuni errori ed anacronismi che erano presenti nelle varie edizioni del romanzo fino alla revisione del2011 da l https://it.wikipedia.org/wiki/Il_nome_della_rosa
Nel romanzo si menziona una ricetta a base di peperoni ("carne di pecora con salsa cruda di peperoni"), ovvero un "piatto impossibile". I peperoni furono infatti importati dall'America oltre un secolo e mezzo dopo l'epoca in cui si ambienta il romanzo. Lo stesso errore si ripropone più avanti quando Adso sogna una sua rielaborazione della Coena Cypriani, nella quale tra le diverse vivande che gli ospiti portano alla tavola compaiono, appunto, anche i peperoni[19]. Un anacronismo simile si ritrova quando nel romanzo viene citata la zucca, che viene confusa con la cicerbita, menzionata in un erbario dell'epoca[19].
Durante il settimo giorno-notte, Jorge dice a Guglielmo che Francesco d'Assisi "imitava con un pezzo di legno i movimenti di chi suona il violino", strumento che non esisteva prima dell'inizio del XVI secolo[19].
In un punto del romanzo Adso afferma di aver fatto qualcosa in "pochi secondi" quando quella misura temporale non era ancora utilizzata nel medioevo[19].
edi alcune incongruenze come segnalato in questa discussione su questa pagina fb dedicata ad il nome della rosa
Barbara RuraleQuello che trovo incoerente e assurdo è il bosco, dove Adso si incontra con la ragazza: palesemente estivo, verde e mite...mentre nell'abbazia regna un gelo siberiano🤔 Brina e ghiaccio ovunque...Anche i monti che si intravedono sono innevati. Innevati fino a valle. Ma quando Adso esce dall'abbazia e fa poca strada a piedi, magicamente è estate..😒
Barbara RuraleSarah Colombo-Crespi In un primo momento l'ho pensato anche io ma allora perché, nelle inquadrature dentro l'abbazia, si vede neve e gelo fino alle cime montane all'orizzonte e fino a valle? Fuori dall'abbazia. Certo che, se questa cosa non è voluta, ma è sfuggita, è una bella stupidata perché è troppo evidente.
Ecco che come potete vedere nessuno è immune da errori e sviste sia fatte di proposito o a sproposito . Anche se pur alcuni gravi nulla toglie all'ottimo lavoro fatto con questa fiction che ha portato riportato in auge facendoli segnare un aumento delle vendite e delle prenotazioni su amazon del romanzo di eco . E qui concludo È una bellissima storia che si può raccontare in diversi modi, sempre bella è, qualche dettaglio che cambia non toglie niente. Peccato che come dice questa discussione su facebook
Fabrizio IngittiBello o non bello, vedere un film interrotto ogni 15 minuti per pubblicizzare un dentifricio o un’auto, o la presentazione di quello schifo di porta a porta è un delirio! La Rai fa vomitare