10.10.20

IL RAGAZZO CARLO di © Daniela Tuscano

 da https://www.facebook.com/I-libri-di-Daniela-Tuscano-128059093909394

Mi sto avvicinando adesso al giovane Acutis, santo quindicenne (oggi la cerimonia ad Assisi) morto a Monza nel 2006 per una leucemia fulminante. Non sarà un cammino facile. Soprattutto, non sarà breve: ogni sua parola, dipanata in un lessico piano e venusto, va meditata a lungo. Tutto è breve e profondo in Carlo, nessuno scialo. E nessuna fretta. L'iconografia, vicina quindi ricchissima, ci restituisce uno splendido adolescente, gioioso, innamorato della terra, di ogni forma di vita, persino castamente sensuale nelle sue escursioni marine. La santità (stra)ordinaria di Carlo consisteva nell'entusiasmo per Dio, nella dimostrazione che vivere in comunione con lui non comportava il disprezzo del mondo ma la sua valorizzazione, e poteva esplicitarsi solo nel dono verso il prossimo.
Senza disincarnarsi, ma facendosi uno in ognuno, nel gioco, nel canto, nella preghiera e nello studio. Come Teresa di Gesù, che trovava l'estasi in una padella da cucina.
La vita di Carlo non è costellata di eventi clamorosi. È stato un santo "naturale"; spontaneo, diremmo ovvio. Come dovremmo essere tutti. Però non ci riesce quasi nessuno.
Irraggiungibile nella sua normalità? Forse, all'apparenza. Carlo ha avuto tutto insieme. Ma non per un prodigio dall'alto. Ha ricapitolato piccoli gesti quotidiani, affetti minuscoli che pensiamo perduti, negli altri e pure in noi stessi. Carlo non sarebbe diventato Carlo, se Dio non si fosse presentato a lui nelle vesti d'una tata credente; non per tradizione, non per comodità, ma per convinzione profonda. Tramite lei, Acutis ha scoperto la sua vocazione. Solange Paredes, che gli ha dedicato numerosi articoli, ha riportato un altro aneddoto riguardante Edith Stein, la grande filosofa martire ad Auschwitz. Giovane, laica ed ebrea, si avvicinò al cattolicesimo dopo aver osservato una massaia che ogni giorno, tornando dal mercato, sostava in chiesa alcuni minuti. Di Stein sappiamo tutto - e il lapsus della giornalista, che l'ha definita "Dottore della Chiesa" (non ha ancora questo titolo), potrebbe rivelarsi profetico -; dell'anonima signora si son perse le tracce. Nessuno conosce la sua vita quotidiana, i suoi errori, gioie, limiti e omissioni. Ma quel gesto di bene, fosse pure l'unico, rimane per sempre, a destare la totalità di Edith.
La casalinga per la futura patrona d'Europa, la bambinaia per il beato "millennial". La santità è somma di piccole imperfezioni, vite oscure, cenni sottaciuti e femminili che un giorno piovono, come per caso, sulla strada di grandi anime. Ecco perché Carlo è così familiare: perché ha avuto bisogno di noi, perché Dio ha voluto servirsi di noi per accendere la sua fiamma, in una relazione circolare che, come gli anelli del Paradiso, tutti accomuna ma ognuno distingue.
Basterebbe comprenderla davvero, questa multiforme diversità. Non importa quanto zoppicante. Ma non venga mai meno. Nasciamo originali e rischiamo di morire da fotocopie, scriveva il ragazzo Carlo, che in realtà era un uomo. E che uomo.

© Daniela Tuscano

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