morire di lavoro © Daniela Tuscano

Non soltanto Filippo Falotico, Roberto Peretto e Marco Pozzetti (nella prima foto sotto a destra ), deceduti due giorni fa sotto il peso d'una gru . Ma anche Roberto Usai, 22 anni, Dante Berto, 53, Vittorio Tomassone, 59, Luigi Aprile, 51, Pierino Oronzo, 55 e Adriano Balloi, 60. Tutti in meno d'un mese, gli ultimi quattro uccisi in un giorno solo.
Uccisi, sì. In maniera atroce e primitiva: ustionati, precipitati da altezze improbabili, stritolati da escavatrici. Assassinati. Le chiamiamo vittime del lavoro, ma il lavoro non miete vittime. Si è vittime per i peccati altrui, peccati che gridano al cielo. Omicidio volontario, oppressione dei poveri, frode degli operai: ci sono quasi tutti, contemplati dal Catechismo di Pio X. Noi ci siamo soffermati esclusivamente sul secondo, il "peccato impuro contro natura", tralasciando gli altri. Questi altri.
IL lavoro dà vita e dignità. L'ha santificato il falegname Giuseppe, vi ha preso parte il piccolo Gesù. Ma se "rende liberi" dalla vita, se schiavizza e abbrutisce, non è lavoro. Non possiamo tacere di fronte a questi morti. A questi omicidi del profitto. Li abbiamo già troppo trascurati.
La Diaconia "S. Maria Egiziaca" rende omaggio a questi morti e alle loro famiglie. Ignoriamo se fossero credenti o no, ma sicuramente, per questi operai, Natale non sarebbe stata una "festa stressante" come ipotizzato da certe eurocrati di Bruxelles. L'aspettavano per avere pace. Natale è il giorno della famiglia. L'aspettavano per restituirsi a sé stessi.
Così non avverrà. Natale arriva in mezzo alle stragi. Arriva comunque, ma il cielo continua a gridare, e ne saremo tutti responsabili. Sorridenti e tranquilli come gli operai newyorchesi di 90 anni fa. Che in realtà erano per la maggior parte italiani e irlandesi. E chi se non loro avrebbe rischiato la vita con tanta socratica serenità?
Non so se Marco, Filippo e Roberto provassero gli stessi sentimenti, la convinzione di stare lì, dove li avevano messi, perché non c'era alternativa o non conveniva più cercarla. E poi poteva darsi che ce la facessero. Ancora pochi giorni e arriva Natale. Finalmente a casa. Questo solo conta, per questo tutto si sopporta, la perdita dei diritti, la mancanza di sicurezza, la solidarietà dileguata. L'Italia è una repubblica affondata sul lavoro, anzi schiacciata, perché tu barcollavi in alto, funambolo tuo malgrado, e la morte si è inerpicata più su di te, e ti è piombata addosso da una gru spezzata. Dinosauro d'acciaio, Titanic del post-capitalismo. La classe operaia va al massacro perché divenuta reperto di cronaca, tradita da una sinistra svenduta al radicalismo pop. E non ha più voce. Non l'ha avuta nemmeno per gridare. Marco, Filippo e Roberto, facce normali quindi antiche, se ne sono andati come #luanadorazio, come #paolaclemente che nell'ultima foto da viva aveva sbozzato perfino un sorriso. Ma sono allegrie di naufragi. In questa preistoria tecnologica o la va o la spacca, e tanti saluti.
© Daniela Tuscano

Commenti

Post popolari in questo blog

s-come-selen-sposa-s-come-sara-sex due destini che s'incrociano

"Meglio in cella che testimone senza scorta" Ex pentito della banda di Is Mirrionis ruba un furgone e si autodenuncia in questura

la canzone preghiera dei cugini di campagna racconta di Jole ed Ettore, i fidanzatini sassaresi lei morì di leucemia, lui si uccise