9.12.21

le vittime collaterali del femminicidi ovvero i bambini

 Passata  l'indigestione  pulicoscienza   in cui  si è  ,  come capita  a  tutte le  giornate  celebrative , trasformato l'evento del 25  novembre   , non  ne  parla  piu  se  non  come semplice  fatto di cronaca nera  .  Ma  soprattutto    non si  parla  se  non occasionalmente (  in occasioni  come quella  cher  riporto sotto )     ne  durante    ne  dopo  tale giornata  degli vittime  collaterali   ovvero gli orfani del  femminicidio  .


da  https://torino.repubblica.it/



Una casa per i 48 bambini rimasti orfani dopo i femminicidi
La situazione dei figli dopo i delitti rappresentano quasi sempre un dramma nel dramma, fatto di difficoltà economiche e psicologiche. Ora in Piemonte nascono squadre specializzate per aiutare chi ne ha bisogno
                                   di Federica Cravero

Orfani due volte, rimasti soli dopo la morte della madre, hanno in molti casi perso anche il padre, che la loro madre ha ucciso, che ora è in galera o è morto suicida. Un mondo di bambini e ragazzi che si trova a fare i conti non solo con il dolore per la perdita affettiva, ma anche con le difficoltà di una vita intera: difficoltà economiche, di studio, di realizzazione professionale, oltre che psicologiche, fatte di ossessioni, di fobie, di relazioni critiche, di dipendenze.
È pensando a loro che è stato studiato “ S. O. S. — Sostegno orfani speciali”, che è stato selezionato dall’impresa sociale “ Con i bambini” nell’ambito del Fondo per il contrasto alla povertà minorile, per aiutarli non solo a superare il trauma ma anche sostenerli nella costruzione di un futuro con percorsi educativi e formativi calati sulle esigenze individuali.
Si tratta di un progetto di quattro anni, finanziato con un milione e 650 mila euro, con 25 partner istituzionali guidati dai centri antiviolenza torinesi Emma, che sono capofila. « Non si deve dimenticare che la violenza domestica è la causa scatenante della condizione di orfana e di orfano. È pertanto centrale la presenza nell’equipe multidisciplinare dell’operatrice del centro antiviolenza, professionista esperta sul fenomeno della violenza, sulle sue dinamiche e sulle modalità di sostegno», spiega Anna Maria Zucca, presidente di Emma, che presenterà il progetto martedì al Campus Einaudi dell’Università di Torino. Ma prima di tutto è fondamentale intercettare chi ha bisogno di aiuto ed è più difficile di quanto si immagini, visto che non c’è un registro che li raccolga. La conta, probabilmente sottostimata, a

fine 2020 portava a 48 i bambini e ragazzi fino a 21 anni nel Nord Ovest d’Italia — Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta — vittime dei 28 omicidi di madri raccolti e analizzati dall’Eures. «Ma abbiamo anche la necessità di creare un luogo fisico in cui poter accogliere gli orfani di cui si è persa traccia ma hanno bisogno di un aiuto », aggiunge Zucca. Punto fondamentale dell’iniziativa è formare il personale per intervenire in modo adeguato con chi ha subito un trauma tanto grande, ma anche per preparare le famiglie affidatarie ( spesso dei familiari, nonni o zii) a un ruolo inaspettato, ovvero di accogliere in casa nipotini o cuginetti che per sempre saranno segnati dal lutto, farli convivere con i propri figli, senza dimenticare anche il dolore di questi nuovi genitori, segnati a loro volta dalla perdita di una figlia o una sorella. Spesso dovendo fare i conti anche con i bilanci familiari, che non sempre permettono di sognare grandi prospettive. « Questi minori, pur se divenuti orfani, non perdono il loro status di cittadini e continuano ad avere, come tutti, il diritto di contribuire allo sviluppo della società e del Paese. Se, però, la prima cellula di società di cui hanno esperienza, che è la famiglia, viene tragicamente distrutta e non si offre un sostegno reale al loro percorso di crescita, si rischia di precludere loro questo diritto», spiega Francesco Profumo, presidente di Acri, l’associazione di fondazioni e di casse di risparmio che sostiene il progetto.

  e  sempre  dalla  stessa  fonte  

Le storie di chi è rimasto senza mamma e papà La vita cambiata in un giorno: testimonianza di un orfano di femminicidio 

                                             di Federica Cravero


Ci sono i ricordi struggenti che non andranno più via: «Il giorno che mamma è morta avevamo litigato e le avevo detto di andare a quel paese». C’è la difficoltà a guardarsi allo specchio e riconoscersi come vitta di una vittima: «Per anni mi sono vergognata di quello che mi era accaduto». E la difficoltà delle famiglie affidatarie, impreparate a una simile tragedia e ancora più in difficoltà a far fronte alle difficoltà non solo materiali ma soprattutto psicologiche di bambini che in un solo istante hanno perso le madri assassinate e i padri che le hanno uccise, in molti casi finiti in carcere e in alcuni casi morti suicidi dopo il delitto.«Ogni tanto guardo i miei nipotini e li vedo sereni, ma mi chiedo se dietro quello sguardo ci sia una reale serenità — racconta una nonna — Anche nei momenti belli, poi, c’è sempre quella sensazione che ti fa pensare che non è giusto che la madre non ci sia al loro fianco ». Sono tante e dolorose le storie raccolte dalla pubblicazione «A braccia aperte» curata per Vita e per Con i bambini da Sara De Carli e Sabina Pignataro che affronta quelli che vengono definiti «orfani speciali», resi tali da un femminicidio. Non esiste una banca dati ufficiale sugli orfani di femminicidio ma si stima che siano circa duemila in Italia. Che hanno assistito alla tragedia o l’hanno saputo dai carabinieri che sono andati a prenderli a scuola perfarli uscire inaspettatamente prima. Ma c’è anche chi racconta di aver sentito la notizia al telegiornale, di non aver amai ricevuto alcun supporto psicologico, di essere entrata e uscita dalla caserma dei carabinieri senza che un assistente sociale o qualcuno la sostenesse e di essere andata lei a pulire con lo spazzolone il sangue di sua madre sul pavimento, una volta che l’appartamento in cui era stata uccisa era stato dissequestrato. Maggiorenne sì, e per questo fuori da tante tutele che vengono riservate ai bambini piccoli, eppure ancora figlia, fragile, bisognosa di aiuto. Qualche volta sono gli orfani maggiorenni a diventare affidatari dei fratellini minori, costretti a crescere da un momento all’altro e a improvvisarsi anche genitori. In molti casi, poi, gestire una nuova famiglia allargata diventa anche un problema economico.Tra le famiglie affidatarie piemontesi, quella di Agnese Allasia e Giovanni Paolo Cornaglia, di Fossano, si erano particolarmente impegnate a tutela di tutti coloro che, come loro, si erano trovati nella condizione di accogliere in casa i figli di Silvana Allasia, assassinata dal compagno, ma dopo l’approvazione della legge che introduceva benefici per gli “orfani speciali”, avevano dovuto ammettere che «questa legge, pur eliminando gravi ingiustizie, dal punto di vista assistenziale si rivela carente e lontana dall’indennizzo diretto. E lontano è un eufemismo se si pensa che dei 12 milioni di euro annui messi a disposizione dal governo, l’anno scorso sono stati stanziati solo 261mila euro». «In qualche caso ci siamo trovati anche ad affrontare famiglie in situazioni di povertà assoluta — spiegano da Con i bambini — quando si affidano a nonni con la pensione due o tre nipoti, che avrebbero bisogno di un supporto psicologico dedicato e che invece non riescono neanche a mettere assieme il pranzo con la cena».



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