20 marzo 1978
So che la presente mia lettera, a ogni giudizio obiettivo e attuale non può apparire se non un vaniloquio ridicolo, idiota e scandaloso; (oltre che agli effetti pratici, un campione senza valore). E tale, anzitutto, apparirà ai miei presunti destinatari. Ma in certe ore estreme quando l’intelligenza non serve più, non resta che seguire i movimenti della propria coscienza disperata, anche se non vengono esclusivamente dalla ragione e se, purtroppo, si è consapevoli della loro inutilità.
Rivolgendomi a voi brigat. (rimosso l’orrore che per mia natura di fronte a ogni violenza mi farebbe ammutolire) io mi sforzo di non dubitare, almeno, che voi crediate in piena fede ai motivi da voi dichiarati per le vostre azioni; ossia che voi siate davvero, ai vostri propri occhi, dei rivoluzionari. Confesso che dato l’uso che ne è stato fatto nella storia fino a tutt’oggi, mi ripugna ormai di ripetere la parola rivoluzione (e fin di pronunciarla). Però questa parola, per quanto stuprata e tradita, in se stessa mantiene il suo significato primo e autentico: di grande azione popolare al fine di instaurare una società più degna. Ora, su questa chiara definizione, sono state sventolate troppe bandiere equivoche.
E il primo equivoco è stato di scrivere, su queste bandiere ,il motto nazionale: il fine giustifica i mezzi.
Questo principio (non per niente sventolato da Benito Mussolini e dai suoi simili per le loro “rivoluzioni”) è sicura insegna di falsità. Anzi la verità sta nel suo rovescio: I mezzi denunciano il fine. Ora, i mezzi di cui voi vi servite attualmente corrispondono a un modello riconoscibile e preciso: quello stesso che distrusse le più oscure “rivoluzioni” del nostro secolo, e che si fonda su un carattere basilare: il totale disprezzo per la persona umana.
Una società instaurata nel totale disprezzo della persona umana, qualsiasi nome voglia darsi, non può essere che oscenamente fascista: e può disporre oggi, inoltre, di tali mezzi, da raffinare ancora, se possibile, i propri metodi tradizionali. Da una simile società ormai non possono nascere che generazioni di castrati e di servi. Non crediate dunque di rendervi credibili auspicando il peggio, in nome di chissà quali catarsi successive.
Voi per la vostra giovane età, non avete sperimentato sulla vostra carne, la storia di questo secolo. Forse non l’avete abbastanza studiata (nemmeno quella più recente) e contate sull’ignoranza e l’inesperienza di altri giovani per farne i vostri seguaci. Voglio credere che non vi rendiate conto della corruzione che potreste esercitare così, sulle loro coscienze, né delle conseguenze innominabili che ne ricadrebbero su di loro.
A chi per caso avesse letto i miei ultimi libri, sarebbe nota quale stima io faccia delle società istituite. Ma per quanto inette e corrotte possano venir giudicate certe società presenti, io mi auguro di non vivere abbastanza per assistere a nuovi totalitarismi.
Nota bibliografica
La Lettera alle Brigate Rosse, datata 20 marzo 1978, incompiuta, è stata pubblicata su "Paragone" n.7 (456), 1988.
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1 commento:
..ho appena letto il tuo commento. Grazie per il sostegno (come sempre)... :)
A presto.
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