30.7.09

Bagnasco, l'Avvenire e l'utopia


Ancora nessuna risposta alla lettera, ma vi è un crescendo di indignazione nel mondo cattolico di base che invade sempre più con lettere di fuoco la redazione di Avvenire, il giornale dei vescovi. Il direttore Dino Boffo che non scrive solo per sua iniziativa, ma concorda con la segreteria della Cei le strategie editoriali, non può non pubblicare alcune lettere accompagnate da commenti anche duri. La strategia però è dozzinale: per recuperare la faccia che hanno tenuta nascosta, ora si pubblicano le lettere dei lettori, si fa un commento sul giornale dei Vescovi e questo dovrebbe essere sufficiente. Lo stesso direttore, Boffo, scrive il 28 luglio che i vescovi hanno parlato chiaramente e chi ha voluto capire ha capito. Bene, forse siamo tardi di comprendonio, ma sappiamo che il bacino che fa la differenza è il 70% dei pensionati e casalinghe: se sanno qualcosa lo sanno solo attraverso la tv, da cui però sono stati informati su niente. Lo stesso interessato, invece di rispondere alle domande di Repubblica e alle interrogazioni in parlamento, e invece di chiedere scusa al Paese, cosa fa? Si vanta delle sue prodezze. Davanti alla Confcommercio dichiara: «Io non sono un santo, lo avete capito, speriamo lo capiscano anche quelli di Repubblica», smentendo ancora una volta se stesso e confermando lo spergiuro sulla testa dei figli. Non solo sta cercando di ribaltarle in sua forza: attraverso un’apparizione a P. Pio in Puglia. Il titolo che preferirebbe? «Berlusconi appare a P. Pio e lo perdona». Siamo al ridicolo. Egli non ha alcuna intenzione di ammettere i suoi misfatti, ma non esita a usare la religiosità popolare, quella viscerale del sud, quella che nessuna teologia e nessun concilio riescono a scalfire perché P. Pio è un idolo autorizzato. Andare lì anche per caso, purché le tv lo riprendano, sarebbe un colpo magistrale. Lo stanno aiutando in questa manfrina, forse quelle stesse che hanno ricevuto un favore come seggio al parlamento e questi si dichiarano cattolici come il presidente del consiglio. Se la gerarchia permette questo incesto tra la prostituzione sfruttata e la religiosità popolare, forse salva Berlusconi, ma certamente inquina i pozzi anche della religione. Se i vescovi hanno da dire qualcosa, devo parlare apertamente: andare in tv e dire:
«Il signor Berlusconi Silvio, presidente del consiglio, ha sempre fatto sfoggia degli insegnamenti della Chiesa e spesso si è direttamente riferito alla morale cattolica come modello delle sue scelte. Ebbene, questo signore ha perso tutta la nostra stima perché ha preso in giro la nazione, il popolo, le istituzioni, la Chiesa e la morale. Se le notizie pubblicate da un giornale e un settimanale sono vere, come pare che siano (le intercettazioni sono incontrovertibili) e lo stesso presidente dei fatti ha dato versioni diverse, noi ne condanniamo la mentalità, la sufficienza, la supponenza e il comportamento che invece di essere stimolo ed esempio, è stato e continua ad essere di scandalo. Non possiamo accettarlo né tollerarlo.
Egli è spergiuro e i figli hanno il diritto di rinnegare un simile padre perché non ne è più degno. Noi vescovi d’Italia in nome dell’etica pubblica e privata, in nome di quella dignità delle Istituzioni che il signor Berlusconi ha semplicemente deturpato e imbrattato, ne chiediamo le pubbliche dimissioni. Diffidiamo coloro che si appellano al cattolicesimo a sostenerlo, aiutarlo, perché è un pericolo per il Paese e la stabilità legale. Nessuno può votare leggi contro la dignità dell’uomo, della donna e a favore del suo esclusivo interesse come sta sistematicamente facendo l’interessato. La situazione è grave e grave è anche il nostro appello. Diffidiamo il signor Berlusconi di adire qualsiasi santuario o chiesa che voglia usare strumentalmente per superare l’ondata di sdegno che si leva dal mondo cattolico e non credente per uno stile di governo che è solo intrallazzo e interessi corporativi e personali. Nessun cattolico, degno di questo nome e nessun cittadino degno di questa appartenenza può appoggiare con voto, con adesione e in qualsiasi forma, quest’uomo per la cui miseria noi vescovi preghiamo.
No, Berlusconi non è un santo, come egli stesso a dire, in un contesto ridanciano e vanitoso,! Ne eravamo certi, ma pensiamo anche che sia colui che si paragonava al Messia che mandava «gli apostoli» del suo vangelo in missione in un mondo popolato da comunisti e miscredenti. Credevamo che fosse colui che esaltava la morale cristiana, e segnatamente cattolica, credevamo che fosse colui che aveva proposto la sua famiglia come modello di «famiglia italiana», credevamo che fosse malato… credevamo. Ora sappiamo che è solo un miserabile che cerca di emergere con una battuta dalla sentina in cui si è rotolato e in cui ha invischiato le Istituzioni repubblicane. Che pena, quella platea di uomini e donne «perbene» che plaudono e applaudono ridendo e anche invidiando l’utilizzatore finale di prostitute. Si, il prostituito mentitore e spergiuro è un vero modello dell’Italia. Dell’Italia corrotta e cattolicamente religiosa».


Ecco perché è ancora importante che si continui a firmare e a fare firmare l’appello al papa perché non lo riceva: se abbassiamo la guardia, lorsignori si sentono liberi di fare quello che vogliono. Alla data attuale ore 12,00 del 22 luglio le firme raccolte erano di 3.881.
Chi vuole firmare l’appello al papa che continua, può farlo al seguente sito:

http://temi.repubblica.it/micromega-online/l%e2%80%99appello-di-un-prete-ai-cattolici-%e2%80%9cimpediamo-l%e2%80%99incontro-tra-ratzinger-e-berlusconi%e2%80%9d/


 

Paolo Farinella, prete - Genova

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