Dopo lo sciopero del 14 luglio ( almeno per quanto riguarda la mia persona visto che non tutti\e gli iscritti\e vi hanno aderito ) del bloggers qui e nel commento annesso troverete maggiori dettagli sono rientrato fra voi e lo faccio con questa triste storia a cui avevo già accenato e promesso qui su queste pagine la storia di Diane Van Deren ( foto a sinistra ) e di Randolph Frederick Pausch, che pone dei quesiti , etico morali , molto importanti tipo , meglio morire o vivvere in tale situazioni , si poteva trovare un'altra cura ? ,ecc a mio avviso ma che per il momento non ho voglia di rispondere e li considero elucubrazioni in quanto non mi trovo nella sua situazione , ma di cui ho già parlato con argomenti collegati più volte ( libertà di cura e di morte , SI al referendum sulla procreazione assista \ staminali , testamento biologico , caso Englaro e simili ,ecc ) in questi 5 anni di blog e il diffondewr e fra i mie contatti e la mie bacheche dei miie account facebook questo gruppo di facebook ( di cui trovate a destra il logo ) : << Mio testamento biologico: se sono in coma irreversibile lasciatemi morire >>
Dopo questo prembaolo veniamo alla storia in questione
e qui la seconda parte http://www.youtube.com/watch?v=6An-6_T574E
ecco per chi non avesse voglia o poca dimestichezza con l'inglese o con l'anglo americano la sua storia . fonte Repubblica — 13 luglio 2009 pagina 34 sezione: CRONACA
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ALESSANDRA RETICO
La corsa infinita della maratoneta senza memoria
LA MARATONETA corre, ma non chiedetele dove. Diane Van Deren non lo sa. La geografia e il tempo non se li ricorda più. Ha 49 anni, un marito, tre figli, e un pezzo di cervello in meno. Glielo hanno tolto nel 1997 perché soffriva di epilessia, diagnosticata mentre aspettava l' ultimo bimbo. Dai tre ai cinque attacchi a settimana, una vista sfasciata. Fino a quando si fa recidere parte del lobo temporale destro, lì si annidava il male. Adesso è una campionessa di gare estreme, ma non ricorda e non riconosce quasi nessuno: per tenerla a sé, il marito le fa vedere le foto del college, i figli la abbracciano. Lei per un po' rimane, poi escee corre. Ma prima tornava da sola, adesso se non rincasa a un' ora ragionevole vanno a riprendersela. La donna che corre ha 16 mesi quando una macchia le annerisce il cervello. Non si accorge di niente per molto tempo, se non di un' aura che viene e allora si allaccia le scarpe e va. È una sportiva, tennista professionista, si sposa, diventa madre, si ammala. Decide: «Bucate». Continua a correre. A quaranta gradi sotto zero, di notte, trai boschi, per ore, per sempre. Corre per stare viva, fino allo stremo, i limiti non sa dove stanno. L' anno scorso ha vinto una maratona straziante, la Yukon Arctic Ultra, 480 chilometri a -44 gradi nello Yukon Territory, Canada nord occidentale. Un posto per orsi, gelo, solitudine. E Diane. Il 9 febbraio, giorno della partenza, le motoslitte si congelano. 24 dei 31 partecipanti si ritirano presto, alcuni perdono dita di piedi e mani per ipotermia. Quello è un freddo che taglia la carne. Dopo otto giorni di violenza polare, lei invece arriva al traguardo bevendo acqua bollente e spingendo il corpo nella neve e nel vento ghiacciato, fa tutto il percorso, la prima donna al mondo a riuscirci e a sopportare tanto. Alla fine dice: «La considero senza ombra di dubbio la gara più dura del mondo, in realtà non mi rendo ancora ben conto di quello che ho fatto. È un' esperienza che va oltre quello che la natura umana è in grado di tollerare». Diane è invece ultra, con un pezzo in meno. Abita a Sedalia, Colorado, attorno le Montagne Rocciose. Corre per i canyon, pure di notte con una lampada sulla fronte, del tempo e delle distanze non sa. Quando parte dice: «Se non mi vedete entro cinque ore, chiedete aiuto». Si allena trascinando slitte cariche di sabbia. Il problema per lei non è la preparazione dei muscoli, ma quella dello zaino. Tutto va scritto sopra: cibo, acqua, vestiti. E quando usarli, perché lei si confonde. A destra, sinistra, avanti e indietro sono algoritmi complicati, le gambe invece sanno cosa fare. Segue solo la traccia del suono del passo sul sentiero. Se i piedi fanno musica, allora sta andando tutto bene. «Quando corre, si aiuta» ha detto al New York Times Don Gerber, il neuropsicologo che la segue. «Invece per il resto della vita, no». Bisogna segnarle con le pietre le strade e mettere le chiavi di casa sempre nello stesso posto. Dimentica dove parcheggia e perde gli aerei perché chiacchiera. I figli le hanno insegnato a usare un cellulare, lei manda sms così: «!!!!!!!!!!!!!!!!!!!». Alla maratoneta hanno tolto un po' di testa, ma il cuore c' è. -
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Proprio come un famoso film ( uno dei miei preferiti la cui musica di sottofondo e la colonna sonora del post d'oggi )
ed ecco al storia dell'altro protagonista e della sua ultima lezione universitatria in cui annuncia l'addio
tenuta da Randolph Frederick Pausch, professore di informatica all'Università di Pittsburgh (Pennsylvania) consapevole di stare morendo a causa di cancro al pancreas. Bellissima e commovente conferenza che non parla della morte ma del senso della vita, di come viverla e realizzare i proprio sogni... - "L’esperienza è ciò che ottieni quando non sei riuscito a ottenere ciò che volevi". - "Ogni ostacolo, ogni muro di mattoni, è lì per un motivo preciso. Non è lì per escluderci da qualcosa, ma per offrirci la possibilità di dimostrare in che misura ci teniamo. I muri di mattoni sono lì per fermare le persone che non hanno abbastanza voglia di superarlo. Sono lì per fermare gli altri". - "Quando fai qualcosa di sbagliato e nessuno si prende la briga di dirtelo, significa che è meglio cambiare aria. Chi ti critica lo fa perché ti ama e ti ha a cuore". - "Mi lamentavo con mia madre di quanto fosse difficile quell'esame all'università, e di quanto fosse spaventoso. Lei si inclinò verso di me, mi diede un buffetto sulle spalle e mi disse: «Sappiamo bene come ti senti, tesoro, ma ricorda, tuo padre alla tua età combatteva contro i tedeschi»". - "Sto per morire e mi sto divertendo. E continuerò a divertirmi ogni giorno che ancora mi resta da vivere. Perché non c’è un altro modo per farlo". - "Non perdete mai la capacità di stupirsi tipica dei bambini. È troppo importante. È quella a spingerci ad andare avanti, ad aiutare gli altri". - "Ho una mia teoria sulle persone che provengono dalle famiglie numerose: sono persone migliori degli altri, perché hanno dovuto imparare come andare d’accordo con gli altri". - "Non si può arrivare in cima da soli. Qualcuno deve aiutarti. Io credo nel karma. Credo che si riceve ciò che si è dato". - "Non lamentatevi. Lavorate più duramente. Non cedete. L’oro migliore è quello che giace in fondo ai barili di merda". - "Se vivrete nel modo giusto, il karma si prenderà cura di sé. I sogni verranno da voi". -"La fortuna è quel momento in cui la preparazione incontra l’opportunità" [Nota: questa frase è un noto modo di dire, l'ha citata ma non è sua] -"La fortuna ce la creiamo da soli, chi più sa più vale." Randolph Frederick Pausch (Baltimore, 23 ottobre 1960 – Chesapeake, 25 luglio 2008)
Dopo questo prembaolo veniamo alla storia in questione
e qui la seconda parte http://www.youtube.com/watch?v=6An-6_T574E
ecco per chi non avesse voglia o poca dimestichezza con l'inglese o con l'anglo americano la sua storia . fonte Repubblica — 13 luglio 2009 pagina 34 sezione: CRONACA
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ALESSANDRA RETICO
La corsa infinita della maratoneta senza memoria
LA MARATONETA corre, ma non chiedetele dove. Diane Van Deren non lo sa. La geografia e il tempo non se li ricorda più. Ha 49 anni, un marito, tre figli, e un pezzo di cervello in meno. Glielo hanno tolto nel 1997 perché soffriva di epilessia, diagnosticata mentre aspettava l' ultimo bimbo. Dai tre ai cinque attacchi a settimana, una vista sfasciata. Fino a quando si fa recidere parte del lobo temporale destro, lì si annidava il male. Adesso è una campionessa di gare estreme, ma non ricorda e non riconosce quasi nessuno: per tenerla a sé, il marito le fa vedere le foto del college, i figli la abbracciano. Lei per un po' rimane, poi escee corre. Ma prima tornava da sola, adesso se non rincasa a un' ora ragionevole vanno a riprendersela. La donna che corre ha 16 mesi quando una macchia le annerisce il cervello. Non si accorge di niente per molto tempo, se non di un' aura che viene e allora si allaccia le scarpe e va. È una sportiva, tennista professionista, si sposa, diventa madre, si ammala. Decide: «Bucate». Continua a correre. A quaranta gradi sotto zero, di notte, trai boschi, per ore, per sempre. Corre per stare viva, fino allo stremo, i limiti non sa dove stanno. L' anno scorso ha vinto una maratona straziante, la Yukon Arctic Ultra, 480 chilometri a -44 gradi nello Yukon Territory, Canada nord occidentale. Un posto per orsi, gelo, solitudine. E Diane. Il 9 febbraio, giorno della partenza, le motoslitte si congelano. 24 dei 31 partecipanti si ritirano presto, alcuni perdono dita di piedi e mani per ipotermia. Quello è un freddo che taglia la carne. Dopo otto giorni di violenza polare, lei invece arriva al traguardo bevendo acqua bollente e spingendo il corpo nella neve e nel vento ghiacciato, fa tutto il percorso, la prima donna al mondo a riuscirci e a sopportare tanto. Alla fine dice: «La considero senza ombra di dubbio la gara più dura del mondo, in realtà non mi rendo ancora ben conto di quello che ho fatto. È un' esperienza che va oltre quello che la natura umana è in grado di tollerare». Diane è invece ultra, con un pezzo in meno. Abita a Sedalia, Colorado, attorno le Montagne Rocciose. Corre per i canyon, pure di notte con una lampada sulla fronte, del tempo e delle distanze non sa. Quando parte dice: «Se non mi vedete entro cinque ore, chiedete aiuto». Si allena trascinando slitte cariche di sabbia. Il problema per lei non è la preparazione dei muscoli, ma quella dello zaino. Tutto va scritto sopra: cibo, acqua, vestiti. E quando usarli, perché lei si confonde. A destra, sinistra, avanti e indietro sono algoritmi complicati, le gambe invece sanno cosa fare. Segue solo la traccia del suono del passo sul sentiero. Se i piedi fanno musica, allora sta andando tutto bene. «Quando corre, si aiuta» ha detto al New York Times Don Gerber, il neuropsicologo che la segue. «Invece per il resto della vita, no». Bisogna segnarle con le pietre le strade e mettere le chiavi di casa sempre nello stesso posto. Dimentica dove parcheggia e perde gli aerei perché chiacchiera. I figli le hanno insegnato a usare un cellulare, lei manda sms così: «!!!!!!!!!!!!!!!!!!!». Alla maratoneta hanno tolto un po' di testa, ma il cuore c' è. -
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Proprio come un famoso film ( uno dei miei preferiti la cui musica di sottofondo e la colonna sonora del post d'oggi )
ed ecco al storia dell'altro protagonista e della sua ultima lezione universitatria in cui annuncia l'addio
tenuta da Randolph Frederick Pausch, professore di informatica all'Università di Pittsburgh (Pennsylvania) consapevole di stare morendo a causa di cancro al pancreas. Bellissima e commovente conferenza che non parla della morte ma del senso della vita, di come viverla e realizzare i proprio sogni... - "L’esperienza è ciò che ottieni quando non sei riuscito a ottenere ciò che volevi". - "Ogni ostacolo, ogni muro di mattoni, è lì per un motivo preciso. Non è lì per escluderci da qualcosa, ma per offrirci la possibilità di dimostrare in che misura ci teniamo. I muri di mattoni sono lì per fermare le persone che non hanno abbastanza voglia di superarlo. Sono lì per fermare gli altri". - "Quando fai qualcosa di sbagliato e nessuno si prende la briga di dirtelo, significa che è meglio cambiare aria. Chi ti critica lo fa perché ti ama e ti ha a cuore". - "Mi lamentavo con mia madre di quanto fosse difficile quell'esame all'università, e di quanto fosse spaventoso. Lei si inclinò verso di me, mi diede un buffetto sulle spalle e mi disse: «Sappiamo bene come ti senti, tesoro, ma ricorda, tuo padre alla tua età combatteva contro i tedeschi»". - "Sto per morire e mi sto divertendo. E continuerò a divertirmi ogni giorno che ancora mi resta da vivere. Perché non c’è un altro modo per farlo". - "Non perdete mai la capacità di stupirsi tipica dei bambini. È troppo importante. È quella a spingerci ad andare avanti, ad aiutare gli altri". - "Ho una mia teoria sulle persone che provengono dalle famiglie numerose: sono persone migliori degli altri, perché hanno dovuto imparare come andare d’accordo con gli altri". - "Non si può arrivare in cima da soli. Qualcuno deve aiutarti. Io credo nel karma. Credo che si riceve ciò che si è dato". - "Non lamentatevi. Lavorate più duramente. Non cedete. L’oro migliore è quello che giace in fondo ai barili di merda". - "Se vivrete nel modo giusto, il karma si prenderà cura di sé. I sogni verranno da voi". -"La fortuna è quel momento in cui la preparazione incontra l’opportunità" [Nota: questa frase è un noto modo di dire, l'ha citata ma non è sua] -"La fortuna ce la creiamo da soli, chi più sa più vale." Randolph Frederick Pausch (Baltimore, 23 ottobre 1960 – Chesapeake, 25 luglio 2008)
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