girando un po' tra i miei contatti \ compagni di strada di facebook ho trovato sulla bacheca Zoe Ladra questo video
"Be a lady" è il video femminista di cui tutti parlano, un video in cui l'attrice e politica Cynthia Nixon (famosa per “Sex & The City”) recita le miriadi d'indicazioni spesso contraddittorie che una donna purtroppo riceve, dall’infanzia fino all’età adulta, in/da una società ancora fortemente maschilista Il cortometraggio è diventato virale, ma nessuno ha pensato di tradurlo. Nessuno a parte la nostra mitica Verdiana Leone, che ha apposto i sottotitoli in italiano per renderne più agevole la comprensione a chi non conosce l'inglese Buona visione! #bealady#girlsgirlsgirlsmag
che mi ha fatto capire , non si finisce mai d'imparare , come la lotta delle ragazze e delle donne per essere se stesse contro i condizionamenti dell sistema culturale mediatico un misto di fallo centrismo e bigottismo è più dura di quel che pensassi . Grazie a Zoe Ladra per avermi aperto ulteriormente gli occhi con questo video .
Sono stato accusato di fare come i fascisti una politica linguistica autarchica , d'essere nazionalistica .... bla ... bla . Basterebbe da solo come risposta il video di replica dell'autore del primo riportato sotto ma qiuelle rivolte l'autore dei due video
ma , chi mi conosce ( amici non virtuali \ di penna o reali ) lo sà , io :
[....] Sono un mulo che cammina dritto
Che se ne frega delle bastonate
A testa bassa con lo sguardo fisso
Io resisto perché sono il mulo... Io sono il mulo...Sono il mulo... Sono il mulo
Carmelo ManuliMassimiliano Amoroso la lingua è uno dei principali segni identitari di un popolo. Imporre la lingua inglese oltre limiti ragionevoli è svendere la nostra identità e consentire a forme subdole di colonialismo.
Massimiliano AmorosoCarmelo Manuli mah, non sono affatto d' accordo. É una visione autarchica del Paese che non condivido. Siamo nel XXI secolo e la lingua inglese, fallito l' Esperanto, ha dimostrato per semplicità lessico-grammaticale di assolvere benissimo al compito d…Altro...
Giuseppe GuerreraStiamo parlando di lingua, veicolo principale delle nostre intelligenze formatasi attraverso millenni di cultura. Chi la vuole soppiantare è il mercato che snaturerà la nostra storia. L'autarchia non c'entra nulla.
Carmelo ManuliMassimiliano Amoroso chiedo scusa per non essere stato chiaro, condivido pienamente la sua analisi delle cause endogene del nostro degrado, ma storicamente svilire l'identità è uno dei mezzi più efficaci e più usati per la sottomissione.
Giuseppe GuerreraUsare l'inglese è la sottomissione al mercato, come dice Carmelo Manuli, ma guardacaso quasi il mondo intero ha un diritto che si basa sul Diritto romano.
Massimiliano AmorosoGiuseppe Guerrera non sono d' accordo, rispetto la vostra prospettiva, ma la penso diversamente. Si poteva ragionare in questi termini prima della caduta del Muro di Berlino e prima della conseguente globalizzazione. Ora non ha piú molto senso. Idea mia, intendiamoci.
Massimiliano AmorosoSono dell' opinione che sempre di piú la salvaguardia della cultura coinvolgerà altre dinamiche, mentre ci dovremo rassegnare ad un indispensabile bilinguismo. Un po' come in passato, dopo l' unità d' Italia, si passó dai dialetti, alla coesistenza con l' italiano
Giuseppe GuerreraMassimiliano Amoroso infatti non dico che non dobbiamo imparare altre lingue ma dove non è necessario usiamo la nostra. Stiamo stravolgendo i significati. Per esempio, la parola premier per il nostro Presidente del consiglio non capendo che i due nomi indicano due funzioni e due poteri diversi. Il problema è culturale e con gli inglesismi possiamo solo che peggiorare.
Giuseppe Guerrera vero ma quando in italiano non sistono corrispettivi . allora usiamo pure l'inglese o l'italy inglese ma almeno usiamolo correttamente
[.... ] La lingua per definizione, va dove essa vuole, nessun decreto dall’alto, né da parte della politica, né da parte dell’accademia, può fermarla. ( Umberto Eco, Sulla letteratura, 2002 ) Infatti Chi pretende che istituzioni come l’Accademia della Crusca si facciano carico di direttive linguistiche da impartire agli italiani non si rende conto che quest’operazione è impossibile e antistorica. Tutto il faticoso percorso compiuto dall’italiano per diventare lingua della nazione sta a dimostrare che la nostra lingua, come tutte le lingue, non è un organismo immobile, ma in movimento, che possiede una capacità di autoregolazione Sono certamente fastidiosi gli inutili forestierismi che caratterizzano lo scritto e il parlato degli italiani, ma questa tendenza diffusa non sarebbe in alcun modo modificata se ci fossero divieti o addirittura tasse sull’uso delle parole straniere, come durante il Fascismo. Del resto anche la lingua francese, pur difesa da una legge apposita (la legge Toubon del 1994) è “inquinata” dall’inglese: nelle strade di Parigi i nomi dei negozi e le pubblicità affisse ai muri parlano inglese, e il franglais è diffusissimo. Proprio la storia vissuta dagli italiani nel ventennio dovrebbe insegnare che la lingua non può essere imbrigliata o obbligata attraverso leggi o divieti. Infatti ogni volta che rinunciamo a una definizione in italiano perdiamo l'occasione per far funzionare la nostra mente che ha come "autostrada" della nostra intelligenza la lingua che abbiamo imparato da bambini. Sarebbe come rinunciare a farci a mano un panino per mangiarci una merendina. Il primo ci fa funzionare molti neuroni e il corpo mentre la seconda ci impigrisce e non è un toccasana. Sono sicuro che apprezzerai questa metafora. Ora Giustamente chi vuole parlare o scrivere in inglese ed d'usare tale lingua se il corrispettivo italiano non è figo o suona male in un determinato contesto come il caso di triage il cui corrispettivo italiano è smistamento o l'uso --- come nel mio caso --- del temine ( spesso scritto male perchè non conosco l'inglese ) Mainstream al posto di :
<< ( .... ) Nell'ambito delle comunicazioni, il termine mainstream identifica canali, mezzi e prodotti comunicativi più radicati e con un più ampio spettro di diffusione, che godono di un maggior grado di penetrazione nel tessuto sociale[3]. Dal punto di vista dei contenuti e dei valori veicolati, tali mezzi di comunicazione si muovono all'interno di orizzonti di interpretazione e rappresentazione che riflettono sintonia ideologica con orientamenti ideologici definibili di "senso comune".Sono esempi di mezzi di comunicazione mainstream le televisioni generaliste, le grandi emittenti satellitari, i network radiofonici.[A questi esempi possono aggiungersi, a volte, anche alcune principali testate giornalistiche cartacee. [.... continua su https://it.wikipedia.org/wiki/Mainstream] >>
libero di farlo. Ma che ci devono "indottrinare" di un inglese maccheronico (senza offendere nessuno) non sono d'accordo Anche perché già hanno fatto sparire alcune tradizioni laiche compreso il nostro artigianato made italy nel nome del più becero liberismo . Infatti ogni volta che rinunciamo a una definizione ovviamente quando questa è possibile in italiano perdiamo l'occasione per far funzionare la nostra mente che ha come "autostrada" della nostra intelligenza la lingua che abbiamo imparato da bambini. Sarebbe come rinunciare a farci a mano un panino per mangiarci una merendina. Il primo ci fa funzionare molti neuroni e il corpo mentre la seconda ci impigrisce e non è un toccasana. Sono sicuro che apprezzerai questa metafora.
“Lo sciocco narcisismo con cui giornalisti, uomini politici, personaggi dello spettacolo esibiscono il loro inglese orecchiato, va denunciato con le armi della critica come un fenomeno di inferiorità culturale. Chi crede di apparire più colto ricorrendo a termini inglesi – che spesso sono di origine neolatina – ignora la ricchezza e grandezza della lingua italiana e perciò esibisce non la propria cultura e il proprio essere aggiornato, ma la propria ignoranza. Il ricorso a una lingua straniera, quando esistono equivalenti italiani, spesso semanticamente più ricchi e vocalmente più musicali, rivela un fondo di servilismo da popolo colonizzato, che svaluta la storia della propria lingua, cultura, civiltà. Perciò chi si fa strumento della creazione di un immaginario nazionale subalterno va criticato aspramente, additato come responsabile di un danno di immagine procurato al Paese, portatore di un messaggio diseducativo e fuorviante alle nuove generazioni
Sottoscrivo ogni parola di Bevilacqua e voglio provare a esemplificarne il senso e ad aggiungere ulteriori elementi. Credo che la situazione italiana sia pericolosa, per la nostra lingua e cultura, perché non esiste alcuna resistenza né reattività davanti all’espansione dell’inglese globale. Al contrario, la nostra classe dirigente sembra agevolarla dall’interno, operando scelte lessicali anglomani davanti a tutto ciò che è nuovo a costo di ricorrere agli pseudoanglicismi (come smart working o navigator). Basta che suoni inglese, insomma, anche se non lo è affatto. infattoi sempre secondo https://diciamoloinitaliano.wordpress.com/ che ha lanciato la petizione sopra citata << In questa follia, in questa mania compulsiva elevata a strategia comunicativa (non sempre consapevole) ciò che sta accadendo travalica quello che si può spiegare con le categorie ingenue e datate del “prestito” che molti linguisti ancora utilizzano senza riuscire a comprendere cosa ci sta accadendo. Siamo in presenza di uno “tsunami anglicus”, per citare Tullio De Mauro, cioè a un travaso dell’inglese di ben altra portata.
Gli anglicismi non sono più poche manciate di semplici parole isolate (“prestiti”) che importiamo perché non ne abbiamo di nostre (e non vogliamo né tradurre, né italianizzare, né reinventare con neologismi autoctoni) o perché ci appaiono più prestigiose ed evocative. Siamo in presenza di un’emulazione basata sulle ricombinazioni di radici inglesi che si ricompongono in modo virale e generano un quantità di anglicismi che sfugge ormai alla possibilità di ogni classificazione (ne ho parlato in un articolo sul portale Treccani).Invece di parlare di fondi per la ripresa, durante la pandemia i politici e i giornali hanno scelto di utilizzare l’espressione inglese recovey fund. Il risultato è l’imposizione alla gente dell’ennesimo anglicismo che battezza un nuovo concetto attraverso un’espressione che viene trapiantata come fosse un nome proprio insostituibile, poco trasparente non solo alle masse, ma persino agli stessi trapiantatori che spesso la storpiano in modo errato, perché sono i primi a non conoscerla. Penso all’onorevole Gelmini che alla Camera ha pronunciato sistematicamente “recovery FAUND” e non “FAND” (lo si può ascoltare qui, al minuto 1,35 circa), come se fosse scritto “found” (inglese: not found! ). Questo non vuole essere un attacco politico, né personale, l’onorevole è in buona compagnia di altri colleghi parlamentari di ogni schieramento e anche di numerosi giornalisti che hanno sfoggiato la stessa dizione in tv e persino nello scrivere (vedi primo riquadro dell’immagine sotto).E allora a che giova ostentare questo tipo di inglese maccheronico?
Purtroppo non finisce qui. Al ridicolo si aggiunge il deleterio. L’introduzione di recovery fund diventa popolare perché ripetuto in modo martellante e senza alternative, e questo porta all’assimilazione di recovery che prende vita e produce altre ricombinazioni a catena dove tutto va bene, basta che non sia italiano. Si parla perciò anche di recovery bond, visto che le obbligazioni sono sempre più spesso bond, dagli eurobond ai coronabond, ma si trovano anche: recovery instrument, recovery initiative, recovery strategy, e alla fine Di Maio se ne esce con la necessità di un recovery plan, su cui ironizza Giorgio Comaschi in una delle sue pillole in video, che radica recovery ma anche il parlare di plan invece che di piano in una rinuncia all’italiano sempre più ampia. [..... continua qui] >>
Concludo concordando con la chiusa di questo ottimo reportage in due parti ( III ) dell'ottimo blog https://diciamoloinitaliano.wordpress.com
Opporsi al nuovo colonialismo culturale e linguistico che assomiglia sempre più alla “dittatura dell’inglese” non è da nostalgici né da “sovranisti”, è al contrario un atto di Resistenza, è la difesa del locale che rischia di soccombere davanti alla globalizzazione. Non è né di destra né di sinistra: dovrebbe essere un valore che appartiene a tutti.