8.5.22

Coraggio, diritti, amore: tre storie (molto diverse) per celebrare la Festa della MammaGiulia, assunta dopo aver detto di essere incinta. Katia, accanto alla figlia colpita da malattia misteriosa. Alessia, ucraina che accoglie le mamme profughe .

 

Giulia, assunta dopo aver detto di essere incinta. Katia, accanto alla figlia colpita da malattia misteriosa. Alessia, ucraina che accoglie le mamme profughe

Le storie di queste tre donne lombarde - di nascita o d'adozione poco importa - sono il nostro modo per celebrare la Festa della Mamma, che quest'anno ricorre l'8 maggio: arrivano due mesi esatti dopo la Festa della Donna e sono racconti di coraggio, generosità e determinazione tutti al femminile. 

 

 

Giulia Pagnoni, architetta, assunta dopo aver detto di essere incinta


Giulia, che diventerà mamma tra qualche mese, domani potrà già festeggiare perché la sua datrice di lavoro l'ha assunta a tempo indeterminato dopo aver saputo che era incinta. Katia vive da 17 anni in funzione di sua figlia Virginia, affetta da una malattia sconosciuta, e sa che per loro il cordone ombelicale non si reciderà mai. E poi c'è Alessia, madre di due bambini e ucraina d'origine, ha scelto di accogliere nella propria famiglia quattro connazionali in fuga dalla guerra con i loro bambini.

È stata assunta dopo avere detto che era incinta. Una situazione che dovrebbe essere normale, ma che invece è “particolare”. E il purtroppo ovviamente è d’obbligo, visto che a differenza sua, tante altre persone, nella stragrande maggioranza donne, hanno dovuto rinunciare al posto di lavoro una volta scoperto di aspettare un figlio. E i dati parlano chiaro: secondo un rapporto di “Save The Children” sulla maternità in Italia, nel solo 2020 sono state più di 30mila le donne con figli che hanno rassegnato le dimissioni.Giulia Pagnoni è un’architetta, si è laureata con ottimi voti al Politecnico di Milano, ha avuto varie esperienze lavorative durante e dopo gli studi, ha cambiato città per arricchire il curriculum, ha anche provato a trasferirsi negli Stati Uniti per fare un salto di carriera. E oggi che ha 33 anni, dopo avere incontrato il suo attuale compagno, ha fatto una scelta comune a tanti: avere un figlio. “Mi ero appena dimessa da un altro posto perché il carico di lavoro era troppo pesante, quando ho scoperto di essere incinta. Ci avrei pensato due volte prima di lasciare una scrivania grazie alla quale avevo delle tutele, ma le cose sono andate nel modo migliore”. Nella sua storia un ruolo lo ha avuto anche la pandemia. “Nel settore dell’arredamento la mole di lavoro è aumentata moltissimo, ma ho tanti amici che hanno fatto scelte simili andando prima di tutto alla ricerca della serenità lavorativa”. Circa un mese fa Giulia, che vive a Lissone, uno dei paesi del mobile della Brianza, ha ricevuto una proposta da uno studio dove aveva iniziato 12 anni prima, all’epoca in cui era una studentessa e lavorava part-time nei week end. “Un contatto con una dei proprietari dello show-room “Domus Arredi”, Paola, l’ho sempre mantenuto, essendo un rapporto di amicizia e stima reciproca - racconta - e quando è girata la voce che ero nuovamente libera mi ha contattata. Si era aperta una possibilità e mi ha proposto un incontro per farmi un’offerta”. Ovvero un contratto a tempo indeterminato, full-time, con tutte le garanzie. “E’ stato a quel punto che ho comunicato di essere incinta. E lei su due piedi mi ha detto: non c’è problema. Mi ha proposto di fare un part-time in modo che potessi comunque avere dei clienti miei, ma senza stancarmi troppo”. E’ per questo che Giulia ha accettato e deciso di raccontare la sua storia. “Sto per entrare nel quinto mese di gravidanza e ho appena iniziato un nuovo lavoro, sapendo che a partire da ottobre sarò in maternità e avrò tutte le tutele”. Ecco il messaggio che Giulia sente di dare ai datori di lavoro. “Io penso che un lavoratore sereno è un lavoratore che si impegna di più e meglio. I clienti lo percepiscono e hanno molta più fiducia quando la persona che hanno davanti è tranquilla e ha passione per quello che fa. Quindi, come nel mio caso, assumere qualcuno che gli sarà riconoscente darà  sicuramente i suoi frutti positivi anche a chi offre un lavoro”.

 

Katia, mamma coraggio che assiste la figlia con una malattia sconosciuta


"Per chi ha un figlio affetto da una malattia senza diagnosi, la festa della mamma è ogni giorno". In vista dell'8 maggio, a raccontare la sua storia è Katia di Cermenate (Como), madre coraggiosa e premurosa, soprattutto nei confronti di sua figlia Virginia, la cui disabilità fisica e mentale dalla nascita è stata causata da una patologia sconosciuta. E il motivo di 'una festa della mamma quotidiana è da ricercare nell'essenza del rapporto che le lega da quasi 17 anni: "Quando tua figlia non parla e non cammina, nonostante sia ormai un'adolescente, vivi in funzione sua e viceversa: è un po' come se il cordone ombelicale non fosse mai stato davvero reciso", racconta Katia."Sin da piccola, Virginia cresceva poco e non interagiva come tutti gli altri bimbi della sua età - sottolinea la mamma -. Così dai primi momenti insieme, scanditi da ricoveri in ospedale e visite specialistiche, a causa anche di gravi crisi che l'hanno portata in rianimazione, i medici non sono mai riusciti a dare un nome alla sua malattia e, inizialmente, tutti concordavano sul fatto che sarebbe vissuta al massimo fino ai 5 o 6 anni". Però Virginia, contro ogni aspettativa, oggi è una ragazza, "con le sue difficoltà, ma anche con un certo caratterino", ironizza sua mamma. "Nonostante il traguardo, però, non abbasso mai la guardia - aggiunge -. Ed è proprio il fatto di sapere che da un giorno all'altro Virginia potrebbe non esserci più, che mi porta a vivere ogni momento con lei intensamente senza fantasticare troppo sul futuro; ogni giorno faccio i conti con le rinunce e la stanchezza, ma alla fine il suo sorriso e i suoi sguardi mi fanno sentire la mamma più fortunata del mondo".L'8 maggio, che è alle porte, quest'anno per Katia sarà una giornata 'normale rispetto al passato. "Faremo un pic-nic vicino alle cascate dell'Acquafraggia, in Valchiavenna - racconta - e in quell'occasione Virginia mi donerà gli orecchini che, grazie alla complicità del papà, ha scelto di regalarmi".Una normalità, la sua capacità di scelta, raggiunta anche grazie ai professionisti della Casa Sollievo Bimbi Vidas di Milano, che da quasi un anno la seguono: "La sua situazione clinica in questo periodo è migliorata e così abbiamo potuto beneficiare della comunicazione aumentativa e alternativa (quella che avviene attraverso le immagini) e di tante altre attività educative e riabilitative, che mi stanno aiutando a riconoscere ancor di più i suoi bisogni - spiega Katia -. Virginia, inoltre, sta iniziando a  interagire con il mondo esterno e, dato che è un'adolescente a tutti gli effetti, anche poter fare piccole scelte, come quelle riguardanti l'abbigliamento o la scelta dei trucchi, per lei è una grande conquista".

 

Alessia Anokhina, mamma ucraina che ospita le mamme profughe

 

Sarà una Festa della Mamma da ricordare anche quella di Alessia Anokhina, che è ucraina di origine, ha un figlio e una figlia di 10 e 5 anni e da 15 anni vive in Italia: insieme al marito Diego Ghilardi gestisce l'agriturismo Green Valley a Cene (nella Bergamasca), che da oltre un mese ospita quattro donne e due bambini fuggiti dalla guerra in Ucraina. "Abbiamo riservato loro tutte le cinque camere del nostro agriturismo. E sono in arrivo un'altra madre con il suo bambino - racconta - Si tratta di miei parenti e dei loro amici, non avrei mai potuto fare diversamente. Quando è scoppiata la guerra, ho provato rabbia, paura e anche un grande senso di impotenza. Rendendomi utile a queste persone, io per prima mi sento meglio e devo ringraziare mio marito, che mi supporta in questa iniziativa". Lo scorso febbraio, quando nel suo Paese natale è iniziata l'invasione russa, Alessia non ha perso tempo. Si è immediatamente data da fare per organizzare l'accoglienza dei profughi e non solo: "Sono andata personalmente a Varsavia a prendere queste donne e i loro bambini e dopo varie peripezie, perché la situazione è veramente drammatica, siamo riuscite ad arrivare a casa - continua - Ora stanno recuperando un po' di serenità, anche se ovviamente la nostalgia di casa e la preoccupazione per chi è rimasto in Ucraina sono forti". I bambini stanno crescendo - "il più piccolo aveva solo un mese e mezzo quando è arrivato. Ora ha appena compiuto i tre mesi. Per fortuna non ricorderà nulla della fuga dalle bombe" - e le donne si sono ormai ambientate, soprattutto grazie agli sforzi di Alessia, che fa di tutto per aiutarle anche dal punto di vista linguistico: "Mi ricordo quant'era difficile per me appena arrivata in Italia, quando non riuscivo a farmi capire". Proprio per questo, sta aiutando le insegnanti della scuola di sua figlia a interagire con una bambina ucraina e a Bergamo ha facilitato il lavoro di alcuni medici impegnati a valutare le condizioni di decine di profughi ospitati in un albergo. "Ogni giorno cerco di trovare delle attività da proporre alle nostre ospiti per non farle concentrare sulle loro angosce - prosegue Anokhina - Facciamo delle passeggiate, chiacchieriamo e ci scambiamo ricette in cucina. Loro preparano i piatti tipici ucraini che mi ricordano l'infanzia e mia nonna che non c'è più e io ricambio con quelli bergamaschi, a cominciare dai casoncelli che a loro piacciono moltissimo". A qualche chilometro di distanza, sempre nella Bergamasca, si trova la Frutticoltura Sant'Anna di Sant'Omobono Terme: la titolare Anna Cuter ha messo a disposizione un appartamento a due mamme ucraine con i loro bambini. "Ho coinvolto anche altre donne e con il loro prezioso supporto provvediamo alla spesa e a tutte le altre necessità - spiega - Le nostre ospiti hanno la loro indipendenza, ma io sono sempre in contatto con loro: in un certo senso è come se avessi allargato la mia famiglia". Del resto quest'anno Donne Impresa Coldiretti ha deciso di dedicare la giornata della Festa della Mamma proprio alla solidarietà verso le 55mila donne in fuga dall'Ucraina, molte delle quali con i figli al seguito.E molte imprenditrici agricole lombarde hanno risposto all'appello oltre ad Alessia Anokhina e Anna Cuter: per esempio a Truccazzano (nell'hinterland milanese) Maria Antonia Ceriani, madre di quattro bambini e titolare dell'azienda agricola di famiglia, da qualche giorno ospita una coppia di ucraini, moglie e marito, che stanno cercando di ricongiungersi alla figlia.E a Montalto Pavese (in provincia di Pavia) le sorelle Marcella e Simona Canegallo con la madre Assunta stanno ospitando nel loro agriturismo tutto al femminile una mamma ucraina insieme ai suoi due figli, che hanno iniziato a frequentare le scuole del territorio. "Queste esperienze si basano sui forti legami e sull'aiuto concreto che da sempre sono alla base della cultura contadina - sottolinea Wilma Pirola, responsabile di Donne Impresa Coldiretti Lombardia - Le aziende agricole sono entrate a far parte di una rete solidale che coinvolge associazioni di volontariato, parrocchie, amministrazioni locali e anche singoli cittadini impegnati nel sociale".

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