Di cosa stiamo parlando
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A Monza Alessandro Maja, l’uomo di 57 anni è accusato di aver ucciso a martellate la notte di martedì e mercoledì la figlia di 16 anni Giulia e la moglie di 56 anni Stefania Pivetta. ..... qui le ultime news e in questo nostro articolo il resto della vicenda ed al lato uno dei punti della guida del giornale facebook the period .per raccontare i femminicidi che purtroppo pochissimi sia sui media che sui social rispettano quando parlano di tali argomenti
Cari Editori e cari Giornalisti
Sappiate che è inutile che fate degli articoli speciali ogni 25 novembre o delle pagine speciali sul femminicidio sul sito delle vostre testate online se poi con i vostri articoli suscitate simili e condivisibili reazioni come queste tra le più significative
Che cazzo ci frega di sapere chi era questo assassino che ha deciso di sterminare tutta la famiglia tranne se stesso?
Ha ucciso a martellate la figlia, l'altro figlio sta lottando per sopravvivere, e la moglie.
E questo giornale immondezza, immondo mi vuole far sapere chi era l'omicida.
Anzi, cerca pure di elevarlo.
Dimenticando completamente le vittime.
Io invece avrei voluto sapere chi era la moglie, cosa faceva.
Quali erano i sogni dei figli, che lui ha distrutto.
A me questo giornalismo fa vomitare.
Fa schifo, se non c'è un etica del giornalismo questo Paese è davvero nella merda.
Sono nera
Comunque anche oggi un femminicidio è stato raccontato dalla parte dell’assassino, mettendone in luce le qualità professionali, come se avesse senso (a meno che l’intento non fosse quello di attutire la gravità di aver ucciso moglie e figlia a martellate) e invitando il lettore a scoprire chi fosse questa persona (come se si trattasse del personaggio simpatico di una bella favoletta, il che giustificherebbe anche la scelta di una bizzarra foto che lo ritrae sorridente e con un pappagallo sulla spalla).
E continuando ad alimentare l’insostenibile tesi per cui un fenomeno sistematico (culturale, sociale, politico) nascerebbe da un’infinita serie di casi isolati, imprevedibili e incomprensibili.
Ormai mi sembrano incomprensibili solo per i giornalisti che li affrontano così. E, purtroppo, anche per chi li legge pensando di potersi fidare.
Il nome delle due donne uccise è Stefania Pivetta e Giulia Maja.
In questo titolo, fra l’altro, notiamo anche nome e cognome nonché qualifica professionale dell’uomo, mentre le due donne assassinate sono nominate solo in relazione (in funzione) a lui quindi come moglie e figlia. Qui c’è veramente tutto di una lettura del mondo e delle cose che non riesce a scollarsi da un punto di vista solo.
Mentre finivo di fare cute paste .... ehm .... copia e incolla ho trovato , miracolo uno dei rarissimi casi in pratica uno su mille , un articolo ( sogno oppure perchè il sito è di una rivista femminile ? ) come si deve ed onesti cioè senza elevazione biografiche del carnefice sul fenomeno anzi piaga dei femminicidi
Il femminicidio in Italia: se mi lasci, ti uccido
Non chiamiamoli più padri, mariti, o figli, quelli che compiono queste stragi, ma chiamiamoli con il loro nome: mostri assassini
5 Maggio 2022
L’ultimo femminicidio in ordine di tempo è avvenuto il 5 maggio 2022, compiuto da
Alessandro Maja di 57 anni. In realtà quello che è avvenuto tra le mura domestiche è una vera e propria strage familiare, probabilmente pianificata, perché a quanto pare, la coppia sarebbe stata in crisi da tempo .L’uomo ha disposto sul tavolo da cucina le armi con cui aveva deciso di sterminare la sua famiglia: un cacciavite, un martello, un trapano e un coltello. Quattro arnesi, quattro proprio come loro, la moglie Stefania Pivetta, la figlia Giulia di 16 anni, il figlio Nicolò di 23, e infine lui, l’autore della carneficina. I vicini di casa sono stati svegliati dalle urla ed hanno sentito pronunciare la frase: “Li ho uccisi tutti, bastardi”, urlata proprio dal Maja, che in pieno delirio di onnipotenza si vantava di “esserci riuscito”, ricoperto dal sangue dei suoi congiunti, e, solo in poca parte del suo, perché, a quanto sembra, alla fine della mattanza, avrebbe provato a suicidarsi, ferendosi solamente, che per un uomo che pianifica la morte della sua intera famiglia, sembra difficile da credere. Perché un uomo che lucidamente pianifica e porta a termine due omicidi ed un tentato omicidio nei confronti del sangue del suo sangue, improvvisamente, quando si tratta di togliersi la vita non ci riesce?
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Tragedia di Samarate, una delle due vittime Giulia |
Un uomo che non aveva nessun precedente per maltrattamenti o abusi, un uomo che nella sua biografia si descriveva come “vulcanico progettista, fulcro e fondatore”, in poche parole un uomo, forse, con la mania del controllo, un narcisista, al quale, evidentemente, era sfuggito il potere sulla sua famiglia, il nucleo perfetto del quale, pare, si vantasse. Un matrimonio di lunga data, due figli, un maschio ed una femmina, una vita costellata di di successi, personali e professionali, con una macchia che poteva, ma solo nella sua testa, cancellare questa lunga scia di note positive: un divorzio. Già, perché sembra che, alla base di questa mattanza criminale, possa esserci la decisione della moglie di rivolgersi ad un avvocato per una consulenza sulla separazione. Viene da chiedersi come sia possibile che basti questo per decidere di sterminare la propria famiglia, ma, purtroppo, di casi come questo, sono piene le pagine dei vari quotidiani. Il fattore scatenante sembra essere sempre lo stesso, un copione già visto, e già scritto. Mi lasci? Ti uccido. E non solo. Se riesco
elimino anche la tua progenie, perché in quel momento, non sono più “anche” i suoi figli, sono il proseguo della donna che ha dato loro la vita, se cancello anche loro, non rimarrà più nulla di lei su questa terra.
Si chiamano disturbi della personalità, che badate bene, non significa essere malati di mente, non significa nemmeno non essere capaci di intendere e di volere, ma significa avere una concezione distorta della realtà che ci circonda. Il narcisista per esempio prova un senso di grandiosità e di superiorità, manifesta assenza di empatia, un grande bisogno di ammirazione, e un’intolleranza alle critiche, che sfido chiunque di noi a non aver provato almeno una volta nella vita, ma certamente, non con le conseguenze di cui sopra. Eppure ogni volta all’indomani di una tragedia di queste proporzioni, rimango sempre colpita da quanto spesso i femminicidi e le stragi famigliari abbiamo tratti distintivi comuni, come se fossero legati da un fil rouge sottile e quasi invisibile, fino a qualche attimo prima che tutto accada, il senso del possesso e il rifiuto dell’abbandono. E ogni volta faccio sempre la stessa considerazione sulla frase “tenta il suicido, ma fallisce”. Ma davvero credete che un uomo capace di sterminare nel sonno una moglie che dorme ignara sul divano con un martello, di colpire con lo stesso, o con il cacciavite, sua figlia di 16 anni, ammazzandola come un animale, e suo figlio di 23, abbia difficoltà a togliersi la vita? Diciamo la verità una volta per tutte. Questi uomini non vogliono morire, questi uomini vogliono inscenare il loro pentimento, vogliono dimostrare di essere stati colti da un raptus, e poi, in un momento di lucidità, una volta compreso lo scempio, abbiano cercato di porre fine a quell’orrore pagando con la loro stessa vita, ma caso strano, non ci riescono quasi mai.
Perché un uomo che pianifica la morte dei suoi figli, apparecchiando il tavolo da cucina con le armi da utilizzare, immagino scegliendole con cura, dovrebbe poi fallire nel gesto estremo di togliersi la vita? Perché provare a ferirsi con una lama e poi provare a darsi fuoco, ma solo alle estremità? Perché non prendere dei sonniferi? O perché non spararsi? O perché non impiccarsi? La risposta è molto semplice. Perché non vogliono morire, perché vogliono mostrare al mondo anche il loro sangue, ma non tutto, solo una parte, perché loro vogliono sopravvivere, provando soddisfazione per il piano portato a termine, quello di sterminare i propri congiunti, perché solo uno deve rimanere in vita, lui, l’artefice della strage
Ma questa volta al signor Maja è andata male, perché il figlio ventitreenne è riuscito a non soccombere sotto i colpi del martello da lui utilizzato per provare a cancellarlo da questa terra, è in terapia intensiva, con ferite molto gravi, ma stabile, mentre lui, “povero” non è riuscito nell’intento di uccidersi, una volta rimasto solo, e senza che nessuno provasse ad impedirlo, ha fallito nell’impresa di suicidarsi. Eh no lui non ha fallito, lui ha scelto di non morire, perché poteva farlo, mentre alla sua famiglia questa opportunità non è stata lasciata. E allora non chiamiamoli più padri, mariti, o figli, ma chiamiamoli con il loro nome, perché sì ne esiste solo uno per quegli uomini che uccidono il sangue del loro sangue, o le loro compagne, ed è quello di mostri assassini. E tu Nicolò fagli il dispetto più grande di tutti, sopravvivi e porta in alto il cognome che adesso potrai cambiare, scegliendo quello di tua madre, così che lei possa sopravvivere per sempre, nonostante la morte. Insieme a te.
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