16.9.23

Stupri e femminicidi: facciano mea culpa anche i giornalisti e gli opionisti

“Perché non è possibile, semplicemente, avere delle trasmissioni come in qualsiasi altro Stato dell’unione europea, dove l’intrattenimento non significa l’umiliazione delle donne?” 
                        (da Il corpo delle donne di Lorella Zanardo – Feltrinelli, 2010 –              pag.44)                                                                                                                                                    






La repressione non basta. Occorre in primo luogo la prevenzione: cioè, l’informazione e l’educazione, prima in famiglia e poi a scuola. E poi bisogna punire i colpevoli in modo esemplare, evitando di accordare sconti di pena o di concedere permessi facili agli stupratori. Forse servirebbe una specie di 41-bis, con un regime di detenzione speciale, soprattutto per i minori ai fini della loro rieducazione.
<< Ma dobbiamo >> Il Fatto Quotidiano 16 Sep 2023 GIOVANNI VALENTINI << fare mea culpa anche noi giornalisti, ognuno per la sua parte, a cominciare da chi ha sempre sostenuto che la violenza sessuale e i femminicidi sono innanzitutto una questione di cultura. Vale a dire di formazione, di coscienza civile e di responsabilità. E dovrebbero farlo gli operatori della comunicazione che si occupano di televisione, di cinema, di pubblicità e di Internet: tutti coloro che nel circuito mediatico usano o hanno usato il corpo della donna come “richiamo”, strumento di attrazione e di seduzione; comprese certe attrici, modelle, vallette o veline che si prestano, consapevolmente o meno, allo sfruttamento commerciale della propria immagine, magari per promuovere un capo di lingerie, un abito sexy, un’auto o una moto. >>

Si  può discutere quanto si vuole di tendenze e di comportamenti. Di “lupi” e di “agnelli”. Di uso o abuso di alcol e droga, due aggravanti per chi commette uno stuproe  violenza    di  genere  . Ma quando, all’interno di una stessa famiglia, vengono consumati per dieci anni abusi sessuali su due sorelline e la magistratura arresta padre, madre, zio e nonno, com’è accaduto a Monreale (Palermo), non c’è dubbio che si tratta di una drammatica carenza culturale ai danni della donna, della sua dignità e del suo ruolo sociale. Un vuoto, un deficit di rispetto e di consapevolezza che interpella l’intera collettività.

La  lotta contro   la  cultura  dello stupro    non è un problema di destra o sinistra. Eppure, bisogna riconoscere che questa “incultura” della sopraffazione affonda le sue radici nel maschilismo, nel machismo, nella presunta superiorità dell’uomo sulla donna.  Ma  anche   politico \  ideologica  il Codice Rocco, introdotto dal fascismo nel 1930, prevedeva il reato di adulterio (abrogato nel 1968) solo per lei e non per lui; oppure legittimava il cosiddetto “delitto d’onore” (abrogato nel 1981) in caso di tradimento coniugale, quelle norme costituivano l’humus di una subordinazione che ha favorito nel tempo la mala erba della violenza sessuale. E quando il regime costruiva a Roma il Foro Italico, denominato inizialmente Foro Mussolini con le sue statue “virili”, escludeva di fatto la donna dall’ambito sportivo e la relegava in una dimensione subalterna.

Un altro elemento    alla base   di tale " cultura  "  è  La stessa Chiesa cattolica, nella sua più tradizionale mentalità sessuofobica, ha identificato la figura femminile con la “mela proibita”, la tentazione e il peccato originale nel Paradiso terrestre di Adamo ed Eva. E ha impiegato secoli per mettere sullo stesso piano “fratelli e sorelle”, fino all’avvento provvidenziale di Papa Francesco, senza aprire ancora il sacerdozio alle donne e abbattere il tabù del celibato ecclesiastico, com’è già da tempo in diverse chiese cristiane e ortodosse.

È stata la cultura laica, radicale e progressista, composta in parte anche da tanti credenti, ad avviare un’inversione di tendenza in Italia, a cominciare dalle campagne sul divorzio e sull’aborto. Ma c’è ancora molta strada da compiere per arrivare alla parità di genere, da quella professionale a quella salariale. Ora i mass media hanno oltre  al  dovere morale di fare autocritica, per tutelare e valorizzare l’identità della donna , di dare l'esempio .



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