Dall’Elba alla Sardegna fino a Taranto In una bottiglia l’amore oltre la guerra

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Oslavio Giannoni marinaio sul tetto del Castello nel 1942, e la lettera di Maria 

Piombino «Sono già quattro mesi che non abbiamo tue notizie, mi auguro tu stia bene, abbiamo tanto pensato te. I tuoi stanno bene e così tutti noi».

 il figlio Luciano
 L’amore, i timori del futuro, la speranza di rivedersi: comincia così la lettera affidata alle onde, dentro una bottiglia di vetro, da Maria dall’Isola d’Elba ad Oslavio marinaio a Taranto, nel bel mezzo della linea Gustav. La coppia non ha nessun contatto né notizie da troppo tempo e Maria Sapere Giannoni chiede aiuto al mare, è il 5 gennaio 1944. E il mare “risponde”. La bottiglia arriva in Sardegna dove un ragazzo la trova e un commilitone di Oslavio raccoglie tutto e lo spedisce a Taranto. Maria e Oslavio potranno riabbracciarsi solo alla fine della guerra, ma questo raggio di sole – grazie a un messaggio affidato a una bottiglia di vetro raccolto nel posto giusto e dalle persone ideali – non lo scorderanno mai. A raccontare l’episodio che ha visto protagonisti i suoi genitori è Luciano Giannoni, architetto per tutta la vita, ma sempre con grande, appassionata predilezione per storia e archeologia. Riordinando le carte di famiglia la possibilità di ricostruire un evento di cui aveva sempre sentito parlare sin da piccolissimo. Dunque ecco l’emozionante spiraglio di affetto nel bel mezzo della terribile coda finale del secondo conflitto mondiale. «Dall’isola d’Elba alla Sardegna, no a Taranto. Grazie a un messaggio in bottiglia e a una triangolazione molto ma molto fortunata», conferma Luciano Giannoni. Oggi che siamo sempre connessi è difficile comprendere cosa vuol dire non sapere nulla di qualcuno che si ama per così tanto tempo. Soprattutto se lo scenario in cui si vive è quello dei bombardamenti. «Sposati nel 1941, in realtà finito il viaggio di nozze a Pisa babbo venne subito richiamato – ricorda Luciano –. In quel momento lavorava all’Ilva, a Piombino. Nati a Capoliveri, insieme fin da piccoli, visto che abitavano tutti e due sulla stessa piazzetta del Baluardo. Le Acciaierie di Piombino, in quel momento, offrivano grandi opportunità a chi metteva su famiglia. Richiamato in marina – prosegue Giannoni – faceva base al comando, al Castello e di Piombino». Tanti episodi legati alla memoria locale di quegli anni. «A quanto si racconta – continua Luciano Giannini – nel 1942 un gruppetto di fascisti attaccò e cominciò a picchiare una persona in città. Dei marinai presero le difese di quest’uomo che riuscì a scappare. Ma tutti i marinai furono trasferiti e babbo venne mandato a Taranto. Non c’erano contatti con la famiglia, il fronte nel 1943 era tagliato in due. Mamma era tornata dai genitori a Capoliveri. Piombino, l’Elba, la Toscana con la Repubblica di Salò. Da qui nessuna possibilità di comunicare col Regno del Sud, re e alleati. Ecco perché la triangolazione della lettera di mamma in bottiglia è stata davvero fortunata. La bottiglia viene affidata alle onde dalla costa che confina con le miniere del Calamita e arriva in Sardegna, liberata e non più occupata da tedeschi». A Trinità d’Agultu è un ragazzo, Andrea Murelli, che la trova e poi incarica di rispedirla - stavolta in modo più tradizionale - il militare Giovanni Spirti. È il 16 marzo del’44. «Dopo poco tempo babbo venne congedato. Liberata Roma, con mezzi di fortuna, cercava di avvicinarsi il più possibile a casa. Si sono rivisti quando la Toscana è stata liberata, era il 1945 – sorride Luciano – . Ovviamente... io sono nato nel 1946! » .

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