stamattina sfogliando fb prima d'iniziare a piantare i fagiolini ho letto e concordo con questo post di Piero Gurrieri tra la gente che riporto sotto vista la difficoltà a sintetizzare ed rimandare ad url
Marco Lisei, senatore del partito della Meloni e alla sua destra in foto si è schierato a difesa del "fratello" Galeazzo Bignami, il viceministro immortalato in uniforme nazista nella famosa foto strappata ieri da Fedez.
“A tutto c'è un limite, soprattutto se lo fai con soldi pubblici!”, ha tuonato il senatore Lisei su Facebook.
“Sanremo lo ha superato quel limite, solidarietà a Galeazzo Bignami”. Pioggia di commenti, baionette in alto e braccia protese.
Ora, tralasciamo un attimo che l'accenno al limite che sarebbe stato superato da "Sanremo" (la città? Il santo? boh) detto da un senatore, per quanto semisconosciuto, del partito del presidente del Consiglio, sembra qualcosa a metà tra una minaccia e un editto bulgaro, di berlusconiana memoria.
Tralasciamo anche che, fossi stato al posto di Fedez, a quella foto non avrei dato alcun peso, perché dedicare un monologo ad uno che si presenta vestito da gerarca nazista ad una festa - pensate - di addio al celibato, è più o meno come sparare sulla Croce Rossa.
Mi ha colpito, però, un'altra cosa, la questione dei "soldi pubblici". Tu, Fedez, non puoi mostrare quella foto a Sanremo, lo ha ammonito Lisei, perchè Sanremo lo paghiamo noi, con i "soldi pubblici".
Sarebbe stato un argomento anche serio se non fosse che normalmente nelle democrazie esiste un diritto chiamato satira che invece non esiste nei regimi autoritari, del tipo quello della famosa foto in uniforme. E se, soprattutto, non fosse che nel novembre 2019, proprio il senatore Lisei, allora consigliere comunale di Fratelli d'Italia - pagato con i "soldi pubblici" dai contribuenti della sua città - realizzò e diffuse insieme all'amico Galeazzo un video in cui comparivano nomi e cognomi di persone straniere residenti in alcune case popolari nel rione Bolognina, un video che in tutta fretta i due rimossero, dopo l'apertura (con "soldi pubblici") di un'indagine parlamentare e di un'altra (con soldi parimenti "pubblici") del Garante della privacy.
Per non dir poi che non si capisce come un uomo di governo, pagato anche qui con "soldi pubblici" possa passare il tempo invece che a difendere le leggi del suo paese, a lamentarsi che "purtroppo" esse esistono. E lì ha ragione Fedez: "A volte anche io sparo ca***te ai quattro venti, ma non lo faccio a spese dei contribuenti, perché a pestarne di m***e sono un esperto".
Ma questi, sembra lo siano molto di più.
Pur detestando Fedez ( non la persona in se mai il suo modo di fare ed atteggiarsi ) Vorrei dire due cose su di lui perché ne ho lette molte e alcune meritano una riflessione più approfondita di un tweet.Ieri Fedez ha fatto il Fedez. Ovvero, ha fatto quello che il 99,9% degli artisti o genericamente uomini e donne dello spettacolo per scelta o per prudenza non fa più: metterci la faccia.
In quel minuto scarso di “dissing” (ora si chiama così), Federico ha messo sul tavolo, assumendosene - cosa rara di questi tempi - la più completa e totale responsabilità, anche rispetto a quella Rai che, appena un anno e mezzo fa, aveva tentato di censurarlo solo per aver letto sul palco le dichiarazioni omofobe di esponenti leghisti, per aver letto (e detto) dei fatti.
Ed è questo, ancora una volta, che ha fatto ieri sera: riletto in versi dei fatti che, in un Paese minimamente civile, non dovrebbero neanche essere messi in discussione. Ha rivelato cose che non sapevamo? No, ma non mi risulta che tocchi a lui, un cantante, farlo, semmai a quell’informazione (molta, per fortuna non tutta anche se è sempre più rara quest'ultima ) che dedica paginate alla virilità di Matteo Messina Denaro e un paio di righe scarse a chi, per 30 anni, lo ha protetto. Si è compromesso con quel sistema di cui, inevitabilmente, fa parte? Neppure, ma quelli che lo hanno fatto davvero, in modo frontale e radicale, negli ultimi cinquant’anni in Italia, si contano sulle dita di una mano, i Gaber, i Volontè, ma parliamo di gente che viaggia su universi culturali e di pensiero sideralmente differenti, né Fedez si è mai dato pose da intellettuale impegnato. Però ha fatto qualcosa di cui oggi paradossalmente c’è ancora più bisogno: ha pronunciato, di fronte a una platea vastissima che non solo non guarda Sanremo ma non ha mai aperto un giornale, ovvietà che oggi, in questo Paese bigotto, suonano scandalose. << Ci ha ricordato che >> secondo Lorenzo Tosa << il problema di questo Paese non è un cantante ( per altro bravissimo ) che porta le unghie lunghe e smaltate ma un viceministro che indossa un travestimento da nazista e la chiama “goliardia”. Ha detto che anche lui spara caz***, sì, ma non lo fa a spese dei contribuenti. Ha ricordato che piangere davanti a milioni di persone non ti rende meno duro, che anche gli uomini piangono e va bene così. In cinque ore di noia, banalità, stecche, sedicenti comici dissacranti che non fanno ridere neanche se si sbottonano la patta dei pantaloni, in cinquanta secondi Fedez ha detto cose che a Sanremo non si sentivano pronunciare da trent’anni e più di sinistra di un’intera campagna elettorale, semplicemente cantando l’ovvio. Non mi preoccupa se Fedez non è Che Guevara, quella è la normalità, ma che, nell’orizzonte basso della politica , siamo talmente orfani di voci credibili da credere che possa esserlo o, peggio ancora, criticarlo perché non lo è abbastanza.>>
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