visto che la maggior parte delle trasmissioni televisive e articoli di giornale ricordano a senso unico le vicende del confine adriatco a sensounico cioè solo le brutalità comuniste facendo tutt'uno le foibe del periodo 1941\43 con quelle del 1945\7 quando la guerra era finita . Ricordiamo anche quello che successe prima .
riprendo da un post facebookiano dell'anno scorso la vicenda
BRATUŽ LOJZE (1902 - 1937)
COMPOSITORE, DIRETTORE DI CORO
Lojze Bratuž in un ritratto giovanile.
Le vicende biografiche di B. sono drammaticamente legate al contesto storico e politico goriziano dei primi decenni del Novecento. La sua breve esistenza, iniziata a Gorizia nel 1902 e giunta a termine in seguito ad una brutale aggressione fascista nel 1937, va così contestualizzata all’interno della complessa realtà della minoranza slovena di cui egli è stato uno dei protagonisti. B. infatti era noto in tutto il territorio goriziano per la sua professione di maestro, che lo portava a spostarsi da un paese all’altro, e per le sue molteplici attività musicali. Dapprima cantore e organista parrocchiale, poi direttore di cori e insegnante di musica nel Seminario minore, egli divenne ben presto uno dei principali artefici del “rinascimento culturale” degli sloveni, esternato in un fervore di movimenti associativi a partire dagli anni Venti. Anni in cui l’attività corale, a cui guardava con interesse sia il mondo cattolico che quello socialista, rappresentava un motivo di forte coesione sociale al punto da essere rigidamente controllata dalle autorità del regime. Nel 1922 egli fondò così il coro Mladika, istituzione che accolse nelle proprie fila persone di umile estrazione, con cui valorizzò il repertorio di autori come Marij Kogoj e Anton Lajovic, e due anni dopo partecipò alla nascita e redasse il progetto all’atto costitutivo della Pevska zveza, associazione che raccoglieva e coordinava le quasi ottanta formazioni allora presenti nel territorio. B. lavorò instancabilmente per definire con chiarezza le finalità dell’associazionismo corale – lungi dall’esaurirsi nel semplice intrattenimento, a suo avviso doveva piuttosto mirare alla divulgazione della musica popolare e d’autore – e le modalità della sua presenza nel territorio. Alla fine del 1929 l’arcivescovo di Gorizia lo nominò ispettore arcivescovile dei cori parrocchiali della diocesi, mentre Cesare Augusto Seghizzi lo avrebbe voluto suo successore nella direzione del coro del duomo di Gorizia. In questo contesto egli pensò anche all’istituzione di una scuola per organisti, che però non sarebbe riuscito a portare a compimento. Autodidatta, B. fu autore di musica sacra, con oltre cento canti corali scritti prevalentemente in lingua slovena e alcuni piccoli pezzi riportanti storie dell’Antico e Nuovo Testamento espressamente finalizzati alla catechesi dell’infanzia, e di musica profana in cui si cimentò nell’elaborazione di canti popolari. Nelle composizioni sacre, a cui dedicò le maggiori attenzioni, egli riuscì a conciliare i dettami ceciliani con la freschezza sorgiva della musica popolare. Testimonianza, questa, dell’identità della propria musica e della sua autonomia dalla tradizione ecclesiastica romana.
Naturalmente, però, gli Italiani per la proganda del #giornodelricordo sono solo le povere vittime della barbarie comunista ...
BRATUŽ LOJZE (1902 - 1937)
COMPOSITORE, DIRETTORE DI CORO
Lojze Bratuž in un ritratto giovanile.
Le vicende biografiche di B. sono drammaticamente legate al contesto storico e politico goriziano dei primi decenni del Novecento. La sua breve esistenza, iniziata a Gorizia nel 1902 e giunta a termine in seguito ad una brutale aggressione fascista nel 1937, va così contestualizzata all’interno della complessa realtà della minoranza slovena di cui egli è stato uno dei protagonisti. B. infatti era noto in tutto il territorio goriziano per la sua professione di maestro, che lo portava a spostarsi da un paese all’altro, e per le sue molteplici attività musicali. Dapprima cantore e organista parrocchiale, poi direttore di cori e insegnante di musica nel Seminario minore, egli divenne ben presto uno dei principali artefici del “rinascimento culturale” degli sloveni, esternato in un fervore di movimenti associativi a partire dagli anni Venti. Anni in cui l’attività corale, a cui guardava con interesse sia il mondo cattolico che quello socialista, rappresentava un motivo di forte coesione sociale al punto da essere rigidamente controllata dalle autorità del regime. Nel 1922 egli fondò così il coro Mladika, istituzione che accolse nelle proprie fila persone di umile estrazione, con cui valorizzò il repertorio di autori come Marij Kogoj e Anton Lajovic, e due anni dopo partecipò alla nascita e redasse il progetto all’atto costitutivo della Pevska zveza, associazione che raccoglieva e coordinava le quasi ottanta formazioni allora presenti nel territorio. B. lavorò instancabilmente per definire con chiarezza le finalità dell’associazionismo corale – lungi dall’esaurirsi nel semplice intrattenimento, a suo avviso doveva piuttosto mirare alla divulgazione della musica popolare e d’autore – e le modalità della sua presenza nel territorio. Alla fine del 1929 l’arcivescovo di Gorizia lo nominò ispettore arcivescovile dei cori parrocchiali della diocesi, mentre Cesare Augusto Seghizzi lo avrebbe voluto suo successore nella direzione del coro del duomo di Gorizia. In questo contesto egli pensò anche all’istituzione di una scuola per organisti, che però non sarebbe riuscito a portare a compimento. Autodidatta, B. fu autore di musica sacra, con oltre cento canti corali scritti prevalentemente in lingua slovena e alcuni piccoli pezzi riportanti storie dell’Antico e Nuovo Testamento espressamente finalizzati alla catechesi dell’infanzia, e di musica profana in cui si cimentò nell’elaborazione di canti popolari. Nelle composizioni sacre, a cui dedicò le maggiori attenzioni, egli riuscì a conciliare i dettami ceciliani con la freschezza sorgiva della musica popolare. Testimonianza, questa, dell’identità della propria musica e della sua autonomia dalla tradizione ecclesiastica romana.
Naturalmente, però, gli Italiani per la proganda del #giornodelricordo sono solo le povere vittime della barbarie comunista ...
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