Al museo Maffei di Verona un visitatore si avvicina alla sedia di cristallo dell’artista Nicola Bolla, che ricorda quella del celebre quadro di Van Gogh. Non gli basta guardarla, e nemmeno fotografarla. Per il visitatore l’opera d’arte non è la sedia in sé, ma la sedia con sé, cioè con lui seduto sopra.
La corporatura ragguardevole sconsiglia l’azzardo. Il visitatore lo sa e si piega davanti all’opera come su un gabinetto alla turca, affinché la foto che la compagna si accinge a scattargli dia l’illusione del contatto. Però le gambe non reggono e l’uomo si abbatte sulla sedia in un infrangersi di cristalli. Si rialza con agilità insospettabile e si dà alla fuga.
La videocamera del museo immortala la scena, che viene poi diffusa dalla direttrice Vanessa Ceccon assieme al monito «l’arte va ammirata e rispettata». Si tratta di un esperimento sociale. Nel vedere le immagini dovrebbe scattare l’identificazione: «Guarda come si diventa ridicoli e narcisi con un telefono in mano».
La corporatura ragguardevole sconsiglia l’azzardo. Il visitatore lo sa e si piega davanti all’opera come su un gabinetto alla turca, affinché la foto che la compagna si accinge a scattargli dia l’illusione del contatto. Però le gambe non reggono e l’uomo si abbatte sulla sedia in un infrangersi di cristalli. Si rialza con agilità insospettabile e si dà alla fuga.
La videocamera del museo immortala la scena, che viene poi diffusa dalla direttrice Vanessa Ceccon assieme al monito «l’arte va ammirata e rispettata». Si tratta di un esperimento sociale. Nel vedere le immagini dovrebbe scattare l’identificazione: «Guarda come si diventa ridicoli e narcisi con un telefono in mano».
Immagino a che cosa starete pensando, perché è la stessa cosa a cui ho pensato io: ma noi non ci saremmo mai scattati una foto sulla sedia di cristallo… Può darsi. In ogni caso da oggi abbiamo una ragione in più per non farlo. Oltre che una funzione educativa, quel video ne ha infatti una sottilmente dissuasiva: è lì a ricordarci che, in un mondo dove ormai ci sono più telecamere che bambini, ogni volta che facciamo un selfie c’è sempre qualcun altro che sta facendo il contro-selfie a noi.

