27.6.13

anonima sequestri tra passato e presente Pancirolli riabbraccia il taxista che l’aiutò dopo il rilascio L’ex-rapito torna 34 anni dopo sui luoghi del suo sequestro


L'ascolto della canzone  , in particolare le prime note   ( Non bisognerebbe mai ritornare: /perchè calcare i tuoi vecchi passi, /calciare gli stessi sassi, /su strade che ti han visto già a occhi bassi? / Non troverai quell' ombra che eri tu /e non avrai quell' ora in più /che hai dissipato e che ora cerchi; /si scioglierà impossibile il pensiero /a rimestare il falso e il vero /in improbabili universi. [ ...   qui il resto del testo ] della canzone   Non bisognerebbe mai ritornare di Guccini




Mi ha  fatto venire  in mente    questa  storia    dell'anonima sequestri sarda  

Roberto Pancirolli, imprenditore di Monza, è tornato dopo 34 anni a Galtellì, dove fu liberato dall’Anonima sequestri. E qui ha riabbracciato Francesco Solinas, il tassista che lo accompagnò a San Teodoro. Pancirolli fu rapito insieme alla moglie Ornella Fontana nel 1979. La moglie tornò libera qualche giorno dopo. 


di Daniela Scano 

SASSARI Il ritorno non è solo un viaggio nei luoghi del passato. A volte ritornare vuol dire fare un volo a ritroso con l’anima. Il ritorno, quando è una scelta esistenziale, può essere riconciliazione con il ricordo. Roberto Pancirolli racconta il suo ritorno con il tono di voce lieve di un uomo che ha fatto, da tempo, i suoi conti con il passato. Venerdì scorso Roberto Pancirolli, 68 anni, titolare di una società a Monza, è entrato in un bar di Galtellì e si è guardato intorno con curiosità.
Roberto Pancirolli, a destra, Francesco Solinas; a sinistraIn una notte d’estate di 34 anni fa, in quello stesso locale, sentì il profumo inebriante della libertà ritrovata. Poche ore prima, nelle campagne del paese, i sequestratori che il 7 luglio 1979 l’avevano rapito a Cala Girgolu insieme con la moglie Ornella Fontana, lo avevano rivestito alla meglio con abiti puliti e l’avevano rilasciato. La moglie era rimasta nelle mani dei banditi, l’Anonima gallurese, in attesa che il padre di lei, il “re del bullone”, mettesse insieme il miliardo e mezzo di lire concordati per il riscatto. In quel bar di un paesino sconosciuto, oltre alla libertà, Pancirolli aveva trovato un telefono pubblico dal quale aveva contattato i familiari. Il bar Molti spettatori dell’arrivo di quello strano turista non ci sono più. La settimana scorsa altri sguardi curiosi hanno accolto l’uomo arrivato dalla penisola. Mangiando un panino e sorseggiando una birra, Roberto Pancirolli ha scoperto che il ritorno può essere un sentimento condiviso. «Conoscete per caso Francesco Solinas?» ha chiesto agli avventori, con il tono di chi non vorrebbe essere messo a conoscenza di un epilogo. Pochi istanti dopo un uomo anziano è entrato nel bar del paese. Quando il suo sguardo ha incontrato quello dello strano turista, anche lui ha fatto un tuffo nel passato remoto.
 Roberto Pancirolli e la moglie Ornella Fontana
E il ricordo si è sciolto in un abbraccio senza parole. Il noleggiatore Francesco Solinas è il noleggiatore d’auto che la notte del rilascio, facendo finta di non sapere chi fosse il suo cliente, accettò di accompagnare Roberto Pancirolli a San Teodoro, dove lo attendevano i familiari suoi e della moglie. Per quel viaggio il tassista venne chiamato a dare risposte dal “giudice sceriffo” Luigi Lombardini, per niente convinto del fatto che un tassista non sottoponga a interrogatorio il suo passeggero. E quando il giudice Luigi Lombardini metteva la prua contro qualcuno, questa è storia, c’era da stare sicuri che questa persona non avrebbe dormito sonni tranquilli.

E il ricordo si è sciolto in un abbraccio senza parole. Il noleggiatore Francesco Solinas è il noleggiatore d’auto che la notte del rilascio, facendo finta di non sapere chi fosse il suo cliente, accettò di accompagnare Roberto Pancirolli a San Teodoro, dove lo attendevano i familiari suoi e della moglie. Per quel viaggio il tassista venne chiamato a dare risposte dal “giudice sceriffo” Luigi Lombardini, per niente convinto del fatto che un tassista non sottoponga a interrogatorio il suo passeggero. E quando il giudice Luigi Lombardini metteva la prua contro qualcuno, questa è storia, c’era da stare sicuri che questa persona non avrebbe dormito sonni tranquilli. Ma Francesco Solinas era ed è una persona sicura del fatto suo. E soprattutto non aveva niente da nascondere. La ricorrenza Alla vigilia dell’anniversario dei 34 anni dal sequestro, Roberto Pancirolli è tornato per la prima volta in Sardegna. L’industriale, vedovo da 13 anni, è voluto andare con la sua compagna dove il ricordo del rilascio è rimasto: un grumo di sentimenti e di profumi impigliato nei boschi del Montalbo. In quella strada, vista solo di notte e poi nei sopralluoghi con le forze dell’ordine, l’ex sequestrato ha respirato a pieni polmoni. L’aria aveva lo stesso profumo di allora, ma questa volta il cuore era finalmente in pace. È stato forse in quel momento che Pancirolli ha sentito forte il desiderio di parlare con Francesco Solinas. Era come un debito di verità da saldare, visto che in quel viaggio notturno di 34 anni fa i due uomini si erano detti bugie. «Eh già – racconta Pancirolli –, raccontai al mio autista che avevo fatto un guasto con la macchina. E quando lui mi propose di andare a controllare, gli dissi che preferivo essere accompagnato a San Teodoro. Lui accettò senza fare domande, ma credo che avesse capito chi ero». Sì che l’aveva capito, il signor Francesco, anche se rispettò l’anonimato del suo cliente.Forse negli anni, ripensando a quei momenti, Roberto Pancirolli ha anche capito che quel viaggio fu anche un gesto di coraggio di un sardo in una società che pur non essendo complice della criminalità non voleva essere coinvolta. «Abbiamo parlato tanto –racconta oggi l’ex sequestrato –, mi ha invitato a casa sua e ho conosciuto la sua famiglia. Incontrarci dopo tanto tempo ha fatto piacere a entrambi». Nel senso che ha fatto bene a tutti e due. La memoria Francesco Solinas si ricordava perfettamente l’incontro con Roberto Pancirolli e lo scambio dei ricordi è stato utile all’industriale per ricomporre un puzzle rimasto incompleto. Perché quella notte, nell’auto che correva verso San Teodoro, i sentimenti di Pancirolli erano confusi tra il sollievo per il rilascio e la preoccupazione per l’incolumità della moglie. Solinas gli ha ricordato le cose che disse e lo ha riportato indietro nel tempo. Le tappe La sosta a Galtellì è stata una tappa determinante nel viaggio del ritorno cominciato a Chia, dove Roberto Pancirolli e la sua compagna hanno trascorso una breve vacanza. L’unico luogo dove l’uomo non è mai tornato è la villa dei suoceri, a Cala Girgolu, dove venne prelevato insieme alla moglie nella terribile estate del 1979. Una stagione, quella, durante la quale l’Anonima gallurese imperversò e fece soldi a palate. «No, ammetto che non riesco a tornare in quella casa – spiega –. Non riesco a stare tranquillo». C’è da capirlo.«Sono venuto in Sardegna per trovare un caro amico che abita a Cagliari e ne ho approfittato per fare un viaggio – spiega –. I rapporti con la vostra isola sono sempre saldi. Con l’isola ho un legame particolare, anche se fino ad oggi non ero ancora tornato». Racconta, Pancirolli, che durante il sequestro i banditi gli davano da leggere la Nuova Sardegna. «Scoprii così la storia di un malato che attraversava l’isola per sottoporsi a dialisi e altre storie – spiega –. Una volta libero contattai queste persone e me ne occupai. Con qualcuno sono rimasto sempre in contatto, come per esempio con il mio amico di Cagliari». La fiducia Ma il legame con la Sardegna è fatto anche di fiducia se, come racconta, l’industriale ha affidato a un sardo la sua villa in Toscana.La serenità raggiunta gli consente il lusso di non esprimere giudizi sugli uomini che privarono lui e la moglie della libertà. «Fummo fortunati, devo ammetterlo – dice anzi –. I sequestratori ci trattarono bene. Mia moglie soffriva di claustrofobia e loro rispettarono questa paura, prima tenendoci all’aperto e poi in una grotta. Nessuno ci fece del male. Ricordo che avevo centomila lire e, quando mi fecero rivestire, nascosi le banconote dentro una scarpa. Avevo paura che qualcuno mi derubasse e di non poter pagare il taxi fino a San Teodoro». Con una parte di quei soldi si chiuse la transazione tra l’ex sequestrato e il conducente dell’auto a noleggio di Galtellì. Francesco Solinas prese i soldi senza fare domande e venerdì, prima di salutarlo, ha detto a Roberto che sì, quella notte aveva capito chi era. Lo avrebbe riportato a casa gratis, ma per rispetto della sua paura non gli disse niente. 
LA PRIGIONIA  Fu un sequestro lampo: 25 giorni A gestire il riscatto pensò il padre della moglie che giocò al rialzo 
Raffaele Dessolis
 Alla fine del maggio del Duemila, Ornella Pancirolli Fontana, figlia di Walter Fontana, l'industriale monzese noto anche come “il re del bullone”, morì a Milano. Il suo e quello del marito fu uno dei sequestri più veloci dell’Anonima: 25 giorni. E anche uno dei più reddittizi per i delinquenti. Era il 1979, anno horribilis della storia criminale dell'isola: in dodici mesi vennero messi a segno dieci rapimenti, di cui quattro duplici e uno triplice. Due ostaggi non fecero mai ritorno a casa, quattro vittime predestinate riuscirono a sfuggire ai banditi. La maggior parte di questi colpi venne messa a segno d'estate, soprattutto nelle località turistiche della costa orientale. A firmarli era sempre l’Anonima Gallurese. La signora Fontana, che allora aveva 32 anni, venne rapita insieme con
il marito il 7 luglio, mentre rientrava nella villa del padre,a Cala Girgolu. I banditi li portarono in una zona che si presume si trovasse alle falde del Montalbo, non lontano dalla superstrada Nuoro-Siniscola. Walter Fontana non si fece impressionare e non imboccò i canali e le metodologie classiche: forte della sua posizione economica e della esperienza fatta in fabbrica prima di diventare "Il re del bullone", scelse il contatto diretto. Non solo, giocò al rialzo anzichè al ribasso. I sequestratori chiedevano un miliardo di lire, gliene diede uno e mezzo. Per il sequestro furono condannati in via definitiva Raffaele Dessolis  (  foto a destra  )   e Gavino Beccu.


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