Saviano: «La Costa Smeralda supermarket della droga». e poi dicono che in sardegna non c'è mafia

Mi sa  che  Pino Arlacchi   dovrà  riscrivere o aggiornare   il suo   libro  (  copertina  a destra  tratta  dal suo sito in cui  trovate  il libro in pdf  )   . Infatti questa intervista a  la  nuova sardegna   di Roberto Saviano  in tour in sardegna in questi giorni pere presentare  il suo ultimo libro  e l'arresto di Graziano Mesina    ex bandito  per  estorsione  e  droga    testimoniano il contrario 

L’autore di “Gomorra” analizza il ruolo di Graziano Mesina nel traffico della coca. «Lui era solo uno dei terminali, l’isola è per le cosche una piattaforma girevole»

SASSARI. La droga muove il mondo. La cocaina, in particolare, muove il mondo. Il traffico di stupefacenti è il cuore di un’economia criminale che ha infiniti collegamenti con quella legale. Niente sfugge al meccanismo infernale. Nessuna parte del mondo globalizzato ne è esclusa. Quindi neppure la Sardegna. Roberto Saviano, che queste cose le dice e le scrive,capita nell’isola mentre centinaia di carabinieri sono impiegati per arrestare Graziano Mesina, accusato di essere il capo di una banda dedita soprattutto allo smercio della droga. Inevitabile sentire l’autore di “ZeroZeroZero” (Feltrinelli)per un giudizio su ciò che sta accadendo.






Graziano Mesina è stato un simbolo del vecchio banditismo sardo, legato in qualche modo ai valori della tradizionale società agropastorale sarda. Ora viene arrestato come capo di un'organizzazione che gestisce, secondo l'accusa, il traffico della droga nell’isola. Anche la Sardegna omologata all'orizzonte globale dell’economia criminale?
«La Sardegna è da sempre nello scacchiere delle mafie nazionali e internazionali. Da sempre è attraversata dal narcotraffico. Solo che oggi c’è un’operazione che fa notizia perché è coinvolto il furbissimo Grazianeddu, che sino a pochi giorni fa, ospite di un festival di storia, schermava le attività criminali di questi anni dietro la sua vicenda di bandito, insinuando la pittoresca interpretazione che, finita la miseria, in Sardegna non c’è più bisogno di fare sequestri. In questo modo mirava a giustificare il suo essere bandito come una scelta inevitabile negli anni di miseria. Detto questo, la Sardegna, essendo un’isola, è piena di porti e il trasporto marittimo è quello da sempre preferito dalle mafie, perché permette di spostare enormi quantità di droga – tonnellate e tonnellate – con un unico viaggio. Negli ultimi dieci anni la maggior parte (il 60%) della cocaina è stata intercettata in mare o nei porti».
La Sardegna come punto di passaggio dei traffici legati alla droga?
«Più che essere un punto di passaggio la Sardegna è una “piattaforma girevole” per la coca che va dal Sud America all’Europa; cosa che accade soprattutto d’estate, quando ci sono più imbarcazioni private che utilizzano i litorali sardi come punti d’appoggio. Ma la Sardegna è anche un punto di arrivo. Qui la coca si ferma e viene consumata. Ogni anno nell’isola arrivano tra i cinque e i seicento chili di cocaina e, secondo gli inquirenti, ci sarebbero (stima fatta per difetto) oltre diecimila consumatori. D’estate, con i turisti, i consumatori raddoppiano, per un giro d’affari di oltre duecento milioni di euro l’anno. I corrieri sbarcano a Cagliari, Sassari, Olbia, Alghero, moltissimi nell’arcipelago della Maddalena. La Costa Smeralda diventa un supermarket della coca. Quello che i sardi ancora non sanno è che stanno per diventare, se non lo sono già, una sorta di garage di stoccaggio della coca, perché la conformazione geografica della vostra regione permette di nascondere grandissime partite di droga: gli stazzi della Gallura e gli ovili della Barbagia sono zone di stoccaggio. Con i metodi usati un tempo per presidiare i sequestrati, si presidia la coca. Soltanto qualche giorno fa, per fare un esempio vicinissimo nel tempo, a Golfo Aranci, sulla banchina, all’arrivo del traghetto della Sardinia Ferries proveniente da Livorno, in una Volkswagen, nascosti sotto i sedili, sono stati scoperti cinque panetti di cocaina. Al volante c’era un cagliaritano che da anni vive a Civitavecchia: l’uomo è subito sembrato nervoso, ecco perché l’auto è stata sottoposta al controllo dei cani antidroga. Cinque panetti, quindi cinque chili, che una volta tagliati sarebbero diventati quindici, per un valore di oltre un milione di euro. La coca era destinata alla costa Smeralda: era il primo arrivo per questa estate».
Quanto incide il silenzio, anche in Sardegna, sulla crescita delle realtà criminali come quella che sembra emergere dalle indagini su Mesina e la sua banda? Non le sembra che sulla Sardegna ci sia come un cono d'ombra che tiene l'isola fuori dalla grande informazione nazionale?
«Il silenzio incide moltissimo nel rendere meno efficace l’opera di contrasto delle organizzazioni criminali. A dimostrazione del fatto che in Sardegna la coca è di casa, lo scorso ottobre a Olbia, in una casa di campagna in località Lu Mungoni, è stato scoperto un piccolo stabilimento che veniva usato per ricristallizzare la cocaina, cioè per portarla dallo stato liquido allo stato solido attraverso sostanze chimiche. C’era un gruppo di narcotrafficanti, attivi tra il Sud America, la Liguria e la Sardegna, che impregnava di cocaina liquida le tele dei quadri per il trasporto dal Sud America all’Italia, in modo da poter passare senza problemi i controlli doganali. Poi a Olbia la coca tornava allo stato solido nel laboratorio di Lu Mungoni e alla fine era spacciata principalmente nel mercato dell'isola. Il silenzio sulle vicende sarde ha avuto come effetto, in questi anni, l’assenza di un contrasto vero delle potenti organizzazioni criminali. Nel caso di Mesina, va sottolineato che le due organizzazioni che sono state scoperte e sgominate con l’operazione di questi giorni non sono le più pericolose. Mesina si è inserito nel traffico di stupefacenti sfruttando, per attivare legami con la ’ndrangheta, il suo carisma. Mesina non si è mai pentito, è riuscito – uso una parola del modo criminale – a “fottere” perché ha fatto il gioco del dissociato: non si è pentito, moralmente si è dissociato, è tornato alla vita “civile”, a fare affari senza dover denunciare nessuno. Ma continuava a essere un riferimento e quindi ha iniziato a ricevere coca da distribuire alle strutture territoriali per lo spaccio. Grazianeddu è diventato il mediatore. Il cono d’ombra cui lei fa riferimento esiste: ci vorrebbe una presa di coscienza e di responsabilità, che però non arriva».
  tale intervista rilasciata  da saviano    viene  confermata     anche da  :  
1)  da questo articolo  del 11\6\2013  sempre  dellla  nuova  
L’Anonima della cocaina 
Il traffico di stupefacenti collante tra malavita sarda, ’ndrangheta e mafie emergenti 
l’arresto di grazianeddu 


di Pier Giorgio Pinna wSASSARI Forse non c’era bisogno di una conferma tanto eclatante. «Si sa da tempo che i canali della droga portano dalla Sardegna a Milano, con saldature tra personaggi della vecchia mala sarda e boss mafiosi emergenti», commenta un investigatore. Ma certo l’arresto di Mesina e del suo esercito di presunti complici fa riflettere a fondo. Intanto, perché costringe gli inquirenti a rispolverare i faldoni sulle ultime inchieste da cui sono scaturiti collegamenti con la ’ndrangheta. Poi, perché getta luce non tanto sul ruolo dei corrieri – da sempre semplici pedine in una scacchiera molto più ampia - ma soprattutto sugli affari illeciti, da centinaia di milioni all’anno, che legano calabresi, albanesi, barbaricini, capi delle aree cagliaritane a maggior tasso di criminalità. Infine, perché, indirettamente, quest’ultimo blitz dei carabinieri svela aspetti inediti nel sotterraneo spaccio di coca, eroina, ecstasy, anfetamine. Terreno di coltura. La Sardegna è un mercato appetibile per
gli spacciatori. E non da oggi. Almeno dal periodo del boom economico. Impressionante l’escalation. Basti pensare che tra gli anni Settanta e Ottanta almeno duemila ragazzi sono morti nell’isola per overdose e per Aids alimentata dal consumo di stupefacenti. Una generazione perduta. E allarme sociale imponente, da bollettino di guerra. Che arriva sino a questi ultimi anni. Ma in un quadro mutato. Dove i prìncipi dello sballo non sono più Brown Sugar e Lsd, l’acido lisergico. «Oggi l’eroina vede conteso il suo triste primato sulla diffusione dalla “neve bianca”, dalle micidiali pastiglie passate di mano in mano nelle discoteche, da marijuana e coctail di alcol e droga», spiegano i volontari impegnati sul fronte del recupero dei tossicodipendenti. Numeri. In quest’escalation di consumi senza freni gli adolescenti sardi sono in testa alle classifiche. Lo ha di recente rivelato uno screening con una ricerca allargata al pronto soccorso di Sassari e alle indagini Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Per la Cannabis la media di consumo è la più elevata di tutto il territorio italiano: il 24%. Si passa poi al 3,2% per la cocaina, contro la percentuale nazionale del 2,7. Al 2,4% per l’eroina, il doppio che nel resto del Paese. Mentre agli allucinogeni ricorrono 3,7 adolescenti sardi ogni cento. Ai ragazzi e agli altri tossicodipendenti che vivono nell’isola, poi, d’estate si aggiungono migliaia di turisti che fanno uso di stupefacenti. Con la prospettiva d’introiti ancora più pesanti per i trafficanti. Intrecci. Ma la regina quasi incontrastata della piazza, sull’isola, è proprio la polvere bianca. Si calcola che i cocainomani abituali siano diecimila. Una cifra che può raddoppiare nei fine settimana, in particolare durante i mesi di luglio e agosto. Solo da “Biancaneve” agli spacciatori arrivano oltre duecento milioni all’anno. E i sequestri di ovuli e dei mille strumenti impiegati per distribuire la “roba” in Sardegna sono in realtà poca cosa rispetto alle colossali dimensioni di un mercato sardo che vede nella Lombardia e in Calabria i suoi punti di forza in Italia, nella Spagna, in Olanda e in Belgio gli altri possibili addentellati su scala europea. Coordinate. Nel primo caso – si parli di Buccinasco, alle porte di Milano, conosciuta come la Platì del nord, o di zone molto più a sud come Gioia Tauro – il trait d’union con i produttori sudamericani della “bamba” è sempre rappresentato dalle ’ndrine. Sono le famiglie calabresi, storiche e più recenti, a controllare ogni cosa. E le poche fette non trattate da Cosa Nostra e dalla Camorra, vengono ripartite con gang albanesi e georgiane. Queste ultime molto attive, assieme ai russi, nel riciclaggio del denaro sporco attraverso investimenti immobiliari o l’acquisizione di società e aziende pulite, anche in Sardegna. Contatti. Ma un fatto dev’essere chiaro: come puntualizza un altro investigatore che sceglie deliberatamente l’anonimato, «neppure qui da noi, in Sardegna, gli esponenti della mala barbaricina o cagliaritana stanno su un piano paritario con i calabresi». Nel senso che perfino personaggi dal peso criminale di Grazianeddu e, secondo le accuse, di qualche suo presunto gregario possono competere col gotha della criminalità organizzata. Tutt’al più vengono così considerati dagli inquirenti “alleati di convenienza”, “amici del momento”. In definitiva, utili complici della ’ndrangheta nelle ramificazioni isolane dei commerci illeciti. Soprattutto come acquirenti di singoli partite di droga e “riferimenti” per affari da concordare, volta per volta, con i veri mafiosi. Del resto, mentre i padrini trattano da pari a pari con i cartelli colombiani o boliviani, né in Sardegna né a Milano o in Germania i calabresi fanno lo stesso con tutti gli altri gregari, quelli cioè che reputano e trattano come manovalanza. Una manovalanza con cui accordarsi e scendere a patti: magari patti diversi, a seconda dei casi, ma sempre in una posizione che da una parte vede i Signori della droga e dall’altra semplici sottoposti da comandare. Analisi. In un contesto del genere s’inserisce l’ultima, clamorosa operazione che ha ricondotto in carcere Mesina. Ma a reggere le fila dell’intricata matassa che porta alla distribuzione della coca e degli altri stupefacenti nell’isola non ci sono solo i supposti esponenti della mala orgolese e cagliaritana, quelli adesso finiti sotto accusa o ancora da incastrare. È da parecchi anni che le indagini svolte in Ogliastra dal procuratore della Repubblica di Lanusei, Domenico Fiordalisi (sullo spaccio dell’”erba” e non solo), come le tante inchieste coordinate in zone diverse da altri magistrati sardi, Dda in testa, hanno permesso d’individuare piste differenti. Sono piste che portano ad Arzana, Tortolì, Mamoiada, Desulo, in diversi centri del Sulcis Iglesiente e in tanti altri paesi del centro-nord. Con gli ovili usati spesso come depositi per la “roba”: basi mobili, scarsamente rintracciabili da parte degli inquirenti nella rete di connivenze e silenzi creata per coprire il traffico. Sos. Legami complessi. Spaccati sociali ancora una volta segnati dall’omertà. E complicità estese, diffusissime. Tutti aspetti che ora fanno rilanciare l’allarme per il possibile sbarco di mafiosi sottoposti al regime del 41 bis. In passato questa presenza nell’isola, da Luciano Liggio in poi, era apparsa pericolosa per via dei contatti stabiliti da familiari e complici dei boss rinchiusi nelle carceri sarde. Oggi, alla luce della capillarità del traffico di droga, nuove infiltrazioni potrebbero rivelarsi micidiali. E, forse, incontrollabili.

2  ) dal fatto  che  in sardegna  si  supera. (  vedere  grafico  sotto preso dala nuova sardegna  )   la media  nazionale  per il consumo giovanile  di droga  



concludo questo  post  con  




contro chi  ,  quando  postavo  sul  forum antimafia  ( poi  abbandonato  per motivi  che ora  non sto  a  raccontare qui   che ne  volesse  sapere  di più   c'è  la  mia  email a cui scrivermi   ) di  ammazzatecitutti  ,  articoli  sul'infiltrazioni  già  note  dagli anni  70\90   e  le prime avvisaglie    dei soldi dei sequestri investiti in droga   po entrambi reinvestiti in attività  edilizia  e  simili  ne  accennava  anche Lucarelli in una puntata del suo  blu notte , che  confondevo  la normale  criminalità con la mafia  ,  che  ero troppo pessimista  ed  allarmista  perchè  si era da non sottovalutare ma non cosi  grave 

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