28.2.23

Le amputano gambe e braccia per un tumore, ma la diagnosi era sbagliata: Bebe Vio la aiuta con le protesi Storia di Elena Del Mastro




da  https://www.msn.com/it-it/notizie/italia/


Quella di Anna Leonori, ternana, mamma di due ragazzi di 13 e 17 anni, è una storia incredibile di dolore ma anche di amicizia. Si porta addosso i segni indelebili e irrimediabili di un gravissimo errore che le ha stravolto la vita. Per una diagnosi sbagliata di tumore le sono state amputate gambe e braccia, la sua vita stravolta per sempre. Proprio quando tutto sembrava più buio in suo supporto è arrivata Bebe Vio che l’ha supportata in questo difficilissimo momento: “Imparerai a spostarti da un posto all’altro e nelle valigie avrai solo protesi. Farai una vita che si avvicina il più possibile alla normalità”, le disse. Anna ha postato su Instagram la foto di quel momento: “L’incontro decisivo che ha segnato tutto il mio percorso, grazie Bebe Vio #forza #nuovavita #amputeegirl #incontro”.


                                     bebe vio  ed  anna leonori © Fornito da Il Riformista


Il calvario di Anna è iniziato nel 2014 quando riceve una diagnosi agghiacciante: un tumore maligno che richiede un intervento molto invasivo. A raccontare l’assurda vicenda è il Messaggero. Viene operata a Roma con l’asportazione di utero, ovaie, 40 linfonodi e della vescica sostituita con una ortotopica. Ma il referto dell’esame istologico non rileverà alcuna formazione maligna: non era un tumore. Sono seguiti 4 anni di inferno: infezioni, febbre, dolori lancinanti, ricoveri. Fino al 7 ottobre 2017, quando viene ricoverata in ospedale e operata per una “peritonite acuta generalizzata causata dalla perforazione della neo vescica” che le è stata fatta dopo la diagnosi di tumore. Ne è seguito un mese e mezzo di coma profondo, il trasferimento a Cesena e la terribile necessità di tagliarle gambe e braccia. Ora chiede giustizia: “Sono stata costretta a rivivere il mio calvario, a sottopormi a una visita di fronte ad una quindicina di periti. Tutto questo in attesa di avere giustizia per i danni che ho subito. La cosa che mi addolora è che l’ospedale di Terni, la mia città, in tutti questi anni non mi ha neppure chiamato a visita”, ha raccontato al Messaggero. La sua vita è distrutta ma ha reagito a tutto grazie alla forza che le hanno dato i suoi figli. Al Messaggero racconta anche i sui avvocati avevano già inviato una richiesta di apertura di sinistro per il risarcimento del danno patito dalla donna. Ma non aveva avuto nessuna risposta da parte delle strutture che hanno avuto in cura la donna. Così i due avvocati si sono dovuti rivolgere al tribunale civile. “I periti concluderanno il loro lavoro a giugno. Non so come andrà a finire questa fase ma so con certezza che non si libereranno di me in alcun modo. Se sarà necessario affronterò anche il processo”, ha detto Anna.
Ma c’è un motivo preciso per il quale Anna non ha intenzione di mollare: “Le costosissime protesi acquistate grazie alle raccolte fondi di associazioni di volontariato e privati mi hanno cambiato la vita – ha raccontato Anna -. So bene che non avrò mai più l’autonomia ma mi hanno restituito un minimo di dignità nella vita di tutti i giorni. La quotidianità è fatta di tante cose, alcune non potrò farle mai più da sola, altre grazie alle protesi sì. Il problema è che si deteriorano e che sono garantite solo per due anni. Non è un capriccio la necessità di avere un risarcimento per quello che ho subito. Vivo ogni giorno con la preoccupazione che si possa rompere un pezzo, cosa che mi costringerebbe a tornare sulla sedia a rotelle”. Anna da un anno utilizza protesi di ultima generazione grazie ai consigli di Bebe Vio la sua vita è migliorata drasticamente ma il riconoscimento del danno subito per lei è fondamentale.


Entrerò in classe e leggerò ai miei studenti le dichiarazioni del ministro che ha detto: «Io non partirei se fossi disperato perché sono stato educato alla responsabilità»

     anche  se  voi   crede  assolti  siete  per  sempre  coinvolti  



Il post di Facebook del professore di Pordenone e scrittore per la casa editrice Garzanti Enrico Galiano è un duro attacco alle dichiarazioni del ministro degli Interni Matteo Piantedosi sulla strage di migranti avvenuta a Crotone. Il numero uno del Viminale, tra le altre cose, aveva infatti detto: "Colpa di genitori irresponsabili". parole sui migranti, che nulla hanno di umano.


Entrerò in classe e leggerò ai miei studenti le dichiarazioni del ministro che ha detto: « Io non partirei se fossi disperato perché sono stato educato alla responsabilità» .Le leggerò e mi siederò lì ad ascoltare cos'hanno da dire. Hanno dodici anni, i miei studenti. Ed è giusto che sappiano. Lo vedranno da soli che avete fatto arrestare chi voleva salvare delle persone. Che avete scritto e detto cose orrende, che avete l'anima sporca di parole che nessuno potrà cancellare. Glielo dirò che avete costretto in porto le navi che avrebbero potuto salvarli. Glielo dirò che sono anni che usate la vita delle persone per raccattare quattro voti in più. Glielo dirò che cosa avete fatto. Cosa abbiamo fatto, in realtà. Perché siamo tutti responsabili. Glielo dirò che quelli che c'erano prima non erano così diversi, solo che sapevano nasconderlo meglio. E mandatemi la Digos, mandate chi volete, toglietemi la cattedra, la classe. Alla fine è tutto quello che sapete fare: usare la forza con i più deboli. Con quelli davvero forti non ci provate neanche. Sospendetemi pure: voglio poter dire a mia figlia, quando sarà grande e vedrà cosa stava succedendo in questi giorni, in questi anni, quando mi chiederà dov'ero, voglio l'orgoglio di poterle rispondere, a testa alta: dall'altra parte”

una lettera che sembra Le Déserteur ('il disertore') una   canzone francese conosciuta in tutto il mondo, scritta da Boris Vian nel 1954 e pubblicata nell'esecuzione di Marcel Mouloudji il 27 maggio di quello stesso anno, giorno della disfatta della Francia nella Battaglia di Dien Bien Phu, che segna la fine della guerra d'Indocina. . 

27.2.23

Scandalizzano gli scatti con la De Filippi davanti alla bara di Costanzo: ma il selfie è ormai strumento quotidiano di molestia collettiva e caduta di civiltà

Lo so ho già parlato dei selfie della De flippi nel mio precedente post : << Io la conoscevo bene cosi starà dicendo da dov'è Costanzo di sua moglie >> e dovrei guardare oltre ed andare avanti, insomma parlare  d'altro   . Ma 



  l'articolo      di  https://www.open.online/2023/02/26/  che trovate  sotto    è  la  risposta  che  avrei  voluto  dare     rispetto  a  quella  che  ho dato  a    Daniele  .  qui  la  discussione  avuta  su  fb  


Celeste Addis
Maleducati ...irrispettosi...vergognosi...lei gentilissima ...quando provi un dolore forte e sei al funerale con tantissima gente...prendi le condoglianze come un automa ...
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Meno scandaloso ma altrettanto tossico è tartassare un calciatore alle sette del mattino imponendogli centinaia di autoscatti, fotografare il grande regista mentre lava le mani in bagno o rincorrere sotto l’ombrellone la velina di turno

La a notte in cui il selfie smette di essere un innocuo giochino personale e diventa un potente strumento di comunicazione di massa (e di molestia, come spiegheremo in questo pezzo) è quella del 3 marzo 2014, quando alla premiazione degli Oscar la presentatrice Ellen DeGeneres riunisce le star di Hollywood per un autoscatto e trasforma quella foto nell’inizio di un nuovo mondo. Da quel giorno, il selfie più condiviso della storia apre le porte a una nuova abitudine sociale: la foto con la star. Non è l’unico utilizzo dell’auto scatto, i selfie sono diventati un momento che ormai immortalata qualsiasi fase, ricorrenza o incontro della nostra vita, ma è certamente quello più tossico, invadente e corrosivo. Alzi la mano chi non ha chiesto, almeno una volta nella propria vita, a un personaggio famoso di fare
una foto insieme. Un gesto apparentemente innocuo e, soprattutto, considerato dovuto. Quei pochi “famosi” che rifiutano lo scatto vengono bollati come maleducati, presuntosi e ingrati.
Chi scrive ha avuto occasione, una mattina, di assistere a un frammento della vita di Francesco Totti in aeroporto. In attesa di imbarcare per un volo, si generò una fila di oltre 100 persone, ognuna armata di cellulare, e il paziente campione ha fatto tutta la trafila del check in sorridendo con degli sconosciuti; la fila è ricominciata dopo il decollo, in aereo, e all’arrivo è stata la stessa cosa. Quella scena mi ha consentito di visualizzare un concetto tanto banale quanto poco chiaro ai maniaci del selfie: non è “solo una foto”, è una forma di molestia pesante, ripetuta e invadente nella vita dei personaggi famosi, che si sottopongono ogni giorno a questa gogna solo per evitare di essere travolti dalle accuse di “tirarsela” troppo. Una perversione tanto molesta quanto inutile – cosa te ne fai di una foto estorta controvoglia a una persona che non ti conosce? – che non conosce sosta neanche davanti alla morte, come abbiamo scoperto in questi giorni quando degli incauti forsennati del selfie hanno chiesto a Maria De Filippi di fare una foto dentro la camera ardente di Maurizio Costanzo.

Da Sassoli a Pelè, la molestia collettiva

Una scena che ha fatto sollevare cori di critiche, tanto compatte quanto smemorate: ci siamo già dimenticati di cosa accadde quando scomparve il povero David Sassoli, con i politici impegnati a farsi i selfie nella camera ardente, oppure la triste scena dei vertici del calcio mondiale impegnati a farsi la foto con la bara di Pelè. E soprattutto queste critiche non hanno colto nel segno, perché si sono limitate a criticare non tanto la molestia del selfie, quanto – più semplicemente – la scelta del momento in cui è stato chiesto lo scatto. Dimenticando che è meno scandaloso, ma altrettanto molesto, tartassare di foto un calciatore alle sette del mattino imponendogli centinaia di autoscatti, fotografare il grande regista mentre lava le mani in bagno o rincorrere sotto l’ombrellone la velina di turno e così via. Insomma, bisognerebbe cogliere lo spunto da questa vicenda per affermare un concetto: i selfie con i vip sono sempre una forma di molestia collettiva, non ci sono sono selfie buoni e selfie cattivi, e bisogna avviare una campagna di opinione per farla finita con questa abitudine tossica. Può sembrare una piccola cosa, ma ogni forma di maleducazione collettiva genera fenomeni negativi, come dimostrano le foto scattate nelle camere ardenti, che abbassano il livello medio di civiltà di una comunità.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...