19.7.09

I CARTONI MADE IN JAPAN!








Carissimi amici, se siete patiti di Anime Giapponesi (cartoon made in Japan) allora il video “Anime Giapponesi” in due parti di Etnomondi fa per voi.



 



Ecco la prima parte:



http://www.youtube.com/watch?v=nAczMaxz86A



 



e la seconda:



 



http://www.youtube.com/watch?v=N_NuJxGAvPY



 

19 luglio 1992-19 luglio 2009

Ricordo  Paolo Borsellino e la sua scorta   con  questi due   documenti 
il primo  ringrazio la  compagna di viaggio di facebook  Rosalba leoni  e  il sito http://perquelchemiriguarda.blogspot.com  per  avermi  fornito  e fatto conoscere  tale documento 







la seconda

Questa è la trascrizione dell'intervista rilasciata dal magistrato Paolo Borsellino il 19 Maggio 1992 ai giornalisti Jean Pierre Moscardo e Fabrizio Calvi. L'intervista venne registrata quattro giorni prima dell'attentato di Capaci in cui fu ucciso Giovanni Falcone. Due mesi dopo (il 19 luglio) lo stesso Borsellino fu ucciso nell'attentato di via D'Amelio a Palermo. Il giudice Borsellino parla dei rapporti di Vittorio Mangano, Marcello Dell'Utri, mente e co-fondatore del partito politico Forza Italia insieme all'attuale Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, con la mafia. Poichè  fra l'intervista  video   (riconosciuta dai tribunali come manipolata) o quella orginale pubblicata anni prima dall'Espresso? le differenze sono SOSTANZIALI... riporto qui  le due  versioni  ( se nel caso  per problemi  tecnici  ci  fossero difficoltà di lettura  lo potete trovare  anche qui









































































































 

Proponiamo il testo dell'ultima intervista rilasciata dal giudice Borsellino nella versione integrale.

 









Tratto dal sito WWW.SCUDIT.NET e precisamente dal link: http://www.scudit.net/mdfalconeinter.htm


Il 21 maggio 1992, due mesi prima di essere assassinato,  Paolo Borsellino ha concesso  al giornalista francese Fabrizio Calvi ed al regista Jean Pierre Moscardo un'intervista che ha suscitato grande clamore e scandalo.


Infatti questa intervista, interamente videoregistrata a casa del magistrato, non è mai stata trasmessa in televisione. Solo nel 1994 (due anni dopo la morte di Borsellino) il settimanale l'Espresso ne ha pubblicato il testo integrale. E solo nel 2000 il canale RaiNews 24 ne ha trasmesso una riduzione di 30 minuti (l'intervista originale durava 50 minuti).


Proponiamo qui allora le due versioni: a sinistra il testo integrale (pubblicato dall'Espresso) e a destra quello ridotto (della versione televisiva).


I lettori potranno trarre le loro conclusioni.




 









  
Tra queste centinaia di imputati ce n'è uno che ci interessa:
tale Vittorio Mangano, lei l'ha conosciuto?




 










«Si, Vittorio Mangano l’ho conosciuto anche in  periodo antecedente al maxiprocesso, e precisamente negli anni fra il'75 e l’80. Ricordo di avere istruito un procedimento che riguardava delle estorsioni fatte a carico di talune cliniche private palermitane e che presentavano una caratteristica particolare. Ai titolari di queste cliniche venivano inviati dei cartoni con una testa di cane mozzata. L'indagine fu particolarmente fortunata perché - attraverso dei numeri che sui cartoni usava mettere la casa produttrice - si riuscì rapidamente a individuare chi li aveva acquistati. Attraverso un'ispezione fatta in un giardino di una salumeria che risultava aver acquistato questi cartoni, in giardino ci scoprimmo sepolti i cani con la testa mozzata. Vittorio Mangano restò coinvolto in questa inchiesta perché venne accertata la sua presenza in quel periodo come ospite o qualcosa del genere - ora i miei ricordi si sono un po' affievoliti - di questa famiglia, che era stata autrice dell’estorsione.


Fu processato, non mi ricordo quale sia stato l'esito del procedimento, però fu questo il primo incontro processuale che io ebbi con Vittorio Mangano. Poi l'ho ritrovato nel maxiprocesso perché Vittorio Mangano fu indicato sia da Buscetta che da Contorno come uomo d'onore appartenente a Cosa Nostra».


<<Sì, Vittorio Mangano l'ho conosciuto anche in periodo antecedente al maxi-processo e precisamente negli anni fra il 1975 e il 1980, e ricordo di aver istruito un procedimento che riguardava delle estorsioni fatte a carico di talune cliniche private palermitane. Vittorio Mangano fu indicato sia da Buscetta che da Contorno come "uomo d'onore" appartenente a Cosa Nostra>>.


 









  
Uomo d'onore di che famiglia?




 









«L'uomo d'onore della famiglia di Pippo Calò, cioè di quel personaggio capo della famiglia di Porta Nuova, famiglia alla quale originariamente faceva parte lo stesso Buscetta. Si accertò che Vittorio Mangano - ma questo già risultava dal procedimento precedente che avevo istruito io, e risultava altresì dal cosiddetto "procedimento Spatola" [il boss Rosario Spatola, potente imprenditore edile, NDR] che Falcone aveva istruito negli anni immediatamente precedenti al maxiprocesso - che Mangano risiedeva abitualmente a Milano città da dove, come risultò da numerose intercettazioni telefoniche, costituiva un terminale dei traffici di droga che conducevano alle famiglie palermitane». <<L'uomo d'onore della famiglia di Pippo Calò, cioè di quel personaggio capo della famiglia di Porta Nuova, famiglia della quale originariamente faceva parte lo stesso Buscetta. Si accertò che Vittorio Mangano, ma questo già risultava dal procedimento precedente che avevo istruito io e risultava altresì da un procedimento cosiddetto procedimento Spatola, che Falcone aveva istruito negli anni immediatamente precedenti al maxi-processo, che Vittorio Mangano risiedeva abitualmente a Milano, città da dove come risultò da numerose intercettazioni telefoniche, costituiva un terminale del traffico di droga, di traffici di droga che conducevano le famiglie palermitane>>.


 









  
E questo Vittorio Mangano faceva traffico di droga a Milano?




 









«Il Mangano, di droga (Borsellino comincia a parlare, poi si corregge. NDR), Vittorio Mangano, se ci vogliamo limitare a quelle che furono le emergenze probatorie più importanti, risulta l’interlocutore di una telefonata intercorsa tra Milano e Palermo nel corso della quale lui, conversando con un altro personaggio delle famiglie mafiose palermitane, preannuncia o tratta l’arrivo di una partita di eroina chiamata alternativamente, seco do il linguaggio che si usa nelle intercettazioni telefoniche, “magliette” o “cavalli”. Il mangano è stato poi sottomesso a processo dibattimentale ed è stato poi condannato per questo traffico di droga. Credo che non venne condannato per associazione mafiosa – beh, sì per associazione semplice – riporta in primo grado una pena di 13 anni e 4 mesi di reclusione più 700 milioni di multa…La sentenza di Corte d’Appello confermò questa decisione di primo grado». <<Vittorio Mangano, se ci vogliamo limitare a quelle che furono le emergenze probatorie più importanti risulta l'interlocutore di una telefonata intercorsa fra Milano e Palermo, nel corso della quale lui, conversando con un altro personaggio mafioso delle famiglie palermitane, preannuncia o tratta l'arrivo di una partita di eroina chiamata alternativamente secondo il linguaggio convenzionale che si usa nelle intercettazioni telefoniche come magliette o cavalli>>.


 









 
Quando ha visto per la prima volta Mangano?




 









«La prima volta che l’ho visto anche fisicamente? Fra il ’70 e il ‘75».

Non c’è né la domanda, né la risposta.




 









  
Per interrogarlo?




 









«Si, per interrogarlo».

Non c’è né domanda, né risposta.




 









  
E dopo è stato arrestato?




 









«Fu arrestato fra i1 ‘70 e il '75. Fisicamente non ricordo il momento in cui l'ho visto nel corso del maxiprocesso, non ricordo neanche di averlo interrogato personalmente. Si tratta di ricordi che cominciano a essere un po' sbiaditi in considerazione del fatto che sono passati quasi 10 anni».

Non c’è né domanda, né risposta.




 
























 
Dove è stato arrestato, a Milano o a Palermo?












«A Palermo la prima volta (è la risposta di Borsellino; ai giornalisti interessa capire in quale periodo il mafioso vivesse ad Arcore, NDR».

Non c’è né domanda, né risposta.












 
Quando, in che epoca?












«Fra il '75 e l'80, probabilmente fra il ‘75 e l’80».

Non c’è né domanda, né risposta.












 
Ma lui viveva già a Milano?












«Sicuramente era dimorante a Milano anche se risulta che lui stesso afferma di spostarsi frequentemente tra Milano e Palermo».

Non c’è né domanda, né risposta.












 
E si sa cosa faceva a Milano?












«A Milano credo che lui dichiarò di gestire un'agenzia, ippica o qualcosa del genere. Comunque che avesse questa passione dei cavalli risulta effettivamente la verità, perché anche nel processo, quello delle estorsioni di cui ho parlato, non ricordo a che proposito venivano fuori i cavalli. Effettivamente dei cavalli, non "cavalli" per mascherare il traffico di stupefacenti».

Non c’è né domanda, né risposta.












 
Ho capito. E a Milano non ha altre indicazioni sulla sua vita, su cosa faceva?













«Guardi: se avessi la possibilità di consultare gli atti del procedimento molti ricordi mi riaffiorerebbero...»



Non c’è né domanda, né risposta












 
Ma lui comunque era già uomo d'onore negli anni Settanta?












«...Buscetta lo conobbe già come uomo d'onore in un periodo in cui furono detenuti assieme a Palermo antecedente gli anni Ottanta, ritengo che Buscetta si riferisca proprio al periodo in cui Mangano fu detenuto a Palermo a causa di. quell’estorsione nel processo dei cani con la testa mozzata... Mangano negò in un primo momento che ci fosse stata questa possibilità d’incontro... ma tutti e due erano detenuti allUcciardone qualche anno prima o dopo il 77».

Non c’è né domanda, né risposta












 
Volete dire che era prima o dopo che Mangano aveva cominciato
a lavorare da Berlusconi? Non abbiamo la prova...












«Posso dire che sia Buscetta che Contorno non forniscono altri particolari circa il momento in cui Mangano sarebbe stato fatto uomo d’onore. Contorno, tuttavia – dopo aver affermato, in un primo tempo, di non conoscerlo – precisò successivamente di essersi ricordato, avendo visto una fotografia di questa persona, un presentazione avvenuta in un fondo di proprietà di Stefano Bontade (uno dei capi dei corleonesi. NDR)».

Non c’è né domanda, né risposta.












 
Mangano conosceva Bontade?












«Questo ritengo che risulti anche nella dichiarazione di Antonino Calderone [Borsellino poi indica un altro pentito ora morto, Stefano Calzetta, che avrebbe parlato a lungo dei rapporti tra Mangano e una delle famiglie di corso dei Mille, gli Zanca, NDR]...».

Non c’è né domanda, né risposta.












 
Un inquirente ci ha detto che al momento in cui Mangano lavorava a casa di Berlusconi c'è stato un sequestro, non a casa di Berlusconi però dì un invitato [Luigi D'Angerio, NDR] che usciva dalla casa di Berlusconi.












«Non sono a conoscenza di questo episodio».

Non c’è né domanda, né risposta.












 
Mangano è più o meno un pesce pilota, non so come si dice, un'avanguardia?












«Sì, le posso dire che era uno di quei personaggi che, ecco, erano i ponti, le “teste di ponte” dell'organizzazione mafiosa nel Nord Italia. Ce n’erano parecchi ma non moltissimi, almeno tra quelli individuati. Un altro personaggio che risiedeva a Milano, era uno dei Bono, [altri mafiosi coinvolti nell'inchiesta di San Valentino, NDR] credo Alfredo Bono che nonostante fosse capo della famiglia della Bolognetta, un paese vicino a Palermo, risiedeva abitualmente a Milano. Nel maxiprocesso in realtà Mangano non appare come uno degli imputati principali, non c'è dubbio comunque che... è un personaggio che suscitò parecchio interesse anche per questo suo ruolo un po’ diverso da quello attinente alla mafia militare, anche se le dichiarazioni di Calderone [nel'76 Calderone è ospite di Michele Greco quando arrivano Mangano e Rosario Riccobono per informare Greco di aver eliminato i responsabili di un sequestro di persona avvenuto, contro le regole della mafia, in Sicilia, NDR] lo indicano anche come uno che non disdegnava neanche questo ruolo militare all'interno dell'organizzazione mafiosa...». <<Sì, guardi le posso dire che era uno di quei personaggi che ecco erano i ponti, le teste di ponte dell'organizzazione mafiosa nel Nord – Italia>>.





 

 












 
Dunque Mangano era uno che poi torturava anche?












«Sì, secondo le dichiarazioni di Calderone».

Non c’è né domanda, né risposta.












 
Dunque quando Mangano parla di “cavalli” intendeva droga?












«Diceva "cavalli” e diceva “magliette”, talvolta». <<Si, tra l'altro questa tesi dei cavalli che vogliono dire droga, è una tesi che fu avanzata alla nostra ordinanza istruttoria e che poi fu accolta al dibattimento, tanto è che Mangano fu condannato al dibattimento del maxi processo per traffico di droga>>










 
Perché se ricordo bene c'è nella San Valentino un'intercettazione tra lui e Marcello Dell'Utri, in cui si parla di cavalli (dal rapporto Criminalpol: «Mangano parla con tale dott. Dell'Utri e dopo averlo salutato cordialmente gli chiede di Tony Tarantino. L'interlocutore risponde affermativamente... il Mangano riferisce allora a Dell'Utri che ha un affare da proporgli e che ha anche il cavallo" che fa per lui. Dell'Utri risponde che per il cavallo occorrono "piccioli' e lui non ne ha. Mangano gli dice di farseli dare dal suo amico "Silvio". Dell'Utri risponde che quello lì non "surra", [non c'entra, NDR]) ».












«Si, comunque non è la prima volta che viene utilizzata, probabilmente non si tratta della stessa intercettazione. Se mi consente di consultare [Borsellino guarda le sue carte, NDR). No, questa intercettazione è tra Mangano e uno della famiglia degli Inzerillo... Tra l'altro questa tesi dei cavalli che vogliono dire droga è una tesi che fu asseverata nella nostra ordinanza istruttoria e che poi fu accolta in dibattimento, tant'è che Mangano fu condannato». <<Beh, nella conversazione inserita nel maxi-processo, si parla di cavalli da consegnare in albergo, quindi non credo potesse trattarsi effettivamente di cavalli, se qualcuno mi deve recapitare due cavalli, me li recapita all'ippodromo o comunque al maneggio, non certamente dentro l'albergo>>.










 
E Dell'Utri non c'entra in questa storia?












«Dell’Utri non è stato imputato nel maxiprocesso, per quanto io ricordi. So che esistono indagini che lo riguardano e che riguardano insieme Mangano». <<Dell'Utri non è stato imputato del maxi processo per quanto io ne ricordi, so che esistono indagini che lo riguardano e che riguardano insieme Mangano>>.










 
A Palermo?












«Si. Credo che ci sia un’indagine che attualmente è a Palermo con il vecchio rito processuale nelle mani del giudice istruttore, ma non ne conosco i particolari». <<Si, credo che ci sia un'indagine che attualmente è a Palermo con il vecchio rito processuale nelle mani del giudice istruttore, ma non ne conosco i particolari>>.










 
Dell’Utri. Marcello Dell’Utri o Alberto Dell’Utri (Marcello e Alberto sono fratelli gemelli, Alberto è stato in carcere per il fallimento della Venchi Unica, oggi tutti e due sono dirigenti Fininvest. NDR)












Non ne conosco i particolari. Potrei consultare avendo preso qualche appunto (Borsellino guarda le carte. NDR), cioè si parla di Dell’Utri Marcello e Alberto, entrambi». <<Non ne conosco i particolari, potrei consultare avendo preso qualche appunto, cioè si parla di Dell'Utri Marcello e Alberto, di entrambi>>.










 
I fratelli?












«». <<>>.










 
Quelli della Publitalia, insomma?












«». <<>>.










 
E tornando a Mangano, le connessioni tra Mangano e Dell’Utri?












«Si tratta di atti processuali dei quali non mi sono personalmente occupato, quindi sui quali non potrei rivelare nulla»

Non c’è né domanda, né risposta.












 
Sì, ma in quella conversazione con Dell’Utri poteva trattarsi di cavalli?













«Nella conversazione inserita nel maxiprocesso, se non piglio errori, si parla di cavalli che dovevano essere mandati in un albergo 
(Borsellino sorride. NDR). Quindi non credo che potesse trattarsi effettivamente di cavalli. Se qualcuno mi deve recapitare due cavalli, me li recapita all’ippodromo, o comunque al maneggio. Non certamente dentro l’albergo».


Non c’è né domanda, né risposta












 
In un albergo. Dove?












«Oddio, i ricordi! Probabilmente si tratta del Plaza (l’albergo di Antonio Virgilio. NDR) di Milano».

Non c’è né domanda, né risposta.













Ah, oltretutto...












«»

Non c’è né domanda, né risposta.












 
C'è una cosa che vorrei sapere. Secondo lei come
si sono conosciuti Mangano e Dell'Utri?












«Non mi dovete fare queste domande su Dell'Utri perché siccome non mi sono interessato io personalmente, so appena… dal punto di vista, diciamo, della mia professione, ne so pochissimo, conseguentemente quello che so io è quello che può risultare dai giornali, non è comunque una conoscenza professionale e sul punto non ho altri ricordi».

Non c’è né domanda, né risposta.












 
Sono di Palermo tutti e due...












«Non è una considerazione che induce alcuna conclusione... a Palermo gli uomini d’onore sfioravano le 2000 persone, secondo quanto ci racconta Calderone, quindi il fatto che fossero di Palermo tutti e due, non è detto che si conoscessero».

Non c’è né domanda, né risposta.












 
C'è un socio di Dell'Utri tale Filippo Rapisarda (i due hanno lavorato insieme; la telefonata intercettata di Dell'Utri e Mangano partiva da un'utenza di via Chiaravalle 7, a Milano, palazzo di Rapisarda. NDR) che dice che questo Dell'Utri gli è stato presentato da uno della famiglia di Stefano Bontade [i giornalisti si riferiscono a Gaetano Cinà che lo stesso Rapisarda ha ammesso di aver conosciuto con il boss dei corleonesi, Bontade. NDR]












«Beh, considerando che Mangano apparteneva alla famiglia dì Pippo Calò... Palermo è la città della Sicilia dove le famiglie mafiose erano le più numerose – almeno 2000 uomini d'onore con famiglie numerosissime - la famiglia di Stefano Bontade sembra che in certi periodi ne contasse almeno 200. E si trattava comunque di famiglie appartenenti a un'unica organizzazione, cioè Cosa Nostra, i cui membri in gran parte si conoscevano tutti e quindi è presumibile che questo Rapisarda riferisca una circostanza vera... So dell'esistenza di Rapisarda ma non me ne sono mai occupato personalmente» <<Palermo è la città della Sicilia dove le famiglie mafiose erano più numerose, si è parlato addirittura in un certo periodo almeno di duemila uomini d'onore con famiglie numerosissime, la famiglia di Stefano Bontade sembra che in un certo periodo ne contasse almeno 2000, si trattava comunque di famiglie appartenenti ad  una unica organizzazione, cioè Cosa Nostra, i cui membri in gran parte si conoscevano tutti, e quindi è presumibile che questo Rapisarda riferisca una circostanza vera>>.










 
Domanda che non compare sull’Espresso:

Lei di Rapisarda ne ha sentito parlare?












  <<So dell'esistenza di Rapisarda, ma non me ne sono mai occupato personalmente>>.










 
A Palermo c'è un giudice che se n'è occupato?












«Credo che attualmente se ne occupi .... ci sarebbe un'inchiesta aperta anche nei suoi confronti ... »

Non c’è né domanda, né risposta












 
A quanto pare Rapisarda e Dell'Utri erano in affari con Ciancimino, tramite un tale Alamia [Francesco Paolo Alamia, presidente dell'immobiliare Inirri e della Sofim, sede di Milano, ancora in via Chiaravalle 7. NDR]












«Che Alamia fosse in affari con Ciancimino è una circostanza da me conosciuta e che credo risulti anche da qualche processo che si è già celebrato. Per quanto riguarda DellUtri e Rapisarda non so fornirle particolari indicazioni trattandosi, ripeto sempre, di indagini di cui non mi sono occupato personalmente». <<Che Alamia fosse in affari con Ciancimino è una circostanza da me conosciuta e che credo risulti anche da qualche processo che si è già celebrato. Per quanto riguarda Rapisarda e Dell'Utri, non so fornirle particolari indicazioni, trattandosi ripeto sempre di indagini di cui non mi sono occupato personalmente>>.










 
Domanda che non compare sull’Espresso:


Non le sembra strano che certi personaggi, grossi industriali come Berlusconi, Dell'Utri, siano collegati a uomini d'onore tipo Vittorio Mangano?













 


<<All'inizio degli anni Settanta, Cosa Nostra cominciò a diventare un'impresa anch'essa, un'impresa nel senso che attraverso l'inserimento sempre più notevole, che ad un certo punto diventò addirittura monopolistico, nel traffico di sostanze stupefacenti , Cosa Nostra cominciò a gestire una massa enorme di capitali, una massa enorme di capitali, dei quali naturalmente cercò lo sbocco, cercò lo sbocco perchè questi capitali in parte venivano esportati o depositati all'estero e allora cosìsi spiega la vicinanza tra elementi di Cosa Nostra e certi finanzieri che si occupavano di questi movimenti di capitali>>.










 
Si è detto che Mangano ha lavorato per Berlusconi












«Non le saprei dire in proposito.. Anche se, dico, debbo far presente che come magistrato ho una certa ritrosia a dire le cose di cui non sono certo poiché ci sono addirittura... so che ci sono addirittura ancora delle indagini in corso in proposito, per le quali non conosco addirittura quali degli atti siano ormai conosciuti e ostensibili e quali debbano rimanere segreti. Questa vicenda che riguarderebbe i suoi rapporti con Berlusconi è una vicenda - che la ricordi o non la ricordi - comunque è una vicenda che non mi appartiene. Non sono io il magistrato che se ne occupa, quindi non mi sento autorizzato a dirle nulla». <<Non le saprei dire in proposito o anche se le debbo far presente che come magistrato ho una certa ritrosia a dire le cose di cui non sono certo, so che ci sono addirittura ancora delle indagini in corso in proposito, per le quali non conosco quale atti sono ormai conosciuti, ostensibili e quali debbono rimanere segreti, questa vicenda che riguarderebbe i suoi rapporti con Berlusconi, è una vicenda che la ricordi o non la ricordi, comunque è una vicenda che non mi appartiene, non sono io il Magistrato che se ne occupa quindi non mi sento autorizzato a dirle nulla>>.










 
Ma c'è un'inchiesta ancora aperta?












«So che c'è un'inchiesta ancora aperta». <<So che c'è un'inchiesta ancora aperta>>.










 
Su Mangano e Berlusconi? A Palermo?












«Su Mangano credo proprio di si, o comunque ci sono delle indagini istruttorie che riguardano rapporti di polizia concernenti anche Mangano». <<>>.









 
Concernenti cosa?










«Questa parte dovrebbe essere richiesta... quindi non so se sono cose che si possono dire in questo momento».

Non c’è né domanda, né risposta.












 
Come uomo, non più come giudice, come giudica la fusione che abbiamo visto operarsi tra industriali al di sopra di ogni sospetto come Berlusconì e Dell'Utri e uomini d'onore di Cosa Nostra?
Cioè Cosa Nostra s'interessa all'industria, o com'è?













«A prescindere da ogni riferimento personale, perché ripeto dei riferimenti a questi nominativi che lei fa io non ho personalmente elementi da poter esprimere, ma considerando la faccenda nelle sue posizioni generali: allorché l'organizzazione mafiosa, la quale sino agli inizi degli anni Settanta aveva avuto una caratterizzazione di interessi prevalentemente agricoli o al più di sfruttamento di aree edificabili. All’inizio degli anni Settanta Cosa Nostra cominciò a diventare un'impresa anch'essa. Un’impresa nel senso che attraverso l'inserimento sempre più notevole, che a un certo punto diventò addirittura monopolistico, nel traffico di sostanze stupefacenti, Cosa Nostra cominciò a gestire una massa enorme di capitali. Una massa enorme di capitali dei quali, naturalmente, cercò lo sbocco. Cercò lo sbocco perché questi capitali in parte venivano esportati o depositati all'estero e allora così si spiega la vicinanza fra elementi di Cosa Nostra e certi finanzieri che si occupavano di questi movimenti di capitali, contestualmente Cosa Nostra cominciò a porsi il problema e ad effettuare investimenti. Naturalmente, per questa ragione, cominciò a seguire una via parallela e talvolta tangenziale all’industria operante anche nel Nord o a inserirsi in modo di poter utilizzare le capacità, quelle capacità imprenditoriali, al fine di far fruttificare questi capitali dei quali si erano trovati in possesso».



Non c’è né domanda, né risposta












 
Dunque lei dice che è normale che Cosa Nostra s'interessi a Berlusconi?












«E' normale il fatto che chi è titolare di grosse quantità di denaro cerca gli strumenti per potere questo denaro impiegare. Sia dal punto di vista del riciclaggio, sia dal punto di vista di far fruttare questo denaro. Naturalmente questa esigenza, questa necessità per la quale l'organizzazione criminale a un certo punto della sua storia si è trovata di fronte, è stata portata a una naturale ricerca degli strumenti industriali e degli strumenti commerciali per trovare uno sbocco a questi capitali e quindi non meraviglia affatto che, a un certo punto della sua storia, Cosa Nostra si è trovata in contatto con questi ambienti industriali». <<E’ normale che chi è titolare di grosse quantità di denaro cerchi gli strumenti per poter impiegare questo denaro, sia dal punto di vista del riciclaggio, sia dal punto di vista di far fruttare questo denaro>>










 
E uno come Mangano può essere l'elemento di connessione tra questi mondi?












«Ma, guardi, Mangano era una persona che già in epoca ormai diciamo databile abbondantemente da due decadi, era una persona che già operava a Milano, era inserita in qualche modo in un’attività commerciale. E' chiaro che era una delle persone, vorrei dire anche una delle poche persone di Cosa Nostra, in grado di gestire questi rapporti».

Non c’è né domanda, né risposta.












 
Però lui si occupava anche di traffico tre droga, l'abbiamo visto anche in sequestri di persona..












«Ma tutti questi mafiosi che in quegli anni - siamo probabilmente alla fine degli anni ‘60 e agli inizi degli anni ‘70 - appaiono a Milano, e fra questi non dimentichiamo c'è pure Luciano Liggio, cercarono di procurarsi quei capitali, che poi investirono negli stupefacenti, anche con il sequestro di persona».

Non c’è né domanda, né risposta.












 
E questa inchiesta quando finirà?












«Entro ottobre di quest'anno ... ».

Non c’è né domanda, né risposta.












 
Quando è chiusa, questi atti diventano pubblici?












«Certamente…».

Non c’è né domanda, né risposta.












 
Perché ci servono per un'inchiesta che stiamo cominciando
sui rapporti tra la grossa
industria...











«Passerà del tempo prima che ... ». 

Non c’è né domanda, né risposta.









Nel 2000, durante il suo breve mandato di direttore del TG1, Gad Lerner decide di non mandare in onda quell'intervista, sostenendo: <<Non sono per niente coraggioso [...] Vivo nella bambagia e non l’ho mai nascosto. [...] Non ho trasmesso (e neppure con il senno di poi trasmetterei) un’intervista che mi venne recapitata, opera di giornalisti francesi, già montata e confezionata, dal direttore di un altro canale Rai, pochi giorni dopo il mio insediamento. Celli e Zaccaria mi avevano nominato all’insaputa del governo e delle forze politiche abituate a dire la loro sul direttore del Tg1. Intorno a me c’era già molta diffidenza per questo. Ho avuto l’impressione mi si chiedesse una sorta di preventivo schieramento interno su una materia che non ero in grado di controllare. Chiamala prova del fuoco, o polpetta avvelenata. A più di sette anni di distanza è ormai evidente che quella intervista non conteneva notizie fondamentali su Berlusconi. Non modificherei in alcun modo la mia scelta di allora>>.
L'allora DS Fabio Mussi commentò: <<"In qualunque sistema informativo sarebbe stata mandata in onda ad un orario di massimo ascolto e poi sarebbero stati invitati i protagonisti a parlarne. Invece la cassetta è scomparsa...>>
Solo un allora semi-sconosciuto Marco Travaglio, intervistato da Daniele Luttazzi durante la puntata di Satyricon del 14 Marzo 2001, ne parlò. Conclusione? Il programma Satyricon venne chiuso dall'editto bulgaro di Berlusconi...



Su questo link, invece, troverete il decreto di archiviazione del 3 maggio 2002 del gip di Caltanissetta per le stragi Falcone e Borsellino dopo le indagini su Berlusconi e Dell'Utri http://www.societacivile.it/memoria/articoli_memoria/archiviazione.pdf

Quante volute omissioni da parte dei media anche sulla morte dei due magistrati...



La verità è che la Mafia non è il signorotto arrogante con la coppola che viene da tutti servilmente salutato per i vicoli di Corleone. Questi sono solo escamotage lettari, cinematografici e giornalistici per distogliere l'opinione pubblica dalla realtà: la linfa vitale della Mafia è a Roma, tutelata negli interessi da gente "democraticamente" (lo virgoletto questo termine poichè uno come Berlusconi in un Paese veramente democratico non poteva neanche lontanamente sognarsi di potersi candidare... Qui lo si vota anche) eletta.
Gli elementi ci sono, ma l'informazione "ufficiale", a quanto pare, preferisce non parlarne (il motivo non è tanto difficile da capire). Per non parlare degli altri capi d'imputazione di Berlusconi, ma per questo occorrerebbe un gruppo a parte, anche se ve ne sono già alcuni in cui se ne discute. Per questo esorto tutti a diffondere il più possibile tali notizie e comunicare l'esistenza di spazi in rete (in questo caso di un gruppo) in cui si discute di questioni di cui chi ci governa si guarda bene dal fare.
E questa gente oggi ci rappresenta in Parlamento anzi che  abbiamo portato noi  perchè  disinformati  per  conformismo  , per  paura  di cambiare  o per  proteggere i nostri interessi  coem agffermava  questa  canzone  profetica   scritta  da Mcr   prima   delel  elezioni    del  1994   dal titolo  profetico 


Giro di vite in arrivo 



E' cominciato il silenzio ai bordi della Milano da bere
tra i padri di famiglia coi loro bot e le loro mercedes
timorati di Dio e delle tasse, elettori di Craxi e dei suoi
spaventati di perdere tutto se qualcuno li avesse sorpresi

è continuato a Pontida in un grido di rabbia e paura
di geometri con lo spadone, di dentisti con l'armatura
decisi a difendere il Patrol e la villetta sulla tangenziale
le nigeriane sui viali e la loro evasione fiscale

Hey-oh stanno arrivando armati di spranghe e luoghi comuni
non lasceranno che niente cambi, c'è un giro di vite in arrivo

Eh-oh attento alle spalle a dove e con chi vai in giro la sera
a quello che dici ai sogni che fai
c'è un giro di vite in arrivo

e adesso è come un'onda, un'onda nera e appiccicosa
che cola dalle TV e dai settimanali rosa
che uccide i nostri pensieri, che ci droga di calcio e sesso
e intanto chi tira le fila insabbia e corrompe e non ha mai smesso

e quindi devi decidere cos'hai intenzione di fare
rimanere in riva al Lough Derg a vedere le fate danzare
oppure seguirmi a Carlow e andare incontro al nostro destino
una guerra che non si può vincere e una stella a guidare il cammino

Hey-oh fai la tua scelta,
c'è già chi è partito e chi ha rinunciato
che la fortuna sia con tutti loro,
c'è un giro di vite in arrivo
Eh-oh la resa dei conti,
se hai delle carte giocale e spera
ma stai attento, il gioco è truccato,
c'è un giro di vite in arrivo...
La resa dei conti è in arrivo


Appello a Napolitano: non firmi il Dlgs sulla sicurezza sul lavoro No alla legge salva Manager




dal gruppo di Facebook 
 Cancellare la norma 'salva manager'



 

Nel decreto correttivo del Testo Unico il messaggio è chiaro: il vero responsabile degli incidenti sul lavoro è il lavoratore stesso e non chi organizza la produzione.

Egregio Presidente della Repubblica,
La invito, dopo tutte le parole spese, chiedendo più sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, a NON FIRMARE ASSOLUTAMENTE QUESTO DECRETO LEGISLATIVO. Se è coerente con le sue dichiarazioni, non può firmare questo Dlgs, che è un colpo fatale alla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. Spero vivamente che raccoglierà questo mio accorato appello.

Ecco il testo dell'appello rivolto a presidente Napolitano da Marco Bazzoni, Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, Operaio Metalmeccanico.

Il testo integrale lo troverete nell'area discussioni, colgo l'occasione invece per ricordavi ancora una volta di continuare a promuovere questo gruppo e la giusta causa insieme sosteniamo: Basta morti sul lavoro !!!

A presto.


 

Decostruire la mascolinità non significa demolire l’uomo. È reinventarlo, liberarlo dalle catene degli stereotipi affinché possa essere se stesso,

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