25.5.11

Bocconi, nuove scritte omofobe "Il gas di Auschwitz contro i gay BASTA

Inizialmente  dopo aver letto l’ennesimo atto imbelle  e razzistico oltre  che omofobo , sotto l'artiolo di repubblica online d'oggi 25  c.m

Dieci giorni dopo l'aggressione a uno studente omosessuale, sul manifesto di un convegno  organizzato nella storica università milanese si invoca lo Zyklon B. C'è un'inchiesta interna

di MARCO PASQUA
Sembrava un episodio, peraltro subito condannato dal rettore con una lettera inviata a studenti e docenti. L’aggressione verbale subita, circa dieci giorni fa, da uno studente che aveva cercato di evitare che si strappassero alcuni manifesti sulla giornata contro l’omofobia, a firma dell’associazione Bocconi Equal Students (Best), doveva essere una brutta parentesi da archiviare in fretta. Ma non è stato così: mani omofobe hanno imbrattato alcuni poster con insulti e un volgare riferimento alla Shoah. A finire nel mirino sono stati i manifesti che pubblicizzavano un convegno, organizzato dalla stessa Best, che si è tenuto lunedì scorso. Il blitz ha avuto luogo al quarto piano dello storico edificio di via Sarfatti, lo stesso dove era stato aggredito verbalmente lo studente. A incastrare l’autore (o gli autori) del gesto, ci potrebbero però essere alcune telecamere.
“Uomini che amano le donne” era il titolo del convegno sul talento femminile in ambito lavorativo, e al quale ha preso parte, fra gli altri, Ivan Scalfarotto, vicepresidente del Pd e militante Glbt. Gli insulti sono stati scritti con penna e pennarello blu: “I froci si curano a Zyklon b” (usato nei campi di sterminio nazisti) e “L’hiv la vostra punizione”, sopra ad una freccia che punta diritto al nome dell’associazione bocconiana che si batte per i diritti delle persone Glbt. Tra gli studenti c’è il timore che i rigurgiti omofobi possano presto trovare altri fanatici sostenitori.
I tecnici dell’università stanno già visionando le immagini catturate dalle telecamere a circuito chiuso. Dal rettorato viene fatto sapere che, qualora si dovesse risalire ai responsabili delle scritte, questi saranno immediatamente deferiti alla commissione disciplinare. «Ora bisogna tutelare e incoraggiare i ragazzi dell’associazione — dice Scalfarotto — anche perché bisogna evitare che si verifichi un’escalation di casi del genere. Purtroppo, la legge Mancino non è stata mai estesa alle tesi omofobiche. Mi chiedo però se scritte del genere, in un Paese civile, non creino sufficiente allarme sociale da poter essere deferite alla magistratura».

ho scritto di gettto questo post

D’odio e imbecillità che  và al di là  d’ogni spiegazione  logica  ( mancanza  d’educazione  famiglia  e scuola  alla diversità , educazione  troppo  bigotta  \ ipocrita  , o sessuofobica  , ecc )  che porta  ad odiare  , nei casi  più gravi  , ad  odiare  o  all’indifferenza  verso   gli atti   e gli insulti non solo  più  verbali  , verso  gli omosessuali  quelli   che noi  e noi chiamiamo per  buonismo  ipocrita  , quando va bene  ,   diverso

finendo  per  diventare   incomprensibile  e che  porta ad atti di discriminazione  vedere ( o rivedere  visto che il film in questione  è  del 1993 , ma  viste le tematiche  trattare  non conta  un  … di  che  anno sia  ) soprattutto  a gli omofobi o chi  ha  avuto  una  tale educazione ad essa o vicina  ad  essa  vedere righe  precedenti  ) il film  philadelfia  ne  trovate  sotto un promo  
 
Invito  , quindi  o voi omofobi o presunti tali ( dico presunti perché se non si trova  il coraggio di mandare  a fncl i politici  omofobici \ filo vaticano , mettersi in discussione  e smettere d’accettare passivamente  \  acriticamente  una tale educazione  , senza indignarvi   si finisce per  diventarlo )  apritevi a  360  gradi  e  guardatevi dentro perché molto spesso   ciò è sintomo di una latente  omosessualità  e  liberatevi del pregiudizio  .

22.5.11

questa è la vera chiesa La guerra contro il Vaticano del sacerdote senza parrocchiani ma solo sbandati

  sull'unione  sarda  d'oggi  22 c.m  leggo  questo articolo

 

La guerra contro il Vaticano
del sacerdote senza parrocchiani


Governa una parrocchia senza parrocchiani nel centro storico di Genova. Una chiesa vuota, insomma. Che riempie di sbandati, quelli che nel Vangelo si chiamano ultimi. Visto che l'acustica è perfetta, ne approfitta anche per ospitare concerti di musica sacra che hanno avuto finora risonanza internazionale.

Raccontato così, sembrerebbe il profilo di un tranquillo e buon curato, a mezza strada tra Dio e gli altri 
ma senza esagerare. In realtà Paolo Farinella è un bazooka umano. Ha dato molte preoccupazioni ai suoi vescovi e prosegue imperterrito sulla strada della disobbedienza. «Al contrario», dice lui, «resto un prete obbediente fino in fondo: sono loro che non rispettano le Scritture». Peccato però che le sue idee non coincidano con quelle della gerarchia ecclesiastica, peccato che rifiuti l'abito talare («perché dovrei travestirmi da donna?»), peccato che prenda iniziative da brivido. Mesi fa, per dirne una, ha presentato in Procura un esposto contro Silvio Berlusconi per attentato alla Costituzione. Aspetta di essere convocato per spiegare le sue ragioni.
Attenzione a non fraintendere: Paolo Farinella è un sacerdote vero, profondamente coerente fra idee e vita. Si richiama senza sosta ai principi della dottrina: nel frattempo spara a raffica contro i farisei del nostro tempo, contro la politica del Vaticano, contro «la degenerazione di tutti quelli che dicono sono cattolico ma non praticante».
Ce l'ha con l'industria che crea il bisogno e la paura per alimentare una fede sotto ricatto. La sua, intanto, resiste o vacilla? «La mia fede non resiste e non vacilla. Vive. Non posso essere prete senza essere Paolo, non posso essere Paolo senza essere prete».
La parrocchia di San Torpete (versione ligure di Saint Tropez) è un punto di riferimento per sacerdoti come don Gallo e mille altre voci di dissenso. Gliel'hanno affidata proprio per tenerlo a distanza di sicurezza, stringergli intorno una cintura sanitaria. «Ma non sanno di aver fatto di me un privilegiato: non avere parrocchiani mi lascia mano libera su molte iniziative». Si riferisce a due associazioni che aiutano disperati di ogni specie offrendo un tetto, un pasto e, se occorre, una buona parola.
Sessantaquattro anni, nato in Sicilia, Farinella è il secondo dei cinque figli di un muratore. Non sa dire quando abbia sentito la chiamata «per il semplice motivo che nella vita non volevo e non voglio essere altro. Anche se oggi fare il prete è una professione più che una consacrazione». Ha studiato a Genova, a Verona (Seminario per l'America latina), Milano, Gerusalemme (dove ha vissuto per cinque anni, aveva bisogno di «risciacquare i panni nel Giordano»).
Il suo esordio da sacerdote (nel 1972) è in missione sotto un ponte. «Ci viveva una vecchia barbona e il suo cagnolino. Provavo un senso di pena e di vergogna a tirar dritto e far finta di niente. Me li sono portati a casa tutt'e due». Biblista raffinato, affida la sua personalissima rivoluzione al rispetto delle Regole. Proprio per questo non sono mai riusciti ad emarginarlo del tutto. Sostiene, giusto per capirci, che un buon sacerdote cattolico debba essere necessariamente anticlericale «perché il clericalismo è un tentativo di imporre una visione religiosa con la forza. Un prete clericale è quanto di peggio possa capitare alla Chiesa». Nel 1999 ha scritto un romanzo: Habemus papam, Francesco .
La banca vaticana (Ior) è sotto inchiesta: se l'aspettava? «L'inchiesta arriva tardi. Doveva essere aperta già venti, trent'anni fa, ai tempi del cardinale Marcinkus, che la presiedeva. Lo Ior è l'inferno in terra, è stato certamente un covo di malaffare. Non è un caso che si sia apparentato con personaggi come Calvi, Sindona, Andreotti. Andrebbe chiuso. Il Vaticano non può avere banche».
Libera Chiesa in libero Stato: è questa la condizione dell'Italia di oggi? «Il problema dell'Italia è la presenza del Vaticano nel suo territorio. Il papa ha una duplice veste: successore di Pietro e Capo di Stato. Ne risulta un condizionamento evidente. L'Italia vive della protezione della Santa Sede».
In che senso? «Tanto varrebbe abolire il Parlamento e metter tutto nelle mani della Segreteria di Stato. Segreteria che da sempre ispira le leggi più significative e che il governo fa proprie. Non è una casualità che il cardinal Bertone e il cardinal Bagnasco, uno Segretario di Stato e l'altro presidente della Conferenza episcopale, non abbiano mai detto una parola sul comportamento di Silvio Berlusconi».
Ragioni di interesse. «È stato proprio il premier a dire che non varerà mai una legge sgradita al Vaticano. Ce ne siamo accorti quando si è parlato di testamento biologico, coppie di fatto, fine vita».
Perché ha contestato la beatificazione di Wojtyla? «L'ho vista come un'operazione di marketing per risollevare l'immagine della Chiesa, riempire le piazze di fedeli come ai vecchi tempi. C'era premeditazione anche nella scelta della data: primo maggio, festa dei lavoratori. Gliel'hanno scippata».
Non apprezza la figura di Giovanni Paolo II? «Non si tratta di gradire o non gradire. Papa Wojtyla è stato un uomo grandissimo, carismatico, capace di parlare a chiunque. Come Pontefice si è rivelato un vero disastro: ha affidato la Chiesa alle sette».
Alle sette? «Ha dato forma giuridica all'Opus Dei, una struttura precisa a Comunione e liberazione, riconosciuto perfino quei Milites Christi guidati da un degenerato poi allontanato dalla Chiesa. Insieme all'allora cardinale Ratzinger ha falcidiato la Teologia della Liberazione: delle cinquantaseimila comunità di base del Brasile non è rimasta che terra bruciata».
Cosa condivide della politica di Ratzinger? «Non amo i papi che fanno politica. Il papa deve essere un pastore. Fossi in lui, viaggerei di continuo: per incontrare genti e problemi. Ma non in pompa magna, non con 50 discorsi preparati in anticipo e un seguito principesco».
Per questo ha scritto il romanzo su Francesco? «Sì. Ho immaginato che nel 2000, alla morte di un pontefice chiamato Stanislao I, il Conclave scelga un prete qualunque, Francesco. Da quel momento, spogliatosi dei beni che possiede, il nuovo papa smonta pezzo per pezzo il Vaticano per occuparsi solo dei fedeli».
Invece Benedetto XVI?

«Sarà pure, come dice qualcuno, un teologo di prim'ordine. Io ho studiato i suoi due ultimi libri sulla figura di Gesù e francamente non lo trovo innovativo e tantomeno moderno. È un Gesù edulcorato il suo, che c'entra solo fino a un certo punto con quello del Vangelo».
Conclusione? «Ho la sensazione che Ratzinger non si sia aggiornato molto. Fino al '68 è stato un intellettuale originale e costruttivo, poi ha iniziato una lenta marcia indietro: per paura, credo».
Lei è dichiaratamente anti-Berlusconi e anti Lega. «Non sono anti. Il fatto è più complesso: c'è incompatibilità, tutto qui. Non si può essere berlusconiani o leghisti e dirsi contemporaneamente cristiani».
Perché? «Perché la loro politica non punta al bene comune, ingrassa su appetiti personali e interessi di parte, poggia su una presunta realtà padana che non esiste neppure sulle carte».
Il Pd, al contrario, è immacolato? «Prima di tutto, una domanda: il Pd esiste davvero? Detto questo, non ha la potenza mediatica ed economica di quello che io chiamo il Grande Corruttore. In ogni caso, nessun partito dell'opposizione ha manifestato tanta protervia o si è servito delle istituzioni in modo così sfacciato ed osceno».
Ecco perché ha scomodato un'enciclica in nome dell'insurrezione. «Io faccio ipotesi di scuola, non invito la gente a imbracciare il fucile. Nella Populorum progressio Paolo VI dice testualmente che in caso di tirannia evidente e prolungata, che attenti ai diritti fondamentali della persona e nuoccia in modo pericoloso al bene comune del Paese, l'insurrezione è legittima».
Sta insinuando che la nostra non è una democrazia? «Esatto. Si sta imponendo una dittatura, stiamo andando verso un regime».
Fosse vero non ci sarebbe Santoro o giornali come Il Fatto. «Ho detto che stiamo andando verso un regime, non che ci siamo già. Se Santoro va avanti con la sua trasmissione televisiva è solo perché si è rivolto al giudice».
Aprire le porte della chiesa a tossici e prostitute è una provocazione? «Non è affatto una provocazione ma la vita che faccio da sempre. Se Gesù tornasse in terra, sono sicuro che non andrebbe nel nuovo seminario di Cagliari costruito coi soldi dei sardi e desolatamente vuoto. Non andrebbe certamente dal vostro vescovo, Giuseppe Mani che, nella veste di ordinario militare, è perfino generale di Corpo d'Armata».
Tra le gerarchie ecclesiastiche, c'è qualcuno che ammira? «Sì, due incidenti di percorso diventati cardinali per sbaglio: Carlo Maria Martini e Dionigi Tettamanzi, che è stato anche mio vescovo a Genova. Voci illuminate nell'oceano di conservatorismo voluto Giovanni Paolo II».
È genovese, suo vicino di parrocchia, l'ultimo prete arrestato per pedofilia. «Siamo di fronte a un disturbo evidente e grave. Il pedofilo non ha consapevolezza di quello che fa perché è immaturo psichicamente...».
Non le pare che la pedofilia sia diventata una malattia professionale dei preti? «Lo è da sempre. È l'inevitabile il risultato di chi viene formato in un ambiente chiuso, tutto maschile. Nei seminari non c'è educazione sessuale, nulla di nulla. Quando escono, i giovani sacerdoti si ritrovano così in un mondo che non capiscono, che parla una lingua a loro sconosciuta».
E allora? «Si rifugiano tra i più fragili. Oggi il problema ha assunto dimensioni spaventose: bisogna reagire, bisogna affrontare la questione del celibato obbligatorio che non ha più ragion d'essere».
La crisi delle vocazioni è legata a questo? «Non credo. La pedofilia è uno dei tanti segnali che sollecita una svolta radicale. Occorre rinnovare la figura del prete: se ne metti uno per chiesa, certo che non bastano mai. Se invece ne fai un punto di collegamento per la comunità, il discorso cambia. Basti dire una cosa: se togliessero ai sacerdoti la gestione economica delle parrocchie, almeno due terzi abbandonerebbero l'abito talare».
Sicuro di essere prete e credente? «Dentro di me convive il credente e il miscredente. Sono relativista».
Il Papa lo considera un peccato. «Lo so. Purtroppo per lui però Dio è relativo e non assoluto, è la condizione più concreta e autentica per vivere la fede. L'assoluto lo scopriremo dopo la morte. Il dubbio deve restare».
Sempre? «Mi spiego: io, Dio non l'ho mai visto. Nessuno lo ha visto. Lo trovo nella gente che incontro, nella meraviglia del mondo, nella natura, nei poveri. Dunque non conosco l'Assoluto. Tutt'al più lo immagino».
Qual è oggi la via di salvezza di un buon cristiano? «Dare l'esempio, che vuol dire impegnarsi, pagare le tasse, non dimenticare mai il prossimo. Perché il prossimo, in fondo, siamo noi».
pisano@unionesarda.it
 di GIORGIO PISANO

Una "sin papeles" recibió un doctorado honoris causa en Estados Unidos quando in italia ?

dalle pagine  del http://www.clarin.com/mundo/
del   20/05/11 - 16:16

 
Tiene 26 años y aunque se graduó de trabajadora social no puede ejercer porq del  ue no tiene documentos. Una universidad de California la distinguió y pide por "la legalización de estudiantes como ella''.


Estudió con mucho esfuerzo. Y casi no faltó a clases. Cada día, Isabel Castillo, una inmigrante ilegal que vive en Estados Unidos, salió de la casa rodante en la que vive para ir a la universidad. Y lo logró. Se recibió con honores de trabajadora social. Sin embargo, esta mexicana de 26 años no puede ejercer su profesión y se ve obligada a trabajar en bares y restaurantes. Es que por ser una "sin papeles" no puede hacer lo que le gusta. En reconocimiento a su enorme dedicación, hoy, otra universidad le otorgó un doctorado honoris causa.
La Universidad de San Francisco le entregó el doctorado en letras honoris causa por su militancia en favor del proyecto de ley llamado Dream Act, que busca que se le otorgue la residencia legal a los estudiantes como ella, que fueron traídos al país ilegalmente por sus padres cuando eran niños.
"Estoy impresionado con la manera como pone en riesgo su vida al abogar abiertamente por la aprobación del Dream Act'', dijo el rector de la Universidad de San Francisco Stephen A. Privett.
"Es una joven muy segura y osada, brillante, comprometida con la vida, que le ha truncado las oportunidades debido a una prohibición ridícula', disparó Privett.
"Honramos a Isabel para llamar la atención de la comunidad a esta propuesta que apoyamos y que pide la legalización de estudiantes como ella'', señaló el rector de la universidad fundada en 1855.
La historia de Castillo como inmigrante ilegal comenzó en 1991, cuando tenía seis años. Ella y sus padres, procedentes de Michoacán (México), ingresaron ilegalmente en Estados Unidos en auto. Se instalaron en una casa rodante y la necesidad hizo que Isabel tuviera que trabajar desde muy chiquita ayudando a su mamá a vender tacos.
"Siempre ha sido ahorrativa. Desde que tenía cinco o seis años. Así ha juntado dinero para pagar sus estudios y, claro, también le ayudaron, pero ella hizo lo demás'', dijo Amparo Saldivar, su mamá. "Por eso me da tristeza que no pueda trabajar en lo que estudió, porque ha sufrido mucho''.
En su humilde casa rodante, Isabel desarrolló el espíritu dinámico y servicial que luego le ayudarían como activista y estudiante en la Universidad Menonita Eastern.
"Es dinámica, muy activa, estricta. Le gustan las cosas bien hechas y no le gustan las injusticias'', dijo su madre. "Es inteligente y la alegría de sus amigos y cuando tenemos fiesta, es el centro de la fiesta''.
En Harrisonburg (Virginia) donde vive, la joven se graduó de la secundaria Turner Ashby y decidió seguir estudiando, sabiendo que difícilmente podría ejercer su profesión al no tener papeles.
"Ha sido difícil pero no tengo miedo porque no soy un delincuente", dijo Isabel, que trabaja de moza los fines de semana. "Si me deportaran sería como regresarme a un país extraño porque este país es mi hogar''.
Para ahorrar dinero para la universidad, Isabel trabajó como moza 13 horas por día, de 9 de la mañana a 10 de la noche, seis días a la semana, durante todo un año después de terminar la secundaria. Y los domingos trabajó de 9 a 15. Luego de tres años y medio, se graduó con altos honores como trabajadora social.
En ese tiempo no dejó de servir. Durante 30 horas a la semana se siguió poniendo su uniforme de moza. También perdió el miedo y pidió becas a empresarios e iglesias. "Tuve la ayuda de la comunidad y de profesores. Pero tuve que pelear por mí misma y pedir ayuda y becas'', contó.
"Siendo bilingüe, siempre me ha gustado ayudar a la comunidad, más que nada por experiencia propia, al ver lo difícil que es para un inmigrante vivir aquí, sin conocer el país, la cultura, el idioma'', explicó Isabel.
Como no pudo conseguir trabajo en su campo, se fue a vivir con su hermana mayor Laura y su hijo Alexis en una casa rodante. Y volvió a trabajar en bares y restaurantes. También fue cajera e intérprete y gestora de documentos para inmigrantes.
"A veces llevaba gente a las oficinas de Inmigración. Qué irónico, ¿no? Es un poco loco. Yo que no tengo papeles llevando a gente a Inmigración. Pero no tengo miedo, quizás por eso hago lo que hago'', dijo. "Lo que va a pasar, va a pasar. No soy delincuente y no tengo por qué esconderme''.
Aunque se graduó en el 2008, recién la semana pasada fue a buscar su título. "Acabo de recoger mi diploma, después de tres años. No podía recogerlo hasta pagar todo y hoy hice el último pago'', contó Isabel el viernes pasado.
En octubre de 2009 creó en donde vive un grupo pequeño de "dreamers" (soñadores), como se hacen llamar los jóvenes indocumentados que podrían beneficiarse del Dream Act. Son unos 65.000 ilegales que se reciben cada año.
El año pasado, durante una reunión comunitaria, Isabel logró hablar con el gobernador de Virginia, Bob McDonnell, un republicano que impulsa duras políticas contra los indocumentados.
También ha liderado manifestaciones en la capital del país y ha declarado como inmigrante ante un subcomité de la Cámara baja del Estado de Virginia.
"Pedimos firmas en favor del Dream Act aquí en Harrisonburgh y cientos de personas firmaron. Las presentamos ante el concejo municipal y aprobaron una resolución unánime en favor del Dream Act'', recordó. "También hicimos la primera marcha en favor de inmigrantes en Harrisonburgh y llegaron más de 300 personas, y este es un pueblo muy conservador. Fue un gran logro para nosotros''.
Ahora se dedica a promover el Dream Act hablando sobre su vida, los obstáculos que tuvo que superar y las oportunidades que está perdiendo por no tener documentos.
La vida de Isabel y su militancia son una inspiración para otros "dreamers'' como Iván Soto, de 18 años, amigo de Castillo que va a la misma secundaria donde ella se graduó.
"Estoy tan motivado, tan animado por ella. Si ella lo pudo hacer, yo también lo puedo hacer. Me da energía para pelear por una buena causa y seguir adelante'', dijo el estudiante, quien quiere seguir la carrera de Administración de Empresas o Informática.
Para obtener los beneficios del Dream Act, los indocumentados jóvenes deben tener un diploma de secundaria o equivalente, y haber cursado dos años en una institución educativa superior o alistarse en las Fuerzas Armadas. Deben también haber tenido menos de 16 años cuando llegaron a Estados Unidos.
Si aprobaran el Dream Act o legalizara su estatus migratorio -ha solicitado la residencia a través de su padrastro- Isabel dice que le gustaría cursar una maestría.
"Si no sigo estudiando –explicó Isabel- es porque no tengo dinero y no dan becas para maestrías. Mientras tanto, a seguir peleando por el Dream Act

20.5.11

metamorfosi


 mentre  il  cd incanna  nello stereo diffonde loe note  di questa  canzone 


ùMi ritorna  a mente  questo passo del libri che sto rileggendo  .il giorno del giudizio di sebastiano Satta


Le difficoltà che trovo  che rovo in questo ritorno al passato  è quella di mantenere  le prospettive  . E vi si capisce il perché : ogni uno di noi , anche se  si limita  a guardare  in se stesso, si vede nella fissità di un ritratto , non nella successione dell’esistenza .La successione / vita  è una trasmissione continua  ed è pressoché impossibile  cogliere e fermare gli attimi di questa trasformazione .Sotto questo profilo, si può dubitare  del nostro stesso esistere , o la nostra realtà  è solo nella morte  .La storia , poi  ovviamente dipende da  noi  se  vivere  come monumento o  come qualcosa  di dinamico  è un museo delle cere

p.s
i  corsivi  e  i link  sono miei

concludo con questo  post  preso dala mia bacheca , non mi ricordo chi lo ha scritto    di facebook


Metamorfosi

L'Anima elevata vive in un corpo umano, ma si è comportata come una farfalla. Ha trascorso una fase della sua vita nei luoghi più bassi dell'Essere, avvolta nel suo bozzolo sicuro. Poi ha deciso di mettere in atto una metamorfosi spirituale. Ha distrutto il bozzolo con dolore, tenacia e coraggio, ricordando il motivo per il quale era destinata alla sua vita. Ha respirato aria nuova e ha preso il volo. L'Anima elevata riporta le cicatrici di quel passaggio, ma sa che sono solo i segni di una lotta vinta. (V. Suyren) 

conforme a chi conforme a cosa ?

per  chi non la  vedesse  la  trova  qui in file pdf oppure  cercando nell'archivio  di D ( http://periodici.repubblica.it/d/ ) la  rubrica di Galimberti   del n 742

 tale articolo mi  conferma  che la mia strada intrapesa   da  quando ascoltai  questa  canzone




Fanculo all'ipocrisia  e al conformismo a tutti i costi

19.5.11

Maktub.di http://www.lucyvansaint.com/blog/


Salam ‘alaykum gente! Che in arabo è in pratica il saluto principale. Significa “pace a te”.
Nel mio caso, mica tanta pace visto che tornai ieri dal Marocco con la dissenteria. Non vi dico che bellezza! Vabbè, cose che capitano in questo tipo di viaggi.
Vi lascio le mie impressioni su Fez e sul Marocco.
I MAROCCHINI NON VANNO TANTO PER IL SOTTILE: diciamo che di questa cosa ho cominciato a farmene un’idea già seduta sull’aereo che mi portava a Fez. Dietro di me c’erano tre marocchini che per due ore e mezzo di fila non hanno fatto altro che parlare fra loro in arabo urlando e dandomi calci dietro al sedile. Una goduria. Quando poi arrivi lì e vedi che nella medina di Fez ci sono teste di capra gocciolanti su banchetti improvvisati senza frigorifero, accompagnati da cervelli, lumache, interiora varie il tutto esposto in bella vista con le mosche che gli girano attorno capisci che tu, occidentale abituato al frigorifero, non resisterai molto tempo a quella vista e a quella puzza. Grazie santa amuchina di avermi salvato almeno un po’.
Idem dicasi per gli sguardi maschili… che, siccome lì le donne sono per la maggior parte tutte coperte, e i turisti sono pochi ti guardano come se fossi un pezzo di carne appeso al macello. Meno male che avevo gli occhiali da sole e non sono andata in giro scollata. In ogni caso hanno comunque tentato di comprarmi per 1000 dromedari.
I MAROCCHINI AMANO LE SPEZIE: avevo l’odore di cumino e di menta che mi usciva da tutte le parti. E a questo punto credo che amino le spezie appunto perchè hanno imparato ad usarle per conservare i cibi, vista la scarsissima igiene e il caldo africano.
Alla fin fine il cibo marocchino è buono però non è che si siano inventati niente di che. Voglio dire il tajine è semplicemente una sorta di spezzatino arricchito con le spezie.
E il cous cous? Molto meglio quello freddo che facciamo noi in estate. Insomma a un certo punto io anelavo un bel piatto di spaghetti. Pur tuttavia loro sono molto gentili, molto ospitali, il Riad dove stavamo era bello seppur mal tenuto. I Riad sono ex case nobili trasformate in guest-house. Sono bellissime, con arredamento arabo e il nostro aveva persino il wi-fi gratuito.
LA MEDINA DI FEZ: si tratta di un dedalo di stradine piccole e tortuose all’interno della città vecchia dove gli abitanti di Fez hanno il suk, il mercato. Se non hai una guida ti ci perdi sicuro. Così noi ci siamo fatti accompagnare da una guida locale anche per evitare le faux guides, i ragazzini che vogliono farti da guida per avere dei soldi in cambio e che non te li scolli di dosso se non sei insistente. Immaginate delle stradine tortuose piene di gente che cammina, asini carichi di roba (perchè le auto non ci passano),
banchi di frutta, verdura, carne, spezie in bella mostra e tutto ammucchiato, con odori non proprio piacevoli che si mescolano (visto che pure le fognature sono ridotte una schifezza e che i marocchini a mio parere non si lavano e hanno un concetto dell’igiene totalmente opposto al nostro). A questo seguono viuzze dove trovi i venditori di tappeti artigianali. Questi poveretti fanno stoffe, tappeti, sciarpe al telaio, guadagnano due lire e si fanno un mazzo così.
Stesso dicasi per le ceramiche. Quelle marocchine sono fatte a mano e sono bellissime e i poracci che le fanno lavorano tutto a mano per pochissimi soldi.
Tenete conto che 100 Diram marocchini equivalgono più o meno a 10 euro, per cui… Loro dicono “Maktub” cioè che tutto è scritto. Sarà… però allora il loro è un destino proprio beffardo.
LE CONCERIE: si tratta dell’attrazione più bella della medina di Fez. Vedendole nelle immagini di “O clone”, la serie brasiliana che in parte era ambientata a Fez, me le immaginavo come un luogo magnifico. Ebbene, sono bellissime e suggestive ma di magnifico non hanno nulla visto che le pelli di animali che vengono immerse nelle vasche delle tinture puzzano terribilmente (le guide ti danno dei rametti di menta da metterti sotto al naso per sfuggire l’odore) e perchè in queste vasche lavorano immersi nelle sostanze chimiche dei coloranti dei poveri disgraziati a cottimo per pochi Diram. Più pelli lavorano e più guadagnano.
IL RE E’ UNA POP STAR: è un po’ come il Grande Fratello di Orwell. La sua immagine sta dappertutto. Agli angoli delle strade principali, in tutti i negozi in cui entri, nei ristoranti, nei Riad. Ovunque. E tutti i marocchini si chiamano Mohammed come lui e come il profeta. In tre giorni noi abbiamo beccato un tassista, una guida, uno dei lavoratori all’interno del Riad, l’altro autista che ci ha portato nelle foreste nei dintorni di Fez… tutti che si chiamavano Mohammed. Peccato che lui sia ricco sfondato e abbia un palazzo reale in ogni città e che la maggior parte dei marocchini sia invece povera in canna.
ANCHE IL MAROCCO HA LA SUA SVIZZERA: si chiama Ifrane ed è un paesino che sta a sud di Fez, sulle montagne. Ci sono tutte casette con i tetti spioventi ben curati e d’inverno ci nevica parecchio. Fa impressione pensare che anche questo sia Marocco visto che sembrava di stare a Livigno più che in un paese africano.
I TAXI MAROCCHINI: sono sporchi, vecchissimi (vanno in giro con le Uno che noi usavamo 20 anni fa), cumulativi e si contratta per tutto. Innanzitutto devi contrattare il prezzo della corsa perchè quelli che hanno il tassametro sono pochissimi e poi può capitare che tu ti siedi dietro e poi davanti il tassista prenda anche un altro passeggero che deve fare la stessa tratta. A noi è capitato di dividere il taxi con un marocchino che poi abbiamo scoperto che parlava italiano e metà dell’anno viveva a Trento. Tra l’altro sono pochi quelli che a Fez parlano italiano, visto che non vedono molti turisti e se li vedono sono soprattutto francesi e spagnoli. Uno dei taxi su cui siamo saliti aveva percorso 800.000 km e ancora camminava!
LE DONNE: la maggior parte di loro, soprattutto nella città vecchia, vanno vestite alla marocchina, con tuniche e i capelli coperti dal velo. Niente braccia scoperte, niente gambe scoperte. Sono molto belle nel loro abito tradizionale. Pur dovendosi abbardare come delle carampane non perdono la femminilità quindi le vedi in giro che vanno a comprarsi i foulard colorati da mettersi in testa. Pur tuttavia quelle ricche e agghindate con gioielli e il kajal sugli occhi alla “O clone” non ci sono, se non quelle veramente ricche, ma di certo non se ne vanno in giro per la medina vecchia di Fez.
In ogni caso vale la pena di andare in Marocco almeno una volta nella vita. Gli edifici musulmani sono bellissimi,
i paesaggi attorno alla città sono proprio belli
e vedere un paese islamico fa un certo effetto. Avendo visto come sono le donne marocchine mi stupisco sempre di più del fatto che la ragazzina che ha scandalizzato l’Italia, Ruby Rubacuori, provenga da questo paese. Noi siamo troppo esagerati in un senso e loro forse in un altro. Chissà. Sta di fatto che, quando e semmai andrete in Marocco, state attenti perchè lui
vi guarda. Inshallah!