C'erano i ragazzi, assiepati in modo sparpagliato lungo il nastro grigio che tagliava la città. C'era don Bruno, la cui grossa figura di bambino navigava un po' stordita nella severità ottocentesca del clergyman nero; c'era il rosa, quel "Rosa Gazzetta" sciorinato dalle vestigia dei palazzi metropolitani, a guardia e concordia delle raccolte intimità familiari, una macchia rustica di panno steso; allegria modesta d'un accarezzato benessere, qualcosa di residuale, semplice e schietto. E le magliette campeggiavano dai balconi elevati, recando la scritta "91° Giro d'Italia". La Storia attraversava le strade provinciali di anonimi agglomerati. Ieri è toccato proprio a noi, a Bresso.
C'erano, poi, loro: gli eroi della pista. Gli eroi di mio padre adolescente, che ancora tiene incorniciata la fotografia firmata "Coppi Fausto, sportivamente"; e che ancora rivede nelle biciclette le fatiche sane degli sfollati, la speranza inerme d'un futuro meno agro, la scuola nelle cartelle e negli astucci colorati.Oggi gli atleti percorrono l'asfalto con la grazia d'una perfetta ogiva: aerodinamici, leggeri, belli, radiosi, snocciolati l'uno dopo l'altro, gazzelle del suolo, sagome sfreccianti. Corrono, o forse volano, salutano, e scompaiono nella loro scia dorata. Eppure è restato in loro qualche traccia della ruvida sobrietà valligiana; nei dialetti sonanti, e nordici; in questo sport ancora popolare, slabbrato di povertà, nella struggente dolcezza d'una dolina.
Daniela Tuscano
1 commento:
Un commento anche se in ritardo l'ho scoperto solo stasera, il Giro è sempre il Giro W IL GIRO
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