Fake news, l'ex analista Cia: Cindy Otis, ex analista Cia, specialista di fake news e autrice del libro "True or False" "Conoscere fonte delle informazioni. Mai accontentarsi

ELICOTTERI che spargono disinfettante dal cielo, soldati di potenze straniere pronti ad approfittare dell’emergenza sanitaria per avviare un colpo di Stato, e naturalmente complotti di scienziati più o meno folli, decisi a conquistare il mondo a cavallo di virus incontrollabili. Fra social network e ansia di informazione, il vortice di notizie false, leggende metropolitane e teorie della cospirazione ha avuto un’accelerazione parossistica. Un’esperta come Cindy Otis, ex analista della Cia e autrice del libro “True or False” (Vero o falso) in uscita negli Stati Uniti da McMillan, può aiutare a trovare una bussola per sopravvivere al bombardamento di bugie.

Signora Otis, con la pandemia che infuria sarebbe essenziale poter distinguere tra notizie vere e false. Secondo la sua esperienza, quale potrebbe essere il metodo?
“In un momento come questo è fondamentale sapere di poter disporre di buone fonti. L’approccio corretto prevede prima di tutto di conoscere l’origine delle informazioni: è un sito Web del governo, un organo di stampa che conosciamo, o semplicemente il post sui social media di un account che non cita da dove trae informazioni? Non ci si deve accontentare se qualcuno scrive ‘Ho sentito che...’, ma bisogna sempre chiedere da dove provengono le informazioni, voci e pettegolezzi non sono fonti affidabili. Dobbiamo anche guardare la data di un articolo, per assicurarci di avere le notizie più recenti, e non fermarci al titolo di un articolo. Chi usa i social media deve assicurarsi di seguire esperti con esperienza nel proprio settore, non account casuali che affermano di “sapere”. Online si può affermare di essere chiunque si desideri, è indispensabile prendere il tempo necessario per controllare le persone, prima di condividere i loro post. Molti contenuti falsi diventano virali, solo perché le persone condividono senza pensare”.

Un'emergenza globale sulla salute, come quella per il coronavirus, sembra spingere le persone a diffondere notizie false ancora più del solito. Perché?
“Durante una pandemia le nostre emozioni sono intense. Quando questo succede è più probabile che condividiamo informazioni false o sbagliate. Cerchiamo di condividere ciò che abbiamo sentito con tutti quelli che conosciamo, per aiutarli a prepararsi, ma anche per non sentirci soli in una situazione spaventosa. Ma è proprio in queste situazioni che false informazioni, bufale e voci non provate diventano virali”.

Quali potrebbero essere i pericoli legati alla diffusione di informazioni false sui temi della pandemia?
“Ci sono molti potenziali pericoli. Informazioni false potrebbero creare un livello ingiustificato di isteria, tale da travolgere gli ospedali, i negozi di alimentari, o da portare alla violenza. D’altro canto lato, informazioni false possono minimizzare un evento che invece dovrebbe essere preso più sul serio. In eventi come questo, online circolano costantemente anche false terapie, che possono davvero essere pericolose. E i governi stranieri che cercano di influenzare altri Paesi amano approfittare di tempi caotici come questo per diffondere false informazioni per esacerbare la divisione politica”.

Esiste un riscontro economico nella creazione di notizie false? Quali sono gli interessi, quali i guadagni?
“C'è chi fa affari con le notizie false. C’è un crescente settore della disinformazione mercenaria, e sempre più persone usano queste tecniche a scopo di lucro. In una pandemia come questa, queste persone possono usare informazioni false per attirare il traffico su un sito Web e guadagnare più denaro dagli annunci pubblicitari. Potrebbero anche vendere false terapie, usando false informazioni per indurre le persone a comprarle”.

Nei Paesi in cui i media non godono di libertà le teorie del complotto e le informazioni false sembrano avere più presa. Pensa che un sistema di comunicazione sano possa essere una soluzione? O, al contrario, dobbiamo accettare la presenza delle notizie false, come piccolo prezzo da pagare per la libertà di stampa e la libertà di parola?
“Nei Paesi senza libertà di stampa, il governo di solito usa la propaganda come ‘stampa’. Ma le società democratiche con stampa libera sono anche focolai di teorici della cospirazione, media di parte e notizie false, perché non c’è censura. Un solido sistema di comunicazione ha un ruolo enorme da svolgere nel combattere le informazioni false. Così come funge da controllo per i politici, denuncia la corruzione, eccetera, può anche aiutare a denunciare chi diffonde notizie false. Credo che dovremo misurarci sempre con una certa quantità di false informazioni, ma questo significa che è più importante che mai sostenere il buon giornalismo, costruire una società alfabetizzata ai media e rendere responsabili sia le piattaforme tecnologiche che i politici”.

Un lettore ordinario potrebbe immaginare i creatori di notizie false come disadattati, che lavorano in una sottoscala buio, arruolati a seguire interessi stranieri per esigenze di vendetta personale. È davvero così? Si può disegnare un ritratto antropologico di un "tipico" creatore di bugie?
“Il panorama dei creatori di notizie false è abbastanza vario. Ci sono quelli che cercano di guadagnarci: anche se usano contenuti politici fasulli, potrebbero non essere ideologicamente motivati. Nel 2016, per esempi, un gruppo di adolescenti macedoni hanno varato siti Web di notizie false sulla politica americana. Volevano fare soldi e non gli importava chi avesse vinto le elezioni presidenziali. Poi ci sono aziende in tutto il mondo che offrono servizi di ‘disinformazione a noleggio’, per esempio offrono una fattoria di troll sui social media per aiutare un cliente. Ci sono quelli che sono ideologicamente motivati, vogliono aiutare il loro partito o il loro candidato a vincere un’elezione. Possono agire da soli o come parte di un gruppo. Un esempio è il BJP indiano, che durante le ultime elezioni ha usato le cosiddette ‘celle IT’, grandi reti di account di social media falsi e reali, per diffondere contenuti in gran parte falsi, inclusi video, meme e immagini modificate. Infine, anche i governi usano notizie false per influenzare eventi interni e all'estero”.

C'è qualche soluzione possibile, che non metta in pericolo le libertà democratiche?
“La soluzione deve coinvolgere tutti: le normative del governo, le piattaforme di social media, gli accademici, le organizzazioni no profit e le scuole, che aiutano a formare i cittadini nell'alfabetizzazione mediatica. Più che per ogni altro problema di sicurezza nazionale, il rimedio contro le notizie false è educare all’informazione. I cittadini medi sono quelli che più spesso creano le informazioni false e le diffondono senza volere: per questo devono essere la prima linea di difesa, diventando consumatori responsabili dell’informazione”.

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