30.4.20

le incommentabili e vergognose parole di Renzi sulla fase II del coronavirus

Cazzeggiando su twitter trovo questo post
"i morti di Bergamo, se potessero, direbbero aprite anche per noi"Renzi in Senato adesso
Faccina arrossita


3:08 PM · 30 apr 2020·Twitter for Android
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Ora sapendo  che << ( ....  )  Ma il Presidente è toscano  \ Ell'è un gran burlone, ha detto "Eh, scherzavo" ( .... )  >>  mi sono  andato  ad  ascoltare  il suo  discorso    ed purtroppo ha realmente detto una simile ......... .












 Con questo Renzi ha davvero toccato il fondo, andando a raggiungere i suoi nuovi amici : Salvi49 e Giorgiafintacristiana e il Calderoli il cattolicopadano
Infatti hanno ragione


Il vero populista sei tu chei fai l'unica cosa che sa fare, distruggere, aizzare, minacciare chi dichiara di sostenere, peraltro citando persone o fatti manipolandoli a suo favore. I morti non parlano ma i sopravvissuti e i sanitari straziati dalla tragedia direbbero e dicono di aspettare perché una recidiva sarebbe veramente la fine. Loro hanno voce in capitolo. Tu cosa ne sai hai beccato il viurus o hai avuto il morto in casa ? Questa frase ti saresti potuta la risparmiare. Spero però che uno dei familiari dei deceduti di Bergamo gli sputi in un occhio. E potrei continuare a lungo , a cazziarti , ma pèreferisco fermarmi oper abbassarmi al tuo livello

28.4.20

vite spezzate da coronavirus : Henri Kichka 94 che si salvò dai lager nazisti e la storia di luca 37 anni , 4 figli , muore prima del SI e quella



  Anch'io   come   voi  comincio   a  non potere più  , anche se   dovrei esserci abituato  per  motivi di salute ,  di  look down e  quarantene   e quindi   a  dover   leggere  ed  raccontare fra le  lacrime   storie del covid-19 . Ma : 1) il complottismo esasperato    che  sta  alla base  delle  fake  news    \  bufale  . Fenomeno     certo no nuovo  ,   come s'evidenzia   la  Terza puntata dedicata al volume di Limes 'Il mondo virato'. In studio Lucio Caracciolo. In collegamento Carlo Lucarelli. Con un contributo di Antonio Pascale. Conduce Alfonso Desiderio.Guarda tutte le puntate di Mappa Mundi http://www.bit.ly/2WtfSkE /// Trasmissione di storia e geopolitica per il canale YouTube di Repubblica
a cura di Alfonso Desiderio  https://twitter.com/aldesiderio  in collaborazione con Limes, la rivista italiana di geopolitica http://www.limesonline.com







Ce dimostra come la letteratura è utile alla geopolitica. Complotti e dietrologia per smontare Stereotipi e luoghi comuni. 
2) le polemiche strumentali ed populiste che portano a tutti i costi ad una caccia all'untore per nascondere le proprie responsabilità ed incapacità nel saper gestire la situazione ., 3) un governo costretto per .... di un opposizione non costruttiva ma solo distruttiva a usare poteri eccezionali , ecc mi confermano quanto già dicevo precedentemente , ed m'inducono a continuare a raccontare ed condividere qui e sule nostre appendici social storie come queste che trovate ogni giorno su repubblica cartacea oppure qui su https://lab.gedidigital.it/repubblica/2020/  sezione redatta  da Maurizio Crosetti dove si raccontano Vite prima del virus Nelle loro città sono stati pionieri nella professione o modelli d’impegno L’intellettuale, il dottore, la toga: esistenze che lasciano un vuoto profondo difficile da riempire da non dimenticare quando ritorneremo alla normalità . Ma sopratutto ad essere ( anche se ho i miei dubbi ) più cauti ed a a ragione usando la mente non solo la pancia nel voler ritornare in fretta alla vita di prima .

Le storie d'oggi prese da i " ritagli " presi da repubblica d'ieri .
Eccovi  le  storie  d 'oggi  
La  prima   che  fa  
capire  come il  virus  cancella   memorie e testimoni diretti .
Meno male    che   come  capita   a  volte   con la morte   essa vivrà ancora   nel Graphic  Novel  La seconda   generazione  scritto  dal  del figlio Michel  .  

La  seconda   un amore  interrotto dal virus  . 
Infatti  la  sua  amata  Sharon Giachino ha affidato a Facebook il suo dolore, poiché a causa delle restrizioni non è stato possibile organizzare un funerale per Luca. "Ti ho promesso che mi risolleverò per i nostri figli", scrive la ragazza, disperata per la grave perdita





































gli effetti collaterali del complottismo e della nuova guerra fredda usa vs cina il caso di Benassi, 49 anni accusata, falsamente prima da siti complottisti statunitensi, poi dai social cinesi, di essere un'untrice. E di aver diffuso in cina virus del Covid 19

Una  parola  solo   verso   questi nuovi  cacciatori  d'untori



da  repubblica  online del 28\4\2020 

La trappola delle fake news sta stritolando una riservista dell'esercito americano: Maatje Benassi, 49 anni accusata, falsamente prima da siti complottisti statunitensi, poi dai social cinesi, di essere un'untrice. E di aver diffuso a Wuhan il virus del Covid 19 che secondo la teoria sarebbe stato prodotto in un laboratorio americano.

Coronavirus, le fake news travolgono la soldatessa Benassi: "È lei l'untrice"


Il sergente Benassi vive e lavora a Fort Belvoir, una caserma della Virginia, col marito Matt, ufficiale dell'Aeronautica e i due figli. Malauguratamente, lo scorso ottobre ha partecipato alle Olimpiadi militari, organizzate proprio a Wuhan: la città poi diventata epicentro del virus. Nonostante gli atleti americani inviati in Cina fossero almeno cento, la teoria del complotto si è focalizzata su di lei indicandola come "paziente zero", senza particolari motivi: la donna non è mai stata positiva al virus. La colpa, sarebbe solo della brutta caduta che l'ha lasciata con una costola rotta, costringendola già in Cina a ricorrere a cure mediche, pur avendo tagliato comunque il traguardo.
A puntare il dito sulla donna, oggi disperata, al punto di dire a Cnn: "Ogni mattina mi sveglio da un brutto sogno solo per entrare in un incubo ancora peggiore", è un americano. Il complottista George Webb, 59 anni, un lungo curriculum di bugie che però non gli impediscono di gestire un canale su YouTube con oltre 100 mila follower e i cui video pieni di assurdità sono stati già visti almeno 27 milioni di volte, permettendogli di guadagnare con la pubblicità. Già nel 2017 Webb era salito ai "disonori" della cronaca per aver sostenuto, con altri tre cospirazionisti, l'arrivo di materiale contaminato per realizzare una "bomba sporca" nel porto di Charleston, Carolina del Sud. Una falsità che all'epoca destò grande allarme.
L'uomo ha puntato il dito contro Benassi a fine marzo. Sostenendo, fra l'altro, un altrettanto folle collegamento con il dj italiano Benni Benassi, identificato erroneamente come olandese: e come primo malato di coronavirus in Olanda. Il "Benassi Plot" è un'altra falsità, smentita dallo stesso dj in un'intervista alla Cnn dove ha pure sottolineato di non essersi mai ammalato. Intanto, però, attraverso YouTube quei video sono approdati sui social cinesi: rimbalzando sulle principali piattaforme, da WeChat a Weibo, con la teoria dell'arma biologica creata in America ed esportata in Cina, sposata pure dalle autorità del Dragone.
Purtroppo a crederci sono in molti. E ora Maatje e Matt Benassi vivono nel terrore, minacciati di morte e inondati da messaggi d'odio arrivati da tutto il mondo. Nonostante ripetuti tentativi, raccontano a Cnn, non riescono a far levare quei video denigratori da YouTube: "Dicono che non si può fare niente perché Webb è protetto dalla libertà di parola. Ma un'azione legale ha costi per noi impossibili da affrontare. Nessuno mi difende" piange. "Su Google resterò per sempre, falsamente, la paziente zero".



ascoltando “I contain multitudes” e “Murder most foul” di Bob dylan si capisce perchè il nobel è meritato




Anche  se  tale articolo   è  troppo   duro  perchè :  stronca  sul nascere ogni critica ed orientamento  culturale diverso volendo  avere  per forza   ragione  e  che  tuytti  debbano pensarla  cosi     e  guai  a  contestare   il pensiero ufficiale  e  dire  qualcosa  che non va    ,    demolisce \ stronca ingiustamente  con i   soliti schemi del passato uno scrittore  che  non condivide  .  Stavolta  a  fottutamente  ragione  in  quanto la maggior  parte  delle critiche   alla  giuria  del premio nobel  erano  fallaci   e poco costruttive   . Ecco quindi    che   spesso i mezzo alla merda   ci sono  , ovviamente vanno ripulite   e liberate  dallo  sporco e  dalle incrostazioni  .


 da  il foglio.it  el  28\4\2020


Si pentano coloro che criticano il Nobel a Bob Dylan
Le due nuove canzoni dylaniane sono letteratura alta e vertiginosa, piene di citazioni esplicite e occulte

di Camillo Langone


Si pentano coloro che criticano il Nobel a Bob Dylan




Si pentano, coloro che criticarono il Nobel a Bob Dylan. Si pentano e si cospargano il capo di cenere (doppia dose di cenere, se più recentemente hanno considerato una perdita artistica la morte del favolista kitsch Sepúlveda). Si pentano e ascoltino 70 volte 7 “I contain multitudes” e “Murder most foul”, le due nuove canzoni dylaniane. Entrambe sono letteratura alta e vertiginosa, come può verificare chiunque ne studi i testi. La prima contiene Whitman e molto altro. La seconda Shakespeare e moltissimo altro. Quest’ultima, la mia preferita anche per via della musica (seppure tenuta bassa, poco più che un tappeto sonoro), è un poema che decolla da Dallas 1963 e vola per 17 minuti sui cieli neri d’America. Dylan è profetico, epico, biblico, e fra 70 citazioni alcune esplicite e altre occulte, alcune pop e altre esoteriche, ho sentito l’Apocalisse e l’Ecclesiaste, i Cantos e l’Inferno. Oltre a un verso grandioso da uomo di Dio, valido sempre e in questi giorni perfetto: “I hate to tell you, mister, but only dead men are free”.

27.4.20

a volte per poter valutare meglio si usa l'attendismo . io ed il caso della nuova gestione del quotidiano la repubblica

Visto la gennuflessione acritica di Eugenio Scalfari  nell'editoriale  di  domenica    scorsa  di  Eugenio scalfari che vale  la pena di riportare  interamente ,  su  repubblica  


Molte cose sono avvenute nel nostro giornale in questa settimana assai vivace per il governo italiano, per l’Europa e per il mondo intero. L’avevamo già constatato domenica scorsa: il nostro è un mondo in allerta, con dittature di vario genere, federazioni, populismo, alleanze e guerre intestine. Insomma un periodo che non si vedeva da secoli nel nostro mondo. Il solo elemento che è universalmente diffuso è quello che si definisce con la particella denominata “se stesso”. Insomma è il nostro Io: quello è il nostro mondo e lo abbiamo già più volte indicato. Cartesio l’ha individuato filosoficamente con le tre parole fondamentali: «Penso, dunque sono». L’ho più volte ricordato in questi miei articoli domenicali, ma lo ripeto perché è quello che spiega tutto, definisce tutto, limita al minimo tutto. È creativo.
È l’Io e dobbiamo tenerlo presente dall’inizio alla fine di qualunque ragionamento e della vita che ciascuno in qualche modo e in qualche misura vive.
Il nostro giornale è anch’esso in una fase di notevole movimento. È cambiata in modo definitivo la società che l’ha comprato dai precedenti proprietari. Debbo dire che è un’azienda molto vasta sia nei luoghi sia nel tipo di attività che svolge in vari Paesi, a cominciare dal nostro.
IL primo intervento è stato il licenziamento del direttore Carlo Verdelli, che da oltre un anno dirigeva Repubblica , e l’insediamento di Maurizio Molinari, che era direttore della Stampa . Adesso lo è di Repubblica , subentrando a Carlo Verdelli.
Personalmente io ho la qualifica di Fondatore che figura in prima pagina sotto la testata del giornale.
Ripetiamo Fondatore. Non significa niente ma può invece essere importante. Il Fondatore (lo dice la parola) conosce o dovrebbe conoscere meglio di ogni altro lo spirito del giornale, il suo programma, la sua natura giornalistica e quindi politica.
Forse è venuto il momento di ripetere questa natura politica: si può definire liberal-socialista. Repubblica è nata nel 1976, siamo nel 2020 ma il nostro spirito, la nostra anima giornalistica non può cambiare: liberal-socialista. Naturalmente è una definizione complessa che va quindi precisata e mi scuserete se in qualche modo spetta al Fondatore di mantenerla senza alterarne il significato.
I liberal-socialisti hanno nell’anima i due valori di libertà ed eguaglianza e questi debbono rispettare i giornalisti che dirigono il giornale con questa collocazione. Se la proprietà non riconosce più questi valori vuol dire che il giornale non c’è più, è un altro oggetto che ha cambiato totalmente il soggetto.
Questo può avvenire, ma in tal caso spetta in primis al Fondatore di avvertire quanto è accaduto e trarne personalmente e collegialmente, se possibile, le conseguenze.
A me però, allo stato dei fatti, risulta che non sono cambiati. Il direttore uscente Carlo Verdelli, nei confronti del quale ho già detto che ho la massima stima professionale, questi valori li ha realizzati per tutto il periodo della sua direzione. Il nuovo direttore Maurizio Molinari appare esattamente nello stesso modo. Se così farà, il Fondatore ne sarà pienamente soddisfatto e lo dirà. In parte già lo dico, dopo aver analizzato la questione con Molinari. Vedremo il seguito.
Il liberal-socialismo è perfettamente in linea con le esigenze del mondo moderno, sempre che questo corrisponda al desiderio di un vasto pubblico che trae dal liberal-socialismo la realizzazione dei suoi valori, desideri, bisogni, ideali.
Abbiamo un governo in piena attività, presieduto da Giuseppe Conte. È sostenuto da una maggioranza numericamente notevole, politicamente un po’ meno: alcuni dei suoi sostenitori vanno e vengono, votano pro o non votano o addirittura in certe circostanze votano contro. Tuttavia i voti parlamentari che appoggiano Conte non sono diminuiti, finora anzi sono leggermente aumentati e hanno cambiato natura: Conte è abbastanza vicino al Partito democratico e comunque alle esigenze liberal-socialiste di cui abbiamo già fatto cenno. Non sono soltanto valide per la politica interna ma anche per quella europea e anzi, nel caso di Conte, liberal-socialista. L’Europa ha molto bisogno d’una politica di questo genere. Ne ha bisogno per rafforzare quei valori insieme ad altre nazioni dell’Unione europea come la Francia, la Spagna, la Grecia, e anche la Germania, sia pure con qualche variante.
Conte è su questa linea che tende a realizzare soprattutto un appoggio monetario e occupazionale.
Conosciamo molto bene questo tipo di politica che fu per otto anni il centro del presidente della Banca centrale europea Mario Draghi. Il presidente del Consiglio non ha una competenza specifica sulla Bce ma comunque è fortemente interessato ai risultati che quell’Istituzione realizza, o meglio ha realizzato poiché attualmente la politica di Draghi non è rispettata come dovrebbe dalla signora Christine Lagarde.
Giuseppe Conte segue con molta attenzione la politica monetaria europea, è fortemente contrario ai “sovranisti” che in Europa abbondano, a cominciare dalla politica della Lega di Matteo Salvini. Se vogliamo esprimerci adottando un vocabolario significativo, possiamo definire il sovranismo come una politica di destra, populista e a suo modo rivoluzionaria.
Giuseppe Conte sembra stare al gioco con notevole abilità e soprattutto la esplica in una fase dove la politica non solo italiana ma mondiale è condizionata dal coronavirus. Probabilmente ci sarà un notevole mutamento con l’arrivo del caldo estivo: i vincoli imposti dalla pestilenza saranno alquanto allentati, negozi e alberghi saranno parzialmente riaperti. Ovviamente questi mutamenti migliorerebbero le politiche economiche dei vari Stati. Insomma, il mondo sta cambiando: finora la situazione di ciascun abitante era fortemente peggiorata. Si spera in un’inversione di tendenza che realizzi miglioramenti diffusi.
La storia del nostro pianeta conosce molto bene queste varianti dei valori ideali che determinano e sono determinati dal genere umano. Quando mi capita di esaminare gli alti e bassi della nostra esistenza penso sempre a quella che la mitologia definì l’arca di Noè. Portò a spasso tutti e dovunque.
L’arca era un luogo mobile che ospitava tutte le creature rappresentanti del genere vivente: gli umani, gli animali di ogni genere e specie, i vegetali.
Insomma la vita. Ogni tanto qualcuno fuggiva dall’arca e non tornava mai più, oppure altre creature arrivavano e vi restavano.
È naturalmente una favola quella dell’arca, ma significativa e anche divertente. La cosa interessante è che scoppiò anche una specie di guerra interna all’arca. Noè espulse i cattivi e continuò ad ospitare i buoni. Un paradiso, il bene e il male. Ma a quel punto si cessò di parlare di Noè, l’arca scomparve ma altre simbologie si fecero strada.
L’uomo e la sua storia variano di continuo e c’è sempre, come abbiamo più volte osservato, un Dio e un uomo.
L’uomo si racconta e racconta anche Dio: l’abbiamo ricordato più volte in questi articoli di giornale, ma la storia è quella, la mitologia è quella, l’arte è quella.
Pensate a Dante Alighieri, a Cavalcanti, a Petrarca, a Boccaccio, a Michelangelo, a Giotto, a Raffaello, a Caravaggio, a Leonardo da Vinci, a Tiziano. Ci sarebbe da raccontare ancora, ma lo facciamo troppo spesso.
Il nostro giornale non trascura questi aspetti della storia e della mitologia. Il nostro Robinson è specializzato in questi racconti. Mi auguro che il nuovo direttore s’interessi a fondo anche di queste favole fortemente significative. Un giornale quotidiano è una favola?
Vi farò una confessione: a me le favole piacciono molto perché ho vissuto una parte della mia vita come una favola, questo significa poesia.
Che c’è di meglio? Faccio molti auguri a Carlo Verdelli per le nuove e positive avventure giornalistiche che certamente avrà, e analoghi auguri faccio a Maurizio Molinari. Repubblica è un fiore all’occhiello sempre fresco dopo quarantaquattro anni. Prima dei cento non si può appassire.
Il giornale che ho fondato incarna valori che non sono cambiati in 44 anni di vita. La sua anima si ispira al liberal-socialismo
ai nuovi padroni/proprietari di repubblica, nell'editoria di di domenica, credo aspetterò prima di smettere di rinunciare :
1) all'abbonamento trimestrale gratuito regalato da iostoacasacoop ., 2) quello ad un euro al mese per il i contenuto extra del sito . Ma sopratutto di comprarla visto che : la compro anzi la compriamo in famiglia da quando è nata., ci hanno scritto e ci scrivono ottimi giornalisti e commentatori ed opinionisti anche se ma questo è difetto di tutti i giornali e tv italiane 







., ha ottime pagine culturali ed artistiche specialmente il sabato con Robinson e D

Parenti sì, fidanzati no. Un governo può decidere per legge una gerarchia degli affetti?

le  solite  cose  fatte male  .  poi non lamentatevi   se   ritornano i populisti   o  se  ciascuna  regione  fa 


    da  https://www.tpi.it/opinioni  ddel  27\4\2020

Immagine di copertina
Si poteva iniziare a ripartire in modo diverso? È la domanda che assale gli italiani in queste ore in cui dovranno decidere quale sia il “congiunto” con cui non hanno litigato negli ultimi anni, il parente più o meno stretto che andranno a trovare nei prossimi giorni per rompere l’isolamento sociale imposto dal lockdown degli ultimi due mesi. Diciamolo chiaramente: la tanto attesa “fase 2” delude un po’ tutti, inutile girarci intorno. Chi si aspettava un graduale ritorno alla normalità, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista sociale, dovrà aspettare ancora. E se le polemiche sulle messe sono surreali (le chiese sono luoghi chiusi e l’acqua santa non rende immuni dal Coronavirus), ci si chiede quale sia la ratio di alcune decisioni e in che modo sarà possibile verificare, ad esempio, che amanti o amici non vengano spacciati per zie o cugini di quarto grado davanti all’ignaro Carabiniere del posto di blocco.
Sia chiaro, nessuno vuole sostituirsi ai tanti – forse troppi – esperti messi in campo dal Governo: negli ultimi anni abbiamo visto quanti danni può produrre la retorica dell’uno vale uno, la cosiddetta “università della strada” elevata a “democrazia diretta”. Tuttavia, visti alcuni pareri discordanti emersi tra gli stessi esperti e viste le misure adottate in altri Paesi, sorgono almeno due domande legittime. La prima: come può un Governo decidere per decreto una “gerarchia degli affetti”? Limitare il campo di un primo ritorno alla vita sociale ai soli rapporti di sangue ha sicuramente un senso per ciò che concerne la comunicazione: come è stato detto non è un “liberi-tutti”, per questo si è deciso un criterio per limitare i contatti tra le persone ed evitare che il contagio torni a salire. Ciò che legittimamente ci si chiede è se questo sia il criterio migliore. Nei giorni scorsi si parlava di permettere visite a parenti e amici, limitando a due il numero delle persone da poter ospitare, affidandosi al buon senso (e alla paura) delle persone, ma anche ai delatori di turno che avrebbero segnalato alle autorità feste di compleanno e addii al nubilato con spogliarellisti senza mascherina organizzati clandestinamente nelle case. A parità di impossibilità di verificare tutte le eventuali trasgressioni, non sarebbe stato meglio concentrarsi sul distanziamento a prescindere dalle parentele?
La seconda domanda è più politica. Perché non differenziare le riaperture tenendo conto delle zone di contagio? Perché trattare la Lombardia (oltre 72mila casi) come il Lazio (6mila casi)? In Cina, Paese in cui è partita la pandemia, la provincia dell’Hubei è stata l’ultima a riaprire. Pur prendendo con le pinze i dati parziali diffusi dal governo di Pechino, è innegabile che la riapertura differenziata abbia favorito un ritorno alla normalità meno traumatico e una ripartenza dell’economia. C’è forse una sorta di “sudditanza psicologica” del Governo verso le regioni del nord? Se così fosse, il risultato sarà solo quello di accrescere un malcontento generalizzato su tutto il territorio nazionale, un malcontento in cui si sta già insinuando Matteo Salvini: il leader della Lega pubblica da giorni video di commercianti e piccoli imprenditori imbestialiti, sfruttando la loro paura di chiudere per cercare di invertire il suo ormai costante calo di nei sondaggi. Una riapertura differenziata per regione delle attività, oltre a giovare all’economia, avrebbe tolto argomenti a Salvini e a tutti quelli che stanno soffiando sulle fondate paure di molti per la loro propaganda politica.
L’Italia è comprensibilmente stanca: se nei primi giorni di lockdown erano moltissimi a cantare sui balconi e a cucinare il pane e pizza in diretta Facebook, oggi alle prime note di “Azzurro” di Adriano Celentano si rischia seriamente una molotov lanciata dal dirimpettaio. E chi sperava che la “fase 2” avrebbe alleggerito almeno in parte il peso psicologico di questa necessaria clausura forzata, si chiede se non si sarebbe potuto fare meglio di così.

26.4.20

Fake News: le 10 regole d’oro da leggere prima di commentare o condividere qualcosa

avendo ricevuto l'enmnessima  bufala  \  fake news  ,   ed  l'ennessimo  cazziatone  per   aver  diffuso su  il  mio  facebook  (   qui   il post  )   una  notizia   vera  ma  strumentalizzata ed modificata    dai leghisti  ho  deciso  di riportare  questo vademecum  su come  riudurre  le  fakenews    , bufale  e  riarrangiamewnti \  stravolgimenti    delle notizie 




 da https://www.analfabetifunzionali.it/


In questo breve articolo vi illustreremo un breve decalogo che ci auguriamo possa essere utile per evitare di trasformarci inconsapevolmente in analfabeti funzionali. Siccome è diventata una brutta consuetudine fermarsi solo al titolo, abbiamo scelto senza esitazione il consiglio da dare per primo:

1: Non fermarti mai al titolo

Anche le testate che possiamo considerare affidabili non lavorano gratis. Ciò vuol dire che spesso i titoli degli articoli possono essere fuorvianti rispetto al contenuto dell’articolo stesso. Lo scopo di un giornalista è, comprensibilmente, fare in modo che il suo articolo venga letto. Considerato il fatto gli introiti dei giornali provengono sempre meno dalla carta stampata e sempre di più dal mondo digitale, chi scrive un titolo sa benissimo che il titolo è decisamente molto importante. Peccato che però, in buona parte dei casi, l’articolo non venga letto comunque e la gente tragga le proprie conclusioni limitandosi a quanto c’è scritto nel titolo o addirittura solo all’immagine di copertina.

Analizziamo questo esempio: il titolo sembra rafrasare un modo un po’ eccessivo la dichiarazione del Presidente delll’Associazione Nazionale Costruttori. Ciò che ha realmente dichiarato è questo: “Riaprono le librerie? Con tutto il rispetto per la cultura, ma i libri non si possono comprare su internet? Sono pazzi”. Affermazione, dunque, un po’ forte criticabile, ma non è esattamente quella che viene riportata nel titolo.


2: Verifica sempre la fonte
Per quanto i giornali possano pubblicare contenuti spesso discutibili, tenete comunque presente che Repubblica, ANSA, il Corriere, il Fatto Quotidiano non sono in alcun modo equiparabili al corrieredellammerda.altervista o a condividiprimachecensurinopuntoqualcosa
3: Verifica sempre la data dell’articolo



Una cosa detta un anno fa e condivisa oggi, può di fatto apparire come una “vera” fake news (scusate il gioco di parole), anche se, al momento della pubblicazione non lo era. Per esempio in molti condividono oggi notizie (vere) su crolli di cavalcavia avvenuti anni fa, dando l’impressione che nuovi crolli si siano verificati di recente. condividendo oggi questa notizia, potrebbe sembrare che la maggior parte dei medici sia contraria al vaccino per il Coronavirus. Ecco un altro esempio: 


In realtà la notizia si riferisce alle vaccinazioni contro la normale influenza, nel 2017  


4: Verifica la provenienza geografica della notizia, anche se la fonte è attendibile
Esempio: questo è un articolo in lingua italiana di un sito croato. Quanto descritto nel titolo potrebbe trarre in inganno il lettore.



5: Anche se la fonte è attendibile, verifica sempre come l’articolo è stato collocato all’interno del giornale

Ha fatto molto discutere un articolo contro il 5G pubblicato dal Fatto Quotidiano, ma a molti è sfuggita la parola “Blog”. In sostanza non è un vero e proprio articolo del Fatto Quotidiano, ma una libera opinione in uno spazio blog che il Fatto mette a disposizione. Tuttavia, molti complottisti utilizzano questo articolo come prova a supporto delle loro tesi. “Hai visto, lo ha detto anche il Fatto Quotidiano”. Frase recentemente sostituita da: “Hai visto? Lo ha detto un premio Nobel!”
Il discusso articolo del 2018 all’interno del Fatto Quotidiano
6: Presta attenzione ai nomi molto simili a quelli di testate attendibili
Tralasciando “Lercio” o “Il Fatto QuotiDAIno” che sono testate palesemente satiriche, molti creano dei domini i cui nomi contengono riferimenti a testate ufficiali per trarre in inganno la buona fede del lettore, tipo “SKYnews-TG-notizie” e similari.
7: Attenzione a quei siti che camuffano ad arte le Fake News mischiandole con articoli veri.



Sono i più subdoli e solitamente sono siti con una forte connotazione di propaganda politica.  [ come mi  è  capitato      a me    vedi  sopra  ] 
8: Non credere mai a mirabolanti regali.



Neanche il cane muove la coda per niente. Quando ti offrono un iPhone in cambio di un like e una condivisione, ignora e passa oltre. Non applicare la regola del “intanto condivido, non mi costa nulla”, stai solo facendo il loro gioco: con questo trucco faranno crescere una pagina la quale, una volta raggiunto un certo numero di followers, verrà venduta e ne verrà cambiato il nome.
Diffida inoltre da catene varie o da link che promettono di regalare buoni spesa in cambio della tua condivisione. Evita di condividerli e anche di cliccarci sopra.
9: Se hai un solo dubbio sulla veridicità di una notizia, non condividerla



Per esempio , se vedi una foto di un persona sconosciuta con scritto :”Questo è un pericoloso pedofilo, aiutateci a fermarlo, condividiamo tutti”, fatti subito queste domande:
  • Io so chi è quella persona?
  • E se quella persona fossi io?
  •  Mi farebbe piacere se qualcuno, dopo aver rubato la mia foto, la diffondesse in rete con migliaia di persone pronte a condividerla perché “intanto condivido, non si sa mai?”

Ci sono tante persone innocenti che sono state rovinate con questa tecnica, alcune hanno anche perso la vita.
10: Non è vero che “è il concetto che conta”


Se leggi una citazione improbabile attribuita a Sandro Pertini o a Valdimir Putin, non condividerla anche se dovesse rispecchiare il tuo pensiero.


    Una pandemia non è guerra impariamo ad usare le parole esse sono importanti

    Le  parole    sono importanti . Quindi basta   con  con certe  espressioni  (  che purtroppo quando entrano nel linguaggio  comune   si  è  costretti  ad usare per  non suscitare  perplessità     e far  capire  alla  gente     , sopratutto  quella  abituata ad  accontentarsi  ed  a capire  se quello  espressione   è giusta  o  sbagliata  ma  soprattutto perche  : << una parola  non imparata oggi   è un calcio in culo domani  >>  come   si diceva  un tempo  )   assurde  e  fuorvianti    come dimostra  questa   risposta    della rubrica settimanale   di Galimberti   sotto  citata presa   da D di repubblica di sabato  25\4\2020


     Ora  Galimberti ha  ragione   . L'espressione usata    è   da terrorismo mediatico  . Infatti come  fa    notare   Annamaria Testa, esperta di comunicazione   nel suo  bellissimo articolo  per  il settimanale  l'internazionale : <<  Specie in tempi difficili, dovremmo sforzarci di usare parole esatte e di chiamare le cose con il loro nome.
    Le parole che scegliamo per nominare e descrivere i fenomeni possono aiutarci a capirli meglio. E quindi a governarli meglio. Quando però scegliamo parole imprecise o distorte, la comprensione rischia di essere fuorviata. E sono fuorviati i sentimenti, le decisioni e le azioni che ne conseguono.

    Tra l’altro: sulla scelta delle parole che servono per descrivere le cose si gioca anche buona parte della propaganda politica contemporanea.[....continua  qui ] . 
    I media e a seguire tutti noi consciamente ed inconsciamente sembrano aver sposato il linguaggio della politica, ma siamo ancora in tempo per prendere le distanze dalla metafora della guerra per descrivere la pandemia che stiamo vivendo e ci sono diversi lettori attenti che ce lo chiedono. A usare termini militari contro il coronavirus sono stati innanzitutto i leader politici, da Xi JinPing a Donald Trump, d’altra parte si sa che sulla scelta delle parole si gioca la propaganda politica. E i fautori dell'odio trovano in questa narrazione del virus l’ennesima occasione. Ma un conto è impiegare l'esercito per i soccorsi, un altro essere guerrafondai.   << In guerra l'ordine democratico viene temporaneamente sospeso, si passano misure che estendono i poteri dello Stato e limitano i diritti dei cittadini. >>Infatti Anna  Masera    sempre  su la   stampa    del  31\3\2020  <<  (...)    I lettori de La Stampa che hanno vissuto i tempi della guerra se lo ricordano bene e ci chiedono di soppesare le parole per evitare di contribuire alla diffusione del panico. "La pandemia non è una guerra" ci redarguisce una lettrice di 93 anni che la guerra se la ricorda. 
    Già ci aveva messo in guardia l’autrice americana Susan Sontag nei suoi libri Malattia come metafora (Einaudi, 1979) e quasi dieci anni dopo L'Aids e le sue metafore (1988): applicare la metafora della guerra e della sconfitta a una malattia significa caricare il malato di sensi di colpa, ostacolando il percorso di guarigione. Per il coronavirus è una metafora sbagliata perché non c’è un fronte e un nemico nel senso di uno straniero “altro” da noi da non far passare. Il nemico è comune a tutti e gli altri sono nostri alleati perché solo condividendo gli sforzi, solo con la solidarietà e con comportamenti che ispirano una fiducia reciproca si vince il virus. Tutti insieme.
    Certo, come avverte l’esperta di comunicazione Annamaria Testa, la metafora della guerra può essere una cornice folgorante. Ma parlare di invasione e di trincee, di untori e di eroi non aiuta a ragionare in termini di inclusione, di condivisione, di cura. Un conto è lo stato di guerra di una nazione, un altro lo stato di emergenza, per il quale sono necessarie misure sanitarie ed economiche proporzionate. 
    Le parole sono importanti, Marco Balzano. Giulio Einaudi Editore ...Sull’etica della comunicazione del coronavirus stanno riflettendo studiosi di tutto il mondo: proprio ieri si sono riuniti per discuterne in un incontro online organizzato dal Poynter Institute per il giornalismo con sede a St. Petersburg, Florida. Senza cercare così lontano già Massimo Vedovelli, fondatore dell'Osservatorio linguistico dell'italiano diffuso fra stranieri e lingue immigrate in Italia, Centro di Eccellenza della Ricerca istituito presso l'Università per Stranieri di Siena di cui è stato Rettore, lo ha spiegato: quello che stiamo vivendo con il coronavirus è un pericolo globale, una tragedia collettiva, “un’emergenza difficile” (per dirla con il presidente Sergio Mattarella), “una tempesta” (per dirla con Papa Francesco). Non evochiamo la guerra. >>  Quindi  concludendo  è vero servono nuove  parole in ambito  politico  \  culturale   ed  il linguaggio non è mai statico   è  ed  sarà sempre  in movimento   evoluzione  ma   bisogna evitare  manomissioni \  uso improprio delle  parole    vista  la rapidità  con cui   diventano  d'uso comune . Insomma fare  attenzione  a come   si maneggiano ed  creano  perché  come  le  parole  sono importanti  e  raccontano     come dice  sia il libro   citato  nell'immagine a  sinistra    sia  questa  famosa  scena   filmica  di qualche  tempo   fa   ( mi scuso per  la  ripetizione    ma  certe   espressioni  anche   se  le  uso perchè costretto    sono un obbrobrio  ) 


     con questo      è  tutto   .   per chi volesse  approfondire  l'argomento trovate , come di consueto , dei link   compresi  i due   articoli    citati  






    https://www.iltascabile.com/scienze/pandemia-guerra/
    https://www.vita.it/it/article/2020/03/26/la-viralita-del-linguaggio-bellico/154699/
    https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2020/03/30/metafora-guerra-coronaviru
    htps://www.internazionale.it/opinione/daniele-cassandro/2020/03/22/coronavirus-metafore-guerra
    https://www.valigiablu.it/coronavirus-solidarieta/
    https://www.voanews.com/science-health/coronavirus-outbreak/
    https://time.com/5806657/donald-trump-coronavirus-war-china/
    https://www.eurasiareview.com/21032020-winning-the-war-on-coronavirus-oped/
    https://www.eventbrite.com/
    https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2020/03/30/metafora-guerra-coronavirus
    https://www.lastampa.it/rubriche/public-editor/2020/03/31/news/la-pandemia-non-e-una-guerra-1.38659497

    Le partigiane hanno dovuto ribellarsi due volte: sia al fascismo, sia al patriarcato. Ma il loro ruolo è stato fondamentale per la Resistenza italiana.

      canzone  suggerita
      le  donne   di cielo 
    https://www.ildeposito.org/canti/donne-di-cielo


    Con n questo post   sotto   riportati  concludo  la  triologia dedicata  alla giornata  del  25  aprile   che  ha  avuto origine  da  quest'altro    post incui approfondivo  la questione  della Brigata  Ebraica  e  il  25  aprile 


    Puntate precedenti
    1. https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2020/04/perche-e-sempre-25-aprile-ovvero-sempre.html
    2. https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2020/04/storia-di-resistenza-ieri-ed-oggi.html


    Quando si pensa ai partigiani, vengono subito in mente i racconti di clandestinità eda  volte  d' eroismo che  hanno caratterizzato la narrazione letteraria italiana. Si fanno le somme dei morti e dei superstiti e si annoverano i tanti nomi delle brigate sorte spontaneamente in tutta Italia per desiderio di libertà. Brigate di uomini, eroi determinati, più spesso improvvisati. 
    Per decenni a livello storiografico ed istituzionale il contributo delle donne alla Resistenza non è stato mai adeguatamente riconosciuto, rimanendo relegato ad un ruolo secondario, che scontava "di fatto" una visione in cui anche la Lotta di Liberazione veniva "declinata" al «maschile». I dati ufficiali della partecipazione femminile alla Resistenza hanno scontato inoltre criteri di riconoscimento e di premiazioni puramente militari, non prendendo in considerazione i "modi diversi", ma non per questo meno importanti, con cui le donne parteciparono ad essa. Per questi motivi si parla di Resistenza taciuta. 




    Quello che viene quasi sempre ignorato o sminuito   è che non ci sarebbe potuta essere una Resistenza se non ci fossero state le donne.
    Infatti  I compiti ricoperti dalle donne nella Resistenza furono molteplici: fondarono squadre di primo soccorso per aiutare i feriti e gli ammalati, contribuirono nella raccolta di indumenti, cibo e medicinali, si occuparono dell'identificazione dei cadaveri e dell'assistenza ai familiari dei caduti.
    Si sono inoltre rese indispensabili alla collettività partigiana: oltre che cucinare, lavare, cucire e assistere i feriti, partecipavano alle riunioni portando il loro contributo politico ed organizzativo e all'occasione sapevano anche cimentarsi con le armi. Particolarmente prezioso era il loro compito di comunicazione: con astuzia riuscivano sovente a passare dai posti di blocco nemici raggiungendo la meta prefissata: prendevano contatto con i militari e li informavano dei nuovi movimenti.
    Le loro azioni erano soggette a rischio quanto quelle degli uomini e quando cadevano in mano nemica subivano le più atroci torture. Erano brave nel camuffare armi e munizioni: quando venivano fermate dai tedeschi con addosso qualcosa di compromettente, riuscivano spesso ad evitare la perquisizione, dichiarando compiti importanti da svolgere, familiari ammalati, bambini affamati da accudire. Parlando della sfera familiare, le donne parlavano infatti una lingua universale capace di suscitare sentimenti e sensibilità nascoste.
    Nell'epoca del secondo conflitto mondiale le donne acquisirono un ruolo importante anche a livello economico-produttivo. Mentre gli uomini venivano richiamati alle armi, esse dovettero sostituirli nell'industria e nell'agricoltura. Le donne lavoravano soprattutto nel settore tessile, alimentare e industriale, ma erano presenti anche in larga misura nella catena di montaggio, nei pubblici impieghi e nei campi, dove affrontavano le attività più faticose, tradizionalmente riservate agli uomini.
    In questi settori spesso, organizzavano manifestazioni, al grido di slogan come "Vogliamo vivere in pace" oppure "Vogliamo pane, basta con gli speculatori". Soprattutto nelle campagne, mettevano a disposizione le loro case, rischiando anche la vita, per aiutare i feriti, i convalescenti e dare rifugio alle persone in fuga. Molto importante era anche l'attività che le donne svolgevano nella raccolta di fondi, finalizzata a dare aiuto ai parenti degli arrestati, delle vittime dei nazifascisti e anche alle famiglie dei partigiani particolarmente bisognosi. Intensa fu anche la loro attività di propaganda politica, nonché gli atti di sabotaggio e di occupazione dei depositi alimentari tedeschi.
     Le staffette che operavano come messaggere e intermediarie, rendendo possibili le comunicazioni, il trasporto delle armi e lo spostamento dei compagni; le civili che, ben prima del biennio 43-45, stampavano e diffondevano volantini di propaganda antifascista; quelle che portavano abiti e viveri ai partigiani, facevano scuola   \  formazione   politico -culturale  ai  giovani   che  avevano   come  istruzione  e cultura  solo  quella inculcata loro  dalla dittatura  fascista    e che   fecero  la scelta  di ribellarsi   per   :  non andare in Germania  o arruolarsi nella Rsi  , finire fucilati  cc. di andare  in montagna   o di combattere  nelle città  i  Gap  . Inoltre  Secondo alcuni storici   s'infiltravano   fra i militi  della  Rsi ed  i nazisti  ,  ricorrendo  ala seduzione  o  alla prostituzione per  ottenere  informazioni  da passare  alla resistenza ed  ai partigiani .E infine, sebbene in numero inferiore secondo  alcuni , quelle che, come gli uomini, imbracciavano le armi. 

    Ulteriori  approfondimenti oltre   l'articolo   di 
    https://thesubmarine.it riportato   sotto    con i  suoi  collegamenti  ipertestuali  le  trovate   qui  










    Si stima che furono circa 70.000 le donne iscritte ai GDD, i Gruppi di difesa della donna, la prima organizzazione unitaria della partecipazione femminile alla Resistenza, e furono oltre 55.000 le donne impiegate come combattenti o con funzioni di supporto — ma il dato è probabilmente in difetto. In 19 sono state decorate con la Medaglia d’oro al valore militare, e il teatro di guerra che le ha viste protagoniste è stato l’Italia centro settentrionale


    25.4.20

    storia di resistenza ieri ed oggi

    iniziamo  da  questi  4  giocatori   della nazionale  italiana   oro  olimpico  del 1936 che  rifiutarono  , gesto  rivoluzionario e  da isolamento  sociale    sotto il fascismo e poi passarono alla resistenza  storia presa  da il venerdi  di repubblica  e    riportata  dal libro 

    CUORI PARTIGIANI – Edoardo Molinelli

    La storia dei calciatori professionisti nella Resistenza italiana

    Cosa hanno in comune Giacomino Losi da Soncino, detto “core de Roma”, secondo solo a Totti e a De Rossi per presenze con la maglia giallorossa, e Raf Vallone, definito “l’unico volto marxista del cinema italiano” per la sua carriera cinematografica eppure anche capace, da calciatore, di alzare la Coppa Italia vinta dal Torino nel 1936?
    Cosa rende simili l’attaccante Carlo Castellani, bandiera dell’Empoli, e il mediano Bruno Neri di Faenza, nel giro della nazionale dopo aver militato nella Fiorentina e nel Torino?
    Tutti questi atleti, non c’è dubbio, presero a calci un pallone nemmeno lontanamente paragonabile alla sfera non più di cuoio con cui al giorno d’oggi si gioca negli stadi di tutto il mondo. Ma oltre a questo, tutti loro, mentre sull’Italia fischiava il vento e infuriava la bufera dell’occupazione nazifascista, compirono la stessa scelta fatta allora da migliaia di ragazzi nel paese: lasciarsi tutto alle spalle per imbracciare il fucile e combattere contro tedeschi e fascisti. Inizia in questo modo la storia mai raccontata dei Campioni della Resistenza: calciatori-partigiani come Armando Frigo, capace di segnare una doppietta con un braccio mezzo ingessato in un memorabile Vicenza-Verona 2 a 0 e poi fucilato dai tedeschi dopo aver eroicamente difeso il passaggio montano di Crkvice, in Jugoslavia; o come la bandiera lariana Michele Moretti, comunista e membro del gruppo partigiano che il 28 aprile del 1945 giustiziò Benito Mussolini in nome del popolo italiano.
    Le gesta dei calciatori partigiani, raccontate con sapiente partecipazione da Edoardo Molinelli, attingendo al cuore del più popolare tra gli sport, danno un contributo speciale alla stessa comprensione della Resistenza come fenomeno di massa. E, finalmente, iscrivono la vita vera dei grandissimi ma spesso misconosciuti protagonisti di questo libro a una sola, grandissima squadra: quella che si riconosce nei colori della giustizia sociale e della libertà.
    EDOARDO MOLINELLI - Pratese, classe 1981, scrive di calcio e politica su Minuto78. Fondatore e curatore del primo blog italiano dedicato all’Athletic Club di Bilbao, ha pubblicato per Hellnation Libri – Red Star Press il volume Euzkadi. La nazionale della libertà (2016).
    Hellnation Libri
    Pagine: 246
    Formato: 13x20 brossurato con bandelle
    Isbn: 9788867182206







    la seconda è questa raccontata anche in una canzone scritta da Ligabue per i Modena City Ramblers  che  per  una   strana    coincidenza   sta passando  ora  fra le  canzoni  di youtube  che  sta ascoltando  e di cui  riporto  insieme  all'articolo il  video

    Resistenza e memoria. Germano Nicolini, il Diavolo dal cuore buono

    Centenario, è il partigiano di Correggio cantato da Ligabue: lo chiamarono così quando lo videro seminare i tedeschi che lo inseguivano. Divenne il suo nome di battaglia. L’intervista di Gad Lerner oggi nello speciale 25 Aprile sul sito di Repubblica




    Lo chiamano "dièvel", diavolo, non per mirabolanti strategie militari o per l'astuzia nascosta nella coda del demonio, ma perché la mattina del 31 dicembre del 1944 lo videro fuggire tra i boschi di Correggio con la rapidità d'un furetto. Dietro la sua bicicletta che volava a zig zag, i soldati tedeschi lanciati all'inseguimento. "Ma l'è prôpi un dièvel!", è proprio un diavolo, dissero due contadine nascoste in cascina. E da allora Germano Nicolini è rimasto il "Comandante Diavolo", a dispetto della fibra morale e del suo destino di eroe buono.
    Non perse il leggendario epiteto neppure quando fu sbattuto in galera nel 1947 con l'accusa platealmente infondata di aver assassinato il parroco della sua città, proprio lui che conosceva il significato profondo dell'esser partigiani, portare la vita non la morte, la solidarietà non la prevaricazione. E ora centenario, la passione ancora integra e il gesto irrequieto non addomesticato dal tempo, continua a testimoniare la sua incredibile vicenda, già celebrata da una canzone scritta da Ligabue per i Modena City Ramblers.



    "Mi considerano un pezzo della storia italiana. Può darsi. Quel che è sicuro che ho passato dieci anni in galera da innocente. Ma non ho smesso per un secondo di essere l'unica cosa che sono: un antifascista, un democratico, un partigiano resistente che doveva resistere".
    Quella di Germano Nicolini è una delle quattrocento testimonianze raccolte da Laura Gnocchi e Gad Lerner nel meritorio lavoro dedicato ai ragazzi che nel 1943 furono chiamati a una scelta estrema (Noi partigiani. Memoriale della Resistenza italiana, prefazione di Carla Nespolo, Feltrinelli; la clip dedicata al comandante Diavolo sarà trasmessa oggi pomeriggio su Repubblica Tv).
    Una memoria che nella sua eccezionalità racconta molto di noi, di un'Italia che fin dal dopoguerra ebbe un rapporto inquieto con i resistenti: talvolta incompresi, tenuti ai margini o, come in questo caso, perseguitati da una giustizia ingiusta. E colpisce il filo esistenziale che tesse il racconto di Nicolini, la scelta del partigianato nata dalla vicinanza con gli ultimi, e rinnovata nel tempo dal patto morale stretto allora con i suoi compagni. È grazie a loro se ha resistito a testa alta "quando si è cercato di infangare una pagina luminosa della nostra storia". Ed è sempre grazie a loro che non si stanca di raccontare, "soprattutto oggi che si riaffaccia il cupo richiamo dell'autoritarismo".
    Come il nome, anche la sua storia è carica di rovesciamenti romanzeschi, perché tutto ci si può aspettare ma non che il Comandante Diavolo, capo del terzo battaglione della 77esima Brigata Sap "Fratelli Manfredi", abbia subìto per quasi cinquant'anni lo stigma dell'assassino. Perché Germano era uno che detestava la violenza, "e se in molti credono che la Resistenza sia stata un fatto solo militare sbagliano, perché noi abbiamo preso le armi per difendere la popolazione". Credeva nelle leggi, Germano, "quelle del diritto e della sacralità della vita". E quando a guerra finita cominciò a respirare una brutta aria nelle sue zone, in Emilia, in quello che si sarebbe chiamato "il triangolo della morte", si adoperò per contenere in alcuni dei suoi compagni le tentazioni di giustizia sommaria. "Se si comincia a dire "ci facciamo giustizia da noi", la violenza prende il posto dell'ingiustizia. E la democrazia è più importante della rappresaglia".
    Subito dopo la Liberazione fu nominato dagli americani reggente di Correggio. E fu in quei giorni che riuscì a compiere un piccolo miracolo, mai più ripetuto nel lunghissimo dopoguerra: una "mensa del reduce e del partigiano" dove potevano mangiare tutti allo stesso tavolo, resistenti ed ex fascisti repubblichini, a condizione che questi non avessero mai sparato o commesso reati.
    Riuscì ad allestirla in poco tempo, facendosi dare i soldi dalle famiglie benestanti che avevano finanziato l'esercito di Mussolini. Cominciò così "il pranzo della conciliazione", che non era parificazione o confusione o smarrimento del senso storico, ma un modo per dimostrare "che era possibile non comportarsi come loro, spargendo odio e terrore". Sempre negli stessi giorni, durante un'ispezione nel carcere di Correggio, riuscì a sventare un assalto partigiano, salvando la vita a sei detenuti ex repubblichini. Alcuni di loro avrebbero testimoniato a suo favore nel processo per il delitto di don Pessina. Ed eccoci al fattaccio, che è storia conosciuta. Con la colpevole complicità della chiesa cattolica e del Pci, nel 1947 Germano Nicolini, ormai divenuto sindaco comunista di Correggio, viene processato e condannato per l'assassinio di don Umberto Pessina, il parroco di San Martino ucciso l'anno prima dai proiettili di tre ex partigiani. Tutti sapevano - o avrebbero presto saputo - che Germano non c'entrava niente. Lo sapeva il vescovo di Reggio Emilia, che però non l'amava perché cattolico passato con i rossi. Lo sapeva il Partito, che però non l'amava per lo spirito libero e gli propose di espatriare in Cecoslovacchia, insieme ad altri partigiani invischiati nelle violenze. Ma lui fu fermo nel rifiuto: alla fuga preferiva il carcere, soprattutto per dimostrare la sua innocenza. Dei 22 anni di pena, Germano ne trascorse in cella dieci, ma solo per via dell'indulto. Per ottenere l'assoluzione piena dovette aspettare il 1994. Dopo 47 anni, il comandante Diavolo ha potuto riavere indietro le sue mostrine militari. E le scuse dello Stato italiano.
    Ora la sua lunga e complicata resistenza può raccontarla ai più giovani. E a loro ripete le parole con cui l'aveva salutato il suo amico Giacomo, ucciso dalle Brigate Nere: "Non dite che siete scoraggiati, che non ne volete più sapere. Pensate che tutto è successo perché non avete voluto più saperne"

      

    ma  veniamo all'oggi 



    mentre  mi apprestavo   a concludere   il post  d'oggi  apprendo    da  questo video





     quest'altra storia 

      da  http://www.gliocchidi.it/persone/ida_e_augusta


    Ida e Augusta


    Fotografia di Augusta Ludescher, anni Trenta
    Ida Roser: Germania 1885  Gombio, 1956

    Fotografia di Ida Roser, anni Quaranta
    Augusta Ludescher: Germania 1881 - Gombio 1950)
    La targa che ricorda Ida Roser e Augusta... - Spartiti - Jukka ...Siamo Ida e Augusta, le due tedesche di Gombio. Non crediamo di meritarci tutta questa attenzione. Abbiamo fatto solo quello che tutti dovrebbero fare: ricordare che non siamo bestie. Sia che si tratti di una vita umana, di un fiore o di una frittata.E a me, che sono Augusta, che sono passata da Berlino a Gombio per amore di Narciso Piazzi, non mi è parso di fare nulla di eccezionale, quando quel tedesco mi è entrato in casa. Stavano rastrellando e ci avrebbero ucciso tutti. Però una frittata è una frittata e non si entra in casa della gente senza chiedere permesso e si inizia a mangiare il cibo altrui. Allora l’ho detto ben chiaro “Lazzarone, è così che ti hanno insegnato l’educazione”. L’ho detto in tedesco, la mia lingua, e a lui non sembrava vero. Sentire la voce di sua madre, della sua maestra, della sua sorella. Di sasso.Trovare in quella povera casa in quel piccolo paese una donna che parlava la sua lingua. E lui ha chiamato il comandante. E il comandante si è messo a parlare con me e poi ha chiamato anche Ida. Due donne tedesche in quell’angolo di mondo. Abbiamo parlato e parlato e alla fine se ne sono andati. Non hanno ammazzato nessuno. Abbiamo salvato il paese.Ma lo sapete anche voi che, in fondo, non si è trattato della frittata. A volte basta la voce di una donna per fare ricordare che nessuno è nato carnefice. Che nelle vite di ognuno di noi c’è stato un sorriso o una gentilezza. Un momento in cui ci siamo pensati migliori di quello che siamo diventati. Un momento per una speranza o per una frittata. Noi non siamo eroine. Siamo solo le due tedesche di Gombio. Sorridete, quando ci guardate negli occhi. E lavatevi le mani prima di andare a pranzo.







    Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

    Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...