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Era mezzogiorno, quando si fece buio sulla terra… ». Da secoli la Via Crucis è paradigma di ogni sofferenza umana, tanto che usiamo il termine Calvario per definire il tragitto di chiunque combatta la sua personale lotta col dolore. A distanza di un anno dall’inizio della pandemia, è tuttavia il mondo intero a sentirsi ancora sul Golgota, per cui proviamo a rileggere le 14 stazioni della Passione come metafore di questa lunga, tormentata esperienza collettiva.
I. Condanna a morte
Fra i tripudi della folla che gli preferì Barabba, l’inizio del Calvario è nel segno di una leggerezza spiazzante, la massa sceglie chi sopravviverà con la stessa distrazione con cui si vota a un reality show. La banalità del male la descrisse la Arendt, a noi tocca declinare la banalità del dolore, che in genere ci beffa presentandosi come un’inezia. Due linee di febbre.
II. La presa della croce
Ci sono molte risate intorno alla crocifissione: scherni, dileggi, sarcasmi. L’estremo dolore va spesso d’accordo con la farsa, che sembra talvolta un disperato modo di compensare lo spettacolo della morte con un’artefatta botta di vitalità. Per la serie: mentre tu muori, a me interessa volare alle Baleari e sbronzarmi sotto una palma.
III. Prima caduta
La prima caduta del Calvario è quella dei morti uccisi dal virus, centinaia di migliaia. Ma a distanza di un anno dall’inizio di questa danza macabra, abbiamo perso quasi del tutto lo scandalo del morire. Scorriamo con sguardo asettico la lista dei caduti del giorno, perché valgono più le implicazioni dei decessi che non i cadaveri stessi. La morte ha perso il suo impatto, fa parte del paesaggio. E il virus killer, per paradosso, ha ucciso anche lei.
IV. Incontro con la madre
Nelle Rsa ci si può abbracciare solo attraverso il cellophane. Neppure il vaccino ha potuto scalfire questo aberrante diaframma, e nel frattempo migliaia di persone hanno visto svanire genitori e cari nel cono d’ombra di ospedali divenuti fortezze inaccessibili e impermeabili all’esterno. «Non so più niente di mia madre», «qualcuno mi dia notizie di mio padre». Il baratro.
V. Il Cireneo
Simone di Cirene passava per caso, ma venne obbligato a portare la croce. Insomma, suo malgrado si trovò coinvolto. E assomiglia davvero a quelli che sono finiti “dentro” la ruota del virus pur non essendone contagiati direttamente: passavano per caso, ma non volle dir niente. E i tentacoli di questa piovra ci hanno raggiunto di fatto tutti.
VI. Veronica deterge il volto
Unico tratto di tenerezza nell’abominio del Calvario è questa donna che grazie a un attimo di illuminata sensibilità, è stata celebrata nei secoli. Ma sono migliaia le Veroniche senza nome che in questo preciso istante, fra corsie Covid e Rsa, possono scegliere a un bivio che — sia chiaro — non è fra generosità e
egoismo, bensì fra l’umano e il disumano.VII. Seconda caduta
Scrisse Dante “caddi come corpo morto cade”, e così è stato per molti, troppi, dal momento che dopo i morti per Covid, ci sono i caduti senza Covid. Sono quelli che in un anno hanno visto crollare l’equilibrio costruito per vivere. Ognuno di noi è a suo modo un equilibrista, per cui tutti, più o meno, siamo caduti dal filo. Posti di lavoro spazzati via, chiusure infinite, bandoni abbassati, agende vuote, sedie sui tavoli, luci spente, miriadi di cartelli “Affittasi” e “Vendesi”. Qui giace il lavoro.
VIII. Cristo parla alle donne
«Non piangete per me ma per i vostri figli…» sono parole che assumono adesso un’eco inquietante. Una generazione intera di giovanissimi uscirà razziata e sconvolta da oltre un anno di rinuncia all’affetto, all’istruzione in presenza, alla socialità. Le conseguenze nel tempo saranno incalcolabili. E per favore, nessuno si azzardi a dire «tanto sono giovani, ne usciranno».
IX. Terza caduta
Poi c’è la schiera immensa di chi non trova la propria caduta né su un referto clinico né su un registro contabile. Alzi la mano chi è rimasto in piedi, nel grande girotondo in cui si finisce “tutti giù per terra”, perché a essere affossato è il senso stesso del poter vivere, inteso come plasmarsi la vita. Il divieto e la limitazione sono diventati condizione e perimetro di un’esistenza tramutata in r-esistenza, in cui tuttavia è difficile non cedere alla d-esistenza.
X. Si giocarono le sue vesti
Gli sciacalli, è noto, si accaniscono su ciò che resta. In senso etico simboleggiano la defunta pietà, ma anche la facilità con cui gli opportunisti abdicano al criterio del lecito. Ecco, la crisi comporta il rischio che tutto appaia d’un tratto giustificato e legittimo, proprio perché «la situazione è grave». In altri termini, il Covid può essere un grande alibi.
XI. Cristo inchiodato in croce
Tutti uguali a tutti, il profeta come i ladroni, i vip come i poveracci, i capi di Stato come gli homeless. Il virus ha insegnato che le piramidi gerarchiche sono giochetti di cui madre Natura non si cura affatto. O così almeno ci piace raccontarci, assegnando almeno questo merito al nefasto ospite. Ma è davvero così? Lo sapremo con la distribuzione dei vaccini al Terzo Mondo.
XII. Morte
I telefonini già da anni entravano in sala parto, rendendo il nascere un fatto pubblico. Ma la morte? Mai era stata tanto spiata come nell’ultimo anno. Le telecamere sono entrate a sbirciare fra i tubi delle rianimazioni, negli obitori dove si piange, nei depositi delle bare. Si è smarrito il pudore del morire, e con esso la sua sacralità.
XIII. Deposizione
Riferiscono i Vangeli che all’ultimo respiro esalato sul Golgota seguì un terremoto. Dopodiché, il silenzio, ovvero quel ritorno alla normalità che a pensarci bene è la parte più spietata di ogni sofferenza: per quanto straziante sia, finirà per sparire nel grande tritacarne e si volterà pagina. È questo che cerchiamo, con la normalità: l’archiviazione.
XIV. Sepoltura
Un corpo senza vita riposto in un sepolcro, e fine della storia. Come dire: l’elaborazione del post Covid è tutta da venire, tutta ancora da iniziare, e non è detto che conduca alla resurrezione. Basterebbe che tutto questo dolore assumesse semplicemente un senso, laddove — per adesso — brancoliamo nel buio.
Infatti distanza di un anno dall’apparizione del virus il mondo intero vive ancora il suo calvario La prima caduta sul Golgota è quella dei malati, morti da soli o quasi negli ospedali. e proprio mentre scrivevo le ultime righe i questo post mi è ritornata a mente questa canzone demenziale
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