VITA DA BRACCIANTI
La speranza di una vita migliore può essere una trappola che la vita congela in un’attesa potenzialmente infinita. Almeno, è così che sembra andare a Borgo Mezzanone, ghetto (il nome giusto sarebbe “insediamento informale”) in provincia di Foggia, dove circa 4mila braccianti coltivano speranze nelle ore e nei giorni lasciati vuoti dai campi. A thing by, collettivo di ragazzi tra i 23 e i 28 anni, ci è entrato nel 2020 e ci ha vissuto per tre mesi spalmati su un anno, realizzando One day one day, racconto delle vite sospese di alcuni di quei 4 mila. Il regista è Olmo Parenti, il più “vecchio” del gruppo di filmaker,
che i soldi per il film li ha trovati girando i videoclip di Gabbani, Sfera e Basta e soprattutto Tananai, che firma le musiche del film. Da Sanremo a Borgo Mezzanone passando per George Floyd: «Nel 2020 ho visto un servizio sul ghetto a le Iene. Poco dopo, a Minneapolis hanno ucciso George Floyd e mentre ero in piazza a Milano a manifestare per lui mi sono detto: e per gli schiavi di casa mia cosa posso fare? Poco dopo eravamo a Borgo Mezzanone: non sembra Italia.
Manca tutto, luce, acqua, diritti. Ma a colpire di più è l’immobilità sociale: non c’è redenzione, per quanto brutale il ghetto è l’unico posto che accoglie questi ragazzi
Ci siamo tornati nel corso di un anno per dare alle cose la possibilità di cambiare, invece abbiamo documentato fallimenti: ogni volta che i nostri “protagonisti” facevano un passo per migliorare la propria vita – affittare una casa, cercare un altro lavoro, aprire una
PostePay – trovavano un muro di gomma. La maggior parte di loro è arrivata in Italia tra il 2014 e il 2016, alcuni sono a Borgo Mezzanone da anni e senza possibilità di uscirne: non hanno il permesso di soggiorno, non possono andare in un altro Paese europeo per gli accordi di Dublino, verrebbero rispediti in Italia, ndr), non vengono rimpatriati, come prevede la legge». Un limbo esistenziale, burocratico, legale, noto a tutti, da anni. George, Abu e gli altri intervistati, rispondono a ogni domanda sul futuro col mantra diventato il titolo del film: « One day, un giorno, le cose andranno meglio.Se lo ripetono per non impazzire all’idea di rimanere il tavolino su cui un intero Paese banchetta. Ma “un giorno” è anche la foglia di fico di un Paese che spera che il problema si risolva da sé. E invece, complice il cambiamento climatico, non potrà che peggiorare», dice Olmo Parenti.
Nel Pnrr, il Piano di Ripresa e Resilienza del programmaNext GenerationEu, ci sono circa200milioni di euro stanziati per lo smantellamento degli "insediamenti informali" sparsi in37Comuni italiani e la costruzione di insediamenti abitativi più umani. Per quello diBorgo Mezzanone, il più popoloso, lo stanziamento è di circa 50 milioni: «L’intervento rientra in un progetto di integrazione e regolarizzazione più ampio», dice Tatiana Esposito, Direttrice generale dell’immigrazione del ministero del Lavoro (foto), che dettaglia anche i tempi: «Entro marzo 2023 le amministrazioni locali devono presentarci il piano di intervento e, una volta che lo avremo approvato, avranno 2 anni per realizzarlo». C’è poi il problema della regolarizzazione dei braccianti che ci vivono: anche quando avranno una casa, come faranno coi documenti? «Abbiamo condotto una ricerca approfondita sulla composizione dei braccianti impiegati in agricoltura in Italia: la stragrande maggioranza di loro è composta da stranieri regolari». La quota di irregolari è però quella che popola i ghetti: «Per gli irregolari ci sono già due strumenti, poco utilizzati: l’art. 22 del Testo Unico sull’Immigrazione, che garantisce un permesso di soggiorno a chi collabora con la giustizia per contrastare lo sfruttamento; l’art. 18 dello stesso Testo, che assicura protezione e documenti anche a chi non denuncia, se vittima di tratta», spiega Espostito. È un limbo esistenziale e burocratico da cui non si può uscire. E che può solo peggiorare
Faldoni, proteste e multe: come nasce il concertone
Dal 1989 a oggi è sinonimo di 1 Maggio. Pochi, però, conoscono le 'grane' che si celano dietro le quinte: gli aneddoti di chi lo organizza
di Camilla Romana Bruno
Nel museo del lavoro tre chilometri di ricordi
Andrea Lattanzi
I manifesti del 1 Maggio sono tra i documenti conservati nell'Archivio Storico del Lavoro di Sesto San Giovanni, che racconta le battaglie per i diritti in Italia.
Nessun commento:
Posta un commento