Francesco è stato un lottatore, non un combattente.
Lottatore, perché non si è mai arreso alle ingiustizie, alla guerra, alla violenza economica, all'umanità fragile e indifesa, ai cosiddetti «lontani» che la Chiesa gerarchica a volte ha trascurato. Imitando il Maestro, Francesco, il successore di Pietro, era venuto per i malati, non per i sani.Francesco dunque
lottatore. Ma non combattente, perché Francesco ha dichiarato definitivamente fuorilegge la guerra, anzi, fuori della Legge. Quella del Vangelo.Francesco capì, sulla scorta di Simone Weil, che non esiste alcuna guerra giusta, neppure quella rivoluzionaria. Non ha offerto formule, come non le offri Gesù. Diede l'esempio.Francesco ha insistito sull'educazione perché, in un mondo in cui l'opzione del conflitto è considerata ormai scontata, solo una cultura di pace, incistata e direi trasfusa nel sangue, può disarmare il concetto stesso di guerra.
Francesco ha creduto nell'ecumenismo, quello vero. Restituendo all'uomo Gesù la realtà delle sue radici mediorientali, ha ridonato universalità al cristianesimo; ha fatto capire che tutto ci importa, «I care» diceva don Milani.
Nessuno escluso: cristiani, musulmani, ebrei e fratelli (e sorelle) tutti. Tanto avrei ancora da dire su questo Papa che considero di transizione, e non è definizione riduttiva: Papa in un mondo che ha «disimparato» Gesù, ma che ne avverte confusamente la mancanza, Francesco, come il buon pastore, ha «transitato» fra noi, umanità smarrita. Ma il tempo non mancherà e, dopo tante emozioni, è giusto lasciar spazio al raccoglimento. D'altronde, è Pasqua. La Pasqua presuppone la morte ma ha vinto la morte. Raccogliere il testimone d'un camminatore, anche quando costretto su una sedia a rotelle, significa metterci in cammino a nostra volta. Sulle orme dell'unico Maestro.
© Daniela Tuscano



