9.3.11

8 marzo storie di donne tina Morotti e pasca piredda

Sempre sulle tematiche del 8 marzo tratterà il post d'oggi . E poiché farà discutere i miei contatti , metto le mani avanti e facendo alcune precisazioni .
Ora Raccontando la biografia \ le storie di Tina morotti ( antifascista e martire nella guerra civile spagnola ) e pasca piredda ( imparentata con antifascisti , ma che ebbe il coraggio dis chierarsi dall'altra parte diventando leader femminile della Xmas di Julio Valerio Borghese ) . Qui non s'intende mettere sullo stesso piano le due storie ma raccontare di come pur nella loro diversità culturale ed ideologica contropposta hanno lottato su fronti diversi oltre che per i propri idea e ritagliarsi un ruolo non succube e marginale nella società dell'epoca più maschilista e chiusa di quella d'oggi .
Lo so che per i lettori ( specie per quelli che mi seguono con attenzione ) avezzi non cisarebeb bisogno di tale premessa che possono saltare e passare direttamente ale due storie ( almeno che non abbiano voglia o di approfondire o ricordare), ma essa viene fatta per i lettori non avezzi a tali argomenti e per queli fiscali e pignoli e di non fulmineo comprendonio. Tutto ciò ad evitare equivoci e fraintendimenti di sorta che nascono ogni qualvolta si parla di un argomento ancora oggi oggetto di tabù e di strumentalizzazioni politike .
Scusandomi per per la prolissa introduzione al limite o su filo del rasouio dui uan spocchia intellettuale , passiamo all'argomento in questione .

Tina Modotti 
« Ogni volta che si usano le parole "arte" o "artista" in relazione ai miei lavori fotografici, avverto una sensazione sgradevole dovuta senza dubbio al cattivo impiego che si fa di tali termini. Mi considero una fotografa, e niente altro. »

(Tina Modotti in Sulla fotografia)
 Ho sentito parlare di lei  in mia  dolce  rivoluzionariavideo e testo )dei Modena city Ramblers  .
Ed incuriosito  dalla poesia  a lei dedicata  da Pablo Neruda   ho deciso di raccontare la sua storia 
In realtà il suoi vero nome  era Assunta Adelaide Luigia Modotti Mondini meglio conosciuta come Tina Modotti (Udine, 17 agosto 1896 – Città del Messico, 5 gennaio 1942) è stata una fotografa e attrice italiana.
Nel giugno 1913 lasciò l'Italia e l'impiego nella Fabbrica Premiata Velluti, Damaschi e Seterie Domenico Raiser, per raggiungere il padre, emigrato a San Francisco, dove lavorò in una fabbrica tessile e si dedicò al teatro amatoriale, recitando artisti come  D'Annunzio, Goldoni e Pirandello.
Nel 1918 si sposò con il pittore Roubaix "Robo" de l'Abrie Richey. I due si trasferirono a Los Angeles per inseguire la carriera nell'industria del cinema. L'esordio della Modotti è nel 1920, con il film The Tiger's Coat, per il quale venne acclamata anche per il suo "fascino esotico". Grazie al marito conobbe il fotografo Edward Weston e la sua assistente Margrethe Mather. Nel giro di un anno, la Modotti divenne la sua modella preferita e, nell'ottobre 1921, sua amante. Quello stesso anno il marito Robo rispose a questa relazione trasferendosi in Messico, seguito a breve dalla moglie che, però, giunse a Città del Messico quando egli era morto ormai da due giorni, a causa del vaiolo (9 febbraio 1922). Nel 1923, ritornò nella capitale messicana con Weston ed uno dei suoi quattro figli, lasciandosi indietro il resto della sua famiglia.
Modotti e Weston entrarono rapidamente in contatto con i circoli bohèmien della capitale, ed usarono questi nuovi legami per creare ed espandere il loro mercato dei ritratti. Inoltre Modotti incontrò diversi esponenti radicali comunisti, tra cui i tre funzionari del Partito Comunista Messicano con cui ebbe delle relazioni sentimentali: Xavier Guerrero, Julio Antonio Mella e Vittorio Vidali.
Il 1927 è l'anno dell'iscrizione al PCM e l'inizio della fase più intensa del suo attivismo politico. In quel periodo le sue fotografie vennero pubblicate su numerosi giornali di sinistra, tra cui l'organo ufficiale del PCM, El Machete.
Si pensa che Modotti sia stata introdotta alla fotografia quando era ancora in Italia, dove suo zio Pietro gestiva uno studio fotografico. Anni dopo, negli USA, suo padre aprì uno studio simile a San Francisco, accrescendo il suo interesse per questa forma d'arte. Comunque fu la sua relazione con Weston che le permise di praticare e migliorare le sue capacità, fino a divenire un'artista di fama internazionale. Il fotografo messicano Manuel Alvares Bravo suddivise la carriera della Modotti in due periodi: quello romantico e quello rivoluzionario. Il primo include il periodo trascorso con Weston come assistente in camera oscura, poi come contabile e infine come assistente creativo. Insieme aprirono uno studio di ritrattistica a Città del Messico e ricevettero l'incarico di viaggiare per il Messico per fare fotografie da pubblicare nel libro Idols Behind Altars, di Anita Brenner. In questo periodo venne scelta come "fotografa ufficiale" del movimento muralista messicano, immortalando i lavori di José Clemente Orozco e di Diego Rivera. Molte delle foto dedicate fiori sono state scattate in quel periodo.
Nel dicembre del 1929 una sua mostra venne pubblicizzata come "La prima mostra fotografica rivoluzionaria in Messico": fu l'apice della sua carriera di fotografa. All'incirca un anno dopo fu costretta a lasciare la macchina fotografica dopo l'espulsione dal Messico e, a parte poche eccezioni, non scattò più fotografie nei dodici anni che le rimanevano da vivere.
Esiliata dalla sua patria adottiva, per un periodo la Modotti viaggiò in giro per l'Europa per poi stabilirsi a Mosca dove si unì alla polizia segreta sovietica, che la utilizzò per varie missioni in Francia ed Europa orientale (probabilmente a sostegno della Rivoluzione Mondiale che aveva in mente). Quando scoppiò la Guerra civile spagnola, nel 1936, lei e Vidali (sotto gli pseudonimi di Maria e Comandante Carlos) si unirono alle Brigate Internazionali, rimanendo nella penisola iberica fino al 1939. Lavorò con il celebre dottore canadese Norman Bethune (che inventò le unità mobili per le trasfusioni) durante la disastrosa ritirata da Malaga nel 1937. Nel 1939, dopo il collasso del movimento repubblicano, la Modotti lasciò la Spagna con Vidali per tornare in Messico sotto uno pseudonimo.
Modotti morì a Città del Messico il 5 gennaio 1942, secondo alcuni in circostanze sospette. Dopo aver avuto la notizia della morte Rivera affermò che fosse stato Vidali ad aver organizzato l'omicidio. Modotti poteva "sapere troppo" delle attività di Vidali in Spagna, incluse le voci riguardanti 400 esecuzioni. Più probabilmente quella notte Tina, dopo aver cenato con amici in casa dell'architetto Hannes Meyer, viene colpita da un infarto, e muore dentro un taxi che la sta riportando a casa. La sua tomba è nel grande Pantheòn de Dolores a Città del Messico. Il poeta Pablo Neruda, indignato dalle accuse fatte a Vittorio Vidali compose il suo epitaffio in cui è indicato anche lo sciacallaggio riferibile a queste infamie; di questo componimento una parte può essere trovata sulla lapide della Modotti, che include anche un suo ritratto in bassorilievo fatto dall'incisore Leopoldo Méndez:


« Tina Modotti hermana,
no duermes no, no duermes
talvez tu corazon
oye crecer la rosa
de ayer la ultima rosa
de ayer la nueva rosa
descansa dulcemente hermana.

Puro es tu dulce nombre
pura es tu fragil vida
de abeja sombra fuego
nieve silencio espuma
de acero linea polen
se construyo tu ferrea
tu delgada estructura  »

(Pablo Neruda, epitaffio dedicato a Tina Modotti)

« Tina Modotti, sorella non dormi, no, non dormi: forse il tuo cuore sente crescere la rosa di ieri, l'ultima rosa di ieri, la nuova rosa. Riposa dolcemente sorella.  »

(traduzione)
  secondo Wikipedia  da  cui  ho preso in parte  questa  biografia   <Massimo Bubola contenuta nell'album Diavoli e Farfalle, una composta da Cisco tratta dall'album La lunga notte, una di Tosca nell'album Sto bene al mondo e una dei Modena City Ramblers dal titolo "Mia dolce Rivoluzionaria" tratta dall'album "Dopo il lungo inverno".
Negli anni novanta al Teatro “XX secolo” di Roma espone una raccolta di disegni di Silvio Benedetto su Tina Modotti, presentata da Claude Moliterni, “Sombras”.
Nel 2003 il fumettista italiano Paolo Cossi pubblica un libro a fumetti interamente dedicato alla vita della fotografa friulana: trattasi infatti di Tina Modotti, edito da Biblioteca dell'immagine.
Il sassofonista jazz Francesco Bearzatti ha dedicato alla fotografa un intero album, Suite for Tina Modotti, registrato con un'apposita formazione chiamata Tinissima Quartet.
Recentemente, il fumettista messicano Angel de la Calle ha dedicato a Tina Modotti il romanzo a fumetti "Modotti", edito in due volumi da 001 Edizioni. >>


Pasca  Piredda

Di lei ho sentito  parlare  da mio pro zio e  mio nonno  paterno  entrambi fascisti 




Biografie. Unione sarda  Sabato 23 gennaio 2010


A un anno dalla morte Delfino pubblica la storia avventurosa dell'ausiliaria nuorese
Pasca Piredda,
la ragazza della Decima
Il principe Borghese la volle sua addetta stampa
Scampò alla fucilazione salvata dal partigiano Neri
Scomparsa un anno fa all'età di novantadue anni Pasca Piredda passa alla storia come la "ragazza della Decima Mas", il corpo di Marina guidato dal principe Junio Valerio Borghese che dopo l'8 settembre combattè una personalissima guerra in nome dell'onore d'Italia. Oggi, in tempo di revisionismi e di rilettura critica di quei tragici giorni, le vicende della Decima Mas appaiono con una nuova luce grazie al lavoro di alcuni storici, ai documenti usciti dagli archivi e alla diaristica emergente. Non più, dunque, sbrigativi giudizi ideologici, ma un'analisi più distaccata dei fatti. Così i marò della Decima Mas, dipinti da una storiografia consolidata come bande di fascisti ad oltranza, possono essere visti quali erano in realtà: militari che fecero una scelta di coerenza e di onore. Una scelta dalla parte del regime morente, ma per loro - considerati i tempi e gli eventi - assolutamente comprensibile.
Col principe Borghese andarono uomini e tanti giovanissimi che non vollero tradire il giuramento al re e alla bandiera passando con i badogliani e gli alleati. Per coerenza decisero di continuare a combattere contro gli angloamericani, mentre al nord si schierarono contro i partigiani delle brigate comuniste e i titini jugoslavi. Seppure etichettati come fascisti, non difesero Mussolini e non si schierarono apertamente con Salò, scegliendo una politica di non belligeranza con i nazisti. «Nella Decima non si parlava e non si faceva politica, la nostra fu solo una scelta militare, una decisione presa con la propria coscienza consapevoli del destino a cui andavamo incontro», afferma Pasca Piredda nel libro autobiografico appena uscito con l'emblematico sottotitolo "Una giovane nuorese nella bufera della guerra civile".
Nipote di Grazia Deledda, di una nota famiglia barbaricina con zii rettori di scuola e alti magistrati, quasi tutti antifascisti e militanti del Partito sardo d'azione di Lussu e Berlinguer padre, Pasca fu invece una fascista convinta. Considerata dai parenti una "testa calda" e cresciuta come tutti i ragazzi di allora nelle scuole del regime, nel 1940 a sedici anni vinse un concorso scolastico e si trasferì in collegio a Roma. Nella capitale frequentò la scuola di mistica fascista dove fu notata dal ministro del Minculpop (il ministero della cultura popolare), il professor Fernando Mezzasoma che la volle come segretaria personale. Dopo l'8 settembre nasce la repubblica di Salò e il ministro chiama la giovanissima sarda a continuare il lavoro al nord. E qui, mentre il paese è nel caos della guerra civile con gli alleati che incalzano da sud, questa ventenne nuorese diventa un vero personaggio. Come racconta lei stessa nel volume "La ragazza della Decima", pubblicato da Carlo Delfino con la prefazione del giornalista Luciano Garibaldi (ex direttore di Gente). Si tratta di un'originale autobiografia che raccoglie le memorie di un'originalissima sarda. Per scelta stilistica dell'autrice (non dichiarata nelle pagine) il racconto si sviluppa sotto forma di intervista in cui Pasca è nello stesso tempo intervistatore e intervistata.
Cresce nel culto del fascismo e di Mussolini, diventando un'attivista del partito con l'incarico, nonostante l'età, di lavorare tra le donne delle campagne. La sua vita avventurosa ha una svolta a Salò dove negli uffici del ministro incontra gli ufficiali inviati dal principe Borghese. I repubblichini non vogliono fare propoganda per la Decima Mas (arriverà a contare 30 mila uomini) considerata un corpo ribelle e non allineato con le direttive di Mussolini. Pasca che già lavora all'ufficio stampa del ministero, viene "rapita" da comandante Mario Arillo, medaglia d'oro ed eroico incursore della Marina che aveva affondato con i "maiali" subacquei alcune navi inglesi. Solo quando arriva a La Spezia, dove ha sede il comando della Decima, capisce quale sarà il suo destino di ausiliaria a fianco di questo manipolo di romantici combattenti, molti decorati per le loro imprese e decisi a continuare la guerra contro gli angloamericani. Il principe assegna a Pasca l'incarico di stampare il giornale "La Cambusa", voce della Decima, e di organizzare l'ufficio stampa e la propoganda. Nel libro Pasca spiega che «la repubblica di Salò ebbe una funzione di filtro con i tedeschi, evitando che facessero terra bruciata...Nessuno di noi voleva i tedeschi nella nostra patria. Anche noi come la maggioranza degli italiani c'eravano stufati del fascismo, però non volevamo tradire. Il nostro onore era sopra ogni altra cosa». Così in quei due anni tragici fu testimone diretta degli eventi che videro protagonisti gli uomini della Decima.
Una scelta che a molti, scampati alla guerra, costò poi la fucilazione. Anche Pasca, il 28 aprile (giorno dell'uccisione di Mussolini) è arrestata e sottoposta a un processo sommario. Come in un film viene salvata da un capo partigiano, quel comandante "Neri" che aveva catturato il Duce in fuga verso la Svizzera, proprio la sera prima dell'esecuzione. «Certo che avevo paura, ma mi consideravo già morta dal momento della sentenza pronunciata da uno di quei tribunali del popolo che in quei giorni ordinavano esecuzioni in massa. Però ero talmente disgustata da tutto ciò che stava accadendo che pensavo alla morte come alla soluzione migliore».
Pasca viene consegnata agli inglesi. Dopo un nuovo processo, grazie alle numerose testimonianze a suo favore e anche all'intervento dello zio procuratore a Genova, è prosciolta per insufficienza di prove. Rientrata a Nuoro, in quell'ambiente provinciale teso alla defascizzazione generale, si ritrova al centro di critiche e accuse di ogni genere. Così decide di tornare a Roma per seguire da vicino i processi contro Borghese e gli altri ufficili della Decima. Resta a fianco a donna Daria, la nobildonna russa moglie del principe, e alle altre mogli, madri e figlie dei marò. E lì è rimasta per tutti questi anni. Ora il libro consegna la sua memoria a una nuova storiografia ancora tutta da scrivere.

CARLO FIGARI



Dal comunicato dell'Associazione Comb. Xa MAS e l'Ass. Campo della Memoria del 9 gennaio:

Questa mattina, nella chiesa di San Pancrazio in Roma, si sono svolti i funerali della Capo Uff. Stampa e Propaganda, Dottoressa Pasca Piredda, spentasi la sera del 7 gennaio, all'età di 92 anni, per le conseguenze di un arresto cardiaco. La cerimonia è stata officiata da padre Karol, che ricordando la vita eroica ed esemplare di Pasca, ha trattenuto a stento le lacrime.Insieme ai parenti, molti dei quali giunti dalla Sardegna, la chiesa era gremita da personaggi politici di primo piano, esponenti di associazioni combattentistiche, e soprattutto da numerosissimi giovani che con la loro presenza hanno voluto dimostrare il loro affetto e il loro attaccamento a "Paschetta".Tra gli intervenuti meritano una menzione i decumani: Marcello Lama, Antonio Tombesi, Renzo Palmini.All'uscita della bara, avvolta dalle bandiera della R.S.I. e della Xa Flottiglia Mas, una delegazione dell'Associazione Campo della Memoria, composta dal Dott. Alberto Indri, Mario Russo, Aldo Rossi Merighi, Tommaso Gambardella e Gabriele Adinolfi, ha voluto salutare Pasca, con il saluto a lei più caro: Xa Marinai... Xa Comandante!

Ass. Campo della Memoria

Raffaella Duelli
Alberto Indri

Da il Secolo d'Italia dell'8 gennaio 2010 :
Si è conclusa ieri l’incredibile storia personale di Pasca Piredda. Una storia che vale la pena raccontare perchè sfata meglio di un saggio uno dei più tenaci luoghi comuni della propaganda della sinistra ideologica: un carattere misogino e antifemminista che si vorrebbe radicato nella presunta cultura machista del Ventennio tra le due guerre.La Piredda, dunque. Nata a Nuoro, nell’area più depressa e arretrata della Sardegna degli anni Venti, dove le donne all’epoca vestivano più o meno col chador. Si prende due lauree prima dei 22 anni. Scienze coloniali e Scienze politiche. Con un breve saggio vince un premio universitario. Inizia a tenere conferenze, la chiamano anche in Continente. Conosce Fernando Mezzasoma, che si ricorderà di lei quando diventerà ministro di Stampa e Propaganda della Rsi. La cerca, la trova, l’assume come addetta stampa. È brava, Valerio Borghese si convince che sia la persona giusta per “curare l’immagine” (come si direbbe oggi) della sua formazione. E poco più che ragazza viene nominata capo dell’ufficio stampa della Decima. A meno di 25 anni guida un ufficio tutto maschile. Per di più in tempo di guerra. Sotto di lei ci sono il responsabile della propaganda capitano Cocchia, i tenenti addetti alla stampa Genta e Zanfagna, il capitano Spampanato, responsabile delle radio, e il tenente Luxardo, titolare della fotografia, appartenente alla notissima famiglia romana. Pasca tiene l’ufficio con efficienza e competenza. La maschia gioventù la rispetta, e le obbedisce pure. Vedere per credere le circolari con la sua firma: sono all’asta su E-bay (e costano anche parecchio, in media più di cento euro).Pasca Piredda è morta ieri per le conseguenze di un infarto. I funerali si svolgeranno domani a Roma, a San Pancrazio, alle 10. Ma in quale casella del Novecento inquadrereste adesso la sua biografia? A noi pare starebbe benissimo tra le figure d’avanguardia dell’emancipazione femminile. Al di là di ogni divisa, oltre ogni etichetta di parte.
Federica Perri


Foto Vincenzo Ciccone, via Publio Cosentini.



Dal comunicato dell'Associazione Comb. Xa MAS e l'Ass. Campo della Memoria del 9 gennaio 2010 :

Questa mattina, nella chiesa di San Pancrazio in Roma, si sono svolti i funerali della Capo Uff. Stampa e Propaganda, Dottoressa Pasca Piredda, spentasi la sera del 7 gennaio, all'età di 92 anni, per le conseguenze di un arresto cardiaco. La cerimonia è stata officiata da padre Karol, che ricordando la vita eroica ed esemplare di Pasca, ha trattenuto a stento le lacrime.Insieme ai parenti, molti dei quali giunti dalla Sardegna, la chiesa era gremita da personaggi politici di primo piano, esponenti di associazioni combattentistiche, e soprattutto da numerosissimi giovani che con la loro presenza hanno voluto dimostrare il loro affetto e il loro attaccamento a "Paschetta".Tra gli intervenuti meritano una menzione i decumani: Marcello Lama, Antonio Tombesi, Renzo Palmini.All'uscita della bara, avvolta dalle bandiera della R.S.I. e della Xa Flottiglia Mas, una delegazione dell'Associazione Campo della Memoria, composta dal Dott. Alberto Indri, Mario Russo, Aldo Rossi Merighi, Tommaso Gambardella e Gabriele Adinolfi, ha voluto salutare Pasca, con il saluto a lei più caro: Xa Marinai... Xa Comandante!

Ass. Campo della Memoria

Raffaella Duelli
Alberto Indri

Da il Secolo d'Italia dell'8 gennaio:
Si è conclusa ieri l’incredibile storia personale di Pasca Piredda. Una storia che vale la pena raccontare perchè sfata meglio di un saggio uno dei più tenaci luoghi comuni della propaganda della sinistra ideologica: un carattere misogino e antifemminista che si vorrebbe radicato nella presunta cultura machista del Ventennio tra le due guerre.La Piredda, dunque. Nata a Nuoro, nell’area più depressa e arretrata della Sardegna degli anni Venti, dove le donne all’epoca vestivano più o meno col chador. Si prende due lauree prima dei 22 anni. Scienze coloniali e Scienze politiche. Con un breve saggio vince un premio universitario. Inizia a tenere conferenze, la chiamano anche in Continente. Conosce Fernando Mezzasoma, che si ricorderà di lei quando diventerà ministro di Stampa e Propaganda della Rsi. La cerca, la trova, l’assume come addetta stampa. È brava, Valerio Borghese si convince che sia la persona giusta per “curare l’immagine” (come si direbbe oggi) della sua formazione. E poco più che ragazza viene nominata capo dell’ufficio stampa della Decima. A meno di 25 anni guida un ufficio tutto maschile. Per di più in tempo di guerra. Sotto di lei ci sono il responsabile della propaganda capitano Cocchia, i tenenti addetti alla stampa Genta e Zanfagna, il capitano Spampanato, responsabile delle radio, e il tenente Luxardo, titolare della fotografia, appartenente alla notissima famiglia romana. Pasca tiene l’ufficio con efficienza e competenza. La maschia gioventù la rispetta, e le obbedisce pure. Vedere per credere le circolari con la sua firma: sono all’asta su E-bay (e costano anche parecchio, in media più di cento euro).Pasca Piredda è morta ieri per le conseguenze di un infarto. I funerali si svolgeranno domani a Roma, a San Pancrazio, alle 10. Ma in quale casella del Novecento inquadrereste adesso la sua biografia? A noi pare starebbe benissimo tra le figure d’avanguardia dell’emancipazione femminile. Al di là di ogni divisa, oltre ogni etichetta di parte.
Federica Perri
















Ennio Meloni 9 marzo 2011 (per la luce dei tuoi occhi)








‎"A volte il Cielo ti regala
quel che tu non hai trovato
manco il coraggio di sognare
e la riscopri ogni mattina
ad un respiro dal tuo viso

addormentata sul cuscino.
E ti ripeti consapevole,
con la gioia del bambino
che quel dono ha risvegliato,
che da ora la tua vita
sia di giorno che di notte,
è intrecciata, ordito e trama,
con la luce di quegli occhi.
E con il cuore metti in fila 
parole in forma di preghiera
perchè a te venga concesso
d'esser degno di serbare
quella luce per la vita."

Ennio Meloni 9 marzo 2011 
(per la luce dei tuoi occhi)

4.3.11

Video sul Rogo di Libri + Bad News dal Veneto

Video sul Rogo di Libri + Bad News dal Veneto


Mentre si tirano le somme sulla vicenda dei tentativi di censura in Veneto ed esce il primo documentario sul caso, alcuni dei protagonisti, Elena Donazzan e il sindaco di Preganziol, Sergio Marton, tornano alla ribalta delle cronache locali. La prima ha infatti contestato la decisione di alcuni insegnanti padovani che hanno dedicato un minuto di lezione per sottolineare il valore della scuola, in risposta alle parole pronunciate da Silvio Berlusconi sabato scorso, come riporta il Mattino di Padova. L'assessore veneto all'Istruzione, Donazzan, ha risposto in questo modo, in pratica cambiando tema : "Avrebbero fatto meglio a commemorare Massimo Ranzani, l'alpino morto in Afghanistan''. Sì, certo, ma anche no. Dipende. E chi lo decide? La sfuriata s'è conclusa con un invito a farla finita con la politica in classe e nelle scuole. Cambiamo tema. La Giunta comunale di Preganziol ha, dal canto suo, diffuso un avviso firmato da Marton in cui si stabiliscono regole molto strette per il festeggiamento del Carnevale, già penalizzato dalla forte carenza di fondi. In pratica verranno vietate le maschere che "offendono il buon costume, la religione e le istituzioni dello Stato.  Costumi e simulacri dovranno rispettare il prestigio della pubblica autorità e degli agenti della forza pubblica", cioè niente satira e maschere di politici (vedi Tribuna di Treviso).


3 marzo 2011
 

rispetto per chi fa una scelta di vita diversa dalla nostra come quella dei vegani

          

Alcuni \e  leggendo i miei due post  sui pranzi vegani a cui ho partecipato , mi mandando email   chiedendomi come mai  di tale scelta , qualche altro \a mi scrive   prendendomo in giro  e  giudicandomi matto  . 
Alle prime  dico solo di  legersi meglio i due post , specie il primo  . In quanto , come ho  già dettto nel titolo nn sono vegano , troppo dura e e troppo  sacrificio   e rinuncie ma  simnpatizzo  e poi un conto è farlo  uno \ due giorni un altro  è farlo  tutti i giorni  e sempre  
Per  gli altri\e , ed per  questi   che  ho messo  su il blog  e scrivo anche di queste cose , dico solo di smetterle  d'avere il paraocchi e  paure  inutili  e  di conoscere prima di parlare  e  criticare  . 
Sfatiamo almeno proviamoci  alcuni luoghi comuni  .
1) I vegani sono estremisti e fanatici e  se  li dici  che sei  carnivoro o vegetariano  ma mangi la carne  e le  uova  ti isolano e  ti deridono  
Innanzitutto è bene  non generalizzare  perchè  n tutti movimenti culturali  \  stili di vita   ci sono fanatici  ed  intolleranti ,  poi dipende  dalle persone  che sceglgono se   portare  alle'estremo il loro pensiero \ stile di vita   diventando fanatici   oppure   no  .
Dall'esperienza  che ho avuto  con amici\che   a distanza    e non che  sono vegani  , non mi  è capitato  dincontrare  tipi   troppo fanatici che t'imponessero il loro modello  . Al limite un po' di setarismo  , tipo  un mio  amico  da me intervistato per  il  blog gemello ( non ricordo l'url nè la data  cercate  fra il 2009 e  il 2010  nell'archivio  )   diceva che  chi mangia carne e uova   non è vegetariano  . E su qui niente  da obbiettare   o quasi  anche se  io  considero ( e mi considero ) vegetarianoi non puri perchè un conto è mangiare animai e loro prodotti , ma il minimo indispensabile  , giusto per avere un detterminato apporto  proteico giusto  ma senza esagerare   o  se  tali prodotti  ( anche  se  è sempre  più difficile  )  vengano d'allevamenti naturali e non industriali . n cui gli animali vengono trattati con umanità e senza  troppe inutili sofferenze  
2) chi mangia verdure  o  è vegano muore di  fame  o ha  problemi di salute 
Una  grande  str.... perchè  non è completamente vero . Io mangio  al 90 % verdure cucinate in mille modi ( pasta , insalate , cotte  , crude  )  e  non sono  mai morto di fame . Adirittura  ne mangià tanta  tanto da essere diventato colitico  . Un mio amico , mangia vegano da  20  anni   e  non ha mai avuto problemi  di salute  e riesce a svolgere  il suoi lavoro  ( è un istruttore di nuoto in piscina  )  senza problemi .
in risposta alle domande a cui mi tocca rispondere ogni volta che qualcuno viene a sapere  che  per  un giornoho provato a  magiare toltamente vegan  o    che mangioper  il 90% verdure  A volte   come   la proprietatria di questo sito da cui l'ho preso (  http://www.federicabosco.com/ )  è qualcuno seduto giusto accanto che non ti fa delle semplici domande,ma ti attacca come se gli avessi offeso un parente prossimo rovinandoti immancabilmente il pasto!
<<  

“Come difensori del vegetarismo e del veganismo, spesso siamo costretti a discutere con persone che si sentono urtate o anche minacciate dalle nostre idee.
Queste solitamente tentano di trovare falle nella nostra filosofia di vita, che certo si fonda su valori quali l’eguale considerazione degli interessi ed il rispetto universale.



SALUTE UMANA
(ovvero dell’adeguatezza nutrizionale di una dieta vegetariana/vegan)

I vegetariani devono stare attenti.

I vegetariani fanno già molta attenzione riguardo alla loro dieta. E da questo fatto deriva il loro rifiuto della carne e di tutti i prodotti che implicano la morte di animali. Con le attuali conoscenze scientifiche , chi sostiene i presunti pericoli di una dieta vegetariana è disinformato, in malafede o trae profitto dalle malattie e dai disagi degli esseri umani, in quanto impiegato nelle industrie della lavorazione della carne o in quelle sanitarie.

Abbiamo bisogno di una dieta bilanciata.

Assolutamente. Questo è il motivo per cui la maggior parte dei vegetariani assume giornalmente i quattro cibi di base : cereali, legumi, frutta e verdura. Dieta bilanciata non significa estrema diversificazione dei cibi assunti (necessaria solamente a soddisfare dei palati opulenti), ma corretta e completa assunzione di tutti i nutrienti necessari. La carne sbilancia la dieta con l’introduzione di un eccesso di grassi saturi, proteine, colesterolo, tossine endogene, insetticidi, ormoni ed antibiotici.

Da dove attingete le proteine ? Le proteine delle piante sono di qualità inferiore.

Attingiamo le proteine dalle stesse fonti delle altre persone : cereali, legumi, noci ed altri cibi.
Secondo le nozioni correnti, per poter essere utilizzate al meglio le proteine assunte devono avere un preciso equilibrio tra gli 8 aminoacidi essenziali che le costituiscono, come nel latte umano e nelle uova ; a partire da questi due ultimi riferimenti, si fissa allora un punteggio che da il valore chimico delle proteine, detto ” valore biologico “. Se è vero che singolarmente i vegetali (eccetto la soya) hanno proteine di valore biologico inferiore rispetto a quelle animali, complementando proteine di diversi alimenti (cioè mangiandoli contemporaneamente, per esempio legumi e cereali o semi oleosi) s’ottengono proteine di livello talvolta superiore a quelle della carne. Spesso buona parte delle proteine ingerite sono superflue, e di conseguenza o sono bruciate per produrre energia o sono accumulate sotto forma di grasso, in ogni caso dando problemi alla salute a causa dell’eliminazione degli scarti tossici metabolici residui. Normalmente, un’assunzione giornaliera di 0,7 gr/kg di peso corporeo di proteine è più che sufficiente.

Nutrendosi di vegetali si rischia la carenza di calcio, zinco, ferro, vitamine D e del gruppo B, carnitina.

Calcio e zinco sono contenuti debitamente nei semi oleosi, nei legumi e nel lievito, oltre che nei latticini. Il ferro, abbondante in legumi, foglie verdi, cereali integrali, semi oleosi, e frutta secca, diventa biodisponibile quanto quello della carne se gli alimenti che lo contengono sono assunti contemporaneamente ad altri ricchi di vit. C(agrumi, papaya, cavoli, insalate, germogli).

Le vitamine del gruppo B sono contenute in gran quantità nel lievito e nei cereali integrali, mentre la vitamina B12, oltre che in latticini e uova, si trova anche nel lievito, nel germe di grano, nelle alghe, nei semi di girasole, nei germogli. La vitamina D si sintetizza esponendo la pelle regolarmente alla luce solare. La carnitina è prodotta in quantità sufficiente anche dal corpo, e comunque si trova nei latticini.

Le nazioni che non dispongono di sufficiente carne soffrono di malnutrizione.

I migliori indicatori della malnutrizione sono cattiva salute e aspettative brevi di vita.Le nazioni con il più alto consumo ” pro-capite ” di carne come Stati Uniti, Canada, Argentina, Nuova Zelanda, Gran Bretagna soffrono anche della più alta incidenza di obesità, cancri e malattie cardiache. Al contrario, il rischio per i vegetariani di soffrire di queste malattie è 1/3 rispetto a quello della popolazione comune, soprattutto per l’elevato introito di sostanze antiossidanti anti-radicali liberi, e per la minore possibilità che vi siano processi putrefattivi intestinali.

Quasi tutte le sostanze dannose contenute nella carne si trovano anche nei vegetali.

Falso. Nessun frutto, verdura o cereale normalmente sul mercato contiene colesterolo, grassi saturi ormoni od antibiotici. Raramente poi sono veicolo di malattie infettive. I pesticidi che s’accumulano nei tessuti grassi degli animali, concentrandosi lungo i vari passaggi della catena alimentare fino a diventare tossici per i consumatori finali, possono in parte essere eliminati dai vegetali prima del consumo, previo semplice lavaggio.

Il vegetarismo va bene per gli adulti, ma i bambini hanno bisogno di carne.

I bambini hanno bisogno di parecchie proteine, calcio e minerali per la crescita, carboidrati per l’energia, vitamine e oligoelementi per far funzionare tutto, in quantità diverse ma allo stesso modo degli adulti. La carne è ricca di proteine e ferro, ma contiene anche sostanze particolarmente dannose per i giovani organismi, tra cui grassi saturi, colesterolo e purine.
Una dieta vegetariana/vegan ben calibrata può soddisfare tutte le esigenze nutritive dei piccoli, donando al contempo un’eccellente salute.



RISPOSTA GENERALE

Non è mai stato dimostrato nessun caso di malattie o morte causate dalla mancanza di carne e pesce nella dieta. Invece ogni anno milioni di persone, in tutto il mondo, sono uccise o menomate da patologie legate all’eccessivo consumo di derivati animali, come dimostrano ormai inequivocabilmente i risultati di diversi studi condotti da vari gruppi di ricercatori in merito alle relazioni fra dieta e salute.
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Infattti  quest'ìaltra   testimonianza  di chi ha fatto tale scelta 
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In molti ci chiediamo spesso cosa sia giusto e cosa, invece, sia controproducente per noi, gli altri e ciò che ci circonda. Per molti argomenti, la risposta è semplice; per altri, invece, nonostante la semplicità sia alla base di qualunque legge naturale, sembrano esserci mura invalicabili di ignoranza, paure e false convinzioni che ci impediscono di guardare chiaramente cosa c’è dietro una scelta o uno stile di vita, la coerenza.
Cresciamo e veniamo educati in un mondo di convenzioni: dove i ruoli di ognuno sono quasi del tutto stabiliti. Il medico ha la conoscenza, i genitori la patria potestà, i luoghi comuni la ragione su ogni cosa. Ed ecco che veniamo assorbiti da un sistema non cosi tanto perfetto, in cui i difetti non vengono affrontati, ma aggirati con una sorta di passiva accettazione.
È di questo che mi sono accorto in un periodo, relativamente breve, in cui ho cercato di informarmi da fonti più o meno ufficiali su ciò che nasconde la semplice e malvista dieta vegetariana. Le varie ricerche mi hanno aperto un’infinità di orizzonti che neanche sapevo esistessero, e non è tutto: la cosa sconvolgente è il fatto che ciascuno di questi punti di vista completa ed amplia l’altro, senza presentare contraddizioni, in un linguaggio multisensoriale di razionalità ed emotività unico, completo e sorprendente. Ogni aspetto, poi, può essere analizzato sempre più a fondo, aprendo nuovi studi, nuove filosofie e nuove rivelazioni semplici e spiazzanti per come riescano a combaciare senza contrasto con quanto già si conosce.
È sicuramente impossibile spiegare fino in fondo un concetto del genere in un articolo di poche parole. Il modo migliore per rendersene conto è percorrere questa ricerca personalmente, riprendendo teorie eliminate dagli esponenti di un sistema basato non sulla semplicità, ma sul potere e sui guadagni. Cercherò di spiegare in modo generale il mio sentiero su vie parallele, con il semplice scopo di ispirare chiunque vorrà aprirsi ad una ricerca senza fine di ciò che, in quanto umani, abbiamo perso tirandoci fuori dai meccanismi di vita della Natura per inserirci in un sistema di scienza asservita alla società.
Il motivo principale per cui mi sono avvicinato allo studio del vegetarismo in tutti i suoi aspetti, è stata la necessità di rassicurare i miei genitori sulla non dannosità della scelta di diventare vegetariano che fece mio fratello poco tempo prima. Già concordavo sulle sue scelte etiche, legate alla sofferenza ed ai diritti degli animali, ma non essendo ancora riuscito a fare il passo, mi limitavo a sostenerlo da fuori, cercando una fantomatica necessaria soluzione di dieta equilibrata.
È stato quindi quello salutistico il primo aspetto preso in considerazione: non il più importante, ma semplicemente il primo che ha richiesto un esame particolareggiato. Mi sono imbattuto in varie argomentazioni dell’insostenibilità della dieta vegetariana ed in altrettante che ne esaltavano la salubrità. Ho spaziato sul tema di alimentazione e medicina fino a che ogni informazione, negativa e positiva, combaciasse in una spiegazione per me logica ed istintiva. L’approdare nel campo delle medicine alternative ed ormai demonizzate dell’igienismo e dello stile di vita fruttariano mi ha dato tutte le spiegazioni di cui necessitavo, non solo per sostenere la scelta di mio fratello, ma per spingere me stesso oltre: diventare vegano ed intraprendere addirittura la strada verso un’alimentazione il più possibile a base di frutta e verdura, passando anche un luminoso periodo da crudista che, purtroppo, esigenze sociali e lavorative hanno contribuito a ridimensionare verso una dieta vegana tendente al crudismo.
Ciò a cui sono arrivato, in modo estremamente sintetico, è l’aver capito che la scienza medica è asservita al sistema politico e soprattutto economico della nostra società; pertanto ciò che afferma, dovrebbe essere filtrato da tutti gli interessi che vanno oltre il benessere della gente. Tale asservimento della conoscenza è visibile nel contrasto malamente celato tra le raccomandazioni accorate che nutrizionisti e medici danno in diversi momenti ed ambiti. Spesso consigliano di assumere quotidianamente quantità di frutta e verdura tali da essere quasi impossibili da affiancare a qualsiasi altro alimento (si tratta di 5 porzioni di verdura e 3 di frutta in una giornata. È evidente che 8 porzioni coprano abbondantemente le quantità di alimenti per tutti i pasti della giornata); altre volte, soprattutto in situazioni a tema riguardanti argomenti quali “proteine” o “ferro”, raccomandano fortemente un consumo di carne purché sia modesto, usando la famosa affermazione “di tutto, ma un poco”. Sembra sempre più palese che nel primo caso si voglia davvero aiutare l’ascoltatore o il lettore a raggiungere uno stato di salute ottimale, mentre nel secondo, si debba dire qualcosa che appaghi il finanziatore della puntata o della rivista su cui sarà pubblicato l’articolo, mantenendo però il consiglio di assumere pochi alimenti sbagliati.
Siamo costantemente condannati alla guerra ed alle tensioni proprio a causa della tremenda perdita di empatia ed a causa delle incomprensioni scaturite dal nostro cieco affidamento al linguaggio scritto o parlato, formalmente perfetto, ma incredibilmente sterile e freddo.
L’aspetto, invece, più importante che ha spinto me e la maggior parte delle persone ad abbracciare la filosofia vegan è quello emozionale o etico. Tutti noi proviamo empatia per gli altri, umani o di altre specie. Fiumi di parole sono già scorsi a proposito della capacità degli animali di provare emozioni come affetto o terrore, dolore o felicità. Credo che sia qualcosa per cui le parole non hanno un gran potere. Bisognerebbe avere il tempo di tornare bambini e passare alcuni momenti con gli animali, comunicando con loro i nostri stati d’animo ed imparando a comprendere i loro. Siamo costantemente condannati alla guerra ed alle tensioni proprio a causa della tremenda perdita di empatia ed a causa delle incomprensioni scaturite dal nostro cieco affidamento al linguaggio scritto o parlato, formalmente perfetto, ma incredibilmente sterile e freddo.
Conoscere un nuovo modo di vivere, non così lontano da quello che abbiamo, ci mette in condizione di non dover temere dei cambiamenti cosi radicali, ed allo stesso tempo permette di aumentare la nostra sensibilità verso altri esseri senzienti che hanno davvero pochissime differenze rispetto a noi o quegli animali che definiamo di “affezione”, arricchendoci anche in molte altre attività come l’arte o i rapporti interpersonali.
Il rispetto per il nostro stesso corpo e per gli altri animali è come se fossero tasselli nel grande mosaico del rispetto che la Natura usa come base per tutti i suoi ecosistemi equilibrati. Uno stile di vita come quello vegetariano, o meglio ancora quello vegan, sarebbe un toccasana per l’intero sistema Terra: la produzione di carne e dei altri prodotti animali hanno un rapporto costo/quantità estremamente alto. Ciò significa che le risorse utilizzate per la produzione di un solo kg di carne sono altissime e tutto ciò pesa in modo molto serio sul bilancio degli ecosistemi, che si ritrovano a dover affrontare un alto inquinamento atmosferico ed idrico, a causa delle deiezioni e dei liquami smaltiti dagli allevamenti, che contano un numero innaturale di bestiame in pochissimo spazio. Vi sono tantissime fonti da cui trarre e comparare le cifre correlate agli allevamenti ed all’inquinamento che provocano. Inoltre, una quantità impressionante di terre devono essere impiegate e sfruttate per dare foraggiamento al bestiame. Questi terreni vengono sottratti al patrimonio forestale (spesso dei paesi più poveri), arrecando un grave danno ambientale ed economico per i popoli che vivono in quelle zone.
Vivere in modo più salutare nel rispetto del prossimo, non può che portare a meno sprechi e meno pesi per l’ambiente in cui viviamo e che quotidianamente deturpiamo con l’arroganza e l’ingordigia. Tutto porterà alle basi per un conseguente guadagno per tutti, in un miglioramento continuo, su vari fronti.
Ed a giovarne non saranno solo foreste, mari, praterie, animali, società umana e sistema economico rinascente, ma anche i popoli più poveri e meno abbienti di quelli in cui abbiamo la comodità di nascere. Il discorso fatto in precedenza per le risorse e l’inquinamento si traduce velocemente in termini economici. I Paesi che vedono espropriati i loro territori, destinati al pascolo degli allevamenti delle multinazionali, potranno avere maggiori basi su cui costruire un’economia più forte ed indipendente. Con maggiori probabilità di uscire dalla loro lunghissima crisi imposta dall’economia capitalista degli Stati ricchi.
L’ostacolo più grande che in molti ci siamo posti, prima di proseguire in una scelta che istintivamente e razionalmente porterebbe grandi soddisfazioni su vari livelli, è quello del cambio di abitudini. Sembra che un vegano, più di un vegetariano, non abbia nulla da mangiare se non insalata, frutta ed altri alimenti ritenuti miserabili. La preoccupazione più grande è quella di sentire la mancanza delle vecchie abitudini e di non poter reggere uno stile cosi diverso se non per brevissimo tempo. Prima di porsi tanti problemi inesistenti, sarebbe meglio informarsi sulla quantità di ricette, pietanze ed alimenti che possono finire sulla tavola di chiunque voglia provarli. Non esistono cibi da vegan: chiunque può provare seitan, tofu, muscolo di grano, specie di cereali diverse dal grano, piatti esotici o mediterranei a base di verdura, farine, legumi o cereali. Magari, inserendo prima questi alimenti in una dieta a cui si è abituati, risulterebbe più facile sostituire, piuttosto che eliminare.
È vero, il cambiamento richiede applicazione, come iniziare ad andare in palestra, un nuovo lavoro, un corso di studio o qualsiasi attività nuova. Modificare una dieta non è altro che qualcosa del genere, ma sembra imporre più limitazioni di quanto si creda e le eventuali limitazioni sono solo temporanee, fino a che non ci si sarà abituati al cambiamento.
Questo è uno schema molto sintetico di come vari concetti apparentemente senza alcuna connessione possano combaciare ed integrarsi. (...) >> (  continua su  http://venusinfur.wordpress.com    in   qui l'articolo completo )
Io   a differenza  di alcuni miei  amici , con cui ogni tanto faccio pranzi ( vedere post precedenti  forse  un po'infantili ,come  mi è stato rimproverato da  più parti   ,  per la schietezza  e per la verità  a tutti i costi ) ,, non riesco a farlo tutti i giorni  , perchè  non riesco  a dire no   , soprattuto ai sensi di colpa   che mi vengono , quando mi mettono   la carne nel piatto  ,  per  poi doverla  buttare  o quando va bene  darla  al cane  . Ma   condivido con gli interessati il semplice ed unico scopo di essere un esempio di come si possa iniziare un avvicinamento ad uno stile di vita diverso da quello convenzionale, imparando a valutare altri aspetti, oltre a quelli propinati dai luoghi comuni o dalla cultura ufficiale (che spesso non coincide con quella giusta ). Non vi è alcuna pretesa di mostrare la via della Verità assoluta. Ognuno di noi ha i propri punti di vista, che vanno sviluppati in maniera del tutto libera ed individuale. Il bello di questo tentativo sta nel fatto che, in qualunque modo, non sarà tempo sprecato: qualsiasi sarà il traguardo di questo sentiero, una volta raggiunto, avremo ottenuto un’esperienza profonda ed istruttiva, in quanto sarà un’esperienza vissuta pienamente, provata direttamente sulla pelle e nell’anima; ci avrà tirato fuori dalle strutture prefissate di una vita secondo regole e convenzioni sterili e per la maggior parte basate su luoghi comunie pregiudizi  .


Per  chi volesse approfondire

http://www.paleodieta.it/vegetariani_vegani.htm
http://www.stile.it/articolo/vegetariani-i-miti-da-sfatare
http://www.stile.it/notizie/speciale-veganesimo-cosa-mangiano-i-vegani
http://vegetariano.splinder.com/post/22187672/luoghi-comuni-sul-vegetarismo

http://it.wikipedia.org/wiki/Vegani con un ottima bibliografia  e i seguenti  link

ridiamo dignità all’8 marzo




Non amo l’otto marzo.
L’8 marzo  è una data simbolica, non è vero che  Clara Zetkin, nel 1910, avesse scelto l’8 marzo per ricordare le operaie americane morte due anni prima durante un incendio avvenuto nel corso di uno sciopero ma è vero che a scegliere l’8  marzo è stata la Conferenza internazionale delle donne comuniste nel 1921 “per ricordare una manifestazione di donne con cui si era avviatala prima fase della rivoluzione russa”.
Da  quando hanno trasformato la “giornata internazionale della donna” in una  inutilissima ”festa delle donne” , banalizzando  quello che era un giorno di lotta, di presa di coscienza,  trasformandolo in una festa consumistica  come fosse la festa degli innamorati o quella della mamma provo un senso di fastidio per l’ipocrisia di questo giorno
L’otto marzo ha senso solo se torna ad avere il suo significato di giorno della “consapevolezza”.  Oggi si parlerà molto di donne,  ma lo si farà nel modo sbagliato.
Noi donne subiamo migliaia di discriminazioni in questa società a misura di maschio e viviamo una realtà di sfruttamento che va dal doppio lavoro ( ufficio/fabbrica -casa)  all’abuso -violenza , passando attraverso modelli di vita sbagliati  che ci vedono costrette a misurarci con una immagine che corrisponde solo al desiderio dell’uomo (tutte veline o non siamo prese in considerazione) e doveri  indotti per comodità del maschio ( una donna deve essere una perfetta casalinga , una madre attenta , una compagna piacevole sempre pronta a sacrificarsi per il bene della famiglia) .
Prime ad essere licenziate in momenti di crisi , ultime ad essere gratificate nei posti di lavoro , responsabili dell’andamento familiare,  noi donne siamo sì sfruttate , ma siamo anche  più resistenti, più pratiche , più sensibili e forse , mediamente, più intelligenti dei maschiquindi è giunto il momento di smettere di commiserarsi.
E’ il momento di dire basta.
Basta adeguarsi al maschio, basta scimmiottarlo ( questa sera molte donne uscirano  e l’unica cosa che sapranno fare sarà quella di andare a vedere un tristissimo spogliarello maschile … scendendo a livello del maschio più becero…), basta assumerne le modalità comportamentali (le poche donne al potere usano sistemi maschili addirittura esasperandoli) .
 Basta “festa della donna”.
Ritroviamo la dignità  di persone aventi diritti. Riprendiamoci gli spazi che abbiamo ceduto per amore di figli , mariti e di tutti gli uomini  che ci circondano.
Inventiamo un modo nuovo di essere donne.  Ricreiamo la solidarietà femminile . Troviamo nuove vie per collocarci in politica , lavoro , famiglia.
Il modello maschile è un modello prevaricatore che non tiene conto delle nostre peculiarità. Rifiutiamoci di imitarlo.
Ritroviamo la gioia di un  8 marzo fatto di solidarietà , consapevolezza , amicizia , al femminile. Perchè sia un giorno utile alle donne e non un giorno di  festeggiamenti immotivati.
 a bientot
Le donne sono presenze attive di quella Italia che non si lascia offendere dall’arroganza e dalla volgarità, ma faticano ancora a trovare linguaggi e sintonie che invece potrebbero dare loro più forza nel quotidiano smarrimento. Un otto marzo difficile questo. Ma forse l’inizio di una nuova strada che magari stiamo già percorrendo. Magari senza rendercene conto, perchè il paesaggio è nuovo e siamo un po’ spaesate. (Tiziana Bartolini)
Trovata a Venezia una donna vampiro.
Trovati in un sito archeologico nella laguna di Venezia quelli che potrebbero essere considerati i primi resti documentati di una “donna vampiro”. Quando la peste dilagava, ha spiegato l’esperto al meeting della American Academy of Forensic Sciences tenutosi a Denver, Colorado, “dilagava” anche la credenza che gli untori fossero donne vampiro. L’idea delle vampire veniva probabilmente dal fatto che spesso chi moriva di peste emetteva un rivolo di sangue dalla bocca, come i vampiri appunto. Inoltre secondo l’assurda leggenda le vampire “non-morte”, sepolte a fianco dei cadaveri degli appestati, si nutrivano del sangue di questi ultimi per poi riuscire fuori dalla tomba e contagiare altre persone. Per “scongiurare” il contagio coloro che erano addetti alla “sepoltura” dei cadaveri degli “appestati” inserivano quindi un “palo” nella bocca delle sospette donne vampire per impedire loro di “mangiare”. Ed è esattamente così che è stata ritrovata la “vampira” italiana, con un mattone in bocca che le ha frantumato tutti i denti.    
… giusto per l’8marzo!
  1. isa Says:
    se digiti 8 marzo su google la prima immagine che appare è proprio quella di uno spogliarello maschile, però poi ci puoi trovare di tutto, dalle barzellettine tipo “e dio dopo aver inventato l’uomo pensò che poteva fare di meglio e fece la donna” a frasi melense che rilegano la donna nel ruolo di meraviglioso angelo della casa , del sacrificio e della bontà. Io ho scelto una vignettina carina che non posso pubblicare, ma chiederò a Regard di farlo per me.
  2. isa Says:
    Te’ va che ho perso l’avatar! Una vita seria, di assunzione di responsabilità, doveri… e l’otto marzo finalmente, improvvisamente perdo l’avatar. Che dire? Era ora!
  3. regard Says:
    ahahahahah… ho messo la vignetta. Per l’avatar arrangiati da sola… auguri Isa.
  4. isa Says:
    allora le frasi melense non rilegano la donna a mo’ di libro, ma la relegano…e io non so se ho voglia di ritrovare l’avatar! (e se ne va cantando l’aria della Traviata…)
  5. pd Says:
    Regard ha scritto:
    …Ed è esattamente così che è stata ritrovata la “vampira” italiana, con un mattone in bocca che le ha frantumato tutti i denti…
    8O
  6. pd Says:
    Regard ha scritto:
    “…Basta adeguarsi al maschio, basta scimmiottarlo (questa sera molte donne uscirano tra di loro e l’unica cosa che sapranno fare sarà quella di andare a vedere un tristissimo spogliarello maschile… scendendo a livello del maschio più becero…)…”
    …beh, però magari gli stripper sono metalmeccanici cassaintegrati o addirittura disoccupati che tentano di mettere insieme qualche soldo per tirare a campare o per poter cambiare aria emigrando, à la “The Full Monty” per intenderci: non vorremo mica negare a dei poveri diavoli, specie in questi tempi bui, questo ammortizzatore sociale estemporaneo, no?

quasi me la compro la tesi ?

3.3.11

CHIARA ROSELLI_LA MIA CITTA'_ BIG ISLAND RECORDS




SON DEL VENTO LA GIRANDOLA 
SONO GIA' SU 
CON LA TESTA TRA LE NUVOLE 
E PENSO CHE 
SONO QUASI IRREPERIBILE 
SE VUOI RAGGIUNGERMI 
NON DEVI AVERE LE VERTIGINI 

NELLA MIA TEMPESTA MI SENTO UN'AQUILA 
VOLO LIBERA NEL CIELO AZZURRO 
CON FIEREZZA 
NELLA MIA TEMPESTA UN LAMPO M'ILLUMINA 
VOGLIO LUCE IN QUESTO BUIO PESTO 
DELLA SOCIETA' 

LA MIA CITTA'? 
VISTA DALL'ALTO SEMBRA UN ANGOLO 
SONO GIà SU 
CHE TRA LE NUBI BALLO E DONDOLO 

NELLA MIA TEMPESTA MI SENTO UN'AQUILA 
NELLA MIA TEMPESTA UN LAMPO M'ILLUMINA 
NELLA MIA TEMPESTA MI SENTO UN'AQUILA 
VOGLIO LUCE IN QUESTO BUIO PESTO DELLA SOCIETA'