8 marzo storie di donne tina Morotti e pasca piredda

Sempre sulle tematiche del 8 marzo tratterà il post d'oggi . E poiché farà discutere i miei contatti , metto le mani avanti e facendo alcune precisazioni .
Ora Raccontando la biografia \ le storie di Tina morotti ( antifascista e martire nella guerra civile spagnola ) e pasca piredda ( imparentata con antifascisti , ma che ebbe il coraggio dis chierarsi dall'altra parte diventando leader femminile della Xmas di Julio Valerio Borghese ) . Qui non s'intende mettere sullo stesso piano le due storie ma raccontare di come pur nella loro diversità culturale ed ideologica contropposta hanno lottato su fronti diversi oltre che per i propri idea e ritagliarsi un ruolo non succube e marginale nella società dell'epoca più maschilista e chiusa di quella d'oggi .
Lo so che per i lettori ( specie per quelli che mi seguono con attenzione ) avezzi non cisarebeb bisogno di tale premessa che possono saltare e passare direttamente ale due storie ( almeno che non abbiano voglia o di approfondire o ricordare), ma essa viene fatta per i lettori non avezzi a tali argomenti e per queli fiscali e pignoli e di non fulmineo comprendonio. Tutto ciò ad evitare equivoci e fraintendimenti di sorta che nascono ogni qualvolta si parla di un argomento ancora oggi oggetto di tabù e di strumentalizzazioni politike .
Scusandomi per per la prolissa introduzione al limite o su filo del rasouio dui uan spocchia intellettuale , passiamo all'argomento in questione .

Tina Modotti 
« Ogni volta che si usano le parole "arte" o "artista" in relazione ai miei lavori fotografici, avverto una sensazione sgradevole dovuta senza dubbio al cattivo impiego che si fa di tali termini. Mi considero una fotografa, e niente altro. »

(Tina Modotti in Sulla fotografia)
 Ho sentito parlare di lei  in mia  dolce  rivoluzionariavideo e testo )dei Modena city Ramblers  .
Ed incuriosito  dalla poesia  a lei dedicata  da Pablo Neruda   ho deciso di raccontare la sua storia 
In realtà il suoi vero nome  era Assunta Adelaide Luigia Modotti Mondini meglio conosciuta come Tina Modotti (Udine, 17 agosto 1896 – Città del Messico, 5 gennaio 1942) è stata una fotografa e attrice italiana.
Nel giugno 1913 lasciò l'Italia e l'impiego nella Fabbrica Premiata Velluti, Damaschi e Seterie Domenico Raiser, per raggiungere il padre, emigrato a San Francisco, dove lavorò in una fabbrica tessile e si dedicò al teatro amatoriale, recitando artisti come  D'Annunzio, Goldoni e Pirandello.
Nel 1918 si sposò con il pittore Roubaix "Robo" de l'Abrie Richey. I due si trasferirono a Los Angeles per inseguire la carriera nell'industria del cinema. L'esordio della Modotti è nel 1920, con il film The Tiger's Coat, per il quale venne acclamata anche per il suo "fascino esotico". Grazie al marito conobbe il fotografo Edward Weston e la sua assistente Margrethe Mather. Nel giro di un anno, la Modotti divenne la sua modella preferita e, nell'ottobre 1921, sua amante. Quello stesso anno il marito Robo rispose a questa relazione trasferendosi in Messico, seguito a breve dalla moglie che, però, giunse a Città del Messico quando egli era morto ormai da due giorni, a causa del vaiolo (9 febbraio 1922). Nel 1923, ritornò nella capitale messicana con Weston ed uno dei suoi quattro figli, lasciandosi indietro il resto della sua famiglia.
Modotti e Weston entrarono rapidamente in contatto con i circoli bohèmien della capitale, ed usarono questi nuovi legami per creare ed espandere il loro mercato dei ritratti. Inoltre Modotti incontrò diversi esponenti radicali comunisti, tra cui i tre funzionari del Partito Comunista Messicano con cui ebbe delle relazioni sentimentali: Xavier Guerrero, Julio Antonio Mella e Vittorio Vidali.
Il 1927 è l'anno dell'iscrizione al PCM e l'inizio della fase più intensa del suo attivismo politico. In quel periodo le sue fotografie vennero pubblicate su numerosi giornali di sinistra, tra cui l'organo ufficiale del PCM, El Machete.
Si pensa che Modotti sia stata introdotta alla fotografia quando era ancora in Italia, dove suo zio Pietro gestiva uno studio fotografico. Anni dopo, negli USA, suo padre aprì uno studio simile a San Francisco, accrescendo il suo interesse per questa forma d'arte. Comunque fu la sua relazione con Weston che le permise di praticare e migliorare le sue capacità, fino a divenire un'artista di fama internazionale. Il fotografo messicano Manuel Alvares Bravo suddivise la carriera della Modotti in due periodi: quello romantico e quello rivoluzionario. Il primo include il periodo trascorso con Weston come assistente in camera oscura, poi come contabile e infine come assistente creativo. Insieme aprirono uno studio di ritrattistica a Città del Messico e ricevettero l'incarico di viaggiare per il Messico per fare fotografie da pubblicare nel libro Idols Behind Altars, di Anita Brenner. In questo periodo venne scelta come "fotografa ufficiale" del movimento muralista messicano, immortalando i lavori di José Clemente Orozco e di Diego Rivera. Molte delle foto dedicate fiori sono state scattate in quel periodo.
Nel dicembre del 1929 una sua mostra venne pubblicizzata come "La prima mostra fotografica rivoluzionaria in Messico": fu l'apice della sua carriera di fotografa. All'incirca un anno dopo fu costretta a lasciare la macchina fotografica dopo l'espulsione dal Messico e, a parte poche eccezioni, non scattò più fotografie nei dodici anni che le rimanevano da vivere.
Esiliata dalla sua patria adottiva, per un periodo la Modotti viaggiò in giro per l'Europa per poi stabilirsi a Mosca dove si unì alla polizia segreta sovietica, che la utilizzò per varie missioni in Francia ed Europa orientale (probabilmente a sostegno della Rivoluzione Mondiale che aveva in mente). Quando scoppiò la Guerra civile spagnola, nel 1936, lei e Vidali (sotto gli pseudonimi di Maria e Comandante Carlos) si unirono alle Brigate Internazionali, rimanendo nella penisola iberica fino al 1939. Lavorò con il celebre dottore canadese Norman Bethune (che inventò le unità mobili per le trasfusioni) durante la disastrosa ritirata da Malaga nel 1937. Nel 1939, dopo il collasso del movimento repubblicano, la Modotti lasciò la Spagna con Vidali per tornare in Messico sotto uno pseudonimo.
Modotti morì a Città del Messico il 5 gennaio 1942, secondo alcuni in circostanze sospette. Dopo aver avuto la notizia della morte Rivera affermò che fosse stato Vidali ad aver organizzato l'omicidio. Modotti poteva "sapere troppo" delle attività di Vidali in Spagna, incluse le voci riguardanti 400 esecuzioni. Più probabilmente quella notte Tina, dopo aver cenato con amici in casa dell'architetto Hannes Meyer, viene colpita da un infarto, e muore dentro un taxi che la sta riportando a casa. La sua tomba è nel grande Pantheòn de Dolores a Città del Messico. Il poeta Pablo Neruda, indignato dalle accuse fatte a Vittorio Vidali compose il suo epitaffio in cui è indicato anche lo sciacallaggio riferibile a queste infamie; di questo componimento una parte può essere trovata sulla lapide della Modotti, che include anche un suo ritratto in bassorilievo fatto dall'incisore Leopoldo Méndez:


« Tina Modotti hermana,
no duermes no, no duermes
talvez tu corazon
oye crecer la rosa
de ayer la ultima rosa
de ayer la nueva rosa
descansa dulcemente hermana.

Puro es tu dulce nombre
pura es tu fragil vida
de abeja sombra fuego
nieve silencio espuma
de acero linea polen
se construyo tu ferrea
tu delgada estructura  »

(Pablo Neruda, epitaffio dedicato a Tina Modotti)

« Tina Modotti, sorella non dormi, no, non dormi: forse il tuo cuore sente crescere la rosa di ieri, l'ultima rosa di ieri, la nuova rosa. Riposa dolcemente sorella.  »

(traduzione)
  secondo Wikipedia  da  cui  ho preso in parte  questa  biografia   <Massimo Bubola contenuta nell'album Diavoli e Farfalle, una composta da Cisco tratta dall'album La lunga notte, una di Tosca nell'album Sto bene al mondo e una dei Modena City Ramblers dal titolo "Mia dolce Rivoluzionaria" tratta dall'album "Dopo il lungo inverno".
Negli anni novanta al Teatro “XX secolo” di Roma espone una raccolta di disegni di Silvio Benedetto su Tina Modotti, presentata da Claude Moliterni, “Sombras”.
Nel 2003 il fumettista italiano Paolo Cossi pubblica un libro a fumetti interamente dedicato alla vita della fotografa friulana: trattasi infatti di Tina Modotti, edito da Biblioteca dell'immagine.
Il sassofonista jazz Francesco Bearzatti ha dedicato alla fotografa un intero album, Suite for Tina Modotti, registrato con un'apposita formazione chiamata Tinissima Quartet.
Recentemente, il fumettista messicano Angel de la Calle ha dedicato a Tina Modotti il romanzo a fumetti "Modotti", edito in due volumi da 001 Edizioni. >>


Pasca  Piredda

Di lei ho sentito  parlare  da mio pro zio e  mio nonno  paterno  entrambi fascisti 




Biografie. Unione sarda  Sabato 23 gennaio 2010


A un anno dalla morte Delfino pubblica la storia avventurosa dell'ausiliaria nuorese
Pasca Piredda,
la ragazza della Decima
Il principe Borghese la volle sua addetta stampa
Scampò alla fucilazione salvata dal partigiano Neri
Scomparsa un anno fa all'età di novantadue anni Pasca Piredda passa alla storia come la "ragazza della Decima Mas", il corpo di Marina guidato dal principe Junio Valerio Borghese che dopo l'8 settembre combattè una personalissima guerra in nome dell'onore d'Italia. Oggi, in tempo di revisionismi e di rilettura critica di quei tragici giorni, le vicende della Decima Mas appaiono con una nuova luce grazie al lavoro di alcuni storici, ai documenti usciti dagli archivi e alla diaristica emergente. Non più, dunque, sbrigativi giudizi ideologici, ma un'analisi più distaccata dei fatti. Così i marò della Decima Mas, dipinti da una storiografia consolidata come bande di fascisti ad oltranza, possono essere visti quali erano in realtà: militari che fecero una scelta di coerenza e di onore. Una scelta dalla parte del regime morente, ma per loro - considerati i tempi e gli eventi - assolutamente comprensibile.
Col principe Borghese andarono uomini e tanti giovanissimi che non vollero tradire il giuramento al re e alla bandiera passando con i badogliani e gli alleati. Per coerenza decisero di continuare a combattere contro gli angloamericani, mentre al nord si schierarono contro i partigiani delle brigate comuniste e i titini jugoslavi. Seppure etichettati come fascisti, non difesero Mussolini e non si schierarono apertamente con Salò, scegliendo una politica di non belligeranza con i nazisti. «Nella Decima non si parlava e non si faceva politica, la nostra fu solo una scelta militare, una decisione presa con la propria coscienza consapevoli del destino a cui andavamo incontro», afferma Pasca Piredda nel libro autobiografico appena uscito con l'emblematico sottotitolo "Una giovane nuorese nella bufera della guerra civile".
Nipote di Grazia Deledda, di una nota famiglia barbaricina con zii rettori di scuola e alti magistrati, quasi tutti antifascisti e militanti del Partito sardo d'azione di Lussu e Berlinguer padre, Pasca fu invece una fascista convinta. Considerata dai parenti una "testa calda" e cresciuta come tutti i ragazzi di allora nelle scuole del regime, nel 1940 a sedici anni vinse un concorso scolastico e si trasferì in collegio a Roma. Nella capitale frequentò la scuola di mistica fascista dove fu notata dal ministro del Minculpop (il ministero della cultura popolare), il professor Fernando Mezzasoma che la volle come segretaria personale. Dopo l'8 settembre nasce la repubblica di Salò e il ministro chiama la giovanissima sarda a continuare il lavoro al nord. E qui, mentre il paese è nel caos della guerra civile con gli alleati che incalzano da sud, questa ventenne nuorese diventa un vero personaggio. Come racconta lei stessa nel volume "La ragazza della Decima", pubblicato da Carlo Delfino con la prefazione del giornalista Luciano Garibaldi (ex direttore di Gente). Si tratta di un'originale autobiografia che raccoglie le memorie di un'originalissima sarda. Per scelta stilistica dell'autrice (non dichiarata nelle pagine) il racconto si sviluppa sotto forma di intervista in cui Pasca è nello stesso tempo intervistatore e intervistata.
Cresce nel culto del fascismo e di Mussolini, diventando un'attivista del partito con l'incarico, nonostante l'età, di lavorare tra le donne delle campagne. La sua vita avventurosa ha una svolta a Salò dove negli uffici del ministro incontra gli ufficiali inviati dal principe Borghese. I repubblichini non vogliono fare propoganda per la Decima Mas (arriverà a contare 30 mila uomini) considerata un corpo ribelle e non allineato con le direttive di Mussolini. Pasca che già lavora all'ufficio stampa del ministero, viene "rapita" da comandante Mario Arillo, medaglia d'oro ed eroico incursore della Marina che aveva affondato con i "maiali" subacquei alcune navi inglesi. Solo quando arriva a La Spezia, dove ha sede il comando della Decima, capisce quale sarà il suo destino di ausiliaria a fianco di questo manipolo di romantici combattenti, molti decorati per le loro imprese e decisi a continuare la guerra contro gli angloamericani. Il principe assegna a Pasca l'incarico di stampare il giornale "La Cambusa", voce della Decima, e di organizzare l'ufficio stampa e la propoganda. Nel libro Pasca spiega che «la repubblica di Salò ebbe una funzione di filtro con i tedeschi, evitando che facessero terra bruciata...Nessuno di noi voleva i tedeschi nella nostra patria. Anche noi come la maggioranza degli italiani c'eravano stufati del fascismo, però non volevamo tradire. Il nostro onore era sopra ogni altra cosa». Così in quei due anni tragici fu testimone diretta degli eventi che videro protagonisti gli uomini della Decima.
Una scelta che a molti, scampati alla guerra, costò poi la fucilazione. Anche Pasca, il 28 aprile (giorno dell'uccisione di Mussolini) è arrestata e sottoposta a un processo sommario. Come in un film viene salvata da un capo partigiano, quel comandante "Neri" che aveva catturato il Duce in fuga verso la Svizzera, proprio la sera prima dell'esecuzione. «Certo che avevo paura, ma mi consideravo già morta dal momento della sentenza pronunciata da uno di quei tribunali del popolo che in quei giorni ordinavano esecuzioni in massa. Però ero talmente disgustata da tutto ciò che stava accadendo che pensavo alla morte come alla soluzione migliore».
Pasca viene consegnata agli inglesi. Dopo un nuovo processo, grazie alle numerose testimonianze a suo favore e anche all'intervento dello zio procuratore a Genova, è prosciolta per insufficienza di prove. Rientrata a Nuoro, in quell'ambiente provinciale teso alla defascizzazione generale, si ritrova al centro di critiche e accuse di ogni genere. Così decide di tornare a Roma per seguire da vicino i processi contro Borghese e gli altri ufficili della Decima. Resta a fianco a donna Daria, la nobildonna russa moglie del principe, e alle altre mogli, madri e figlie dei marò. E lì è rimasta per tutti questi anni. Ora il libro consegna la sua memoria a una nuova storiografia ancora tutta da scrivere.

CARLO FIGARI



Dal comunicato dell'Associazione Comb. Xa MAS e l'Ass. Campo della Memoria del 9 gennaio:

Questa mattina, nella chiesa di San Pancrazio in Roma, si sono svolti i funerali della Capo Uff. Stampa e Propaganda, Dottoressa Pasca Piredda, spentasi la sera del 7 gennaio, all'età di 92 anni, per le conseguenze di un arresto cardiaco. La cerimonia è stata officiata da padre Karol, che ricordando la vita eroica ed esemplare di Pasca, ha trattenuto a stento le lacrime.Insieme ai parenti, molti dei quali giunti dalla Sardegna, la chiesa era gremita da personaggi politici di primo piano, esponenti di associazioni combattentistiche, e soprattutto da numerosissimi giovani che con la loro presenza hanno voluto dimostrare il loro affetto e il loro attaccamento a "Paschetta".Tra gli intervenuti meritano una menzione i decumani: Marcello Lama, Antonio Tombesi, Renzo Palmini.All'uscita della bara, avvolta dalle bandiera della R.S.I. e della Xa Flottiglia Mas, una delegazione dell'Associazione Campo della Memoria, composta dal Dott. Alberto Indri, Mario Russo, Aldo Rossi Merighi, Tommaso Gambardella e Gabriele Adinolfi, ha voluto salutare Pasca, con il saluto a lei più caro: Xa Marinai... Xa Comandante!

Ass. Campo della Memoria

Raffaella Duelli
Alberto Indri

Da il Secolo d'Italia dell'8 gennaio 2010 :
Si è conclusa ieri l’incredibile storia personale di Pasca Piredda. Una storia che vale la pena raccontare perchè sfata meglio di un saggio uno dei più tenaci luoghi comuni della propaganda della sinistra ideologica: un carattere misogino e antifemminista che si vorrebbe radicato nella presunta cultura machista del Ventennio tra le due guerre.La Piredda, dunque. Nata a Nuoro, nell’area più depressa e arretrata della Sardegna degli anni Venti, dove le donne all’epoca vestivano più o meno col chador. Si prende due lauree prima dei 22 anni. Scienze coloniali e Scienze politiche. Con un breve saggio vince un premio universitario. Inizia a tenere conferenze, la chiamano anche in Continente. Conosce Fernando Mezzasoma, che si ricorderà di lei quando diventerà ministro di Stampa e Propaganda della Rsi. La cerca, la trova, l’assume come addetta stampa. È brava, Valerio Borghese si convince che sia la persona giusta per “curare l’immagine” (come si direbbe oggi) della sua formazione. E poco più che ragazza viene nominata capo dell’ufficio stampa della Decima. A meno di 25 anni guida un ufficio tutto maschile. Per di più in tempo di guerra. Sotto di lei ci sono il responsabile della propaganda capitano Cocchia, i tenenti addetti alla stampa Genta e Zanfagna, il capitano Spampanato, responsabile delle radio, e il tenente Luxardo, titolare della fotografia, appartenente alla notissima famiglia romana. Pasca tiene l’ufficio con efficienza e competenza. La maschia gioventù la rispetta, e le obbedisce pure. Vedere per credere le circolari con la sua firma: sono all’asta su E-bay (e costano anche parecchio, in media più di cento euro).Pasca Piredda è morta ieri per le conseguenze di un infarto. I funerali si svolgeranno domani a Roma, a San Pancrazio, alle 10. Ma in quale casella del Novecento inquadrereste adesso la sua biografia? A noi pare starebbe benissimo tra le figure d’avanguardia dell’emancipazione femminile. Al di là di ogni divisa, oltre ogni etichetta di parte.
Federica Perri


Foto Vincenzo Ciccone, via Publio Cosentini.



Dal comunicato dell'Associazione Comb. Xa MAS e l'Ass. Campo della Memoria del 9 gennaio 2010 :

Questa mattina, nella chiesa di San Pancrazio in Roma, si sono svolti i funerali della Capo Uff. Stampa e Propaganda, Dottoressa Pasca Piredda, spentasi la sera del 7 gennaio, all'età di 92 anni, per le conseguenze di un arresto cardiaco. La cerimonia è stata officiata da padre Karol, che ricordando la vita eroica ed esemplare di Pasca, ha trattenuto a stento le lacrime.Insieme ai parenti, molti dei quali giunti dalla Sardegna, la chiesa era gremita da personaggi politici di primo piano, esponenti di associazioni combattentistiche, e soprattutto da numerosissimi giovani che con la loro presenza hanno voluto dimostrare il loro affetto e il loro attaccamento a "Paschetta".Tra gli intervenuti meritano una menzione i decumani: Marcello Lama, Antonio Tombesi, Renzo Palmini.All'uscita della bara, avvolta dalle bandiera della R.S.I. e della Xa Flottiglia Mas, una delegazione dell'Associazione Campo della Memoria, composta dal Dott. Alberto Indri, Mario Russo, Aldo Rossi Merighi, Tommaso Gambardella e Gabriele Adinolfi, ha voluto salutare Pasca, con il saluto a lei più caro: Xa Marinai... Xa Comandante!

Ass. Campo della Memoria

Raffaella Duelli
Alberto Indri

Da il Secolo d'Italia dell'8 gennaio:
Si è conclusa ieri l’incredibile storia personale di Pasca Piredda. Una storia che vale la pena raccontare perchè sfata meglio di un saggio uno dei più tenaci luoghi comuni della propaganda della sinistra ideologica: un carattere misogino e antifemminista che si vorrebbe radicato nella presunta cultura machista del Ventennio tra le due guerre.La Piredda, dunque. Nata a Nuoro, nell’area più depressa e arretrata della Sardegna degli anni Venti, dove le donne all’epoca vestivano più o meno col chador. Si prende due lauree prima dei 22 anni. Scienze coloniali e Scienze politiche. Con un breve saggio vince un premio universitario. Inizia a tenere conferenze, la chiamano anche in Continente. Conosce Fernando Mezzasoma, che si ricorderà di lei quando diventerà ministro di Stampa e Propaganda della Rsi. La cerca, la trova, l’assume come addetta stampa. È brava, Valerio Borghese si convince che sia la persona giusta per “curare l’immagine” (come si direbbe oggi) della sua formazione. E poco più che ragazza viene nominata capo dell’ufficio stampa della Decima. A meno di 25 anni guida un ufficio tutto maschile. Per di più in tempo di guerra. Sotto di lei ci sono il responsabile della propaganda capitano Cocchia, i tenenti addetti alla stampa Genta e Zanfagna, il capitano Spampanato, responsabile delle radio, e il tenente Luxardo, titolare della fotografia, appartenente alla notissima famiglia romana. Pasca tiene l’ufficio con efficienza e competenza. La maschia gioventù la rispetta, e le obbedisce pure. Vedere per credere le circolari con la sua firma: sono all’asta su E-bay (e costano anche parecchio, in media più di cento euro).Pasca Piredda è morta ieri per le conseguenze di un infarto. I funerali si svolgeranno domani a Roma, a San Pancrazio, alle 10. Ma in quale casella del Novecento inquadrereste adesso la sua biografia? A noi pare starebbe benissimo tra le figure d’avanguardia dell’emancipazione femminile. Al di là di ogni divisa, oltre ogni etichetta di parte.
Federica Perri
















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