Il paradiso dell'ultimo hippy «Il mondo va veloce, io no» a storia di Tommaso Meloni di 69 e da 40 in una casa di legno

  unione sarda di sabato 5\3\2011


DAL NOSTRO INVIATO

MURAVERA Tomaso Meloni ha fatto il giro della Sardegna a piedi e ne conserva un ricordo raggiante. «La lentezza ti fa osservare i dettagli, vedi le cose in un altro modo».
L'ultimo hippy ha sessantanove anni e un rifugio di legno nella valle tra monte Liulu e monte Porceddus. Cagliaritano di nascita, quarant'anni fa era la pietra angolare di una comune fiorita nella terra di confine tra Castiadas e Muravera. Non se n'è più andato. Barba, capelli e abiti nivei, di una magrezza ascetica, quasi l'iconografia di un santo. Il barbaglìo degli occhi non declina mai in minaccia: «Credo nella vita in pace col mondo».
Fine anni Sessanta, Tomas Milian frequenta via Dante, cioè la passeggiata cagliaritana, suona il rock che è un po' il ponte verso il futuro: «Mio padre era ferroviere, i pochi soldi che racimolavo con lavoretti li spendevo per gli abiti fatti su misura dal sarto, vestivo elegante, amavo i colori scuri. Pian piano ho acquistato la consapevolezza del bianco, da quarant'anni è il mio colore e non so perché». Ha una famiglia allargata: «Per anni ho vissuto con le mie due compagne-mogli-fidanzate, chiamatele come volete. Ora siamo in tre: io, lei e nostro figlio». L'altra dolce metà vive nei paraggi: «Assieme abbiamo due figli, il più grande si è trasferito in Canada. Vado a trovarli e altrettanto fanno con me».
Quando ha voltato le spalle alla sua città? 
«Nel 1970».
Pentito? 
«No. La porta di casa è sempre aperta, sono disponibile con gli altri nonostante qualche brutta sorpresa».
Com'è arrivato qui? 
«Camminando, da queste parti c'era un brulicare di carri trainati dai buoi».
Perché si è trattenuto? 
«C'era un suono molto ma molto forte e sottile. Non mi sono voluto più allontanare».
Quanti eravate? 
«Una cinquantina di persone che praticava un certo stile di vita. I primi siamo stati un amico, un'amica e io. Accendevamo il fuoco al centro della capanna e si stava assieme».
Di chi è il terreno? 
«L'abbiamo comprato a rate da un pastore: cento lire al metro quadro».
Ha provato gelosia per una donna? 
«Tutti gli uomini la vivono, nulla di violento, un attimo di fastidio, poi passa». 
Le compagne erano gelose? 
«No, tra loro c'era molta collaborazione e rispetto».
Come campa? 
«La domenica in piazza del Carmine vendo bracciali e oggetti di pelle. Ho dodici anni di contributi versati, mi danno una pensione sociale».
Un politico che le piace? 
«Quel mondo è molto distante da me. Certe volte strana è la gente e strani sono i personaggi che popolano le istituzioni. Si lamentano continuamente, questo non va e quello pure, mi chiedo: perché lo fai se non ti piace?»
La convivenza con i vicini? 
«All'inizio davvero complicata. Tantissimi anni fa un pastore ci rubò le pecore, le cucinò e ci invitò a cena. Non ci andammo. Erano periodi di tensione, alcuni erano molto prevenuti con noi». 

Un bel ricordo? 
«Per dieci anni ho visitato la Sardegna a piedi, tutta, senza una lira. Ho vissuto intensamente. Il nostro gruppo è stato il primo a radunarsi nella Valle della luna, a Santa Teresa di Gallura. Una vecchietta ci disse: “Andate a Capo Testa, un capraro vi darà ospitalità”. Collaboravamo con i pescatori, gli agricoltori. La situazione precipitò con l'arrivo di gente da ogni parte d'Italia, erano i tempi dell'esproprio proletario, rubavano nei negozietti. Sono nati problemi. Due-tre anni fa una ragazza mi ha contattato per la tesi di laurea su quel periodo».
Onore alla coerenza, ma qualcosa le mancherà. 
«Sono in simbiosi con questo modo di vivere, mi alzo alle sette e vado a letto alle undici di sera. Mi piace frequentare le persone, ho rispetto per chiunque. Sinceramente non patisco privazioni».
Cosa pensa del matrimonio? 
«Due individui di sesso diverso che stanno bene assieme, questo è il matrimonio, non c'è bisogno di altro».
Esiste un'eredità del mondo hippy? 
«Cerchiamo di affrontare l'esistenza con spiritualità, ma a quanti interessa? La vita va veloce, troppo, abbiamo imitato gli americani nelle cose peggiori».
Ha accettato la modernità stipulando un contratto per l'energia elettrica. 
«Neppure per sogno. Ho i pannelli fotovoltaici da venticinque anni, uso l'energia elettrica che produco».
In Italia se ne parla solo in questi mesi. 
«Un amico ingegnere, tedesco, tanto tempo fa li installò. Ci vuole disciplina, devi rispettare le ore in cui la carica è maggiore. Non puoi lasciare luci accese dappertutto».
Cosa mangia? 
«Consumo pochissimo. Ho l'orto, le piante di frutta, non mangio carne».
La droga è una via d'uscita dalla quotidianità? 
«Negli anni ho avuto frequentazioni di ogni tipo, ho fumato marijuana, non sono andato oltre. Ormai da anni non fumo più. Secondo me c'è chi sperimenta la droga per curiosità e chi ne ha bisogno. Oggi, poi, le schifezze sono anche peggiori, roba chimica, ti bruciano il cervello».
Un errore che non rifarebbe? 
«D'istinto penso che se dovessi rinascere farei di nuovo lo stesso cammino. Però se davvero ripartissi da zero non so cosa farei».
L'ultima volta che ha votato? 
«L'anno scorso per il sindaco di Muravera».


Commenti

Anonimo ha detto…
non'è facile ma e molto semplice e iniziare oggi quello che ha fatto tommaso negli anni settanta,la crisi e un po da per tutto anche nell'aria,c'è crisi sopra tutto in noi stessi che oggi non sapiamo cosa può essere giusto e no,io vivo a monte porceddus nato da quel sogno di tomaso e trogu,monte liuru,che oggi e distante da me,non in km ma in condivisione planetaria,ho il mio orto,niente animali,una scelta tutta mia e un percorso della vita che alla fine ha voluto che si averasse il mio sogno di vivere in campagna dopo tanti anni in varie citta.
Anonimo ha detto…
Si chiama Tomaso,non Tommaso.
Unknown ha detto…
Che meraviglia ritrovarti qui su Facebook Tommaso, dopo tanti anni e non ricorderai chi sono ma ti saluto con affetto!

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