lo so che più argomento da prima pagina , ma i fatti sono ancora più attuali che mai e non hanno data di scandenza visto che siamo insieme al #femminicidio \ #violenzadigenere davanti un emergenza sociale . Ringrazio ringrazio l'amica Maria Patanè per avermi segnalato quest articolo
SUICIDARSI A 13 ANNI PER ORDINE DEI BULLI Stefania Auci - La Stampa 4 Settembre 2022
Tredici anni. Tredici anni non bastano a salvarti dal fango che tanti ti hanno tirato addosso senza che tu abbia fatto nulla per meritartelo. A tredici anni Alessandro ha scelto di morire semplicemente perché non riusciva più a essere insultato dai suoi coetanei, compagni di scuola o semplici conoscenti. “Amici”. Ricordiamocela, quell’età: tutto è doloroso, assoluto, irrevocabile.Ogni emozione è vissuta in maniera soverchiante, così tanto da essere ingestibile. Le frasi che gli inquirenti hanno trovato nelle chat del telefono di Alessandro - frasi cariche di una cattiveria tanto gratuita quanto esasperata - lo hanno colpito. Lo hanno violentato nello spirito e nell’anima. Era una creatura sensibile, forse troppo. Ma la sensibilità non dovrebbe mai essere una colpa. Il suicidio è una lacerazione che non si ricuce mai. È morte per i genitori che hanno perso un figlio amatissimo, per il quale sognavano il miglior futuro. È morte per la ragazza che gli voleva bene, a cui Alessandro era legato da una tenerezza che a tredici anni si fa presto a chiamare amore. È devastazione anche per chi quelle frasi le ha scritte, per chi ha compiuto i gesti di scherno che hanno spinto Alessandro giù dalla finestra. Il suicidio è il cratere dopo la bomba. I suoi detriti sono la rabbia, l’impotenza, il senso di colpa. E forse possiamo provare a riflettere sulle emozioni che si muovono sullo sfondo di questa vicenda così dolorosa. Chi ha insultato e deriso Alessandro sui social e sulle chat ha agito con la gratuita ferocia di chi non padroneggia la propria emotività e non coglie il peso delle sue frasi. Le parole sono armi che isolano, feriscono, crocifiggono. Devono essere usate con rispetto e no,non bastano i corsi contro il bullismo o l’educazione all’affettività a scuola. C’è qualcosa di più profondo di cui bisogna tenere conto. È parte della condizione umana essere inutilmente crudeli, ed è nostro dovere cercare di combattere questa pulsione con la gentilezza, la compassione, la generosità. Non vi è nessun automatismo, solo la genuina volontà di rispettare l’altro. Un adulto lo sa, impara a corazzarsi contro la cattiveria altrui, trova le sue strategie per andare avanti. Ma un ragazzino? Come fa un ragazzo a tredici anni a affrontare il veleno che è dentro l’anima umana? E come faranno questi ragazzi che lo hanno insultato quando comprenderanno veramente quanto male hanno fatto? Solo una parola mi viene in mente, e la lascio qui, come monito, come una preghiera. Pietas. La pietà e il silenzio.
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