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repubblica online del 17 e 18\9\2022
I maglioni fatti con lana sostenibile nel Parco Nazionale d'Abr uzzoL'azienda di tre ragazzi sotto i 30 anni si chiama Wuuls e produce capi basic, le specie ovine sono autoctone, la filiera di produzione è corta e la durabilità è al centro del loro concetto di design
Emanuela e Francesco Picchini, due fratelli abruzzesi, insegnano che dalle pecore non nascono solo i famosi arrosticini ma dei maglioni composti dalla pregiata lana del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga a tutela delle filiere a rischio di estinzione. Wuuls nasce nel 2019 ed è la loro startup di maglieria ecosostenibile. Emanuela ha studiato Design a Roma per poi lavorare due anni in una maglieria.Attualmente ha 27 anni ed è a capo della direzione creativa e della produzione,aiutata dal suo collega Mattia. Il fratello Francesco ha 26 anni, ha una formazione economica ed è il braccio commerciale. Valentino è un ingegnere gestionale, si occupa della consulenza e dello sviluppo del progetto. Sono tutti ragazzi under 30 e, dopo gli studi, sono rientrati in Abruzzo con un sogno: creare una filiera produttiva che rispetti l'ambiente e valorizzi il loro territorio. "Il progetto - spiega Emanuela Picchini - è nato una settimana prima che scoppiasse la pandemia, in un momento complicato per tutti. Poco prima avevamo ottenuto dei contatti grazie alla fiera White di Milano. Solo sei mesi dopo abbiamo aperto lo shop sul nostro sito".
Ha fatto tappa ad agosto sul Gran Sasso la "Rassegna degli Ovini", la più importante manifestazione a tema di tutto il Centro Italia, accompagnata da musiche, balli e canti popolari abruzzesi. Oganizzata dalla Camera di Commercio del Gran Sasso d’Italia, insieme alla novità di quest’anno, la TRA-La Transumanza che unisce, progetto della Presidenza del Consiglio Regionale dell’Abruzzo con un programma itinerante che ha portato a Campo Imperatore l’Orchestra Popolare del Saltarello e l’International Folk Contest “Etnie Musicali”.
I pascoli del Parco accolgono le specie ovine Sopravvissana e Gentile di Puglia, allevate lungo l'appennino italiano. Negli anni ci sono stati degli incroci con le pecore Merinos. "Questa mescolanza - specifica Emanuela- fornisce la croccantezza alla lana tipiche delle nostre specie autoctone e la morbidezza grazie alla lana merinos. Ho sentito l'esigenza di far conoscere la qualità della lana abruzzese affinché una materia prima così preziosa non si perda. È un materiale molto sostenibile. Sono maglioni dal design senza tempo e completamente riciclabili".L'associazione Pecunia tutela la lana del Parco e l'azienda AquiLana di Valeria Gallese, fornitore di Wuuls, ne fa parte. Qui è ancora in uso la transumanza: la lana è grezza nel vero senso della parola. "Gli animali - racconta Emanuela - passano la loro vita all'aria aperta e non viene effettuata nessuna pratica chirurgica di mulesing sugli ovini (l'asportazione di una parte di pelle della zona perianale degli animali per evitare che il vello si sporchi con gli escrementi ndr)".
Dopo aver visto tonnellate di vestiti invenduti finire al macero, la modella londinese Eleanor Jolliffe ha deciso di dare una svolta green alla sua vita e al suo lavoro. Ha iniziato a documentarsi sull'impatto della moda sull'ambiente e ha smesso di comprare capi d'abbigliamento da marchi di fast fashion per abbracciare abitudini di acquisto più sostenibili. Non solo, ha deciso di promuovere i valori del riuso e dello slow fashion, ovvero di capi che durano nel tempo, attraverso la collaborazione con associazioni di settore e pagine specializzate in sostenibilità.
Anche i colori utilizzati per i maglioni sono al 100% naturali. "Tingiamo - chiarisce Emanuela - tutto al vegetale. Tra ciò che impieghiamo c'è il guardo, un fogliame che genera il colore blu. Poi c'è la robbia, una radice essiccata che crea l'arancione. Utilizziamo anche lo scotano, un fogliame che crea il color tortora e la reseda, un fiore che produce il giallo. Collaboriamo con la tintoria umbra Ferrini. È una filiera corta: il prodotto viene colorato in Umbria e lavorato qui in Abruzzo". Troppo spesso purtroppo i capi vengono invece realizzati con l'aggiunta di materiali difficili da riciclare. Pensiamo all'acrilico o al poliestere. "Questo settore -auspica Emanuela- deve essere trasformato. Il designer decide l'80% dell'impatto di un prodotto sull'ambiente. È necessaria una presa di coscienza collettiva senza rispondere più solo alle logiche di mercato".
Da risorsa a scarto: il prodotto della tosatura è ormai considerato un rifiuto speciale. Ma in Val Camonica la filiera della fibra naturale si trasforma in arte
In questi tre anni di lavoro Wuuls ha creato due campionari, uno in lana e uno in lino, ed altri prodotti in lana per un totale di 150 modelli, tutti sold-out. La linea in lino italiano è certificata con standard di tracciabilità, biologico e con lavorazione vegetale.
"Vendiamo -conclude Emanuela- sul nostro sito e nella modalità B2B. Per la collezione invernale ripartirà la vendita diretta tra poco. Chi è interessato ci può scrivere intanto sui nostri canali social. Nel futuro vogliamo crescere nei volumi di produzione e diversificare i prodotti mantenendo però saldi i nostri valori di sostenibilità".
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Gli ultimi guardiani dei fari di Sicilia: "Noi più importanti di satelliti e Gps"di Paola Pottino
Se nel resto d'Italia sono 88 i fari funzionanti, in Sicilia se ne contano 36, nove dei quali presidiati da 19 faristi
Circondati dal mare in tempesta o nelle tiepide giornate di bonaccia, svettano imperturbabili come se volessero toccare il cielo. I fari, sentinelle del mare. riferimenti imprescindibili per i naviganti, sono legati ai loro guardiani, sempre più radi ma non del tutto scomparsi. Se nel resto d'Italia sono 88 i fari funzionanti, in Sicilia se ne contano 36, nove dei quali presidiati da 19 faristi.
Il guardiano del faro Gaspare Timpanelli e il capitano di fregata Bruno De Luca
Da più di venti anni, ogni mattina di buon ora, Gaspare Timpanelli, 58 anni, originario dell'isola La Maddalena, ex motorista navale della Marina militare, folta barba bianca, sale i 150 gradini della scala a chiocciola che conduce sino alla torre del faro di Capo Peloro, all'estremo lembo nord orientale della Sicilia, sullo Stretto di Messina. Il guardiano controlla che tutto funzioni regolarmente, provvede alla manutenzione ordinaria e straordinaria dell'apparecchiatura e infine torna in ufficio per stilare nel giornale di reggenza il rapporto giornaliero dove annota ciò che accade.
Per Timpanelli, il faro non è soltanto un luogo di lavoro perché qui vive insieme alla moglie Mariagrazia, discendente di faristi, ai due figli e al cognato e collega Romolo Bellomia. Tra carte nautiche, binocoli, radio trasmittenti e lanterne, la vita in famiglia si incrocia con quella lavorativa all'interno dell'alloggio. Una torre ottagonale a fasce bianche e nere, realizzata nel 1884, ridotta a quasi quaranta metri di altezza in seguito al terremoto del 1908 che la danneggiò gravemente.
Il faro di Capo Zafferano
Per Mariagrazia Timpanelli, nata e cresciuta nel vicino faro di Capo Rasocolmo, vivere sospesi tra la terra e il cielo rappresenta la normalità. "Quando ho vissuto in un condominio mi sentivo prigioniera. Non potrei stare in nessun altro luogo all'infuori di qui - dice la donna- Mio nonno era farista a Capo Milazzo e mio padre nel faro di Vulcano. Io amo vivere qui soprattutto d'inverno, nelle giornate di tempesta, ma anche in primavera, quando il cielo è terso e dalla torre si vedono le isole Eolie".
Il faro di Linosa
Il faro verde, con due lampi ogni dieci secondi visibili fino a 19 miglia, dialoga con quello rosso di Punta Pezzo a Villa San Giovanni, nella sponda calabra. "Ogni faro - spiega Bruno De Luca, capitano di fregata della Marina militare e comandante della Zona fari di tutta la Sicilia - ha caratteristiche luminose distinte, fatte di lampi di luce ed eclissi. Esiste un elenco nel quale vengono riportati i segnalamenti, l'immagine e la descrizione della struttura. Il faro verde di Capo Peloro gode delle cure dei faristi ed è certamente un vantaggio in più rispetto ai fari non presidiati e controllati da remoto".
Un mestiere, per Timpanelli, tutto sommato tranquillo, o quasi. "Mio suocero - racconta il farista - è stato il guardiano del faro di Resocolmo, un luogo lugubre in una campagna isolata a pochi chilometri da qui. Una volta mi disse che non sarebbe più andato a fare i controlli serali di routine perché aveva avvertito presenze strane e rumori inquietanti. Incredulo, gli dissi che ci avrei pensato io. Ebbene, quella sera e nelle altre a seguire, trovai le porte, chiuse con i lucchetti, completamente spalancate, le luci erano accese e udii delle urla provenire da chissà dove. Da quel giorno il faro è stato presidiato soltanto di giorno".
Fantasmi a parte, il numero dei guardiani rimane esiguo: i nuovi dispositivi tecnologici hanno in parte sostituito il loro lavoro. "Ma Gps e apparecchiature satellitari - affermano i faristi - non potranno mai sostituirci: gli stessi capitani di lungo corso ammettono che nel buio della notte, la luce del faro può rappresentare la salvezza. Il nostro controllo rimane quindi fondamentale". Dice il comandante De Luca: "Altra faccenda riguarda i 25 fari siciliani non presidiati perché per alcuni di essi è previsto un progetto di valorizzazione che riguarda i vecchi alloggi dei faristi, i magazzini e le altre pertinenze, allo scopo di recuperare l'immobile e ridare al comprensorio del faro una nuova vita. Sono stati concessi ai privati, tramite bando pubblico, 14 dei 36 fari siciliani. Alcuni, come il faro di Capo Faro a Salina, Brucoli e Augusta, sono già attivi come strutture alberghiere".
Ma non tutti i fari sono controllati da remoto: sono presidiati i fari di Cefalù, San Vito lo Capo, Capo Granitola, a Mazara del Vallo, Licata, Cozzo Spadaro a Portopalo di Capo Passero, San Leonardo a Pantelleria e infine a Lampedusa e a Marettimo.
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