da http://laprovinciapavese.gelocal.it/tempo-libero/ 20\1\2016
CASTEGGIO
Vittorio Sgarbi attacca le mostre organizzate a Pavia
Il critico boccia le recenti retrospettive legate a Picasso e Monet: esposte opere di secondaria importanza solo per fare incasso
di Serena Simula
di Serena Simula
CASTEGGIO. Localizzare, localizzare, localizzare. Niente più Picasso, niente più Monet, niente più opere secondarie di grandi artisti stranieri. In un paese dal patrimonio storico-artistico straordinario come l'Italia, non ha senso proporre mostre pretenziose ma di scarso contenuto, attirare l'attenzione dei visitatori con nomi altisonanti e opere poco interessanti: è questa l'opinione di Vittorio Sgarbi, ospite questa sera, mercoledì 20, alle ore 21 alla Certosa Cantù di Casteggio dove presenterà il catalogo della mostra "Il tesoro d'Italia", da lui curata nel periodo di Expo all'interno del padiglione di Eataly. Inutile, per il noto critico d'arte, discutere sui numeri dei visitatori (come hanno fatto in questi giorni a Pavia l'amministrazione uscente e la giunta attuale) perché la preoccupazione di chi organizza una mostra dovrebbe essere innanzitutto quella di offrire una proposta di qualità che sia anche coerente con l'identità del territorio.
Professore, cominciamo proprio dalla polemica degli ultimi giorni. Al di là di chi ha torto e chi ha ragione, ha senso discutere sul numero di visitatori di una mostra? È da questo che si giudica il suo valore?
«Certo il risultato di una mostra è interessante perché permette di capire se si è arrivati al pareggio dei costi, ma ovviamente non è questa l'unica chiave di lettura. Una mostra si giudica innanzitutto dalle opere che la compongono e dalla coerenza con il luogo in cui viene presentata. Viviamo in un'epoca in cui con pochi euro puoi andare a vedere i capolavori di Monet ad Amsterdam o quelli di Picasso a Madrid, portare in Italia le loro opere minori non ha alcun tipo di senso».
Sono pur sempre Monet e Picasso...
«Si, certo, e infatti chi sta a Pavia e dintorni può anche essere contento in mancanza d'altro di andare a vedere un più o meno interessante Monet o Picasso. Stiamo parlando però di mostre prefabbricate che sfruttano i grandi nomi senza includere le loro opere migliori, mostre assolutamente evitabili che chi ha un minimo di preparazione infatti difficilmente visita. Per farla breve, in pochi verrebbero a vederle da fuori: tanto varrebbe, quindi, proporre qualcosa che interessi davvero a chi vive sul territorio e non qualcosa che si va a vedere per puro intrattenimento».
«Non è questione di piacere o non piacere, si tratta di una politica culturale sbagliata. La politica dei grandi nomi (che cominciò Marco Goldin, critico e curatore d'arte, con gli Impressionisti) è un modo per attrarre persone che vanno a vedere una cosa solo perché già la conoscono e perché è divertente. Divertente come può esserlo un film di Stanlio e Olio ma niente di più, perchè le opere in mostra sono necessariamente modeste. Piuttosto, se proprio si vuole portare i grandi nomi, si porti un unico quadro importante e si promuova solo quello».
Cosa farebbe lei a Pavia?
«Cose che riguardino la città e in generale l'area lombarda: la grande scultura della Certosa di Pavia, la scultura del Quattrocento, il Bergognone (che è già stata fatta, una magnifica mostra), la pittura dell'Ottocento o del Novecento. Insomma, gli argomenti non mancano, come è stato per il caso dell’Arazzo della Battaglia, ed è questa la strada che bisogna seguire».
È la strada che ha seguito lei per "Il tesoro d'Italia"?
«Esatto, e anche se è stata criticata da molti io rimango convinto che sia la più bella mostra mai organizzata in Italia dai tempi del Fascismo, e certamente la cosa più interessante da vedere all'Expo. Ovviamente era una mostra celebrativa, per la quale mi è stato chiesto di selezionare alcune opere che rappresentassero le regioni italiane: il risultato è stato una specie di Brera, l'unico museo italiano che ha tutte le scuole perchè lo fece Napoleone esattamente come aveva fatto il Louvre».
Nel suo caso, però, l'ha voluta Farinetti.
«E meno male che c'era lui, perchè altrimenti avremmo avuto un Expo con l'albero della vita e altre quattro puttanate senza nessun significato».
Da poco lei ha visitato il castello di Voghera: lo definirebbe un tesoro nascosto?
«Più che un tesoro nascosto, quello è un tesoro chiuso. Il castello di Voghera è straordinario perchè ha gli affreschi del Bramantino, meravigliosi anche se non integralmente restaurati».