dopo le risposte ( rimosse la maggior parte , non per censura e poca libertà d'opinione ma perchè piene d'insulti personali , razzistici , xenofobici , ) a due miei post
le reazioni a questo video brutto o bello che sia ( io lo reputo bello ovviamente dipende dai punti di vista , ma certo se dovessi considerarlo brutto non mi metto a minacciare o ad aggredire che lo ha prodotto ) sono un esempio dell'imbecillità , d'identità chiusa in cui stiamo cadendo . Come se le tragedie del secolo scorso non ci hanno insegnato niente
Mete Onlus, associazione basata in Italia, impegnata nella difesa dei diritti umani e delle libertà democratiche internazionali lancia la Campagna: "#hijabfreechoice. Il velo islamico libera scelta, mai obbligo". L’idea nasce dall’unione di Giorgia Butera (Presidente Mete Onlus e Sociologa) e Tiziana Ciavardini (antropologa culturale e giornalista). "#hijabfreechoice. Il velo islamico libera scelta, mai obbligo", è inserita nel più ampio progetto "Women's Rights International Campaign", e segue il percorso già intrapreso con la campagna a tutela della libertà delle donne iraniane, per estendersi a tutte le donne del mondo affrontando, di volta in volta, aspetti socio-culturali, e di giustizia legati al mondo femminile internazionale.
Per Tiziana Ciavardini: "La questione del velo islamico comunemente chiamato Hijab é stata spesso terreno di scontro culturale e politico. In una società in preda alla confusione, al pregiudizio, agli stereotipi ed alla dilagante islamofobia è necessario battersi per i diritti di chi in questo velo connota un valore religioso e simbolico e non un emblema di arretratezza culturale ed obsoleta. Altresì é nostro compito condannare aspramente chi del velo vorrebbe farne un uso coercitivo nei confronti delle donne. Il velo islamico deve essere sempre una libera scelta individuale e nessuna imposizione può essere ammessa o tollerata. Questa campagna nasce in supporto di tutte quelle donne che decidono di liberarsi dal velo islamico quando é personificazione di un obbligo e di un’imposizione, ma é anche a sostegno di quelle donne che nel velo islamico percepiscono un segno di riconoscimento della propria tradizione, cultura, religione ma soprattutto di appartenenza identitaria”.
Prosegue Butera: "Il nostro è un invito alla riflessione, avente l’obiettivo di stigmatizzare tutti quei pregiudizi culturali che vedono la donna con indosso il velo, una donna sottomessa. Non è così. Bisogna distinguere a quale tipo di velo ci riferiamo, è innegabile che per alcuni (burka, ad esempio) si tratti di costrizione, e privazione della stessa identità. Conosco molto donne musulmane velate, sono donne emancipate, e con una alta affermazione di se stesse. Icone del sotfpower".
"Il nostro obiettivo è una condivisione fra donne, anche non musulmane, per capire cosa si prova a indossare il velo e per diffondere la consapevolezza che l'hijab non è un segno di oppressione, ma può essere liberamente scelto dalle donne". Giorgia Butera e Tiziana Ciavardini, che hanno firmato la campagna per Mete Onlus, insieme stanno lavorando ad una pubblicazione editoriale sulla questione del velo islamico. "#hijabfreechoice. Il velo islamico libera scelta, mai obbligo" è sostenuta dalla Associazione Protea Human Right, presieduta da Sara Baresi.
ed accuse di non essere poco patriota e di non avere un identità , ecco , spero sia definitiva visto che mi viene fatta continuamente , la mia risposta
la trovate qui su rai replay non riesco ad incorporare e o copiare il video
Quante storie
Quante storie - Maurizio Viroli: patriottismo e nazionalismo - RaiPlay
Maurizio Viroli: patriottismo e nazionalismo
Italia St 2019/2029
La differenza tra patriottismo e nazionalismo può sembrare a prima vista sottile. In realtà scava un solco profondo tra l'amore verso il proprio territorio e l'odio per tutto ciò che è straniero. Attraverso una ricognizione storica che parte da Rousseau e arriva agli attuali sovranismi, il politologo Maurizio Viroli, ospite di Quante Storie, ricostruisce le ragioni della tentazione illiberale che sta attraversando il nostro Paese e spiega perché la tutela della democrazia non passa per l'utopia cosmopolita ma per un sano sentimento patriottico.
Infatti Egli in NAZIONALISTI E PATRIOTI , citato e recensito prima da Augias , affrontata tali tematiche partendo da Jean-Jacques Rousseau e passando da Giuseppe Mazzini, Giovanni Gentile, Benedetto Croce, Piero Calamandrei, Carlo Rosselli e molti altri ancora, Maurizio Viroli delinea criticamente una delle questioni più rilevanti del nostro tempo e della nostra politica: la differenza tra nazionalismo e patriottismo.Il nazionalismo svilisce la libertà, esalta l’omogeneità culturale o etnica, giustifica il disprezzo per chi non appartiene alla nostra nazione. Oggi, il nazionalismo è rinato e diventa ogni giorno più forte. Come ha già fatto in passato, può distruggere i regimi liberali e democratici e aprire la strada al totalitarismo. Se vogliamo difendere le nostre istituzioni liberali e democratiche dobbiamo in primo luogo intendere il significato e il linguaggio del nazionalismo
Quando è nato? Quali idee, istituzioni e azioni politiche ha voluto combattere? Quali ha, invece, sostenuto o auspicato? Maurizio Viroli, nella prima parte di questo libro, illustra la questione del nazionalismo attraverso le voci di alcuni dei più rilevanti intellettuali che ne hanno discusso, da Rousseau a Benedetto Croce. Nella seconda parte del libro l’autore indaga in che modo e con quali mezzi contrastare efficacemente il nazionalismo. La storia, sostiene Viroli, ci ha insegnato che contro il nazionalismo serve a poco alzare la bandiera del cosmopolitismo, un ideale che convince la ragione ma non tocca le passioni, da sempre principio di ristrette élite intellettuali. Quale può essere, allora, un antidoto efficace alla febbre nazionalista? Secondo Viroli, se vogliamo contrastare il nazionalismo – che fa leva sugli interessi locali, sulla cultura, sulle memorie e sull’etnia – dobbiamo usare il linguaggio del patriottismo repubblicano, capace di apprezzare la cultura nazionale e i legittimi interessi di ciascun cittadino ma anche di elevare l’una e gli altri agli ideali del vivere libero e civile. Spiega perfettamente il contrasto ideale tra patriottismo e nazionalismo il pensiero di Carlo Rosselli, che identificava il primo con gli ideali di libertà basati sul rispetto per i diritti degli altri popoli; il secondo con la politica di espansione perseguita dai regimi reazionari. Entrambi si appellano al sentimento nazionale, entrambi suscitano passioni forti. Ma proprio per questo essi devono essere usati l’uno contro l’altro. Invece di --- come dice Cinzia Rigolli in questo post sul gruppo facebook Libri che passione! In Emilia Romagna, Lombardia e dintorni ---- condannare il sentimento nazionale come un pregiudizio, gli antifascisti devono porre il patriottismo al centro del loro programma politico. La rivoluzione antifascista, scriveva Rosselli, è "un dovere patriottico."
quindi ecco perchè sono anti sovranista e per un identità aperta
Il dibattito dopo il coming out della vicepresidente dell'Emilia-Romagna Elly Schlein: tutte le principali culture politiche del Novecento sono state ostili all’omosessualità. Poi il cambiamento fino alle unioni civili
di FILIPPO CECCARELLI
Non per essere sdolcinati, o peggio, ma l'allegra naturalezza e soprattutto il sorriso con cui Elly Schlein ha messo in onda il suo orientamento siano dedicati oggi alle tante, troppe vittime politiche dell'omosessualità: per un tempo lunghissimo costrette ad accumulare imbarazzo, vergogna, sospetti, mortificazioni, e poi colpa, ricatti, amarezze, sofferenze. Dalle schedature del Servizio segreto militare che non solo si comportavano come una specie di polizia dei costumi, ma...
Non per essere sdolcinati, o peggio, ma l'allegra naturalezza e soprattutto il sorriso con cui Elly Schlein ha messo in onda il suo orientamento siano dedicati oggi alle tante, troppe vittime politiche dell'omosessualità: per un tempo lunghissimo costrette ad accumulare imbarazzo, vergogna, sospetti, mortificazioni, e poi colpa, ricatti, amarezze, sofferenze.
Dalle schedature del Servizio segreto militare che non solo si comportavano come una specie di polizia dei costumi, ma arrivò anche a ingaggiare persone omosessuali per compromettere qualche potente, alle compiaciute allusioni su "tendenze socratiche e saffiche" attribuite dal Prefetto degli Affari Riservati Federico Umberto D'Amato a questo o quell'esponente; dai bocconcini scottadito di Mino Pecorelli al recente "metodo Boffo" passando per le carriere stroncate ad alcuni dirigenti e amministratori comunisti per questione di "pederastia" (così Togliatti), insomma, è densa e triste la lista dei gay feriti, assassinati o tenuti fra i vivi e i morti dal pregiudizio omofobico.
E non è per pietismo che li ricorda. Il deputato monarchico che si innamorava dei pugili. Il deputatino ex Azione cattolica apparentemente casa e chiesa, ma spaventato e pieno di tic. L'onorevole dell'Udi libera e fiera di tutto, ma non di quello. Quante paure. Le foto compromettenti, i segreti bisbigliati dai parroci, i diari e le confessioni degli amanti, le carte di polizia, gli ammiccamenti, le risatine, l'assurda terminologia, "invertiti", "capovolti".
E il ministro Tremaglia che esplodeva: "culattoni!"; e Bossi che chiamava il sindaco col nome femminile; e Buttiglione che tirò in ballo il peccato (donde la bocciatura da commissario europeo). Ancora pochi anni orsono un collaboratore del senatore Fisichella, avvistato a qualche Gay Village, fu licenziato in tronco (subito però riassunto dalla ministra Prestigiacomo). Ecco, sì, il coming out di Schlein, ma più ancora il modo in cui è stato accolto, segnano, se non una impossibile rivincita, qualcosa di molto prezioso che per una volta mette in causa la civiltà politica, espressione oggi desueta, negletta, dimenticata. Ciò detto, le principali culture politiche del novecento (fascista, marxista, cattolica) furono a lungo fermamente ostili all'omosessualità; mentre gli altri partiti della Prima Repubblica, laici e craxiani, la consideravano al massimo un guaio privato, e in ogni caso erano vistosamente maschilisti. Nessuno allora ebbe mai il sospetto che il sesso c'entrava poco con le ideologie. E dire che per vie traverse e vaghe deduzioni - ché certe faccende non si vanno a certificare dal notaio - la questione omosessuale aveva comunque già lambito ai massimi livelli la Patria (vedi il dossier sul giovane Umberto di Savoia che Mussolini si tenne stretto fino a Dongo), la Religione (vedi le rivelazioni dello scrittore francese Peyrefitte su Paolo VI), la Resistenza (vedi le voci su Pietro Secchia "affettuoso frequentatore di gagliardi marinai" divulgate su base Ovra da Eddy Sogno).
Come tutto questo sia venuto meno è già molto più complicato. La fine della divisione della sfera pubblica e privata. Il soggettivismo, l'accelerazione tecnologica, forse anche la cultura del gossip. Ma qualcuno occorre pure ringraziare. Primi fra tutti Pannella e i radicali che già ai tempi del caso Braibanti, era ai tempi del Sessantotto, estesero la politica alla notte con la convinzione che solo vivendola alla luce del giorno l'omosessualità avrebbe smesso di essere un'arma politica. Poi Franco Grillini, che non ebbe paura. Poi anche Alfonso Pecoraro Scanio, che da ministro, fece un mezzo coming out ai tempi del primo straordinario Gay Pride (2000).
Le altre tappe sono già più prossime: l'elezione in Parlamento di Vladimir Luxuria, la vittoria in Puglia di Nichi Vendola. Contraddittorio l'apporto di Berlusconi alla causa: da un lato il Cavaliere indulgeva a volgari discriminazioni (una volta proprio contro Vendola si toccò l'orecchio in segno di disprezzo), dall'altro veniva dal mondo dello spettacolo, era circondato da collaboratori e poi da collaboratrici gay, una volta si attribuì una parte femminile, anzi lesbica, un'altra confidò che magari se qualcuno avesse insistito, e così' via, fino a meritarsi, dagli e dagli, da Dagospia il titolo di "Frocio ad honorem".
Perché ormai si poteva anche ridere, come si ride oggi di Sgarbi che segnala oggi un governo di "cripto-checche". Ma prima di fare la legge sulle unioni civili ci furono anni e anni di goffe incertezze, diplomatismi cialtroni, astute strategie per ingraziarsi (invano) il cardinal Ruini.
Renzi adesso giustamente se ne vanta, ma non è che fosse il suo desiderio più grande. Come che sia, la norma è arrivata. Dalla persecuzione al sorriso di Elly Schlein corre ormai un secolo. La storia è lunga e ci vuole sempre un sacco di pazienza.
A chi legge solo i titoli o da titolo decide se proseguire o meno nella lettura non fatevi ingannare dal titolo perché criticare una giornata ricordo non vuol necessariamente che si dimentichi o non se ne debba parlare .
Inizialmente volevo usare tale post per l'anno prossimo, ma visto che come succede le giornate della memoria /ricordo diventano settimane trascinandosi dietro contrapposizioni ideologiche da guerra fredda e incidenti diplomatici con i vicini Croati e Sloveni ( vedere il post sotto ) , cambio la programmazione e metto oggi . E con questo post chiudo per quest'anno l'argomento #10febbraio #giornodelricordo #foibe . Dopo questa precisazione iniziamo .
Ogni febbraio è la stessa storia tutti gli storici o persone comuni appassionate di storia e di quel periodo che propongono ricerca storica seria o quanto meno slegata da quella retorica ed ufficiale vengono tacciate di riduzionismo e di negazionismo anche quando non lo è oppure minacciate
Lo storico Gobetti: “Foibe, media e istituzioni ripetono slogan e fake news dei neofascisti”
Lunedì 10 è il Giorno del ricordo: “La destra attacca ogni storico che fa ricerca seria e non ci sono reazioni. Si preferiscono le notizie create dal fascismo e dal nazismo e si occultano i crimini italiani”
Recupero di corpi nella foiba di Monrupino. Fonte: Wikipedia
di Chiara Zanini
Come sempre da quando nel 2004 è stato istituito il 10 febbraio come Giorno del ricordo per conservare la memoria delle vittime delle foibe, gruppi di estrema destra tentano di ostacolare le iniziative volte a ripristinare la verità storica. In questi giorni è toccato allo storico Eric Gobetti, invitato a tenere una lezione in una circoscrizione di Torino. L'abbiamo intervistato.
Dottor Gobetti, Lei è uno storico, tra i massimi conoscitori della Storia della Jugoslavia. Perché e in che modo è stata contestata la sua presenza ad un'iniziativa pubblica nella sua Torino?
Due gruppi neofascisti, Casa Pound e un altro legato a Fratelli d'Italia, il cui leader torinese è attualmente in prigione per voto di scambio mafioso con la 'Ndrangheta, mi hanno accusato di “negazionismo” delle foibe. Hanno minacciato di impedire un mio intervento in un convegno pubblico presso una sala della circoscrizione. L'incontro si è tenuto lo stesso grazie alla solidarietà di centinaia di persone che sono accorse per dare il loro sostegno e ascoltare la lezione.
L'attacco che ha subito è grave, ma cosa comporta più in generale occuparsi, da storico, di ricostruire la verità sulle foibe, in un periodo in cui molti ormai parlano solo per slogan e manipolano la realtà?
Ormai qualunque storico si occupi in maniera seria del tema viene tacciato di negazionismo, o quantomeno di “riduzionismo”. Quello che è successo a me, avviene ogni anno a febbraio a quasi tutti i miei colleghi. Il problema non è la destra neofascista, ma il fatto che i loro slogan, le loro cifre, sono le stesse ripetute dai media e dai rappresentanti istituzionali, anche quelli non di destra. Si tratta ormai di una sorta di “verità di stato” intoccabile, che trae origine dalla propaganda fascista e nazista. Per questo i neofascisti si sentono autorizzati ad agire con questa violenza intimidatoria: non temono reazioni istituzionali, perché sanno che le istituzioni difendono la “loro” storia, non i risultati della ricerca scientifica, basati sui fatti e sulle fonti.
Sta per pubblicare un libro proprio sulla storia delle foibe, edito da Laterza. Cosa c'è di vero e cosa di falso nel dibattito legato al cosiddetto Giorno del ricordo? Qual è il negazionismo che dovrebbe preoccuparci?
Il libro ha un'impostazione volta a smentire le numerose fake news storiche sul tema delle foibe e dell'esodo. Sono molte e complesse: dalla descrizione di una terra “italiana da sempre” (perché appartenuta all'Impero romano 2000 anni fa!) alla pulizia etnica, dalla volontà di sterminio contro persone “uccise solo perché italiane” all'espulsione forzata, fino alla “congiura del silenzio” che sarebbe stata propria della sinistra comunista. Ma l'aspetto più grave è la totale dimenticanza dei crimini commessi dal fascismo e dall'esercito italiano in quei territori nei 25 anni precedenti. Su questo, sì, esiste un totale oblio, voluto da tutti gli schieramenti politici.
Pensa di agire per via legale?
Non credo ci siano gli estremi, purtroppo. L'accusa di “negazionismo” è infamante e lesiva della mia dignità e della mia professionalità, ma temo che sia difficile ottenere giustizia in sede legale. Per quanto riguarda poi le violente ingiurie sui social network, purtroppo già lo scorso anni i carabinieri mi avevano sconsigliato di sporgere querela, sostenendo che non fosse possibile individuare con certezza gli autori delle ingiurie. Ci sto pensando, ma per ora temo non ci sia abbastanza protezione legale rispetto a questo tipo di offese e minacce.
Ci sono Comuni che per questa ricorrenza hanno scelto di proiettare il film Rosso Istria. Lei l'ha visto? Cosa ne pensa?
Questo film rappresenta una evoluzione in peggio del precedente “Il cuore nel pozzo”. Contribuisce enormemente a diffondere paura e odio attraverso un immaginario razzista e una costruzione del racconto ben poco attinente alla realtà. Ma quello che più conta è che gli eroi di questo film, le vittime con cui lo spettatore è chiamato a identificarsi, sono tutti fascisti conclamati, che appaiono in camicia nera, inneggiano al duce e attendono la liberazione da parte dei nazisti. Questa è la parte più veritiera del film (naturalmente riguardo a quelle specifiche vittime raffigurate, ovvero la famiglia di Norma Cossetto, non a tutti gli infoibati), ma contribuisce a trasmettere l'idea che il comunismo non sia solo assimilabile al fascismo (come ha recentemente sostenuto anche in via ufficiale, il parlamento europeo), ma sia assai peggio. Insomma, questo è un film co-prodotto dalla Rai, ma sembra un film di propaganda nazista, con tutti quei bei soldati tedeschi che arrivano a liberare le vittime innocenti del comunismo!
Anche lei ha utilizzato il cinema come strumento di divulgazione per raccontare la storia attraverso due documentari e ha lavorato anche per la Rai. Lo farà ancora?
La realizzazione dei miei due documentari (Sarajevo Rewind e Partizani) è stata una meravigliosa avventura, ma si è rivelata anche un'impresa improba. Fare documentari indipendenti in Italia è pressoché impossibile. Per quanto riguarda la Rai, mi piacerebbe avere l'opportunità di collaborare ancora, ma da qualche anno non sono più stato contattato e temo che le accuse infamanti di cui sono oggetto abbiano un ruolo. Vedremo. Io sarei ben contento di poter affrontare in televisione alcuni dei tanti temi di cui mi sono occupati in questi anni.
Infatti , anche se non ne condivido la linea politica , troppo settario e chiuso nel passato , ha ragione
« Sulla vicenda delle foibe ormai è impossibile esprimere in Italia un giudizio legato alla verità storica e alla contestualizzazione degli eventi. Chiunque affermi il vero, e cioè che quello che è avvenuto non puo’ definirsi genocidio, nè pulizia etnica, e soprattutto che le vittime non erano nell’ordine nè delle centinaia di migliaia nè dei milioni come arrivano ad affermare settori di destra, viene tacciato di negazionismo. Sbaglia l’ANPI a dissociarsi da serie iniziative di storici che mirano a contrastare con il rigore della ricerca questo mare di propaganda» Così Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista. «Sulle vicende del confine orientale è stata costruita una narrazione che ha stravolto la realtà, che non fa i conti con le responsabilità dell’Italia fascista, alimenta il mito del “buon italiano”, utile alla propaganda nazionalista anche per l’oggi. Una cosa sono episodi di giustizia sommaria e rappresaglie, per quanto brutali, pero assai comuni durante la guerra, e nella maggior parte in risposta ai crimini perpetrati dalla colonizzazione fascista. Altro è quello che la propaganda revisionista afferma oggi a reti unificate. La costruzione della memoria collettiva è demandata a sceneggiati privi di reale riscontro storico come quello che andrà in onda sulla Rai questa sera. Si parla di ricerca della “memoria condivisa” ma in realtà si nobilita la falsificazione. La sinistra che ha appoggiato questa tendenza, è corresponsabile tanto quanto la destra, anzi forse di più. Al contrario – conclude Rizzo – difendere la verità storica significa evitare che narrazioni tossiche influenzino il senso comune, costruendo il terreno per nuove campagne belliciste che si profilano all’orizzonte e che nulla hanno a che fare con l’interesse dei popoli, a partire da quello italiano ».
e dal discorso di quest'anno del presidente della repubblica Sergio Mattarella che messaggio come questa strofa : « Monsieur le Président / Je vais vous fais une lettre / Que vous lirez peut-être / Si vous avez le temps [ ... qui il resto del testo e la storia ] » di Le Déserteur ('il disertore') è Boris Vian ( 1920-1959 ) di trovate sotto il discorso con mie osservazioniche ha causato malumori nel governo sloveno che hanno storto il naso al fatto sul termine pulizia etnica e per il fatto che che nel discorso non c'è una chiara condanna dei crimini fascisti.
in neretto \ corsivo le mie obbiezioni
Il "giorno del Ricordo", istituito con larghissima maggioranza dal Parlamento nel 2004, contribuisce a farci rivivere una pagina tragica della nostra storia recente, per molti anni ignorata, rimossa o addirittura negata: le terribili sofferenze che gli italiani d’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia furono costretti a subire sotto l’occupazione dei comunisti jugoslavi. Queste terre, con i loro abitanti, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, conobbero la triste e dura sorte di passare, senza interruzioni, dalla dittatura del nazifascismo a quella del comunismo.
nessun riferimento, se non un po' ambiguo : « Queste terre, con i loro abitanti, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, conobbero la triste e dura sorte di passare, senza interruzioni, dalla dittatura del nazifascismo a quella del comunismo » ed tendente a mettere sullo stesso piano le due dittature , alla situazione precedente e alle brutture del regime fascista e la sua "pulizia etnica" ( messo fra virgolette di proposito , per essere cercato nei motori di ricerca con più efficacia preferisco il termine usato dallo storico Raul Pupo“semplificazione nazionale ) o italianizzazione forzata . Si tenta di dare la colpa delle foibe ad uno solo dei protagonisti ovvero i comunisti . Infatti lo storico storico Angelo d'Orsi scrive sulle pagine de il manifesto del 11 febbraio riportata qui dal blog l'antidiplomatico : « ( ..... ) ha usato ancora una espressione storicamente errata, politicamente pericolosa, moralmente inaccettabile: «pulizia etnica». Ella, signor Presidente, è caduto nella trappola della equiparazione del grande, spaventoso crimine, il genocidio della Shoah, con gli avvenimenti al Confine Orientale, tra Italia e Jugoslavia, fra il 1941 e il 1948, grosso modo. Non pretendo che abbia letto il mio precedente intervento sulle pagine del Manifesto, del 9 febbraio, ma un’occhiata, se avesse un minuto di tempo, mi permetto di suggerirle di dare a quell’articolo. Nel Suo discorso Ella ha precisamente ribaltato il mio argomentare, che poneva in guardia dall’uso scorretto del termine "negazionismo", che si riferisce, propriamente, alle ideologie che negano Auschwitz, ossia sostengono che mai è esistita una volontà sterminazionista e genocidaria nel nazismo. ( ....) »
quest’ultima scatenò, in quelle regioni di confine, una persecuzione contro gli italiani, mascherata talvolta da rappresaglia per le angherie fasciste, ma che si risolse in vera e propria pulizia etnica, che colpì in modo feroce e generalizzato una popolazione inerme e incolpevole.
non si differenzia e non distingue bene tra : la prima fase delle foibe cioè quella del 1943 che fu un misto fra reazione popolare incontrollata e il gruppo comunista . E la seconda quella a guerra finita 1945 solo quella comunista
La persecuzione, gli eccidi efferati di massa – culminati, ma non esauriti, nella cupa tragedia delle Foibe - l’esodo forzato degli italiani dell’Istria della Venezia Giulia e della Dalmazia fanno parte a pieno titolo della storia del nostro Paese e dell’Europa.Si trattò di una sciagura nazionale alla quale i contemporanei non attribuirono – per superficialità o per calcolo – il dovuto rilievo. Questa penosa circostanza pesò ancor più sulle spalle dei profughi che conobbero nella loro Madrepatria, accanto a grandi solidarietà, anche comportamenti non isolati di incomprensione, indifferenza e persino di odiosa ostilità.
anche se il pensiero è in chiave nazionalista in quanto le cause sono da ricercare nelle complesse vicende del Confine Orientale in particolare ad incominciare dal 1940 e culminata dalla strage ( cosi viene definita da recenti studi ed analisi di dococumenti su tali eventi provenienti dagli archivi Inglesi ed Americani ) di Vergarolla corrisponde parzialmente a verità
Si deve soprattutto alla lotta strenua degli esuli e dei loro discendenti se oggi, sia pure con lentezza e fatica, il triste capitolo delle Foibe e dell’esodo è uscito dal cono d’ombra ed è entrato a far parte della storia nazionale, accettata e condivisa. Conquistando, doverosamente, la dignità della memoria.
parzialmente vero . In quanto ci si dimentica che fu dovuto : al dialogo fra fini ( ex Msi ) ed Violante ( ex Pci ) , mi pare ne 1997\8 un autocritica sulla guerra fredda e sul silenzio delle foiube ., culminata Nel2001 con la relazione della "Commissione storico-culturale italo-slovena", incaricata dal Governo italiano e dal Governo sloveno di mettere a punto un'interpretazione condivisa dei rapporti italo-sloveni fra il1880e il1956. Di essa facevano parte i massimi studiosi che, sia in Italia sia in Slovenia, si erano occupati del periodo. Nel rapporto si conclude che
«tali avvenimenti si verificarono in un clima di resa dei conti per la violenza fascista e di guerra e appaiono in larga misura il frutto di un progetto politico preordinato, in cui confluivano diverse spinte: l'impegno a eliminare soggetti e strutture ricollegabili (anche al di là delle responsabilità personali) al fascismo, alla dominazione nazista, al collaborazionismo e allo stato italiano, assieme a un disegno di epurazione preventiva di oppositori reali, potenziali o presunti tali, in funzione dell'avvento del regime comunista, e dell'annessione della Venezia Giulia al nuovo Stato jugoslavo. L'impulso primo della repressione partì da un movimento rivoluzionario che si stava trasformando in regime, convertendo quindi in violenza di Stato l'animosità nazionale e ideologica diffusa nei quadri partigiani.»
e poi con la legge negazionista e riduzionistica sul giorno del ricordo ovvero la giornata del 10 febbraio lo dice anche lo stesso Diego fusaro ( lontano anni luce dal mio modo di pensare )
Esistono ancora piccole sacche di deprecabile negazionismo militante.
Certo anche a sinistra, sarebbe da stolti negarlo ed nasconderlo c'è negazionismo e sottovalutazione , tipo ne sono stati uccisi pochi di fascisti ( i più teneri ) , le foibe sono un invenzione della destra , ne hanno più ucciso loro dagli anni 1920 agli anni 1945 , ecc . O considerare tutti gli esuli come fascisti . Ma ce n'è anche uno da lei , Signor presidente , fatto passare in secondo piano se non addirittura omesso che è quanto le rinfaccia sempre Angelo d'orsi : « [...] Ella, signor Presidente, non senza un palpabile disprezzo, ha parlato di «piccole sacche di deprecabile negazionismo militante», che si ostinerebbero a «negare»: che cosa? La «pulizia etnica» che viene identificata come la somma dei «crimini comunisti» in quelle terre. E lodevolmente, Lei, signor Presidente, invita allo studio della storia. Ma è precisamente ciò che i «negazionisti» nel distorto messaggio che Ella ha tenuto, cercano di fare, e vengono insultati, isolati, quasi cancellati. E mentre giornalisti senza etica e politici in caccia di voti snocciolano cifre fantastiche (1000, 2000, 10.000, 20.000, fino alle 30.000 annunciate da un tg nazionale ieri in apertura…), il paziente lavoro dei ricercatori propone un’altra versione, frutto dello scavo (compreso quello tremendo delle cavità del Carso chiamate “foibe”), dell’accumulo di documenti, delle prove testimoniali verificate. La storiografia ci dice tutt’altro dalla chiacchiera politico-mediatica: le vittime accertate, ad oggi, furono poco più di 800 (compresi i militari), parecchie delle quali giustiziate, essendosi macchiate di crimini, autentici quanto taciuti, verso le popolazioni locali: nessun generale italiano accusato di crimini di guerra è mai stato punito. E 400mila civili slavi rastrellati, deportati, torturati e fucilati semplicemente vengono cancellati. Spiace che anche le autorità istituzionali a Lei seconde e terze, abbiano ritenuto di usare espressioni gravi quanto infondate: «Genocidio programmato contro gli italiani», dice la presidente del Senato; «Le atrocità nazifasciste non sono una giustificazione», aggiunge il presidente della Camera. Spiace soprattutto che le Sue parole abbiano, involontariamente, offerto un formidabile assist ai soliti Salvini [ ed non solo aggiunta mia ] – che equipara tout court Shoa e foibe pericolosamente banalizzando l’Olocausto – e Meloni, ai quali non è sembrato vero di poterne approfittare con altri inquietanti anatemi, mentre l’intero schieramento della destra usava con cinica disinvoltura il Suo discorso, Presidente, per berciare contro «i negazionisti» (etichettati senza mezzi termini «comunisti»).[....] »
Ma oggi il vero avversario da battere, più forte e più insidioso, è quello dell’indifferenza, del disinteresse, della noncuranza, che si nutrono spesso della mancata conoscenza della storia e dei suoi eventi. Questi ci insegnano che l’odio la vendetta, la discriminazione, a qualunque titolo esercitati, germinano solo altro odio e violenza.
Alle vittime di quella persecuzione, ai profughi, ai loro discendenti, rivolgo un pensiero commosso e partecipe. La loro angoscia e le loro sofferenze non dovranno essere mai dimenticate. Esse restano un monito perenne contro le ideologie e i regimi totalitari che, in nome della superiorità dello Stato, del partito o di un presunto e malinteso ideale, opprimono i cittadini, schiacciano le minoranze e negano i diritti fondamentali della persona. E ci rafforzano nei nostri propositi di difendere e rafforzare gli istituti della democrazia e di promuovere la pace e la collaborazione internazionale, che si fondano sul dialogo tra gli Stati e l’amicizia tra i popoli.
vero e condivisibile anche se cosi scritto\ detto sembra il motto democristiano caramelloso vogliamoci bene . Ma Il Suo discorso, mi consenta signor Presidente , insomma, fa un grave torto alla conoscenza storica, che Ella, lodevolmente, incita a perseguire, e genera conflitti che Ella e la legge del 2004 vorrebbero chiudere.
In quelle stesse zone che furono, nella prima metà del Novecento, teatro di guerre e di fosche tragedie, oggi condividiamo, con i nostri vicini di Slovenia e Croazia, pace, amicizia e collaborazione, con il futuro in comune in Europa e nella comunità internazionale ». visto che in questo discorso non c'è nessuna critica a gli esponenti di politici che ogni anno ( l'ultimo è il caso dell'ano scorso la figuraccia di tajani e salvini ) ci fanno fare figuracce di 💥😷💨😠🗣👄 e 🤬💩 , come se non bastassero quelle di casa pound e forza nuova con la Slovenia e la Croazia