23.8.20

Daniela ed Emiliano, la coppia che ogni giorno viaggia nel tempo e manda cartoline dal passato

da  https://d.repubblica.it/life/2020/08/19/


Daniela Parodi ed Emiliano Paredes hanno scelto di vivere quotidianamente in altre epoche, vestendosi con abiti antichi anche per andare a fare la spesa e circondandosi di accessori e mobili che appartengono al passato. Una passione per il passato che non erano mai riusciti a condividere con i loro partner precedenti. Qui Daniela racconta come è nato il loro amore e come vivono questa strana quotidianità. E la psicoterapeuta Milena Masciarri fornisce il suo parere sul loro rapporto

Daniela ed Emiliano, la coppia che ogni giorno viaggia nel tempo e manda cartoline dal passato

Le cose che abbiamo in comune sono 4850, le conto da sempre, da quando mi hai detto: ma dai, pure tu sei degli anni ’60?”. Se questo ’60 venisse sostituito con ’20,’30,’40’ o ’50, le parole della canzone di Daniele Silvestri “Le cose in comune” si adatterebbero perfettamente alla storia di Daniela Parodi ed Emiliano Paredes. 38 anni lei, 45 anni lui, hanno scelto di vivere quotidianamente in altre epoche, vestendosi con abiti antichi anche per andare a fare la spesa e circondandosi di accessori e mobili che appartengono al passato. Un passato che loro, che si sono trovati grazie a una passione comune, hanno scelto di vivere come presente. Tanto che, per accontentare e aggiornare chi volesse seguire le loro rivisitazioni, hanno creato una pagina Facebook, “Time Travels”. Daniela qui ci racconta il suo particolare legame con Emiliano. Abbiamo poi chiesto alla psicoterapeuta Milena Masciarri, docente dell’Istituto dell’Approccio Centrato sulla Persona (IACP), quanto sia importante per una coppia avere una passione e un progetto in comune

Viaggio nel mondo (vintage) di Daniela ed Emiliano - Le foto

Tutto è iniziato nel 2003. La prima volta che ho visto Emiliano c’è stato un colpo di fulmine improduttivo. Entrambi pensavamo che i nostri compagni dell'epoca fossero quelli giusti e ci siamo evitati. Partecipavamo a una rievocazione storica, in cui con il suo gruppo Emiliano lavorava sulla ricostruzione delle armature. La seconda volta che ci siamo visti abbiamo litigato pesantemente, avevamo una visione diversa sulla ricostruzione degli abiti. Da lì in poi, però, siamo diventati amici. C’è stato un corteggiamento infinito, durato tre anni, e stiamo ufficialmente insieme da quattro anni. La complicità si è manifestata soprattutto lavorando insieme per creare i costumi. Siamo arrivati a una specie di simbiosi e telepatia. La preparazione, la documentazione e i progetti ci hanno unito sempre più. Finché un giorno ci siamo guardati e abbiamo capito. Discutiamo ancora spesso, ad esempio succede quando ricreiamo vestiti d’epoca e ci troviamo in disaccordo. Ma questo rende la nostra relazione equilibrata, ci teniamo testa e abbiamo entrambi un’educazione all’antica
Avevo due anni quando è iniziata la mia passione per gli abiti antichi. A tre anni ho detto a mia mamma che volevo vestirmi come si vestivano le bambine di inizio secolo. In parte sono stata cresciuta da una zia nata nel 1901, che faceva la dama di compagnia di una ricca signora. Mi ha educato come si educavano le bambine di quell’epoca. Mi raccontava di quando era piccola, mi faceva vedere le foto. Io mi innamoravo sempre più di quel mondo. Così, fin da bambina il mio sogno era imparare a aggiustare gli abiti d'epoca per indossarli. Poi ho iniziato a farlo per mestiere. Sono sempre stata affascinata dal culto dell’abito, dalle acconciature. Ho imparato a cucire a 10-11 anni. Crescendo non mi sentivo a mio agio con gli abiti in vendita nei negozi. Cucendo potevo crearmeli da sola. Anche Emiliano si è appassionato al passato fin da bambino e ha imparato presto a cucire: ha ereditato le conoscenze di sua nonna. Nel 2002, con la sua famiglia, ha lasciato Buenos Aires, suo luogo d'origine, e si è trasferito in Liguria. Riparare le cose è sempre stata la sua passione, tanto che ora lo fa in un certo senso anche come mestiere, lavorando come tuttofare e aggiustando quello che si rompe nelle case. 
La singolare scelta di indossare solo abiti d’epoca
Vestirsi con abiti d'epoca ogni giorno non è una cosa che si fa da un momento all’altro. Pian piano abbiamo cambiato stile di vita e oggi spaziamo su varie epoche. Quello che pensiamo spesso è che se gli abiti della metà dell’800 sono arrivati integri ai nostri giorni e sono ancora indossabili è perché sono stati creati per durare nel tempo. Una cosa che oggi si è persa. Per noi non si tratta solo di una questione di abiti: è una filosofia di vita. Ricerchiamo quello che oggi non esiste più, riportiamo in vita vestiti e oggetti antichi.
Viaggio nel mondo (vintage) di Daniela ed Emiliano - Le foto
 Anche la nostra casa è arredata con cose d’epoca. Qualcuno potrebbe pensare che si tratti di esibizionismo, ma non è così. Non ci vestiamo d’epoca per farci vedere, ma perché ci rende felici. Chiaramente, ci rendiamo conto di non passare inosservati. Sia la famiglia, che gli amici che le persone in strada ci chiedono spesso di posare per delle foto, di raccontare la nostra storia. Molte volte ci chiedono se stiamo facendo le comparse per un film. I passanti si incuriosiscono, un po’ ci imbarazza, ma abbiamo imparato a conviverci. Ci sono persone che ci dicono che sarebbero contente di vestirsi come noi, ma non hanno il coraggio, perché non va di moda. 
La passione comune ha fatto la differenza 
Nelle nostre relazioni precedenti i partner non condividevano alcune cose di noi, del nostro modo di essere. Questo finiva per provocare delle spaccature. Abbiamo tentato di avere delle relazioni con persone “normali”, ma ci siamo stati stretti. Non venivamo accettati completamente. È stata una fortuna incontrarci e riconoscerci. Non c’è nulla che non amiamo di questo nostro lato stravagante. Ognuno di noi ha i suoi gusti, le sue preferenze sulle varie epoche. Però alla fine ci mettiamo d’accordo. Decidiamo insieme se vestirci anni ’20 o anni ’50, anche in base a quello che dobbiamo fare. Se andiamo a visitare un caffé dell’800 ci vestiamo per essere perfetti in quella cornice, se abbiamo degli amici appassionati degli anni ’40 li accontentiamo e andiamo vestiti così a trovarli. Quello che fa la differenza, nella nostra storia, è che restauriamo e aggiustiamo insieme quello che amiamo. Riportare in vita qualcosa gli dà molto più valore. Regala molta soddisfazione indossare gli abiti una volta che li abbiamo riportati in vita o utilizzare un oggetto che non funzionava più. Fa parte della nostra filosofia e rispecchia totalmente la nostra personalità. 
Il parere dell’esperta
“Avere una passione o un progetto comune è un collante molto forte in una coppia, purché non sia l’unico collante, altrimenti rischia di fissare troppo e bloccare sul lungo termine”, spiega la psicoterapeuta Milena Masciarri. “Nel caso di Daniela ed Emiliano la passione, che prima di tutto era individuale, è stata trasmessa loro da figure importanti. Questo permette un legame di affettività significativo per la loro storia personale: fornisce una sorta di continuità esistenziale che viene riattualizzata e personalizzata nel presente. Con i partner del passato hanno dovuto contenere questo aspetto della loro vita, o in parte evitarlo per l’imbarazzo. Probabilmente hanno tentato di spiegare agli ex la loro passione, ma con la consapevolezza che non ci sarebbe mai stata una comprensione reale, perché non vissuta e sentita nello stesso modo. Per Daniela ed Emiliano, invece che un potenziale elemento di distanza, questa passione è stata l’elemento di unione, perché nella loro passione individuale si sono riconosciuti fino in fondo. Si godono a pieno anche i loro lati più eccentrici e bizzarri. Questo porta alla coppia un forte senso di appartenenza l’uno all’altro, che con il tempo ha lasciato spazio alle rispettive individualità, permettendo loro di differenziarsi pur condividendo la stessa passione, che nel loro caso è diventata uno stile di vita. Nei momenti di confronto e scontro riescono a trovare una mediazione che permette loro di riscoprirsi diversi ma vicini. Questo lascia spazio, all’interno della coppia, a un elemento vitale, quello della curiosità dell’inconoscibile che ognuno ha rispetto all’altro, quel mistero che alimenta fascino, attrazione e desiderio. In più, nella loro passione, la coppia si sente unica e speciale rispetto allo sguardo esterno. Essere fonte di ammirazione per una libertà vissuta insieme è per loro gratificante e rafforza il loro entusiasmo. Il segreto di Daniela ed Emiliano è che la loro passione è diventata un progetto di vita e il loro ridar vita insieme a qualcosa di antico offre un momento di creatività sia individuale che di coppia che li rende felici. Quando si fanno insieme delle cose che si condividono, nelle quali si crede e in cui si mette amore e passione, dentro di noi si sintonizzano emozioni, pensieri e azioni. Questo permette di far star bene noi stessi e di riconoscerci nel benessere dell’altro. Le coppie che condividono una passione o un progetto comune hanno sicuramente una marcia in più: amano la stessa cosa e in ogni momento vissuto insieme si ritrovano sia come individui che come dualità in quello che maggiormente apprezzano”. 

non capisco perchè la chiesa continui a combattere il paganesimo anzi che cercare un dialogo o un sincretismo visto che ci sono molte cose in comune

 in questi ultimi anni   c'è  un fortissimo ritorno  ai culti  e alle religioni  pagane  \  politeiste . Ritorno secondo me dovuto ad una nuova e più intesa richiesta e rifugio nella spiritualità . Una spiritualità più profonda e più intrinseca nella natura di quella monoteiste . A confermarlo c'è questa mia chiaccheraa con il nostro nuovo compagno di strada Omar Eustat Arcano   e curatore della pagina fb Il Guardiano dell'Oscurità

come  mai  ,  di solito nella maggior  parte  dei  casi  ,  le  religioni  poliste  o pagane   prevvedono  la  luce  tu  ti  dichiari custode  dell'oscurità ?  

Il Paganesimo è stata la forma più autentica e sincera di venerazione delle forze della Natura, Oggi non è tanto diverso da allora, anche se viene chiamato “neopaganesimo”, e gli Déi sono sempre gli stessi. L’unica cosa che forse è cambiata è la scelta: in una società in cui si dà per scontato il monoteismo, è cosa preziosa poter scegliere il da farsi sul proprio percorso spirituale. Il Paganesimo non obbliga ad essere buoni o cattivi, tanto per ragionare con termini sicuramente più comprensibili, ma inesatti. Il pagano deve essere sé stesso, coi propri pregi e difetti. Inoltre, il mondo non è diviso tra buoni e cattivi; in ognuno di noi convivono Luce ed Oscurità. Ciò che conta è la scelta di campo che noi e solo noi facciamo consapevolmente, indipendentemente dalla religione professata. L'equilibrio è alla base dell'Universo. L'eterna lotta tra Luce ed Oscurità è già in noi tutti, perché siamo entrambe le cose, duali. Chi come me coltiva il proprio lato oscuro non significa che è cattivo, ma impara a gestire le proprie emozioni negative incanalandole verso traguardi voluti, evitando esplosioni di collera e violenza tipiche di chi si incarna esclusivamente su ciò che viene comunemente inteso come "Bene". Scegliere tra Luce ed Oscurità non significa annullare completamente l'altra opzione. Te le porterai entrambe dentro per sempre, ma prima o poi dovrai capire la tua collocazione naturale e lottare per questa.



che  rapporto hai  con la luce  ?

 Se per Luce intendiamo le persone che si vantano delle loro presunte buone azioni, pessimo. L'ipocrisia non fa parte del mio mondo. Se, invece, per Luce intendiamo quelle pulsioni che ti fanno deviare dalla tua strada, dimenticare il tuo bene, è un rapporto di rispetto assoluto.



come sei arrivato al paganesimo

Dalla consapevolezza che le religioni monoteiste rappresentano un inganno per le menti, specie quelle più deboli. Noi viviamo in Italia, pertanto si nasce e si cresce in un'atmosfera e in una cultura impregnata di pseudo valori cattolici; eppure non vi è traccia di spiritualità in ciò che facciamo ogni giorno. Andare in Chiesa la domenica non ti insegna un percorso spirituale; i preti non insegnano ai fedeli neanche come si prega, ben sapendo che la preghiera è un atto di Fede molto potente. Da queste mie personali conclusioni, mi sono avvicinato al Paganesimo e a pensare me stesso come parte integrante del mondo, un mondo inteso come un vero e proprio essere vivente.


 irrazionale  o  razionale  ?

Ho già risposto nella precente   Il mio è stato un percorso razionale.


cosa ne pensi  dei terrapiattisti

 Premesso che non ho mai sentito parlare di terrapiattisti pagani, personalmente sono convinto che ognuno possa accostarsi ad una qualsiasi teoria in maniera libera e coerentemente con ciò di cui è convinto. Io credo in ciò che mi hanno insegnato fin da piccolo, ossia nella forma sferica della Terra; magari mi sbaglio e, invece, magari hanno ragione i terrapiattisti, chi può saperlo? Ad ogni modo, io non insulto nessuno per il proprio credo, anche quello che sembra più assurdo ed illogico.


come concili  il tuo crdere  con la  scienza  ?

La scienza ci aiuta a vivere meglio e con più comfort. Nessuno può negare che la scienza, nei secoli, ha portato benessere e ricchezza. Ma non è una religione. La scienza ha bisogno di prove per andare avanti, la religione di Fede profonda. Pertanto, w la scienza finché non danneggia la Natura creatrice, in primis tramite inquinamento e disboscamento selvaggio del pianeta; io sono profondamente ambientalista, come già detto, credo fermamente che la Terra sia un essere vivente e farle del male equivale a far del male a noi stessi.



Credo assolutamente nella diversità di ogni singolo essere umano, ancor di più nella diversità causata dall'ambiente in cui si cresce. Ma la diversità deve essere intesa come ricchezza, scambio di informazioni, approccio culturale profondo,, ma mai sfociare nel razzismo e nell'odio del diverso. Si all'affermazione ed alla difesa delle proprie radici e della propria identità; no alla discriminazione basata su queste. Ritengo di essere fortunato ad avere amici in tutti i continenti e di qualunque etnia; per me è una cosa bellissima poter imparare da loro e poter donare loro il mio contributo culturale: è stimolante e ti incentiva ad imparare sempre di più. Chi odia gli altri non sa cosa si perde. Inoltre, sono nettamente contrario all'appiattimento di tutte le diversità, a chi sogna un mondo dove tutti siamo uguali, una massa informe senza identità, senza cultura, senza storia, facile da sottomettere. Sarebbe anche questo un incubo, un'idea malsana da combattere tutti insieme, europei, americani, africani ed asiatici. Tutti uniti contro ogni forma di discriminazione e contro ogni distruzione di qualunque cultura.


specista  o antispecista  ? 

Credo assolutamente nella diversità di ogni singolo essere umano, ancor di più nella diversità causata dall'ambiente in cui si cresce. Ma la diversità deve essere intesa come ricchezza, scambio di informazioni, approccio culturale profondo,, ma mai sfociare nel razzismo e nell'odio del diverso. Si all'affermazione ed alla difesa delle proprie radici e della propria identità; no alla discriminazione basata su queste. Ritengo di essere fortunato ad avere amici in tutti i continenti e di qualunque etnia; per me è una cosa bellissima poter imparare da loro e poter donare loro il mio contributo culturale: è stimolante e ti incentiva ad imparare sempre di più. Chi odia gli altri non sa cosa si perde. Inoltre, sono nettamente contrario all'appiattimento di tutte le diversità, a chi sogna un mondo dove tutti siamo uguali, una massa informe senza identità, senza cultura, senza storia, facile da sottomettere. Sarebbe anche questo un incubo, un'idea malsana da combattere tutti insieme, europei, americani, africani ed asiatici. Tutti uniti contro ogni forma di discriminazione e contro ogni distruzione di qualunque cultura.

Per ciò che riguarda gli animali, ma non solo, anche le specie vegetali, sono dell'idea che ognuno di loro abbia diritto alla propria esistenza. Danneggiare un albero per vandalismo dovrebbe essere un reato. Uccidere un animale per sport dovrebbe essere reato. Siamo tutti degli esseri viventi e facciamo tutti parte di un equilibrio ecologico che non dovremmo mai spezzare.



Alla    fine della  chiacchierata     è  lui  che  mi ha  rivolto una  domanda  


Quindi?

che   sei molto religioso  e  spirituale

Kary Khouma nell'abito di Codrongianos: la bellezza contro il razzismo

  Leggo   sconfortato    e indignato   questo  articolo della  nuova  sardegna del  22\8\2020  ed  mi  complimento  per  il coraggio non so dove  trovi la  forza  di  Kary   di  reagire  con Con distacco e ironia  i commenti , vedere   sotto a  sinistra  , di chi non ha gradito che lei indossasse (splendidamente) un prezioso abito della tradizione





                                    Mauro Tedde 


CODRONGIANOS. Doveva essere una bella iniziativa che Andrea Zucca Pais, presidente dell'associazione culturale "Bestimentas de muda", stava mettendo su con alcuni fotografi e alcune modelle. Una di queste è Kary Khouma, 21 anni, 

bellissima donna di Olbia, che ha indossato un pregiato costume tradizionale di Codrongianos per posare in uno degli angoli del centro storico del paese. Ma una volta che alcuni scatti sono stati condivisi sui social si è scatenato un putiferio. Perché Kary ha la pelle nera, è di origini senegalesi e per qualcuno non avrebbe mai dovuto indossare quell'abito. I commenti xenofobi hanno fatto subito capolino sulle pagine Facebook e Kary ci è rimasta un po' male, così come Andrea Zucca Pais. A suscitare clamore è stato proprio il fatto che Kary abbia indossato, con grazia ed eleganza, l'abito di Codrongianos avendo la pelle nera e quindi quelle foto «mancherebbero di rispetto ai costumi, alle tradizioni e alla storia di Codrongianus». Insomma, razzismo stupido e becero.
  Per fortuna in tantissimi sui social hanno apprezzato l'idea dell'autore per il quale «in ogni cultura c'è un po' di noi tutti» e «l'abbigliamento tradizionale non comporta alcuna distinzione di colore, ma casomai esalta la policromia, che è un modo per superare assurdi confini». Kary Kouma ha provato a replicare pacatamente, ma poi ha deciso di lasciar stare. «I commenti su Facebook? Solo ignoranza - scrive Kary - non mi scalfiscono. Chi è fermo a questa visione non sa che sta parlando di una ragazza sarda, nata e cresciuta a Olbia, orgogliosa delle sue origini ma legata alla Sardegna, la sua terra».

«Faccio la modella, ero sul set per altro, il proprietario dell'abito mi ha chiesto di indossarlo e di potermi fotografare», racconta Kary, nata da genitori senegalesi trapiantati nell'isola da trent'anni, una coppia con quattro figli, orgogliosamente isolani. Lei studia Scienze infermieristiche a Sassari e anche di questo è orgogliosa. «Sono più sarda che senegalese, credo che sia normale - spiega - non rinnego assolutamente le mie origini, ne sono fiera, ma qui sono nata e cresciuta e qui voglio vivere. Ho indossato più abiti sardi che senegalesi - scherza - gli ignoranti se ne facciano una ragione. L'unica "razza" che spero si estingua è quella degli ignoranti».Il sindaco di Codrongianos Andrea Modetti ha subito preso posizione sulla vicenda. «Mi sento in dovere di precisare che la nostra comunità non tollera questi atteggiamenti razzisti - ha commentato - e lo dimostra il fatto, e lo dico con orgoglio, che nessun nostro concittadino ha preso parte alla discussione e agli insulti subiti dalla giovane modella. Ho subito contattato il presidente dell'associazione Andrea Zucca Pais, che è un consigliere comunale, per invitare Kary in Comune e dimostrarle la nostra solidarietà e la nostra vicinanza. In questi anni abbiano portato avanti diverse iniziative di sensibilizzazione contro ogni forma di violenza sulle donne, puntando sulla cultura che è l'unica arma contro l'intolleranza»

Mario Perantoni, presidente della commissione Giustizia e deputato M5S  , su   http://algherolive.it/2020/08/22/ “Esprimo anche a nome di tanti sassaresi massima solidarietà alla giovane e rivolgo un appello a chi ha scritto quegli intollerabili commenti: allargate il vostro orizzonte e apritevi al mondo, rendete onore alla nostra terra, da sempre ospitale e accogliente” Ottima  risposta quella  di  Perantoni   a nostri ( ovviamente senza generalizzare , anche se un po' arduo visto che da nazionalismi si sono originate due guerre mondiali e due delle più grandi dittature del secolo scorso , nazismo e fascismo , i cui rigurgiti \ influenze si vedono ancora oggi ) sovranisti ,  gente   che fa solita figura di ..... che non accettano , vedere  la  figuraccia di Susanna Ceccardi con Insaf Dimassi di cui ho parlato nel post precedente, che  esistano anche immigrati  di 2  generazione    (  o di prima   poco importa  )   che   s'integrano alla  perfezione   accettando le nostre  usanze   e tradizioni  .  Magari sono  quelli  stessi  ......  imbecilli      a  cui non va  mai bene niente   cioè si lamentano perchè  non accettano  le  nostre tradizioni e  la nostra  cultura   ,  poi   quando  l'accettano non  va  più  bene  . Gente  che   dovrebbe  fare  pace   con il proprio  cervello

Così una suora di clausura avvicina il Vaticano alle trans La benedizione di papa Francesco per la carmelitana Mónica Astorga, che in Patagonia ha allestito un "condominio sociale" per accogliere le donne transgender in difficoltà

da https://www.repubblica.it/esteri/2020/08/23/news 


Suor Monica Astorga



CITTÀ DEL VATICANO - Si chiama La costa del Limay. È un "Condominio sociale protetto per donne trans", costruito nel quartiere Confluencia di Neuquén, la città più popolosa della Patagonia. È stato inaugurato lo scorso 10 agosto grazie all'impegno di una suora di clausura, la carmelitana Mónica Astorga Cremona che da anni accoglie le trans che vivono in condizioni di disagio, spesso in fuga dalla prostituzione e bisognose di occupazione: dodici miniappartamenti con un salone comune.
Secondo quanto riporta l'agenzia Telam, l'inaugurazione è stata salutata anche da papa Francesco il quale, nonostante sia a conoscenza dell'ostilità di parte della Chiesa locale per il lavoro della religiosa, ha voluto scriverle queste parole: "Cara Mónica, Dio che non è andato al seminario né ha studiato teologia, ti ripagherà abbondantemente. Prego per te e per le tue ragazze. Non dimenticare di pregare per me. Gesù ti benedica e la Santa Vergine ti assista. Fraternamente, Francesco".
"Il Papa conosceva la nostra comunità ancor prima che diventasse vescovo e nel 2009 è venuto a trovarci", dice suor Mónica in una intervista concessa a Linkiesta. E ancora: "In quell'occasione l'ho informato che seguivo le donne trans e lui mi ha detto: 'Non abbandonare il lavoro di frontiera che il Signore ti ha dato'". Secondo quanto riporta ancora Linkiesta più volte Francesco ha scritto alla religiosa. In alcune missive le avrebbe anche detto in riferimento all'emarginazione che subiscono le donne trans: "All'epoca di Gesù i lebbrosi erano scacciati allo stesso modo".
La vita claustrale di suor Mónica non tradisce ritmi e regole nonostante l'impegno con le trans. I momenti di ritiro, silenzio e preghiera sono indirizzati alla carità, in particolare alla cura di chi è maggiormente in difficoltà.
"Fin dal primo giorno - racconta - ho chiesto a Gesù di mostrarmi i volti e i nomi delle persone. Per il resto, io sono un semplice mediatore. Conduco la mia vita in monastero. Le donne transgender vengono qui per pregare e parlare: si mette su qualche progetto e io comunico per e-mail o telefono con le persone da aiutare". Non sempre la Chiesa sa mettere in pratica ciò che il Vangelo predica. Chiusure e ostilità, soprattutto nei confronti delle persone Lgbt, esistono ancora. "C'è ancora molta strada da fare nella nostra amata Chiesa - dice la religiosa - . C'è bisogno di interpretare il Vangelo. C'è bisogno di informazione e formazione. Però credo che si stia avanzando a poco a poco".
Francesco chiede vicinanza verso tutti. L'attenzione per le donne trans non è di oggi. Già a fine aprile scorso aveva mandato a Torvaianica l'elemosiniere, il cardinale Konrad Krajewski, per portare aiuti economici a delle donne transessuali sudamericane che avevano fatto richiesta tramite il parroco della zona. Le trans, con il lockdown, non avevano più clienti e non sapevano come pagare l'affitto e come comprare da mangiare.
Nel 2015, invece, il Papa aveva ricevuto in Vaticano il transgender Diego Neria Lejarraga insieme alla sua fidanzata. Questi gli aveva scritto denunciando di essere stato "emarginato" dalla Chiesa nella sua città di Plasencia, in Estremadura, dopo il cambio di sesso.



Nonostante sia ligia ai ritmi della vita claustrale e non conceda facilmente interviste (in un suo post su Facebook ha chiesto ieri di non essere chiamata non avendo «nulla da dire») ha deciso di parlare del suo progetto https://www.linkiesta.it/

Che cosa l’ha spinta a impegnarsi con tanto entusiasmo per le donne trans?

Tutto è iniziato 14 anni fa. Alcune donne trans mi domandarono aiuto per smettere di prostituirsi. Io chiesi allora che sogni avessero e una di loro, Katiana, mi disse: «Avere un letto pulito per morire». 11 anni fa la diocesi ha prestato una casa e delle stanze per lo svolgimento di diverse attività. Nel 2017 ho chiesto al Comune un terreno edificabile: hanno concesso il terreno e dall’Ufficio del Governatore è arrivato l’invito di preparare un progetto di edilizia abitativa. Dopo tre anni il ​​progetto è una realtà concreta.

Francesco le ha scritto una lettera in risposta alla sua in cui raccontava come si era svolta l’inaugurazione del Condominio. Ma l’ha fatto anche in prossimità della cerimonia?
Il Papa conosceva la nostra comunità ancor prima che diventasse vescovo e nel 2009 è venuto a trovarci. In quell’occasione l’ho informato che seguivo le donne trans e lui mi ha detto: «Non abbandonare il lavoro di frontiera che il Signore ti ha dato». Gli scrivo quando voglio condividere qualcosa con lui. Qualche giorno prima dell’inaugurazione mi ha scritto: «Condivido la tua gioia per gli appartamenti. Auguri e benedizioni. Ti sono vicino. Va’ avanti e non abbandonare mai l’orazione. Un saluto affettuoso alla comunità. Per favore continua a pregare per me. Gesù ti benedica e la Santa Vergine ti assista. Fraternamente, Francesco».


Lei è superiora di un monastero di clausura. Quando entrò al Carmelo, immaginava che sarebbe stata vicina alle donne trans? Come riesce a coniugare la vita di contemplazione con una tale attività?
Sono entrato al Carmelo 35 anni fa. Ho sempre pensato che la mia preghiera e la mia vita dovessero essere finalizzate alla presa in cura di chi è scartato dalla società. Fin dal primo giorno ho chiesto a Gesù di mostrarmi i volti e i nomi delle persone. Per il resto, io sono un semplice mediatore. Conduco la mia vita in monastero. Le donne transgender vengono qui per pregare e parlare: si mette su qualche progetto e io comunico per e-mail o telefono con le persone da aiutare.

Santa Teresa d’Avila fu a volte incompresa dalle autorità ecclesiastiche del tempo. Nel 1578 il nunzio apostolico in Spagna, Filippo Sega, arrivò a definirla «femmina inquieta e vagabonda». Secondo lei, se la fondatrice del Carmelo fosse vissuta oggi, avrebbe fatto e approvato il suo impegno per le donne trans?
Non ho dubbi che oggi santa Teresa farebbe lo stesso e molto di più.


Lei ha parlato del sostegno di Bergoglio sin da quando era arcivescovo di Buenos Aires. Hai mai incontrato ostilità da parte del clero di Neuquén?
Nella Chiesa locale sono pochissimi coloro che approvano una tale attività.

Violenza, discriminazione e omicidi di donne trans non si fermano in Argentina e nel mondo. Cosa pensa che dovrebbero fare le autorità civili per fermare tutto ciò?

Credo che nessuno sia veramente interessato alle persone trans ed è per questo che non faranno nulla.


Il 19 agosto lei ha pubblicato su Facebook una foto della bandiera transgender in occasione del 21° anniversario della sua ideazione da parte di Monica Helms. Non ha paura di essere accusata di ideologia anche dai cattolici come spesso accade molto con chi si spende per i diritti delle persone Lgbti?

Mi hanno già accusato di tutto, non credo abbiano più niente da dirmi.

Nonostante i diversi toni pastorali di Papa Francesco, nella Chiesa cattolica c’è ancora molta indifferenza e spesso ostilità nei confronti delle persone Lgbti. Che cosa ne pensa?
C’è ancora molta strada da fare nella nostra amata Chiesa. C’è bisogno di interpretare il Vangelo. C’è bisogno di informazione e formazione. Però credo che si stia avanzando a poco a poco.

22.8.20

ma quelli ( quelle in questo caso ) della lega lo sono con la propria testa o autonomia oppure ripetono come pappagalli ammaestrati senza spirito criticole direttive ? Susanna Ceccardi umilia Insaf Dimassi,

Ieri a In Onda su la 7 Susanna Ceccardi la candidata governatrice della Lega in Toscana, Susanna Ceccardi. Quella per cui “Imagine” è un inno comunista. ha provato a spiegare a Insaf Dimassi, una ragazza che non ha la cittadinanza anche se è tutta la vita che vive nel nostro paese, che se non è ancora italiana è perché gli italiani sono stufi dell’immigrazione incontrollata. Peccato che, come ha spiegato Insaf, vedere video sotto ,
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 non c’entri proprio niente da titolo mi chiedo ma quelli ( quelle in questo caso ) della lega , ovviamente la stessa cosa vale se a comportarsi in un simile modo fosse qualcuno\a di un altro raggruppamento politico , lo sono con la propria testa o autonomia oppure ripetono come pappagalli ammaestrati senza spirito critico le direttive

riaprire le scuole a.... come vogliono con la loro crociata negazionita gli antivirus o in sicurezza come chiedono molti


In Italia è in atto una divertente crociata di negazionisti del virus. Sostengono che il Covid non c’è più. Che è del tutto scomparso, che si è materializzato nel nulla o – nel peggiore dei casi – che non è proprio mai esistito, che è tutta una montatura e che siamo in una dittatura sanitaria. Che il cosiddetto “partito dei virologi” neghi loro le più basilari libertà neanche fosse una congiura arcigna e cattiva nei loro confronti, e non invece un atto d’interesse a tutela della salute pubblica.

infatti sono mesi che questi geni, tra cui militano illustri e autorevoli politici, giornalisti, faccendieri, virologi, sono alla ricerca di studi, numeri, tendenze a cui aggrapparsi pur di giustificare la loro folle crociata, con motivazioni l’una più bizzarra dell’altra spesso senza alcuna evidenza scientifica o empirica. Come se anche tutti gli altri non volessero tornare alla normalità di prima, con ristoranti, cinema, discoteche, tutto aperto, e turismo e flussi di denaro dell’era pre-Covid.Ora  come  dice  https://www.tpi.it/opinioni/negazionisti-covid-crociata-assurda-commento-20200822652879/ : 

i contagi tornano ad aumentare la crociata assume contorni sempre più interessanti. Sulla scuola ad esempio il mantra è questo: “Dobbiamo riaprire a tutti i costi, non importa come, la scuola è un diritto costituzionale che è stato calpestato da questa dittatura sanitaria; se non riparte la scuola, non riparte il paese”, come sostiene la senatrice Daniela Santanchè (FdI) in questo video

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Forse Santanchè non lo sa, ebbene la informiamo: tutti vogliamo tassativamente riaprire le scuole, ma a meno di un mese dalla riapertura (14 settembre) possiamo dirci ragionevolmente sicuri di avere un piano che tuteli il personale didattico, i nostri figli e di riflesso anche tutti quanti noi cittadini? È una domanda lecita e doverosa perché, senza regole chiare, se poi a ottobre dobbiamo richiudere tutto, stile discoteche, si rischia davvero. È necessario avere un piano in grado di garantire salute e sicurezza. >>


 

Pensate davvero, cari covidnegazionisti , che sarà impensabile che si verificherà non dico 10 ma 1 contagio 1 nelle scuole? E se avviene cosa facciamo? Isoliamo solo quel caso o tutta la classe? Se è il prof. quello contagiato, che si fa? Io penso che quell’eventuale caso, e le persone a lui vicine, devono starsene a casa, altrimenti diventa il focolaio perfetto; uguale per gli insegnanti. Questo non vuol dire che non si debba riaprire il 14 settembre, né tantomeno equivale a dire didattica a distanza per tutti. Vuol dire però che chi risulta positivo, limitatamente per il tempo necessario, deve fermarsi e stare a casa seguendo le lezioni con la didattica a distanza. Non è una tragedia. Mi sembra persino ragionevole. Oppure Preferiamo questo o ulteriori contagi e magari ( tocchiamo ferro e facciamo scongiuri ) a dover piangere altri morti ? Parliamo in modo serio di un piano per la scuola. Mettiamo da parte l’ideologia.


Non ci stiamo, noi, a farci prendere per i fondelli da questa crociata negazionista che non tiene conto della realtà dei fatti e persegue solo i propri interessi personalistici o peggio quelli dell’indifferenza, della superficialità, giocando con i nervi scoperti delle persone.

 

Infatti  la scuola deve riaprire! Certo, ma siamo sicuri di avere un piano adeguato che tuteli i nostri figli e  tutto  il personale  docente    e non docente  ? Ma per far sì che questo possa accadere è necessario dotarsi quanto prima di un piano serio in grado di garantire il più ampio margine di sicurezza. In assenza di regole chiare il rischio con le scuole è davvero troppo alto, perciò serve cautela e precauzione massima, senza inversioni di rotta dell’ultim’ora. Anche perché sulla scuola il governo si gioca davvero tutto, molto più che sulle regionali o sul referendum, e su questo può davvero cadere, Ecco quindi  che   concordo   in pieno  con  quest altro intervento di https://www.tpi.it/opinioni/scuola-deve-riaprire-ma-abbiamo-piano-adeguato-20200819651665/

 

<< [...] Non possiamo permetterci che avvenga il panico con chiusure fatte male e a caso. 
  Ne abbiamo già avuto prova, con la Lombardia ad esempio. Le chiusure fatte male e di fretta portano quasi sempre ad altrettante aperture fatte male e frettolose, senza distinguo. Guardando all’imminente futuro, il 20 e 21 settembre si terrà in Italia un’importante tornata elettorale per le elezioni regionali e contemporaneamente l’appuntamento referendario per il taglio dei parlamentari. Pensate a cosa può succedere se la cosa viene gestita male, con una riapertura delle scuole una settimana prima e poi un ulteriore stop prolungato sette giorni dopo.
Parliamo in modo serio di un piano per la scuola. Mettiamo da parte l’ideologia del “dobbiamo riaprire a tutti i costi, non importa come, la scuola è un diritto costituzionale che è stato calpestato da questa dittatura sanitaria”. Per favore, non diciamo sciocchezze. Non ci stiamo, noi, a farci prendere per i fondelli da questa crociata negazionista che non pondera la realtà dei fatti.
In tutto ciò ad insegnanti, prof, presidi non pensa nessuno. La sicurezza e la salute del personale didattico non sono meno importanti di quella dei ragazzi. E soprattutto senza dimenticare che dal giorno 1 della riprese delle lezioni presidi e prof. faranno a gara, in parte comprensibilmente, pur di ottenere il più alto grado di deresponsabilizzazione possibile rispetto a quanto accade in classe, e infatti è già partita la corsa per la richiesta dello sgravio di responsabilità e dello scudo penale.
Dunque, alla fine resta una domanda: possiamo oggi dirci ragionevolmente sicuri che stiamo tutelando i nostri figli con il rientro in classe? Come vivono i genitori questo quesito? Naturalmente la certezza che i nostri figli siano tutelati e sicuri dentro un’aula non esiste per definizione, mai, nemmeno in era pre-Covid. Ma inutile nascondersi, sul piatto della bilancia, come spesso accade ci sono due fattori: il diritto all’istruzione (e la salute) e il diritto al lavoro. Tra economia e salute, da sempre, indovinate chi ha la meglio?
Una ultima nota va dedicata a chi ritiene che sia folle sostenere che nulla tornerà come prima per i prossimi cinque anni. Non lo dico io perché la mattina mi alzo storto, ma moltissimi esperti e tecnici. Quindi – vi anticipiamo – non c’è alcuna macumba ma un fatto che dobbiamo accettare. Nessuno vuole con cattiveria fare vivere le persone in modo anormale, negare la libertà a nessuno, ma è impensabile rifiutare le cose per quelle che sono. Vi prego, perciò, inutile che continuiate con questi complottismi patetici. >>


 

i retroscena ed l contesto dell'attacco per gettare fumo sui sui dipendenti contagiati da covid di Briatore al sindaco di arzachena



Sentire uno  o più politici  (  in realtà  politicanti  )  dire impunemente che il governo “se la prende con i giovani” perché ha deciso di proteggerli chiudendo le discoteche, è l'ennesimo passo verso il delirio più totale in cui essi  stanno  trascinando ulteriormente  tutto il Paese.

Infatti  
4 g 

La perdita di ogni senso.
Il portafogli dei ragazzi prima della loro vita.
La discoteca prima della loro incolumità.
Il divertimento notturno e alcolico elevato a unico valore.
Ridurlo o rinunciarci? “Follia!” ha detto.
Nemmeno per una sola estate in tutta la vita.
Nemmeno per mezza estate.
Nemmeno per due settimane.
Nemmeno dopo ferragosto.
Tutto in Italia si è fermato, tutti si sono sacrificati, tutti hanno incassato di meno, tutti hanno sofferto. Tutti lo hanno accettato davanti a 35mila morti, davanti a un mondo in ginocchio.Ma la discoteca no, quella non si può toccare. Né ci si può accontentare di un governo che pure, per tutta l'estate, fiducia ha voluto concederla. O tutto, o tutto.Si ammalino pure i ragazzi e muoiano i loro genitori. Ma quei ragazzi votano. E se posso accaparrarmene il voto dicendo loro che il governo li sta punendo, che chiude le discoteche perché vuole punirli e non proteggerli, allora va detto. Funziona con i genitori e i nonni, funzionerà anche con loro.Come il Paese dei Balocchi.Come Lucignolo che lì trascinò Pinocchio: dove “in mezzo ai continui spassi e agli svariati divertimenti, le ore, i giorni, le settimane passavano come tanti baleni”.Fino a che i bambini, così ingannati, si svegliavano ragliando, tramutati in asini. Ma quello era solo un romanzo di fantasia.Nella realtà ci si sveglia in terapia intensiva. Con tubi che entrano nel corpo. E la voce che è un soffio.


e sempre lo stesso

Emilio Mola
1 g ·




C’è un nuovo, purtroppo ennesimo, focolaio di coronavirus in Sardegna.Ed è il Billionaire di Flavio Briatore dove 6 dipendenti del personale sono risultati positivi al Covid-19. E ora tutti gli altri sono in isolamento.Non voglio aggiungere molto a questa notizia che si commenta nella sua drammaticità da sola, se non augurare a tutti quei lavoratori di guarire il prima possibile.Ma voglio ricordare alcune dichiarazioni che lo stesso Flavio Briatore che da mesi insulta il governo e che in questi giorni ha ironizzato contro Conte perché “colpevolizza i giovani” togliendo loro quel santuario sicurissimo dal Covid che sono le discoteche:“Volevano trovare un capro espiatorio simbolico e l’hanno trovato nelle discoteche. Come la vedono loro, sembra che questo virus agisca solo di notte e non di giorno, potrebbero ribattezzarlo virus del panettiere: che si alza la notte per lavorare e dorme di giorno”."Il vero virus da cui difendersi - aggiunge ancora sui social - è quello di questo Governo”.“Una discoteca con la capienza di mille persone - aggiunge parlando all'adnkronos - la portavi a 400 facendo anche i tamponi e i test sierologici ai dipendenti come abbiamo fatto noi al Billionaire".In un paese normale, non completamente plagiato da una propaganda che porta i poveri a stracciarsi le vesti per tutelare i sontuosi guadagni di Briatore e Santanché, da oggi dovrebbero tacere da qui alla fine della Pandemia sia lui sia tutti quelli che da mesi attaccano Conte e il governo per misure che poi ogni volta, ogni santissima volta, si sono rivelate giuste per salvare migliaia di vite umane e tutto il sistema Paese.In un Paese normale.Ma qui siamo in Italia.E qui viene prima la discoteca, poi la vita. Prima gli interessi di Briatore, della Santanché, del Papeete e di tutti questi amici e alleati di Matteo Salvini, poi la sicurezza di lavoratori, giovani e del Paese.






20.8.20

la canzone preghiera dei cugini di campagna racconta di Jole ed Ettore, i fidanzatini sassaresi lei morì di leucemia, lui si uccise




Una storia drammatica ma piena di Amore.Proprio come dice  la  canzone  Una  storia   come  dicono , molti ,  molto commovente. Un amore simile in questi nuovi tempi non si trova più.   

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nuova  sardegna  18 AGOSTO 2020

Era il 17 agosto 1975, il Corriere della Sera due giorni dopo dedicò una pagina alla tristissima storia, il cantante Ivano Michetti dei Cugini di campagna scrisse "Preghiera"

LUIGI SORIGA                


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SASSARI. Lui si chiamava Ettore Angioy, aveva 18 anni, era un ragazzone atletico e innamorato, con le gambe da terzino e la testa di un fantasista d’altri tempi. Lei si chiamava Jole Ruzzini, era sportiva, di una spensieratezza contagiosa, brava a scuola, con i capelli neri e sciolti. Aveva quindici anni.
Il Corriere della Sera, nel paginone delle cronache agostane, scrive questa testatina: «La vicenda più triste dell’estate». E poi titola: «Ecco come a 18 anni si può ancora morire d’amore». Era il 1975: il 17 agosto di 45 anni fa.
Ivano Michetti, quel giorno aveva 28 anni. Indossava mezzo chilo di basetta per guancia, pantaloni a zampa d’elefante, una giacca catarifrangente e un nome d’arte che resterà nella storia della musica: Cugini di Campagna. Sfoglia quel giornale, il cuore gli sgocciola, e crea la canzone più struggente di tutto il suo repertorio.
“E le mie mani innalzerò verso di te, cantandoti una preghiera finché non hai salvato lei”.
Ettore e Jole si erano conosciuti al gruppo scout Ss4 di via Galileo Galilei a Sassari. Era stato un piccolo colpo di fulmine. Lei al liceo Scientifico, intelligente, studiosa, voti alti. Lui all’ultimo anno dei Geometri, disegnatore di talento, la passione per i fumetti di Tex. Dice Primo Ruzzini, fratello di Jole: «Giocavamo insieme a calcio, eravamo amici. Ero contento che stesse con Jole, erano una belle coppia. Ettore era un idealista, con un grande senso della giustizia. Per questo secondo me non poteva accettare di perdere mia sorella».
Stavano insieme già da un anno, condividevano la passione per gli scout. A fine luglio, erano partiti con le loro squadre di giovani esploratori per il campo-raduno di Monte Pisanu, vicino a Bono, in vista del meeting nazionale a La Mandria di Torino. Jole è stanca, ha una brutta cera, il colorito giallognolo, il medico consiglia il ricovero agli Infettivi di Piazza Fiume. Il responso non lascia scampo: «Leucemia». In quegli anni non esisteva un trapianto di midollo, e il “cancro del sangue” equivaleva a una sentenza. «I miei genitori sapevano tutto – dice Primo – ma a me ed Ettore avevano detto che si trattava di epatite». Così entrambi partono per Torino, mentre Jole resta ricoverata e si appassisce pian piano. «Quando siamo ritornati a Sassari, lei stava ancora benino. Agli infettivi non erano concesse visite, e con Ettore ci facevamo trovare sotto una finestra dell’ospedale subito dopo pranzo. Lei si affacciava, io la salutavo, mi facevo da parte, e loro parlavano di nascosto». Poi la malattia scollina e inizia la discesa. “Lei mi sorride pensando che poi guarirà, ancora non sapeva amare perché la vuoi insieme a te”.
La finestra da quell’istante rimane chiusa, Jole è sempre più debole. «Solo allora, io ed Ettore abbiamo sentito pronunciare la parola leucemia». E il sangue di un diciottenne innamorato si gela d’un colpo. “Signore mio, ascoltami se puoi. Signore mio al mondo ho solo lei. Signore mio è per amore che t'imploro. A mani giunte ti scongiuro dimmi che non sarà vero”. È sconvolto: un giorno uscendo dall’ospedale, grida: «Se muore, io la seguirò nella tomba». Si confessa anche con il prete di San Giuseppe, con don Era: «Se muore, io non voglio più vivere». Jole ha sempre gli occhi chiusi, dorme, la leucemia se la porta via in un paio di giorni. È il 17 agosto. “Signore mio! Ma le sue mani non sento più stringersi a me. Perdona se tu mi vedrai lassù tra voi insieme a lei”. Ettore torna a casa, indossa una giacca elegante, i pantaloni bianchi, nella tasca infila una lettera d’addio, passa al bar, infila una moneta nel jukebox, ascolta per l’ultima volta la loro canzone, si incammina verso il ponte di Rosello.
“Amore mio non ce l'ho fatta più, amore mio senza di te laggiù, amore mio la nostra casa è il paradiso, ritrovo adesso il tuo sorriso. Non devi avere più paura. Amore mio.....”. Scavalca la balaustra, chiude gli occhi, e si lascia andare.
I genitori la notte lo aspettano, si preoccupano, danno l’allarme e amici e parenti lo cercano per tutta la città. Lo vedrà un passante, adagiato sull’erba, i pantaloni bianchi, sotto il ponte. Riconoscerlo è facile, la lettera in tasca racconta tutto. Poche scuse, un addio eloquente: “Perché senza Jole la mia vita non ha più senso”. Primo conserva ancora quella lettera, e la custodisce come si fa con i segreti, perché c’è condensata la ragione di una scelta estrema, la più intima che uno possa concepire. «Aveva pensato a tutto, si era dato due sole possibilità, senza via d’uscita. Se lei vive, vivo anch’io. Se muore, la seguo. Ed era talmente risoluto da non essersi confidato con gli amici. Aveva preferito isolarsi, aspettare il destino e far decidere lui anche per la sua vita»
A quei tempi i funerali dei suicidi venivano celebrati sottovoce, di nascosto, perché congedarsi così era peccato mortale. Invece, se molti sassaresi ancora ricordano la storia di Ettore e Jole, è anche grazie alla sensibilità moderna di monsignor Masia. «Accettò la loro scelta d’amore, e decise di celebrarla». Il 19 agosto gli scout caricano in spalla la bara di Ettore Angioy. Il corteo non va direttamente verso la parrocchia di San Giuseppe, allunga il percorso, si dirige verso via Torres. Al numero 16 si ferma silenzioso. Aspetta che da quel portone esca la bara di Jole Ruzzini, come farebbe uno sposo che va a prendere la sposa. Le due bare camminano fianco a fianco, e anche i due cortei si sfiorano, per poi diluirsi nel sagrato. E questo, nell’agosto del 1975, è stato un refolo di amore e di rivoluzione.


a confermare la notizia , che può sembrare leggenda , è questa lettera della Madre di Jole al gruppo Cugini di Campagna:

L'immagine può contenere: 4 persone, persone che sorridono, persone in piedi




Gentilissimo complesso,
sono la mamma di Jole, la ragazza morta a Sassari il 17 Agosto affetta da leucemia, e nella stessa sera Ettore si buttò dal ponte per amore di mia figlia.
Molti ragazzi dei boy-scout mi dicono che voi avete scritto e musicato la canzone Preghiera dedicata ai nostri ragazzi, mi complimento con voi, è molto bella, è come mia figlia era. Ed Ettore ha veramente implorato il Signore, ciò che voi con le vostre parole e musica dite. Ve ne sono molto grata di quanto avete scritto e continuate a dire verso i nostri angeli, che sicuramente dall'alto per il breve cammino secondo quanto ha scritto sulla nostra esistenza terrena il buon Dio.
Vorrei da voi un conferma, cercate di capire due mamme.
Vorrei dilungarmi tanto, dandovi tante benedizioni, ma credetemi la commozione mi ha vinta.
L'angelo di Jole e di Ettore vi protegga per tutta la vita.
Vi abbraccio tutti con tanto tanto amore come se voi foste i mei ragazzi.
M.


19.8.20

Pensierino di metà agosto...

 

Demolisci le convenzioni di questa società ipnotica, sacrifica te stesso all'albero della saggezza, indossa la corazza dell'odio e del disprezzo, scaglia le tue frecce contro la colomba e il corvo, rifuggi la falsità e la bugia come stile di vita, alimenta il tuo fuoco ed infine spargi il tuo seme su ogni campo non ancora arato.



17.8.20

AGGIORNAMENTO PRECEDENTE POST CHIUSURA DISCOTECHE . Coronavirus, l’ordinanza del ministro Speranza sospende solo “l’attività del ballo”: le discoteche possono rimanere aperte

 i media maistream e non mainstream  ,  i blog  (  compreso il nostro qui l'articolo  )  hanno   pubblicato , salvo alcuni   ( vedere   articoo  sotto  )  sulla  chiusura  delle  discoteche    degli errori   . Infatti   esse possono  coem specificato dall'ordinanza  rimanere  aperte    a   delle    condizioni 


Di Niccolò Di Francesco
Pubblicato il 17 Ago. 2020 alle 09:01Aggiornato il 17 Ago. 2020 alle 09:25





Coronavirus, le discoteche resteranno aperte: ecco perché

Con l’aumento dei casi di Coronavirus, il governo ha deciso di attuare una serie di misure restrittive, tra cui la chiusura delle discoteche, le quali, in realtà, potranno rimanere aperte. L’ordinanza firmata nella giornata di domenica 16 agosto dal ministro della Salute Roberto Speranza e in vigore a partire da lunedì 17 agosto, infatti, vieta le “attività del ballo che abbiano luogo in discoteche, sale da ballo e locali assimilati destinati all’intrattenimento o che si svolgono in lidi, stabilimenti balneari, spiagge attrezzate, spiagge libere, spazi comuni delle strutture ricettive o in altri luoghi aperti al pubblico”. L’ordinanza, di fatto, non obbliga le discoteche a chiudere, ma sostanzialmente vieta solo il ballo. I locali che hanno al loro interno bar o ristoranti potranno rimanere aperti anche per concerti o serate di musica nel pieno rispetto delle normative anti-Covid, quindi con distanziamento tra i tavoli e l’obbligo di indossare la mascherina almeno fino a quando non ci si siede al tavolo.
La conferma in tal senso era già arrivata dalla senatrice Daniela Santanché, proprietaria di un locale, la quale, intervistata da TPI, aveva confermato che “Non si potrà ballare. Ma le discoteche resteranno aperte. La mia discoteca resta aperta” aggiungendo “I ragazzi ci possono andare, possono stare seduti ai tavoli, possono bere. L’unica cosa che non possono fare è ballare”. La sospensione di balli, in realtà, era già stata prevista dal governo nel Dpcm dell’8 agosto scorso in cui vi era scritto: “Restano comunque sospese le attività che abbiano luogo in sale da ballo e discoteche e locali assimilati, all’aperto o al chiuso”. Una serie di deroghe regionali, tuttavia, avevano permesso di aggirare la norma. Ecco perché la nuova ordinanza firmata dal ministro Speranza ammette deroghe regionali alla normativa solo in “termini più restrittivi”.
Il danno provocato dalla chiusura delle discoteche è comunque importante. Secondo quanto svelato dal Corriere della Sera, il governo sta pensando, anche su richiesta dei governatori di Liguria, Veneto ed Emilia-Romagna, a un fondo ad hoc per i gestori dei local da aggiungere alle misure del Decreto Agosto, che attualmente si trova in Parlamento. Al momento si ipotizzano una serie di aiuti a fondo perduto. Il sindacato dei locali da ballo (il Silb), intanto, parla di 4 miliardi di fatturato a rischio con almeno il 70% dei locali che da febbraio non ha mai riaperto.

La mamma fu uccisa e bruciata dal compagno, la figlia la ricorda con sua una canzone rap

  Poichè il  giorno dopo   ferragosto   non escono  giornali    ho letto   la  vicenda    di   Valentina, la  cui madre  Violeta Senchiu,  fu uccisa, bruciata viva, dal compagno a Sala Consilina nel novembre di due anni fa.   .  Lo so  che   è un argomento talmente  trattato ed  abusato    e  divisivo  come  si  dice  oggi  , ma  il  silenzio  su  tali argomenti è peggio  . La  vicenda  è talmente  triste   da  non riuscire   a  dire  la  propria  opinione     senza  scadere  in banalità  ed  frasi trite  e  ritrite  . Quindi  lascio  le  parole  sia   a  questa bella  canzone  (  a fncl  ai pregiudizi e  generalizzazioni  come quelle dei matusa    e  di qualche   Bertoncelli o un prete a sparare cazzate  che dicono  che   esso  è  solo violenza   ed  sessismo  ,  oltre  che droga   ,  stesso discorso  che  fecero i  loro padri e parenti sul  jazz   che  fini nel calderone  del proibizionismo  e  successivamente  sul rock accusandolo d'essere  musica  indemoniata     \  del  diavolo   )    della protagonista  




«Tu sei un stella caduta dal cielo, stesa per terra con addosso un telo, e invece del fuoco sentivi il gelo e per te piangeva anche il cielo». Con queste parole inizia la canzone di Valentina  (  foto sotto al centro  presa  dal  secondo sito ) , la

 



figlia di Violeta Senchiu  ( foto  a destra   , foto presa  dalla rete  ) , uccisa, bruciata viva, dal compagno a Sala Consilina nel novembre di due anni fa. 

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«Mamma sei tu» è la canzone della figlia di Violeta, un rap emozionante, con strofe e parole
che arrivano al cuore, che riportano l'attenzione sul femminicidio dal punto di vista di un'adolescente privata dell'amore materno dal compagno violento (non era suo padre). Per il femminicidio di Violeta è stato arrestato il compagno Gimmino Chirichella poi deceduto per un infarto in carcere, secondo la ricostruzione degli inquirenti dopo una lite era andato ad acquistare del carburante e una volta tornato a casa aveva dato fuoco all'appartamento e a Violeta.Valentina, ancora non maggiorenne, già in altre occasioni ha avuto la forza e il coraggio di raccontare e testimoniare quanto avvenuto. Lo ha fatto attraverso la poesia e ora con una canzone. 


il  secondo  repubblica  del  14\8\2020

Il rap di Valentina

Non ha più la madre uccisa dal compagno. "Così ha messo in rime amore e voglia di giustizia"
Valentina Luntraru ha 15 anni, vive a Sala Consilina in provincia di Salerno, ha due fratelli più piccoli, a settembre andrà in seconda superiore, Istituto professionale Criscuolo di Polla. «È una leader della classe, un esempio: una ragazza come ce ne sono poche. Non si tira mai indietro», dice Teresa Amodeo, insegnante di diritto. Due anni fa, quando ne aveva 13, ha visto sua madre Violeta bruciare viva. Ad appiccare il fuoco è stato Gimino Chirichel...
Valentina Luntraru ha 15 anni, vive a Sala Consilina in provincia di Salerno, ha due fratelli più piccoli, a settembre andrà in seconda superiore, Istituto professionale Criscuolo di Polla. «È una leader della classe, un esempio: una ragazza come ce ne sono poche. Non si tira mai indietro», dice Teresa Amodeo, insegnante di diritto. Due anni fa, quando ne aveva 13, ha visto sua madre Violeta bruciare viva. Ad appiccare il fuoco è stato Gimino Chirichella, compagno della mamma e padre dell’ultimo dei bambini, che aveva allora tre anni. «Io lo so come sono andate le cose perché l’ho visto con i miei occhi», dice e si scusa perché piange, dando del voi. «Voi mi dovete scusare se mi emoziono». L’ha visto, e l’ha scritto in una canzone. Mamma sei tu, s’intitola il brano rap che ha postato su Youtube.
“Tu sei una stella caduta dal cielo/ Stesa per terra con addosso un telo/ Invece del fuoco sentivi il gelo/ Per te piangeva anche il cielo. Ehi”.
Al principio voleva scrivere un libro, racconta, ma «non ho tutte le basi della grammatica, essendo soltanto in prima superiore. Allora ho deciso di facilitarmi la strada e ho fatto una canzone. Avevo iniziato a cantare nel coro della chiesa, da piccola. Poi quando è successo con mia madre ho cominciato a fare cose per occupare il tempo e sono tornata in chiesa. Ho ricominciato a cantare. Ho preso una base da Youtube. Ho scritto le parole. Per me è importante la verità, che non si dica che è stato un incidente perché non è vero. Ho visto tutto coi miei occhi».
“L’amore ti ha ferita come una bomba/ fino ad accompagnarti in una tomba/La tua voce nelle mie orecchie rimbomba”.
«Vorrei che questa canzone servisse alle donne che non ce la fanno a ribellarsi perché magari hanno paura per i figli. Non devono avere paura. Per un figlio qualsiasi cosa è meglio che vivere senza la madre».
“Senza una madre ti manca il respiro/Io ti ho salutata con un ultimo sospiro/Sei tu la supereroina che ammiro/Intorno al tuo sorriso ancora ci giro/Io ti penso ancora, immaginando te la mia vita migliora”.
Quel giorno, sabato 3 novembre 2018, Gimino Chirichella, 48 anni, operaio trattorista al Consorzio di bonifica, è uscito di casa alle 13.30. Insieme al “suo compare” (il compare di battesimo di suo figlio) è andato in una stazione di servizio ha riempito due taniche di benzina da cinque litri e le ha riposte nel bagagliaio dell’auto. Le telecamere di sorveglianza li hanno ripresi. Poi sono andati insieme al bar Colpo Grosso, di fronte al benzinaio, a prendere il caffè. Di quel bar, soprattutto della sala slot machine, Chirichella era cliente abituale. «Lo hanno sentito dire: Oggi faccio una strage», dice Valentina, e così in effetti risulta dalle carte giudiziarie: “Oggi faccio la fine del mondo”, ha detto, secondo i testimoni. (A febbraio del 2019, tre mesi dopo l’omicidio, Chirichella è morto nel carcere di Foggia. Ufficialmente per arresto cardiaco, soffriva da tempo di problemi al cuore. I suoi legali e la sua famiglia sostengono che non sia stato opportunamente curato, in carcere. Sostengono anche che il rogo sia stato un incidente. Non aveva intenzione di uccidere, secondo la tesi della difesa. Chirichella era stato in passato condannato per violenza sessuale e sfruttamento della prostituzione).
Valentina vive con la nonna Dumitra, che tutti chiamano Lilli: ha 55 anni, lavora per una ditta di pulizie. Sua figlia Violeta Senchiu aveva 32 anni quando è bruciata viva. Le ultime parole che ha detto alla madre, mentre la portavano via, sono state: “Cerca i bambini e guardali”. E’ morta al Cardarelli di Napoli dopo venti ore di agonia.
«A nonna ha detto: cerca i bambini e guardali. Io c’ero, ho visto tutto coi miei occhi. Non è vero come hanno scritto che lui era andato a prendere la benzina per le minimoto. Per quelle avevamo le taniche in mansarda. Le taniche nuove, grandi, è andato a comprarle appositamente. Ero fuori, dalla nonna, stavo rientrando quando l’ho visto salire le scale: ha rotto tutti i vasi mentre saliva, c’erano cocci dappertutto così prima di entrare mi sono messa a pulire i vasi rotti. C’erano anche dei vetri. Ho visto per un momento mamma, si è affacciata seria, ho capito che litigavano. Gianni, il mio fratellino piccolo, ha detto: Papà schiaffo a mamma. Dopo anche il mio fratello di mezzo ha confermato: papà l’ha presa a schiaffi. Poi c’è stato un grande botto, il compare ha sceso di corsa le scale portando via i miei fratelli. Al bar lui aveva detto faccio una strage, ma le persone parlano solo anonime, hanno paura. Noi lo sapevamo cosa aveva fatto, abbiamo cominciato a urlare salvate mamma perché muore».
“Il tuo cammino fu spezzato/Il tuo sorriso ammazzato/Il tuo cuore polverizzato/ Nel paradiso invitata ma noi non ti abbiamo dimenticata”.
Mamma era bellissima, sorrideva sempre.
“Da bambina volevi fare la pediatra/Loro volevano portarti dallo psichiatra/Credevano che eri matta/E per lui non eri la donna adatta”.
«Smentire chi ha detto falsità è bello perché la verità va detta, ma vorrei anche che questa canzone servisse alle donne vittime di violenza per trovare la forza di chiedere un aiuto. Io non credo che mamma non abbia parlato per paura: secondo me è stata zitta per amore. A me questo un po’ fa rabbia, ma la capisco. Se l’avesse detto chissà cosa avrebbe fatto nonna, una madre è capace di tutto per proteggere una figlia, e se nonna avesse fatto una pazzia poi noi finivamo noi chissà dove, chissà con chi. Invece adesso io bado ai miei fratelli e nonna, e la zia, badano a noi. L’amore acceca veramente. A volte mi chiedo se potrebbe capitare anche a me ma spero di no, credo di no: vorrei non farlo capitare».
Ci sono psicologi assistenti sociali e centri antiviolenza (Aretusa e Polis, fra gli altri) che sostengono Valentina, i suoi fratelli, la nonna. La comunità rumena di Sala Consilina, molto grande, è stata vicina alla famiglia di Violeta. Nessun aiuto concreto viene invece dallo Stato, secondo quel che dice la nonna: «Tengo insieme gli scontrini e li do alle associazioni, che sono bravissime. Anche il Comune ci aiuta un poco ma da Roma no, niente. Forse dovrei chiedere a un avvocato, per queste cose bisogna sapere». La mia nonna è coraggiosissima, dice Valentina. «Non ci fa mancare niente. L’unica cosa che mi manca è mia madre. Le notti, poi: mi piacerebbe sognarla ma non arriva».
“Mamma sei tu che mi illumini il cuore/tu eri forte come un leone/ritorna nei miei sogni per favore. Ricordo che ci divertivamo come sorelle/i tuoi occhi brillavano come le stelle. Ehi e prima di andare a dormire ci raccontavi le storielle e quando cucinavi le tue splendide frittelle insieme eravamo delle perle”.
«A un certo punto si è fatto vivo mio padre, che abita a tre chilometri da me. Voleva incontrarmi, ma io non ho voluto. Non si è mai fatto vivo in tutta la mia vita. Non l’ho voluto vedere per rispetto di mia madre». Per fortuna ci sono gli amici, gli insegnati, la scuola. «Mi piace molto, la scuola. Mi piace stare con i compagni di classe. Ho scelto l’istituto professionale, istituto sanitario, per avere subito un diploma ma se avessi la possibilità di andare all’università vorrei studiare giurisprudenza. Vorrei fare il carabiniere.
“Eri una persona non violenta/ma che ha subito l’atroce violenza/e così la sua vita si è spenta. Ehi”.
«Il carabiniere, sì sì, avete capito bene. E’ un lavoro che mi piace molto perché difende le persone. Perché è dalla parte della giustizia, credo».