Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
5.9.20
La mindfulness dei sopravvissuti al coronavirus, cronache da 20 esperienze faccia a faccia con la morte
non esistono notizie belle o brutte ma solo notizie ed la realtà non dovrebbe essere censurata o edulcorata .
Come promesso , nel precedente post , ecco la risposta ed la discussione d'essa scaturita ( ovviamente rielaborato ma tendente al reale ) all'email ricevuta qualche tempo fa poi e poi l'approfondimento attraverso la video chiamata .
Utopia89 temi più allegri non ne hai ?
IO qui non si tratta d'allegria o tristezza , ma di realtà fatta di fatti allegri come di fatti tristi .
da http://www.sapereinnato.it/ |
Non possiamo nasconderla o edulcorarla cioè nasconderla sotto il tappetto e far sempre finita che tutto vada bene a meno che non se n voglia crearsene una immaginaria o evadere d'essa proprio come
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Utopia89 In effetti ... ma parlandone o scrivendone cioè dando spazio alle cose negative c'è il rischio d'emulazione delle menti deboli ed sensibili ed disturbate .
IO << le persone ( compreso il sottoscritto e tu ) --- come ha risposto Armine Harutyunyan ( modella di gucci al centro di polemiche nei giorni scorsi = a repubblica del 1 \89\2020 ---- siano spaventate da tutto quello che è diverso. A parole è facile essere aperti al nuovo ma poi, quando si trovano davanti a qualcosa che non capiscono, non sanno come reagire, e allora attaccano >> [riversando contro chi non la pensa come loro il loro astio ed odio o si chiudono a riccio invocando censure ] << . Per questo dico che non vale la pena di preoccuparsi di loro >> [ e di quel che fanno finché non danneggia anche te o la collettività ]<< hanno solo paura . I social media [e non solo ] possono creare un’immagine distorta della realtà >>
E questo avere pessimi effetti sui più giovani.specie quelli in formazione e con poco spirito critico . Ma questo non è un buon motivo per censurare o proibire di parlare \ scrivere di fatti negativi come si faceva un tempo . Perchè cosi si alimenta ulteriormente , come parlarne molto ed esagerandone certi aspetti , la morbosità ed il fascino del proibito .
Utopia89 quindi parlarne in modo critico e il meno morboso possibile IO esatto
Utopia89 grazie della proficua chiacchierata , spero di poterne farne altre
IO quando vuoi alla prossima
fine video chiaccherata
3.9.20
Capri revolution di Mario Mautone SPOILER
N.B
adesso dopo i post di prova ho imparato l'uso del codice da mettere per fare spoiler Lo so che potrei anche non farlo in quanto il film che vado a commentare è del 2018 , ma qualcuno\a potrebbe non averlo visto ieri sulla Rrai . Ed ecco che per educazione ed rispetto , lo faccio .
Per chi volesse leggere la parte spoilerata dove cliccare spoiler per chi volesse saperne di più sotto trova alcuni url per approfondire le tematiche e la storia reale da cui il film è tratto Capri-Revolution è un film del 2018 diretto e co-sceneggiato da Mario Martone. Una trama particolare
Nel 1914, alla vigilia della Prima guerra mondiale, un gruppo di giovani artisti nordeuropei si stabilisce sull'isola di Capri fondandovi una comune. I giovani, nel tentativo di recuperare una primitiva semplicità praticano il nudismo, assumono un'alimentazione vegetariana e ricercano nuove forme espressive basate sul rapporto con la natura selvaggia. Lucia, una giovane guardiana di capre analfabeta viene attratta da questo singolare gruppo e inizia a spiarli, arrivando a uscire nottetempo di nascosto da sua madre, i suoi due fratelli e il padre seriamente ammalato ai polmoni. Proprio per curare il padre di Lucia interviene il giovane medico Carlo, convinto socialista che, attratto dalla ribelle indole di Lucia, cerca di convincerla a studiare da infermiera, ma invano: la ragazza continua a osservare di nascosto la comune e stabilisce un contatto col pittore Seybu, leader carismatico del gruppo. Alla morte del padre, Vincenzo e Antonio, i due fratelli di Lucia ne assumono l'autorità: consapevoli delle frequentazioni della sorella, i due tentano di sopprimerne gli istinti ribelli e a indirizzarla verso un buon matrimonio di convenienza con un ricco e anziano borghese del posto. La ragazza tuttavia continua a sfuggire ai loro comandi e si lega sempre più a Seybu, che la inizia alle pratiche del suo gruppo. Nel corso di un pranzo organizzato per far conoscere Lucia al suo possibile futuro marito, la ragazza rifiuta di mangiare un capretto arrosto e insulta sdegnosamente l'uomo, attirandosi le ire dei fratelli. In seguito a questo episodio, la ragazza si unirà alla comune: andrà a vivere presso il loro campo, parteciperà ai loro riti e imparerà non solo a leggere, ma anche a parlare l'inglese. Carlo, interessatosi alla sorte di Lucia, si reca a parlare con Seybu. I due hanno uno scontro ideologico in cui nessuno dei due prevale davvero sull'altro. Intanto Hermann, uno psicoterapeuta unitosi alla comune, contravviene alle regole plagiando la fragile Lillian e inducendola a uccidere un cervo nel corso di un rituale di iniziazione pagano. Seybu lo caccia, ma questo crea una spaccatura nel gruppo. Successivamente Lucia rimane vittima di una colite ulcerosa: nonostante voglia soltanto le cure naturali di Seybu, questo si rende conto della gravità della malattia e la porta da Carlo, che la cura con dei farmaci e le prescrive riposo e proteine. Poco dopo, però, Lucia scappa dall'ambulatorio di Carlo e torna da Seybu perché la curi con le sue pratiche. La ragazza, effettivamente, si ristabilisce. Tempo dopo tutti gli uomini di Capri vengono chiamati alle armi a causa dello scoppio della Guerra. Vincenzo e Antonio, i fratelli di Lucia, sono costretti ad arruolarsi: la giovane tenta di convincerli a non partire e a imbarcarsi clandestinamente per l'America. I due giovani, però, l'hanno ripudiata in seguito al suo abbandono, e rifiutano con acredine la sua offerta. Lucia corre
allora da Carlo e, furiosa, gli rinfaccia di essere favorevole alla guerra senza però essersi arruolato: il giovane le rivela che in effetti partirà la settimana successiva come soldato volontario. Comprendendo il suo errore, Lucia lo bacia appassionatamente prima di dirgli addio. La ragazza torna poi alla comune, rendendosi tuttavia conto che i loro ideali sono mutati a causa della guerra: gli artisti hanno abbandonato la vita selvaggia e ora cercano modi per far arrivare il loro messaggio pacifista a quante più persone possibile. Delusa e disperata, Lucia scopre di non appartenere più a nessun gruppo. Lucia si reca a trovare sua madre, ormai rimasta sola e abbandonata, e le chiede perdono per non essere stata una buona figlia, puntualizzando tuttavia di sentire il bisogno di essere totalmente libera e indipendente. La madre le rivela di averlo sempre saputo e di aver in realtà segretamente approvato le sue fughe, poiché tramite esse si sentiva a sua volta libera. Lucia si allontana da Capri su una nave, mentre Seybu, rendendosi conto che gli equilibri si sono ormai infranti, urla contro il mare che circonda Capri.Peccato per la .... di programmazione Rai che mette fil belli tardi immaginando che tutti siano in vacanza perenne e per giunta gli interromope con la pubblicità come se fosse una rete commerciale che non ha canone con cui finanziarsi . Belle le musiche , anche se a tratti angoscianti a tratti . Un grido di libertà contro i fondamentalismi e le chiusure e le catene familiari ( non tutta la famiglia vedere spoiler ) sopratutto in un periodo in cui erano ancora forti : la cultura cattolica pre conciliare e la paura \ diffidenza del diverso ed s'era ancora più chiusi , vedere il dialogo fra il dotttore e il pittore . Un esempio in cui la cultura può essere appres a anche attraverso vie che non siano quelle canoniche "istituzionali " o familiari come appunti è avvenuto vedere sempre lo spolier con la protagonista . U film lento ed a tratti pesante \ noioso ma allo stesso affascinante specialmente per chi : 1) è a dentro \ appassionato di materie umanistiche letterarie ., 2) ha una visione aperta del mondo . voto 7
1)https://movieplayer.it/news/capri-revolution-cosa-vero-nella-comune-proto-hippie-del-fi_86029/ la vera storia della comunità di capri
2 )https://it.wikipedia.org/wiki/Karl_Wilhelm_Diefenbach i pittoere capo comunity del film
3)https://www.spettacolo.eu/venezia-75-capri-revolution-conferenza-stampa/ il regista patrla del film presentandolo a venezia nel 2018
2.9.20
uccisa da uomo perchè lesbica e non disponibile , ma per la legge Il suo omicidio non verrà giudicato come un femminicidio. il caso di Elisa Pomarelli
di cosa stiamo parlando
La ragazza era stata uccisa il 24 agosto 2019 da Massimo Sebastiani dopo che la ragazza, che era lesbica, lo aveva rifiutato. L’uomo ha scelto il rito abbreviato che dà uno sconto di pena ed è inapplicabile ai femminicidi
<<Secondo il codice penale italiano >>-- come riporta quest articolo de il corriere della sera del 24\8\2020 --- << sono aggravati gli omicidi «contro il coniuge, anche legalmente separato, contro l’altra parte dell’unione civile o contro la persona stabilmente convivente con il colpevole o ad esso legata da relazione affettiva». A Sebastiani però sono stati contestati l’omicidio volontario e la distruzione di cadavere, ma non l’omicidio aggravato. «L’Italia non riesce a tutelare adeguatamente le donne lesbiche, anche al momento di scrivere le leggi» commenta ora Coffin, consigliera municipale a Parigi, nota in Francia per aver guidato la campagna che ha costretto alle dimissioni Christophe Girard, ex assessore alla cultura della capitale francese, criticato per aver sostenuto lo scrittore pedofilo Gabriel Matzneff e adesso sotto inchiesta per stupro.>>Ora in casi simili all’omicidio Pomarelli, in cui l’accusato è il marito o il compagno della vittima, il rito abbreviato è escluso completamente. Eppure il femminicidio non è l’omicidio della moglie o della compagna in quanto tale, ma l’omicidio di una donna in quanto donna, e questo deve includere le donne lesbiche ammazzate perché “non disponibili” alle attenzioni di un uomo — spiega Ilaria Todde esperta giuridica di EL*C che lavora a Bruxelles —. Il fatto che l’ordinamento italiano compia questa differenziazione è esemplificativo di due cose: una comprensione parziale del fenomeno del femminicidio e l’invisibilità delle lesbiche quando si scrivono le leggi. Dipende dal fatto che si formulano avendo uno “standard” in testa. Ecco, bisogna smettere di supporre che una donna sia automaticamente eterosessuale o che possa subire violenza solo dall’uomo con cui è sposata .
Infatti all’inizio anche di Pomarelli e Sebastiani si era parlato come di una coppia. Poi Andrea Pasqualetto sul Corriere aveva rivelato che la giovane era stata uccisa dopo aver detto al suo assassino di non volere una relazione perché «preferiva le donne». Ed era emerso, come sottolineato da un commento sul quotidiano, che l’impossibilità di comprendere questo rifiuto era un elemento della violenza di genere di cui era stata vittima. Non è un caso però che allora improvvisamente la reazione di molti ipocriti ed politicamente corretti sia stata quella di voler “tutelare” la vita privata della vittima e non voler fare supposizioni sul suo orientamento sessuale. Ora Se queste narrazioni non cambiano non è difficile e non si pèecca di qualunquismo \ populismo che le leggi vengano scritte tenendo in testa uno standard che non sia, appunto, quello eterosessuale. È importante intervenire anche sul piano formale, per esempio approvando il progetto di legge Zan sui crimini d’odio aggravati dal pregiudizio contro gay, lesbiche bisessuali e trans, discusso in questo momento in Parlamento.«In Francia, -- sempre secondo il corriere della sera--- il sessismo è stato riconosciuto dal gennaio 2017 come circostanza aggravante di un reato, allo stesso modo dell’omofobia o del razzismo. Nonostante ciò, in generale, nei processi è molto difficile stabilire che i fatti siano stati commessi contro la vittima per uno di questi motivi» dice Coffin. C’è un precedente recente, nel marzo 2020, quando in un processo per lo stupro di una donna lesbica è stato chiesto di considerare l’aggravante lesbofobica (il pregiudizio contro le lesbiche). «Anche se il tribunale non lo ha fatto, la dichiarazione della procuratrice generale segna un momento storico per il riconoscimento dello stupro punitivo contro le lesbiche — spiega Coffin —: l’accusa ha sottolineato che l’aggressore non avrebbe stuprato una donna etero per un rifiuto. “È perché rifiuta il suo sesso maschile che lui l’ha violentata”, ha spiegato la procuratrice “per questo ha fatto ricorso alla violenza”, e ha invitato il tribunale a mantenere l’aggravante dello “stupro per motivi di orientamento sessuale”. Il caso Pomarelli — conclude — è molto simile, ma invece di un’aggravante il suo assassino otterrà uno sconto di pena purtroppo ( corsivo mio ) ».
P.s
proprio mentre concludo , preso dal sonno , queesto post , mi arriva via email riferito ( ma può esserlo anche a questo ) una battuta \ sfotto' , a cui risponderò prossimamente del tipo : << notizie più allegre ne hai ? >>
31.8.20
la grande rimozione della pandemia da covid
LA GRANDE RIMOZIONE
Questi oggetti appartenevano alle vittime del Covid. Immortalarli serve a non dimenticare
Occhiali. Zaini. rasoi. Cappelli. E altre cose appartenute ai bergamaschi uccisi dal coronavirus. Un progetto per non fare finta che nulla sia successo. Ma soprattutto perché la tragedia non si ripeta in autunno
DI LINDA CAGLIONI - FOTO DI PAOLO ARNOLDI 26 agosto 2020
Nel vecchio armadio di una casa di Brembate è piegata con cura una maglia dell’Atalanta. Battista Villa la metteva quando andava allo stadio - e quante soddisfazioni quest’anno, col “Papu” Gomez a far impazzire le difese avversarie. Ma Battista quella maglietta la indossava anche quando andava in ferie con la moglie, la sua Nicoletta, per sfoggiarla nei posti più lontani, dalla Giamaica al Brasile, dal Messico alle Maldive. Sì, perché il Villa viaggiava, anche adesso che ormai aveva superato i settanta, e si sentiva forte come sempre. Quando lo hanno portato via in ambulanza si è quasi arrabbiato con gli infermieri, «guardate che a me mica riuscite a trattenermi in ospedale». Il coronavirus lo ha portato via per sempre lo scorso 15 marzo.
Come Battista, circa seimila bergamaschi sono rimasti finora vittime del Covid-19. Come Battista, se ne sono andati soli, senza poter dire addio ai loro cari. Il primo, giusto sei mesi fa, il 24 febbraio. Si chiamava Franco Orlandi, era un ex camionista di 83 anni, il fiato gli è mancato all’ospedale di Alzano. Da tre giorni il governo aveva imposto la zona rossa di Codogno e Vo’ Euganeo, ma di Bergamo e della Val Seriana si iniziava a parlare appena. E nessuno aveva capito la valanga che stava per precipitare.
Di certo non poteva capirlo Giuseppa Nembrini, “la Rina”, 83 anni, costretta sulla sedia a rotelle da quando ne aveva 69. Obbligata ad affidarsi al marito Giovanni per compiere anche il più semplice dei gesti, l’unico strumento che per anni le aveva restituito un frammento dell’indipendenza perduta era la sua macchina da cucire, una Singer del 1994. Ricurva sulle spoline e sugli aghi, nei pomeriggi d’inverno Rina intrecciava in decorazioni di cotone i fili attraverso cui manifestava il suo talento. Fili con cui, al contempo, si teneva legata stretta alla sua libertà. È morta il 16 marzo, una settimana dopo il marito.
Rina è una delle 188 vittime di Nembro, comune tra i più colpiti del mondo. E le case di quel paese oggi rigurgitano di oggetti da conservare, come gesto di rispetto per chi se n’è andato ma anche come monito per noi che siamo rimasti. Tra questi c’è anche il basco di Ilario Lazzaroni, storico presidente degli artiglieri locali. Aveva ricoperto quel ruolo per quasi 30 anni, andava a tutti i raduni, a tutti i pranzi e le cene, sempre indossando quel morbido cappello nero che, prima di uscire di casa, si sistemava sulla testa di sbieco, come da tradizione. Aveva lasciato il ruolo di presidente solo qualche mese prima di andarsene, spinto dalla moglie e dalla figlia, che premevano affinché si arrendesse all’idea di essere ormai vecchio per ricoprire ruoli organizzativi. Ma lui aveva continuato a dare una mano dove serviva. E quando si presentava l’occasione, indossava la divisa completa. Si infilava i pantaloni, la camicia verde. E, da ultimo, quel basco.
Nella Bergamasca il tributo di morti più alto è stato pagato dalla Val Seriana, ma il dolore è profondo anche nel resto della provincia. A Boltiere, una manciata di chilometri dal confine milanese, esiste una casa in cui è conservata una collezione di modellini d’auto che conta circa una ventina di pezzi invidiabili. Sono quelli che il camionista 57enne Gianbattista Federici, “il Giamba”, aveva raccolto in anni di passione. A volte quella dedizione si esprimeva attraverso la pulizia di ogni modellino gelosamente custodito, tanto che nemmeno all’adorato nipotino Christian - nato da meno di un anno - era consentito giocarci.
Altre volte, invece, assumeva la dimensione caotica dei motoraduni a cui andava insieme alla figlia più grande. Il 2020 doveva essere l’anno in cui “il Giamba” sarebbe andato in pensione. E anche se lui non lo ha mai saputo, la moglie e i figli stavano mettendo da parte i soldi per celebrare il traguardo regalandogli una Cinquecento. Volevano trasformare uno dei modellini che tanto amava in una macchina vera, da poter guidare e non più solo guardare. «Stavi per raggiungere il traguardo che desideravi da tempo, fare il nonno a tempo pieno, dicevi sempre che smettevi di guidare il camion e iniziavi col passeggino. Quel bastardo di Covid ti ha strappato via in una settimana da noi, senza più vederti e senza più darti un bacio, un abbraccio, in modo crudele», ha scritto nel suo necrologio on line la figlia Sara.
A Osio Sopra, paesone di cinquemila abitanti a una decina di chilometri da Bergamo, viveva Emilio Cadei, 77 anni, ex operaio della Tenaris - sempre i tubi Dalmine, ma oggi la fabbrica si chiama così. Emilio era, come tanti bergamaschi, un burbero dal cuore buono, un uomo poco avvezzo ai grandi giri di parole e molto più a suo agio quando si trattava di affari pratici. Come quello di accendere la stufa a legna su cui scaldava le patate e preparava le caldarroste per la sua famiglia. E quando a settembre arrivava il momento di uccidere il maiale grasso, Emilio si alzava con i primi raggi di sole, raccoglieva nel silenzio del cortile ceppi e tronchetti, per stiparli in quella vecchissima stufa. Con pazienza, aspettava il momento in cui avrebbe udito la legna cominciare a scoppiettare. Lui se n’è andato il 28 marzo, la sua vecchia stufa è ancora lì a Osio, ma nessuno la farà più funzionare.
Ogni luogo ha i personaggi che tutti conoscono. A Bergamo, il 67enne Giuseppe Rota “il Bepi”, era uno di quelli. Per chi bazzicasse a Monterosso, quartiere in cui viveva, era probabile vederlo camminare a passo spedito col suo zainetto sulle spalle. Quello era l’accessorio che, con i portachiavi che vi aveva appeso e i drappi di stoffa che vi aveva cucito, testimoniava i ricordi dei viaggi che più aveva amato. Lo portava con sé anche per le brevi passeggiate, quando non ci metteva dentro che poche cose, una copia di Repubblica, le caramelle alla frutta. Ma non se ne separava nemmeno per i viaggi più importanti. Era in quello stesso zainetto che l’anno scorso aveva stipato l’indispensabile per affrontare, insieme alla moglie, i 50 giorni di viaggio lungo il cammino di Santiago. Del resto lui era stato un alpino, e come tutti gli alpini lo era ancora. È morto il 30 marzo. «Ciao papo, avevamo ancora troppe cose da dirci e da fare insieme, poche persone hanno avuto la fortuna di aver un papà così speciale», ha scritto il figlio nel necrolgoio sull’Eco di Bergamo.
Sandro Gamba, 73 anni, era il vicepresidente del circolo fotografico di Dalmine. L’espressione assorta che assumeva prima dello scatto era nota a tutti, nella sua cittadina, anche se nessuno ne conosceva le increspature meglio di sua moglie e dei suoi figli. Perché loro vi erano stati abituati da sempre, in occasioni di vita quotidiana come di vita vacanziera. Ed erano abituati al fatto che, al ritorno dalle ferie tutti insieme, Sandro si sarebbe chiuso nel laboratorio fotografico che si era arrangiato a costruire in cantina. Avrebbe passato ore a sviluppare gli scatti fatti alla sua famiglia. Poi avrebbe steso un telo bianco in salotto. Li avrebbe chiamati a raccolta. E avrebbe proiettato davanti ai loro occhi le diapositive di momenti insieme che, con la sua macchina fotografica, era riuscito a fermare nel tempo. Volontario di Anteas, distribuiva i pasti agli anziani e per anni è stato una delle figure di riferimento della parrocchia di San Giuseppe. Amava la luce della primavera - e se n’è andato nell’ultimo giorno dell’inverno più buio di sempre
prova spoiler 4
non è granchè
Dylan Dog indaga sul killer dei vecchi, come l’hanno battezzato i giornali. A Londra, infatti, si sta verificando una serie di atroci delitti, della quale sono vittima anziani ritrovati con le membra inspiegabilmente divorate e gli occhi strappati, senza nessun motivo apparente… Che si tratti di un macabro rituale?
Il monument man del Mali: "Così ho salvato dai jihadisti i manoscritti di Timbuctù"
IL post d'oggi è la a storia di , come Aida Buturović, 32 anni che perse la vita intenta a salvare dalle fiamme quanti più libri possibile dalla biblioteca di Sarajevo bombardata e incendiata dalle granate serbe nella notte tra il 25 e il 26 agosto 1992,della bibliotecaria di sarajevo ( vedere post precedente per saperne di più ) , un Monuments Men mia citazione omaggio al film The Monuments Men un film del 2014 scritto, diretto, prodotto e interpretato da George Clooney. Oltre a Clooney del cast fanno parte Matt Damon, Bill Murray, John Goodman, Jean Dujardin, Bob Balaban, Hugh Bonneville e Cate Blanchett.La cui pellicola è una libera trasposizione cinematografica dell'omonimo libro scritto da Robert Edsel nel 2009.
da repubblica del 30\8\2020
L’autodafé più devastante fu perpetrato a fine gennaio 2013, subito prima che la “città dei 333 santi”, com’era una volta chiamata Timbuctù, fosse riconquistata dall’esercito lealista grazie all’intervento dei caccia dell’aviazione francese. «Molti manoscritti furono bruciati per i loro contenuti poiché trattavano anche di grammatica, botanica, chimica, musica, letteratura, storia e astronomia. Quanto alle opere teologiche, esse predicavano un Islam moderato, aperto e tollerante, che era quello di un luogo dove per secoli si sviluppò una ricchissima cultura afro-islamica e dove prosperò una società fondata sul diritto e sulla giustizia, lontana anni luce dall’oscurantismo jihadista», dice ancora Al Kadi Maiga, che nei tragici mesi in cui gli islamisti distruggevano con cariche di esplosivo anche gli splendidi mausolei riconosciuti come patrimonio mondiale dell’Unesco, riuscì spostare a Bamako due terzi dell’intera collezione.
30.8.20
guerra all'azzardo e bar anti slot di Lorenzo Naldoni, barista di Palazzuolo sul Senio, comune montano del mugello
Si moltiplicano i piccoli segni di resistenza, crescono le buone pratiche di chi ha deciso di non stare al gioco e di liberarsi ed liberare gli altri da una dipendenza . Sono oramai centinaia i bar ed i locali ( ne ho parlato diverse volte nel blog ) ed la storia che riporto sotto è una delle tante storie di esercenti che, spontaneamente, senza troppo clamore ci riescono . Alcuni pagando consapevolmente il prezzo di un ridotto introito dismettono le slot e cercano di ricucire il legame col territorio. Nel frattempo, lo Stato che fa? Multa chi stacca le slot e discute. Ma con chi? La risposta dai territori è chiara: basta!
Infatti da quel che racconta quest'articolo risalente al 2016 di http://www.vita.it/
Senza bisogno di sgravi fiscali. Senza squilli di tromba e senza bisogno di bollini gialli o blu. Lo fanno per gli altri e per sé, segno che se c'è ancora una coscienza viva e vitale in questo Paese. La trovi sui territori, tra i nervi del legame sociale.Si moltiplicano così i piccoli segni di resistenza, crescono le buone pratiche di chi ha deciso di non stare al gioco. Sono oramai decine i bar che, spontaneamente, senza troppo clamore ma pagando consapevolmente il prezzo di un ridotto introito, dismettono le slot e cercano di ricucire il legame col territorio.C'è Nanni, che gestisce il bar dell'Università di Sassari e due anni fa ha detto basta, proprio non ce la faceva più a vedere quelle macchinette nel suo locale. Per toglierle, però, ci ha messo sei mesi. Ieri il trentunenne Nanni riceverà un premio nel corso del primo Slot Mob cittadino. Quel premio se l'è proprio meritato.
https://milano.corriere.it/19_giugno_12/ Chi l'ha detto che con le slot si guadagna?«Purtroppo c’era un contratto con il monopolio - spiega Nanni a La Nuova Sardegna - e ho dovuto attendere che scadessero i termini, altrimenti avrei dovuto pagare una penale». E sui mancati guadagni dovuti alla dismissione delle slot macine è lo stesso gestore del “Bar Università” a sfatare un falso mito. «Ma chi lo ha detto che con le slot si guadagna - spiega Nanni Masala - io ci guadagnavo 200/300 euro in più è vero, ma da questo bisogna togliere le spese dell’energia elettrica e le tasse da pagare. Ma la verità è che i 7/8 clienti che ho perso quando ho tolto le slot - conclude il giovane barista - non erano dei veri clienti del bar, entravano dritti verso le macchinette e mi rivolgevano la parola solo per cambiare i soldi. Nel mio locale preferisco creare un clima completamente diverso».
Morale della favola | Quel dono al bar virtuoso con i libri al posto delle slot
di CARMELA ADINOLFI
Lorenzo Naldoni, in piedi, nel suo bar biblioteca a Palazzuolo sul Senio |
ALAZZUOLO SUL SENIO
Ci sono anche la biografia di Nelson Mandela e il romanzo di Julio Cortazar Rayuela, tra i libri che oggi Roberto D’Ippolito, fondatore dell’associazione Politica, Ora! e candidato Pd alle prossime elezioni regionali, ha donato al Bar Gentilini di Palazzuolo sul Senio (articolo qui).Una decina di volumi in tutto, tra saggi e opere letterarie, che d’Ippolito ha voluto consegnare personalmente al titolare, Lorenzo Naldoni, dopo aver appreso della sua decisione di eliminare dal locale le slot machine e di sostituirle con uno scaffale pieno di libri e giochi da tavolo.“L’iniziativa di Naldoni è coraggiosa e intelligente. Va assolutamente sostenuta – ha commentato D’Ippolito – Ho deciso di incoraggiarlo con una piccola ma significativa donazione. I libri aprono la mente, a differenza di una slot machine che crea solo dipendenza e disastri economici”.Consegnando i libri, D’Ippolito ha voluto citare Cesare Pavese, a 70 anni dalla sua morte: «Il grande scrittore italiano ha sostenuto che la letteratura è una difesa contro le offese della vita. Trovo che questa frase, oltre che bellissima, sia anche un monito per gli italiani, lettori piuttosto svogliati. Grazie alla lettura possiamo evolverci e trovare la forza di superare momenti difficili come questo».
VECCHI METODI E NUOVE TECNOLOGIE POSSONO ANDARE D'ACCORDO ? SECONDO ME INTEGRANDOSI ED AGENDO INSIEME SI
nonostante abbia conosca alcuni trucchetti dritte per leggere gli articoli bloccati se non ti abboni considero ancora , essendo nato ed formato da una determinata cultura ( anni 60\70 e cultura edononistica ed reflusso anni 80\90 )
a metà degli anni 70 , più precisamente 44 anni fa, considero i vecchi metodi ancora utile ed integrabili con le nuove tecnologie cioè la cosiddetta rivoluzione digitale . Lo so che la generazione Y o meglio la millennial generation\ generation next considerano antiquati o jurassici ma
[....] non sempre ciò che è più avanzato è davvero più utile o amichevole. Quante volte ci siamo trovati alle prese con strabilianti innovazioni tecnologiche che però ci hanno fatto rimpiangere i cari,vecchi, semplici metodi del passato? Quando ad esempio per mettere in funzione un oggetto bastava aprire la scatola e accenderlo,senza dover sottostare a complicate procedure di connessione, autenticazione e gestione di password. Siamo pieni di novità hi-tech che in realtà non servono a nulla, senon a complicarci la vita e farcispendere più soldi. Molte auto hanno il “parcheggio assistito”, ma chi lo usa veramente? Quante famiglie hanno comprato l’Hoverboard (quell’aggeggio su due ruote in asse) ai figli per poi riporlo mestamente in cantina? L’altro giorno, a mio figlio Tommaso che leggeva un libro sul Kindle è sparito tutto. Aveva ragione Nadine Gordimer quando diceva che «i libri non hanno bisogno di batterie». In fondo, siamo tutti un po’ come Woody Allen:«Ho un rapporto catastrofico con la tecnologia:se passo sotto a un lampadario a gocce si mette a piovere
Umberto Brindani Oggi n 35 3.9.2020
Mi direte ( un fondo di verità c'è ) che avvicinandomi a 50 sarò nostalgico Infatti e qui racconto una mia esperienza che conferma quanto dico nel titolo del post d'oggi .
Sui miei due account fb ( I quello principale 2 quello secondario \ d'emergenza ) e poi su watzapp mi contatta ***** chiedendomi se ho il n di cellulare o di telefono di un contatto comune perchè lui su fb non riesce a contattarlo .
Ora avendo abbandonato o quasi l'account fb secondario ( lo uso in caso di blocco del principale o quando devo vedere account che mi hanno bloccato ) non saprei come rintracciarlo ed ne ho il suo n di telefono fisso o cellulare o il suo indirizzo , cosi pure di molti contati di quello principale in quanto sui social l'amicizia vera è limita a solo pochi sono amici veri gli altri sono amici semplici o contatti \ compagni distrada - viaggio .
Ecco che gli ho ., ed lui mi ha risposto con ------ cioè basito , che se sapeva il suo inditrizzo di dove abita o dei suoi genitori oppure cerca il suo cognome nell'elenco telefonico , ci si mette un po' ma alla fine con il sistema dei sei gradi di separazione si può riuscire a rintracciarlo oppure a conoscere qualcuno\a che ti dice il n o ti da il nome dei genitori o dei suoi parenti Effettivamente l'uso del metodo vi sembrerà assurdo , ma ho avuto modo di provare tale sistema e di riuscirci di persona , quando cercai di contattare , il n di cell era sbagliato ed non conoscevo il n fisso di un collega .
Quindo morale della favola non demonizziamo i vecchi sistemi , che se integrati ed uniti alle nuove tecnologie posso risultare efficaci o ìed ci possono aiutare tantissimo .
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