10.10.08

Nostalgia del tempo perduto

Ricordo ancora con nostalgia quelle lunghe estati di una trentina d'anni fa: i balconi circondati da piante di gerani, le feste del Santo patrono e della Madonna, le bancarelle del torrone, lo zucchero filante, le noccioline appena tostate, i lupini e i pistacchi salati. Poi c'era tutta quella gente che - vestita in modo sgargiante - veniva dai paesi limitrofi per sentire la "musica". Noi adolescenti seguivamo quelli più grandicelli che facevano la corte alle ragazze, oppure spiavamo i musicisti mentre  incominciavano a provare gli strumenti in vista dell'esibizione serale. Poi si andava alle giostre, all'autoscontro. Direte voi: "Sono cose che si possono vivere ancora adesso". Certo. Ma non è più la stessa cosa! Oggi, ho l'impressione, sono cambiate molte cose. A cominciare dalla gente. Le persone che arrivano dai paesi limitrofi hanno perso quell'interesse genuino per la festa. Non c'è più stupore nei loro volti. Sono omologati, uguali agli altri. Adesso prevale il consumismo, l'apparenza. Allora si respirava un'altra aria. Per esempio. L'ora dolce del primo meriggio, dove era sacro riposarsi per un'ora ed anche più, veniva vissuta appieno, senza limitazioni. Quando ci si svegliava non ci si recava mica al lavoro...  per carità.  Non si pensava ad impiegare il tempo in modo "utile".  Quelle ore si "perdevano"- economicamente parlando-  nell''inutile armegiare in casa o, più pigramente, fra cuscino e materasso, cercando la posizione giusta  per assopirsi e sprofondare nel sonno  per poi risvegliarsi sudati con un arsura in più da soddisfare; o seduti  sulle panchine in ombra della villa comunale, cercando refrigerio alla calura estiva. Non importava in che modo. Ognuno, a seconda dell'età e delle preferenze, perdeva il tempo  che c'era. Lo si faceva e basta. Si continuava per almeno altre due orate buone, mangiando qualche frutto dolce e  succoso,  comodamente seduti in poltrona o sdraiati sul divano, intenti a sorseggiare una fresca bibita o centellinando una granita al limone. Nessuna interruzione era ammessa. Nessuna telefonata, nessun SMS, nessun rimprovero era ammissibile. Anche l'amore era vissuto in silenzio, ognuno a modo suo. In quel  tempo si condensa la mentalità del "terrone", di chi preferisce l'ozio al lavoro forsennato, la contemplazione all'azione, l'interesse per il pensiero puro al profitto bieco e becero. Forse è questa una delle caratteristiche principali che dividono il nord dal sud, con buona pace del ritardo strutturale del Mezzogiorno e di tutta la sequela di cazzate sputate fuori da politici mentecatti   che sono riusciti a solamente a  creare degli esseri apolidi, disadattati, sradicati, vittime del consumismo e del capitale.   Forse, sotto questo aspetto, dovrremmo stornarci dalla modernità.  Si dovrebbe poter ritoranare indietro, senza inutili anacronismi, semplicemente riconoscendo ciò che siamo stati e ciò che saremo, in una linea di continuità che sappia mantenere il buono e togliere il superfluo.  Non mi stupirei se le aziende moderne volessero copiare l'otium del sud per ricavarci dei soldi. Le vie del mercato sono infinite...purtroppo!

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