Aveva diciotto anni quando con il suo pc avrebbe violato l'impenetrabile sistema informatico della Nasa, l'ente spaziale americano. Ora un giovane di Bacu Abis finirà sotto processo.
Unione sarda del 25\2\2011
U
n computer comprato in offerta, collegato a internet con una normale pennina wireless da un'anonima casa di Bacu Abis, frazione di Carbonia di appena 1900 anime. Da lì, tre anni fa, smanettando sulla tastiera nel chiuso della sua camera da letto, Alessio Arceri, 21 anni, un diploma di scuola media inferiore in tasca, sarebbe riuscito a intrufolarsi nel sistema informatico della Nasa, violando uno dei server più protetti al mondo e scatenando sulle sue tracce i segugi dell'Fbi.
LE ACCUSE Sarebbe perché il giovane con la passione del pc, che ora si è trasferito a Londra per fare il barman, al contrario dei tanti hacker professionisti che una volta scoperti rivendicano con orgoglio le loro imprese e poi magari finiscono a lavorare per la Cia, nega decisamente di essere l'autore del blitz informatico. «Ho solo visitato il sito della Nasa - spiega -, ma non ho mai rubato informazioni riservate né violato i sistemi di sicurezza, probabilmente mi hanno confuso con i pirati che in quel periodo attaccavano il loro server dalla Cina e dalla Russia». Una versione che non ha convinto né gli agenti federali americani, né la polizia postale italiana, né, infine, il pm di Cagliari Andrea Massidda, sulla cui scrivania, al termine di un lungo iter, è approdato il fascicolo. Tanto che ieri mattina il magistrato inquirente ha chiesto e ottenuto al Gup Giorgio Altieri il suo rinvio a giudizio. Al processo, che inizierà il 4 novembre davanti al giudice monocratico di Cagliari, Arceri dovrà rispondere di una lunga serie di gravi reati: accesso abusivo a sistemi informatici, danneggiamento di server militari e furto delle password del personale della Nasa. Imputazioni che potrebbero costargli una condanna sino a un massimo di otto anni di carcere.
GLI ACCESSI La storia inizia nel 2008, quando dall'Agenzia spaziale americana scatta l'allarme perché un hacker italiano è riuscito a introdursi per ben tre volte nel sistema informatico interno, in un periodo compreso da maggio a luglio, aggirando il sofisticato programma di sicurezza di cui è dotato il server. Dalla base della Nasa di Pasadena, in California, l'informativa viene girata alla Procura della Repubblica di Roma tramite l'ambasciata degli Stati Uniti. Nella segnalazione viene fornito l'ip, cioè il numero d'identificazione generato dalle connessioni di ciascun computer, da cui è partito l'attacco. Le indagini vengono affidate alla polizia postale che nel giro di qualche mese risale ad Arceri, che all'epoca ha appena 18 anni. Così, alla fine del 2009, gli agenti della Postale, accompagnati dai funzionari dell'ambasciata Usa, piombano a Bacu Abis e perquisiscono la casa del diciottenne, che alla fine viene incriminato.
LA DIFESA «Quello che contestiamo radicalmente - spiega l'avvocato Gianfranco Annino, che insieme alla collega Marcella Cabras tutela Arceri - è proprio che il ragazzo abbia commesso queste intrusioni. Alessio utilizzava a quel tempo un ponte radio per collegarsi a internet, non dunque un servizio via cavo bensì una postazione wireless senza fili. Chiunque avrebbe potuto captare il suo nickname ed il suo ip, servendosi dell'identità internet del ragazzo per l'accesso abusivo alla Nasa. È la stessa informativa americana che indica la provenienza da ip olandesi, venezuelani e cinesi: dunque potrebbero essere degli hacker professionisti che, rubate varie identità in giro per il mondo, hanno compiuto questi attacchi». Se ne riparlerà a novembre.
MASSIMO LEDDA
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