VE LA RICORDATE LA CANTANTE NIKKE COSTA ? :-)
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
30.4.08
29.4.08
Senza titolo 477
Proprio mentre scrivo questo post mi vengono in mente le parole di una vecchia canzone che il prof di francese ci aveva fatto studiare alle superiori
come i ricordi, e i rimpianti
e il vento del nord porta via tutto
nella più fredda notte che dimentica.......
Jacques Prevert - Le Foglie Morte.
fra le più belle interpretazioni segnalo
quella di Yves Montand
quella di Juliette Greco
Questa frase di Ignazio La Russa a proposito dei nuovi presa dal Corriere della Sera 28 aprile : << Obbedienza cieca, pronta e assoluta. «Le matricole imparino a rispettare gli ordini del capogruppo. Io, crisi di coscienza in sede di voto non ne prevedo. Se non, eccezionalmente, su qualche tema etico >> sembra confermare ciò
28.4.08
Senza titolo 475
Colomba del mio amore
Prenderò i raggi del sole
di questa dilagante primavera
imprigionandoli tra le mie mani
li ricoprirò di carezze
con le mie labbra
li libererò nell’aria
con un leggero fiato
saranno colomba del mio amore
non so dove sei ora
ma guarda il cielo
con la speranza negli occhi
guarda
come scende luminosa
viene da te
accoglila con le labbra
fatta bacio
Pietro Atzeni
27.4.08
Senza titolo 471
qualcuno\a mi puoi aiutare a liberarmi dalla pornodipendenza o a quanto meno a ridurla ?
FIGURA DI MERDA!
non riuscendo a descrivere la figura di ....... fatta per il mio vizio di vedere sempre film porno la descrivo con questo video
qualcuno\a mi puoi aiutare a liberarmi dalla pornodipendenza o a quanto meno a ridurla ?
Senza titolo 470
Scrivo questo post con sottofondo musicale , perchè come ho già detto precedentemente su queste pagine non riesco a scrivere , e è a volte anche studiare , senza avere lo stereo accesso ( radio e cd )
Ed è proprio dal cd in canna nel lettore cd che c'è la colonna sonora del post d'oggi la profetica ( almeno io la vedo cosi voi non so' tranne che per alcuni di voi che come me osservano e registrano continuamente la nostra scena politica intellettuale ) La domenica delle salme di De Andrè
verso le sei del mattino
dalla bottiglia di orzata
dove galleggia Milano
non fu difficile seguirlo
il poeta della Baggina
la sua anima accesa
mandava luce di lampadina
gli incendiarono il letto
sulla strada di Trento
riuscì a salvarsi dalla sua barba
un pettirosso da combattimento
I Polacchi non morirono subito
e inginocchiati agli ultimi semafori
rifacevano il trucco alle troie di regime
lanciate verso il mare
i trafficanti di saponette
mettevano pancia verso est
chi si convertiva nel novanta
ne era dispensato nel novantuno
la scimmia del quarto Reich
ballava la polka sopra il muro
e mentre si arrampicava
le abbiamo visto tutto il culo
la piramide di Cheope
volle essere ricostruita in quel giorno di festa
masso per masso
schiavo per schiavo
comunista per comunista
La domenica delle salme
non si udirono fucilate
il gas esilarante
presidiava le strade
la domenica delle salme
si portò via tutti i pensieri
e le regine del ''tua culpa''
affollarono i parrucchieri
Nell'assolata galera patria
il secondo secondino
disse a ''Baffi di Sego'' che era il primo
-- si può fare domani sul far del mattino –
e furono inviati messi
fanti cavalli cani ed un somaro
ad annunciare l'amputazione della gamba
di Renato Curcio
il carbonaro
il ministro dei temporali
in un tripudio di tromboni
auspicava democrazia
con la tovaglia sulle mani e le mani sui coglioni
-- voglio vivere in una città
dove all'ora dell'aperitivo
non ci siano spargimenti di sangue
o di detersivo –
a tarda sera io e il mio illustre cugino De Andrade
eravamo gli ultimi cittadini liberi
di questa famosa città civile
perché avevamo un cannone nel cortile
La domenica delle salme
nessuno si fece male
tutti a seguire il feretro
del defunto ideale
la domenica delle salme
si sentiva cantare
-quant'è bella giovinezza
non vogliamo più invecchiare –
Gli ultimi viandanti
si ritirarono nelle catacombe
accesero la televisione e ci guardarono cantare
per una mezz'oretta
poi ci mandarono a cagare
-- voi che avete cantato sui trampoli e in ginocchio
coi pianoforti a tracolla travestiti da Pinocchio
voi che avete cantato per i longobardi e per i centralisti
per l'Amazzonia e per la pecunia
nei palastilisti
e dai padri Maristi
voi avete voci potenti
lingue allenate a battere il tamburo
voi avevate voci potenti
adatte per il vaffanculo —
La domenica delle salme
gli addetti alla nostalgia
accompagnarono tra i flauti
il cadavere di Utopia
la domenica delle salme
fu una domenica come tante
il giorno dopo c'erano i segni
di una pace terrificante
mentre il cuore d'Italia
da Palermo ad Aosta
si gonfiava in un coro
di vibrante protesta
ecco le foto e vil video della giornata
ecco il video
26.4.08
v day 2 ( 25\4\2008 ) a tempio pausania
Scrivo questo post con sottofondo musicale , perchè come ho già detto precedentemente su queste pagine non riesco a scrivere , e è a volte anche studiare , senza avere lo stereo accesso ( radio e cd )
Ed è proprio dal cd in canna nel lettore cd che c'è la colonna sonora del post d'oggi la profetica ( almeno io la vedo cosi voi non so' tranne che per alcuni di voi che come me osservano e registrano continuamente la nostra scena politica intellettuale ) La domenica delle salme di De Andrè
verso le sei del mattino
dalla bottiglia di orzata
dove galleggia Milano
non fu difficile seguirlo
il poeta della Baggina
la sua anima accesa
mandava luce di lampadina
gli incendiarono il letto
sulla strada di Trento
riuscì a salvarsi dalla sua barba
un pettirosso da combattimento
I Polacchi non morirono subito
e inginocchiati agli ultimi semafori
rifacevano il trucco alle troie di regime
lanciate verso il mare
i trafficanti di saponette
mettevano pancia verso est
chi si convertiva nel novanta
ne era dispensato nel novantuno
la scimmia del quarto Reich
ballava la polka sopra il muro
e mentre si arrampicava
le abbiamo visto tutto il culo
la piramide di Cheope
volle essere ricostruita in quel giorno di festa
masso per masso
schiavo per schiavo
comunista per comunista
La domenica delle salme
non si udirono fucilate
il gas esilarante
presidiava le strade
la domenica delle salme
si portò via tutti i pensieri
e le regine del ''tua culpa''
affollarono i parrucchieri
Nell'assolata galera patria
il secondo secondino
disse a ''Baffi di Sego'' che era il primo
-- si può fare domani sul far del mattino –
e furono inviati messi
fanti cavalli cani ed un somaro
ad annunciare l'amputazione della gamba
di Renato Curcio
il carbonaro
il ministro dei temporali
in un tripudio di tromboni
auspicava democrazia
con la tovaglia sulle mani e le mani sui coglioni
-- voglio vivere in una città
dove all'ora dell'aperitivo
non ci siano spargimenti di sangue
o di detersivo –
a tarda sera io e il mio illustre cugino De Andrade
eravamo gli ultimi cittadini liberi
di questa famosa città civile
perché avevamo un cannone nel cortile
La domenica delle salme
nessuno si fece male
tutti a seguire il feretro
del defunto ideale
la domenica delle salme
si sentiva cantare
-quant'è bella giovinezza
non vogliamo più invecchiare –
Gli ultimi viandanti
si ritirarono nelle catacombe
accesero la televisione e ci guardarono cantare
per una mezz'oretta
poi ci mandarono a cagare
-- voi che avete cantato sui trampoli e in ginocchio
coi pianoforti a tracolla travestiti da Pinocchio
voi che avete cantato per i longobardi e per i centralisti
per l'Amazzonia e per la pecunia
nei palastilisti
e dai padri Maristi
voi avete voci potenti
lingue allenate a battere il tamburo
voi avevate voci potenti
adatte per il vaffanculo —
La domenica delle salme
gli addetti alla nostalgia
accompagnarono tra i flauti
il cadavere di Utopia
la domenica delle salme
fu una domenica come tante
il giorno dopo c'erano i segni
di una pace terrificante
mentre il cuore d'Italia
da Palermo ad Aosta
si gonfiava in un coro
di vibrante protesta
oltre il video che trovate sopra ecco vi le foto della giornata
25.4.08
Il mio 25 aprile
Comincia a piacermi quello che faccio, non mi sento inutile. Il mio blog inizia un percorso che a me piace molto. "Aiutare"! questo sarà il mio motto. Sì aiutare. Altrimenti trovo inutile continuare. Le nostre poesie, i nostri racconti li possiamo integrare con questo fine. Scusatemi se faccio spesso degli errori, voi tutti sapete che sono autodidatta, nessuno mi ha insegnato la metrica, quello che scrivo, è tutto frutto della mia mente e della mia anima. Ricordiamoci di Erika, ricordiamoci di Kassim, Nasim e i bambini poveri di Kabul, che hanno chiesto anche scarpe usate, adesso aggiungo un nuovo caso: un libro che sta andando al macero, un libro che parla dei nostri parenti che hanno perduto la loro vita in un guerra assurda, assurde come lo sono tutte le guerre!
Il giorno 25 di aprile 2007 a Ceglie Messapica, è nata la mia favola, ad una gita alla ricerca dei fiori e delle orchidee spontanee. E' nata qui la mia semplice favola. Perchè proprio a Ceglie? In questa Città ho ritrovato la mia infanzia e ho ritrovato gli odori delle erbe selvatiche, i profumi della mia cara Civita di Bagnoregio e la voce di mia nonna Betta, che mi raccontava le favole, per tranquillizzarmi quando mi nascondeva ai pericoli. Come un semplice profumo di terra bagnata, di finocchio selvatico, di mentuccia e la bellezza dei fiori, ti può trasportare in un mondo ormai a te sconosciuto. Grazie a questa gita e a tutti gli amici, che in questo anno mi hanno spronato, aiutato a scrivere le mie emozioni, le mie sensazione e con la mia fantasia è nata la favola "Principessa Orchidea Cegliese".
Desidero donare parte del ricavato ai bambini di Kabul, e piantare degli alberi. Se qualcuno desidera donare qualcosa, anche un gomitolo di lana colorata è sufficiente, gli spedirò la mia favola. Scrivetemi in privato il vostro indirizzo. Un filo di lana gialla, come il sole, per fare tornare a volare, un aquilone colorato nel cielo di Kabul, e per regalare ancora ad un bambino un sorriso. Grazie.
Franca Bassi
copertina del libro
le due gemelle (elaborazione di Pino Santoro)
vorrei volteggiare
nell'azzurro cielo
come un delicato aquilone
per sfiorare tetti alberi verdi
impigliata ad un filo spinato
mi sono con forza dimenata
in un uccello mi sono tramutata
libera per sempre per volare via
portando con me il ricordo
di un aquilone colorato.
Franca Bassi
Senza titolo 465
Da "Questione di Resistenza"
Oggi avrei voluto scrivere qualcosa di bello su questa festa.
Magari "evviva i partigiani, che sian bianchi rossi azzurri o arlecchino chi se ne frega".
No, non posso, sarei condizionata da un libro di storia sbagliato.
E'un condizionamento inverso, visto che un sacco di studenti si scarabocchiano le pagine scrivendo dux mea lux. Mica lo sanno che se il duce fosse qui loro non potrebbero fare il 90% delle cose che fanno. Ma cazzi loro, no?
Faccio una proposta a chi ha aperto bocca per fare una stupendissima figura: tu cancelli la mia Resistenza e io copro di benzina la tua. Quella del forno.
Si leverà un grido "Cos'è quel fulgore nella notte?" e risponderemo "un co****** che brucia".
Invece di revisionare, scendi nei dettagli, da tutte le parti.
Comunque dicevo... vorrei scrivere queste cose ma non lo farò. So resistere alle tentazioni.
Senza titolo 464
Quando s'andiede sulle montagne s'eramo in pochi all'inizio a combattere; quando ci rastrellonno fu un macello.
di Andrea Bagni (insegnante fiorentino)
Di nuovo il 25 aprile, quello della lotta di liberazione, rara memoria decente d'Italia. Per alcuni di noi adulti di oggi, di nuovo la tentazione di tornare in piazza, magari sotto la pioggia, come nel '94. E la sensazione però che non si può fare proprio uguale uguale; che le cose se si ripetono sono ripetizioni e rischiano di lasciarti dentro un di più di amarezza.
A parlare del 25 aprile sono venuti nella mia scuola due vecchi partigiani. Quando s'andiede sulle montagne s'eramo in pochi all'inizio a combattere; quando ci rastrellonno fu un macello. Parlano così dalle mie parti i vecchi. Come mio nonno e mio padre. Mentre raccontano si commuovono, ricordano i compagni perduti, prima il cognome poi il nome, perché sentono la sede ufficiale forse; cantano pezzi delle loro canzoni. Dicono sempre che sono felici di avere tanti giovani davanti: li abbracciano con gli occhi, come li accarezzassero, come vedessero tutto inseme il nuovo mondo. E non gli fosse proprio possibile smettere di avere speranza. Si capisce che sono anni che quello è il compito della loro vita: lasciare una memoria, trasmettere il testimone. Guardano indietro ormai, a quello che è stato il loro tempo, il senso della loro esistenza – che un senso l'ha avuto. Mi ricordano i miei genitori che mi hanno chiesto un mare di libri (loro che non leggevano mai) sui campi di sterminio, su Sant'Anna di Stazzema, sulla seconda guerra mondiale. A una certa età ci si volta indietro, avanti forse c'è poco da guardare.
Ma l'altro giorno a scuola sembrava tutto più amaro. All'indomani delle elezioni, certo, ma forse non solo per questo. Non per il passare del tempo ma per il passare del futuro. Non è che le ragazze e i ragazzi non ascoltassero, anzi. Chi racconta, racconta non spiega, è tutt'altro che un professore, il suo discorso è lontanissimo dai manuali di storia. E appassiona. Tanto che anche qualcuno dei giovani si commuove. Ma non ho chiaro dove la collocano quella storia nella loro mente, come la archiviano nella memoria. Partecipano intensamente ma ho paura che ascoltino come il bambino di Guccini di fronte al vecchio: mi piaccion le fiabe raccontane altre... Sanno ovviamente che è tutta storia vera, vissuta e autentica, ma temo appartenga per loro a un mondo mitico, pieno di fascino ma lontano – anzi a un altro tempo e a un altro spazio: quando le montagne erano verdi e ci si andiede per liberare l'Italia e s'aveva solo le rivoltelle neanche i fucili. Poi si leggono alcuni brani delle Lettere dei condannati a morte della Resistenza, e il salto del tempo - del futuro - è ancora più evidente. Straziante, quasi. Ragazzi di diciassette anni che scrivono alle mamme che muoiono felici perché lo fanno per un'idea, hanno combattuto per una causa giusta: il comunismo, la libertà, la fratellanza. Il futuro. La nostra Italia mamma vedrai sarà diversa; ricordami ai fratelli e alle sorelle e non siate tristi pensando a me, io muoio felice. Giustizia, fratellanza, comunismo: che cosa significheranno per i giovani d'oggi non è mica facile dire. Il materiale si è separato dall'immaginario. La propria vita, i problemi e le sofferenze, da un ordine simbolico che le poteva spiegare e collocare in un quadro di liberazione. Dal quale derivavano senso, relazioni e politica. Potevi portare tutta la tua storia e narrarla dentro un pensiero e una pratica collettiva. Crescere oggi, invece, mi pare un bel casino. Anni fa una ragazza a proposito di Berlusconi ha scritto, fa i suoi interessi al potere, è vero, ma pensiamoci: chi di noi potendo non farebbe altrettanto, chi non sfrutterebbe la possibilità. Una brava ragazza di diciott'anni. Normale. Ci penso quando riascolto ogni tanto le canzoni di lotta del De Martino di Ivan della Mea: un bel po' di elogio della violenza anche, l'idea che si è parte di un esercito in guerra, contro l'ingiustizia – ma quanta passione ed entusiasmo, quanta speranza nella vittoria. Anzi più che speranza, certezza incrollabile. Magari non mi ritrovo moltissimo, però penso che sono cresciuto con questa idea, che il futuro era nelle nostre mani. Che potevamo cambiare il mondo. Dalle ragazze e dai ragazzi di oggi, mi accorgo ogni tanto che arriva quasi un messaggio di nostalgia e di invidia. Anche del 68. In quegli anni, profe, facevate davvero un sacco di cose, eravate importanti, vi ascoltavano.
Da dove ripartire oggi? Tornare alla società, si dice. Fare inchiesta. Ma dopo aver ascoltato cosa possiamo dire agli operai della Lega – vi occupate solo di froci e zingari, perché dovremmo votarvi – che non sia solo predica dei nostri valori, che li faccia vivere come principi concretamente nella vita concreta? Forse tocca ripartire da questo “grado zero” della storia. Dal mutuo soccorso, orizzontale, capace di piccole liberazioni in spazi ravvicinati ma non di nicchia, su cui ricostruire rappresentanza e tutto il resto. In fondo le donne partigiane che hanno raccontato la “resistenza taciuta” hanno parlato di rapporti di gruppo intensi, di cura dei corpi e dei morti, cioè del tessuto simbolico che fa una comunità. Di relazioni nuove che dovevano prefigurare un'altra Italia: quella Patria libera e giusta scritta proprio con la maiuscola, per amore e immaginazione. Per la rappresentanza e una nuova storia, radicalmente democratica, penso ci vorrà tempo – e molta immaginazione. Proprio fantasia. Non avremo la certezza della vittoria nel sole dell'avvenire, ma forse può avere senso anche solo la ricerca di altro nel presente. Aperto, per quanto difficile. E intanto fare società potrebbe spostare qualcosa, ottenere risultati concreti nella vita d'intorno, dove imperversano rastrellamenti che delle montagne verdi fanno un deserto di solitudine in cui cresce di tutto.
Chiaro che i due partigiani saprebbero subito come rispondere. Infuria la bufera, scarpe rotte eppur bisogna andar. Per loro noi che le scarpe ce l'abbiamo, anche di lusso, non abbiamo scuse. Va a spiegarglielo che sono le nostre teste incasinate a non sapere bene dove andare.
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